Sport Sicilia, finanziati altri 2 mila voucher per i giovani siciliani Ammesse le istanze rimaste in sospeso

 

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Palermo,

Altri 2.062 giovani siciliani potranno fare sport con il sostegno della Regione Siciliana. L’assessorato regionale del Turismo, dello sport e dello spettacolo ha completato, infatti, le procedure di erogazione dei voucher, ammettendo al finanziamento le istanze precedentemente rimaste in sospeso per carenza di risorse economiche.

I bonus erogati erano già 14.247. «Con questa misura – dice il presidente della Regione, Renato Schifani – abbiamo consentito a migliaia di giovani di avvicinarsi allo sport, distogliendoli in molti casi da potenziali distrazioni pericolose. La pratica sportiva, infatti, permette di generare benessere fisico ma è anche un fattore in grado di creare socialità e comunità, di educare i più giovani a sani valori. Sono contento che ci sia stata la possibilità di soddisfare tutte le richieste pervenute».

«Un provvedimento fortemente voluto dal governo regionale – afferma l’assessore Elvira Amata – che, grazie all’incremento della dotazione finanziaria prevista nella recente manovra di bilancio, ha consentito di poter allargare a tutti i richiedenti la fruizione dei voucher sportivi favorendo così la massima partecipazione dei giovani alla pratica sportiva. È la conferma della costante e particolare attenzione del governo Schifani verso un segmento di strategica rilevanza per il suo ruolo fortemente inclusivo».

Il voucher è destinato a giovani siciliani dai 6 ai 16 anni che svolgono attività sportiva e fanno parte di nuclei familiari con Isee non superiore a 12 mila euro annui. Può essere utilizzato esclusivamente per l’iscrizione e la partecipazione alle attività sportive delle associazioni e società dilettantistiche con sede legale in Sicilia, affiliate a federazioni sportive o enti riconosciuti dal Coni (Comitato olimpico nazionale italiano) oppure dal Cip (Comitato italiano paralimpico).

Riaperta la necropoli di Solunto e torna ad essere visitabile

 

 

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Foto Ufficio Stampa -Reg. Sicilia

 

 

Palermo,

La necropoli punica di Solunto, che ricade all’interno del territorio di Santa Flavia, nel Palermitano, è stata riaperta dalla Regione Sicilia  al pubblico e torna a essere visitabile dopo oltre 15 anni di abbandono. La zona accoglie circa 220 sepolture scavate nella roccia calcarenitica che sono state portate alla luce alla fine dell’Ottocento da Antonino Salinas e da Francesco Saverio Cavallari, in occasione dei lavori per il tracciato della linea ferroviaria.
«La riapertura dell’area della necropoli di Solunto – spiega  l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Elvira Amata – assume un significato particolare perché rappresenta un momento di recupero dell’identità di un territorio. La riappropriazione di un bene culturale, che vede l’intera comunità partecipare attivamente, è un’occasione straordinaria di recupero del passato e di costruzione di una nuova narrazione. I parchi archeologici devono sempre più agire da catalizzatori dell’offerta culturale creando le condizioni perché possa svilupparsi un’economia locale sostenibile e ricettiva nei confronti di una domanda sempre più attenta ai dettagli».
Gli interventi di ripristino, effettuati grazie all’accordo tra il Parco archeologico di Himera, Solunto e Monte Iato e il Gal Metropoli Est, diretto da Salvatore Tosi, hanno coinvolto la Caritas di Bagheria con alcuni giovani che stanno scontando la pena detentiva alternativa e il Comune di Santa Flavia. I lavori di ripristino del sito sono stati condotti sotto il controllo degli archeologi Emanuele Tornatore, della società Walk About e Laura Di Leonardo, funzionaria del parco.
«Il successo dell’iniziativa che ha visto all’inaugurazione un grandissimo numero di visitatori – informa il direttore del parco, Domenico Targia – va esteso al Comune di Santa Flavia che ha contribuito alla pulizia straordinaria dell’intero quartiere in cui ricade la necropoli e con il quale è già in corso una preziosa collaborazione per una maggiore valorizzazione dei luoghi».

Scheda tecnica

Le tombe, scavate nella roccia secondo le tre tipologie normalmente associate alle inumazioni, sono orientate per lo più in direzione est-ovest. Il tipo di tomba prevalente è quello a camera ipogeica con accesso da est, preceduta da uno spazioso dromos (corridoio d’ingresso) a gradini. La tomba a camera è per lo più di tipo “familiare” utilizzata per varie generazioni da età classica fino a epoca ellenistica. Tra i materiali rinvenuti in questo settore, oggi conservati al museo archeologico regionale Salinas di Palermo, si possono trovare alcune tanagrine, ovvero statuette femminili colorate di età ellenistica datate intorno al III-II secolo a.C.

La tomba a camera presenta forma quadrangolare ed è chiusa da un lastrone di pietra; al suo interno si trovavano un letto funebre e una nicchia. All’esterno, sul lato meridionale del dromos, si trova una banchina utilizzata per il rito funerario o per accogliere altre sepolture. Sempre nel dromos potevano trovare posto tombe a enchytrismòs, ovvero sepolture infantili a inumazione dentro grandi anfore. Altro tipo di tombe che si trovano nella necropoli di Solunto sono quelle a “cassa” lungo il cui perimetro è predisposto un incasso per il posizionamento dei lastroni di copertura e quelle a semplice fossa rettangolare con fondo piano, di varie dimensioni, di solito usata per inumazioni infantili. In genere erano tombe ricoperte da lastre di terracotta.

Vallelunga, si scoprono dagli scavi archeologici nella villa romana tre nuovi edifici

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La villa romana di età imperiale (I-II secolo d.C.), emersa nel corso degli scavi archeologici condotti in località Manca, a Vallelunga Pratameno, in provincia di Caltanissetta, continua a regalare preziosi ritrovamenti.
Le ricerche effettuate in questi mesi nella zona più meridionale hanno fatto emergere, infatti, almeno tre edifici a pianta rettangolare che si distribuiscono secondo una pianificazione urbanistica non sempre regolare e che prospettano verso una zona centrale sulla quale sembra aprirsi anche un altro vano che presenta consistenti tracce di bruciato e resti di concotto.
Il rinvenimento, negli scorsi mesi, di alcune tegole con bollo lascia pensare che la villa sia collegabile a un personaggio della cerchia pubblica romana.
Le ricerche sono state avviate tra il 2020 e il 2021 a seguito dell’attività di vigilanza della Soprintendenza dei Beni culturali di Caltanissetta sui lavori del raddoppio della linea ferrata Catania-Palermo.
«L’attività di vigilanza svolta dalla Soprintendenza di Caltanissetta – dice l’assessore ai Beni culturali e all’Identità siciliana, Elvira Amata – ci sta restituendo un’importante testimonianza della vita economica dell’entroterra siciliano in quell’area che per i romani era il granaio dell’impero. Le scoperte effettuate ci consegnano l’emozione di una testimonianza della ricca attività economica della provincia di Caltanissetta su un importante asse di collegamento viario e creano le condizioni per lavorare ancora di più alla valorizzazione delle aree interne della Sicilia».
«Il ritrovamento di abbondante materiale ceramico di scarico all’esterno degli ambienti – evidenzia la soprintendente Daniela Vullo – lascia ipotizzare un’attività di produzione e lavorazione che ancora non siamo in grado di definire dettagliatamente. Mentre gli edifici individuati presentano caratteristiche costruttive che stiamo riscontrando in modo costante».
 
Scheda tecnica dei ritrovamenti
Le costruzioni individuate nel corso dell’ultima fase di scavo, quasi sempre a pianta rettangolare, sono costituite da almeno quattro vani in sequenza secondo un prevalente asse nordest-sudovest, fatta eccezione di uno, l’edificio IV, che presenta un orientamento chiaramente divergente. In tre casi, l’angolo sudovest interno del vano è delimitato da un muretto semicircolare ed è pavimentato da un lastricato di ciottoli ben costipati; probabilmente si tratta di un vano-ripostiglio per derrate o altri oggetti. Alcuni ambienti di questo insediamento si ritiene dovessero essere utilizzati come deposito o magazzino. È il caso, ad esempio, dell’ambiente posto al centro dell’attuale area di scavo che ha restituito una notevole quantità di anfore da trasporto riconducibili, secondo una prima analisi, a 3-4 tipologie prevalentemente di produzione africana che si collocano cronologicamente tra IV e V secolo d.C.
L’insediamento, che è di grandi dimensioni, doveva avere degli spazi la cui funzionalità deve ancora essere individuata, come il grande ambiente rettangolare (edificio X) interamente pavimentato con ciottoli di piccole dimensioni che sembra essere stato privo di copertura e probabilmente utilizzato come ricovero per animali.
Un altro dato interessante, che proviene dagli ultimi scavi, riguarda la sequenza della frequentazione del sito. La villa si colloca chiaramente su una precedente fase che è stata individuata, al momento, nella zona nord-orientale di un terzo saggio aperto a sud dell’edificio. Le strutture individuate sono pertinenti a una costruzione a pianta quadrata o rettangolare al cui interno si imposta un grande impianto circolare a doppio paramento per il quale, al momento, è prematuro avanzare ipotesi funzionali dal momento che lo scavo non è ancora stato completato.
Dall’abbondanza dei tipi di ceramica rinvenuti, fra i quali si distinguono lucerne, anfore, vasellame da mensa in sigillata africana, ma anche alcune monete, collocabili entro un arco cronologico compreso tra il II ed il IV sec. d.C. si desume la lunga vita di questo interessante complesso edilizio che aveva trovato il suo principale sostentamento nello sfruttamento, a scopi cerealicoli, del vasto territorio attraversato dal Torrente Belici.
Le indagini archeologiche sono curate dalla Soprintendenza dei Beni culturali di Caltanissetta diretta da Daniela Vullo e dal dirigente della sezione archeologica, Filippo Spagnolo, in sinergia con la responsabile archeologa di Italferr, Valeria d’Amico. Le operazioni di scavo sul campo sono seguite dagli archeologi Cristina Restivo, Paolo Scifo e Italo Giordano, coordinati da Marina Congiu e con la direzione tecnica di Andrea Simeoni per la ditta appaltatrice dei lavori. 

 

 

Villa Romana del Casale patrimonio dell’Unesco da 25 anni- Domani si presenterà il nuovo Piano di gestione

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La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina celebra 25 anni di iscrizione nel World Heritage List, la lista dei siti riconosciuti patrimonio mondiale dell’Unesco. Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato dall’Onu il 6 dicembre del 1997 (contestualmente alla Valle dei Templi di Agrigento) in quanto “supremo esempio di villa romana di lusso” e per “i mosaici che la decorano, eccezionali per la loro qualità artistica ed invenzione, così come per la loro estensione”.

«Un importante anniversario – ha detto l’assessore dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Elvira Amata – che ci rende orgogliosi, ma che sollecita, al contempo, una riflessione sulla ottimizzazione nella gestione del nostro patrimonio culturale. La Villa romana del Casale è un bene che il mondo ci invidia per la pregevolezza dei contenuti e dei mosaici, di grande raffinatezza; tutto il comprensorio del Parco archeologico è un unicum. Bisogna fare, però, ancora di più. Dobbiamo riuscire a comunicare con sempre maggiore efficacia il valore del nostro patrimonio affinché diventi sempre più attrattivo e capace di generare una tangibile crescita economica per il territorio».

Per l’occasione il Parco archeologico di Morgantina Villa romana del Casale  diretto da Liborio Calascibetta, ha organizzato due giornate di lavoro a Palazzo Trigona: prima iniziativa di un anno che si prospetta ricco di eventi. Domani alle 16 si presenterà il nuovo “Piano di Gestione del sito Unesco Villa Romana del Casale”, alla presenza dell’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Elvira Amata, di studiosi e di autorità civili e religiose del territorio.

Mercoledì 7 dicembre alle 16 si svolgerà la conferenza stampa di presentazione di un nuovo progetto video che porta le firme di Oliviero Toscani e Pietrangelo Buttafuoco. Si tratta di un video-documentario “Vedere/immaginare. L’arte vista da chi non vede”, che nasce dall’idea del fotografo di fama internazionale Oliviero Toscani, scritto con Francesco Pontorno e la voce narrante del giornalista Pietrangelo Buttafuoco, per raccontare i mosaici della Villa Romana del Casale da una prospettiva inedita. Il video racconterà la Villa del Casale a chi non può goderla con gli occhi. Il progetto prevede il racconto dei mosaici attraverso un’esperienza sensoriale in cui la visione andrà oltre la vista, e sarà realizzato in primavera e diventerà fruibile prima della prossima estate.