Deteneva mezzo chilo di marijuana. Arrestato

 

PERQUISIZIONE DOMICILIARE CON I CANI ANTIDROGA DEL NUCLEO CINOFILI CARABINIERI DI NICOLOSI

Spaccio di droga e furti in appartamenti, 3 arresti e 10 denunce dei  carabinieri nella provincia di Torino - Torino Oggi
TAORMINA-
Nel primo pomeriggio di venerdì, i Carabinieri della Compagnia di Taormina (ME)-informano – hanno arrestato, in flagranza di reato, D.B.S. 45enne, domiciliato in Giardini Naxos (ME), già noto alle forze dell’ordine, ritenuto responsabile del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel corso dei servizi di controllo del territorio i militari della Stazione di Giardini Naxos avevano notato dei movimenti sospetti nei pressi dell’abitazione di D.B. S., pertanto sono stati avviati specifici servizi di osservazione del luogo da parte dei Carabinieri dell’Aliquota Operativa di Taormina che hanno notato un manufatto anomalo, una sorta di ripostiglio, realizzato sul balcone dell’abitazione dell’uomo. 
Il servizio di osservazione effettuato ha fatto ritenere che all’interno dell’appartamento potesse essere detenuta della sostanza stupefacente, i Carabinieri della Compagnia di Taormina hanno effettuato pertanto una perquisizione domiciliare con l’ausilio dei cani antidroga del Nucleo Carabinieri Cinofili di Nicolosi (CT).
L’ipotesi investigativa dei Carabinieri si è dimostrata fondata e nel corso della perquisizione sono stati rinvenuti proprio all’interno del ripostiglio ubicato sul balcone dell’abitazione circa 150 grammi di marijuana ancora verde, constatando che il manufatto sospetto era un essiccatoio per la marijuana, in cui erano state installate sei lampade termiche per riscaldare l’ambiente, dei ventilatori per diffondere uniformemente il calore ed un termometro elettrico per misurare la temperatura e mantenerla costante. Inoltre, nel corso della perquisizione, estesa anche alle pertinenze dell’abitazione i Carabinieri hanno rinvenuto, nel garage in uso all’uomo, ulteriori 300 grammi di marijuana già essiccata, un bilancino elettronico di precisione ed il materiale per il confezionamento dello stupefacente in dosi ed una pistola a salve, riproduzione di un revolver.
Tutto il materiale rinvenuto è stato sequestrato, la sostanza stupefacente è stata sottoposta ad accertamenti di laboratorio e D.B.S. è stato arrestato in flagranza per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. 
L’uomo, su disposizione della Procura della Repubblica di Messina, è stato sottoposto agli arresti domiciliari e, nella mattinata di ieri, all’esito dell’udienza davanti al Giudice del Tribunale di Messina l’arresto operato dai Carabinieri è stato convalidato ed a D.B.S. è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

Perseguiva e minacciava l’ex fidanzata,stalker 33enne in arresto

Meriti di essere uccisa", stalker a processo - Cronaca -  ilrestodelcarlino.it

RAGUSA

I Carabinieri di Vittoria (Ragusa) hanno arrestato un 33enne italiano per atti persecutori nei confronti di una donna di origini straniere che aveva posto fine alla loro relazione iniziata da poche settimane. La vicenda si è sviluppata con un’accelerazione e un’intensità tali che i militari sono stati costretti ad effettuare numerosi servizi di osservazione e protezione nei pressi della casa della donna, temendo per la sua incolumità fisica.

Si apprende infatti che la donna,  nel mese di novembre, aveva avviato una relazione sentimentale con l’uomo, ma il comportamento di quest’ultimo era apparso fin da subito particolarmente violento nei suoi confronti, per motivi di gelosia.  Dopo poche settimane durante le quali  la donna aveva ogni volta tollerato reiterate minacce e violenze,  decideva di chiudere definitivamente la relazione, denunciando l’uomo per il reato di maltrattamenti in famiglia e minacce presso la Stazione dei Carabinieri di Vittoria. 
Da quel momento la donna è stata ripetutamente tempestata di videochiamate, telefonate e messaggi ad ogni ora del giorno e della notte, subendo reiterate minacce da parte dell’uomo che non accettava la fine della relazione. Ma il 33enne non si è fermato nemmeno dopo la denuncia per maltrattamenti in famiglia presentata qualche giorno prima dalla donna. L’escalation di molestie ha portato, nella notte di ieri, l’ex fidanzato a presentarsi sotto casa di lei e la donna, terrorizzata, ha chiesto aiuto ai Carabinieri contattando il N.U.E. 112.. La pattuglia dei Carabinieri ha sorpreso il ragazzo nei pressi dell’abitazione della donna e, a seguito di perquisizioni personale e veicolare, è stato trovato in possesso di un coltello a serramanico, della lunghezza complessiva di 19 cm, nascosto nella tasca dei pantaloni.
Il 33enne è stato arrestato e sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione su disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Ragusa, in attesa dell’udienza di convalida.

Visionando 40 telecamere i Carabinieri scoprono l’assassino del pensionato di Milazzo che aveva la sola pensione di 650 euro:

Le telecamere visionate dai Carabinieri hanno con sentito di ricostruire l’agghiacciante scena del delitto.  L’autore Ettore Rossitto, di 56 anni,è adesso  accusato di omicidio premeditato e distruzione di cadavere. Ha ucciso con 11 coltellate un anziano di 73 anni, Giovanni Salmeri, e poi hapersino bruciato il corpo in una discarica per rubargli una pensione di 650 euro. L?atroce  omicidio è avvenuto a Milazzo nel luglio scorso, ma solo oggi i carabinieri sono riusciti a ricostruire i particolari del delitto e ad arrestare il presunto colpevole, Ettore Rossitto    Per l’assassino o presunto tale inizia ora il calvario giudiziario

I carabinieri hanno eseguito infatti l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta della locale Procura. Le indagini sono state avviate dopo il ritrovamento il 29 luglio scorso in una discarica abusiva in località Scaccia di un cadavere carbonizzato che non consentiva di identificare la vittima. L’autopsia ha poi rivelato che l’uomo era stato ucciso con 11 coltellate, utilizzando un coltello con una lama di 20 cm trovato sulla scena del crimine.

Gli investigatori, visionando 10mila ore di filmati estrapolati da oltre 40 telecamere di sistemi di videosorveglianza, hanno notato il giorno prima un ciclomotore con a bordo due uomini vicino il luogo del delitto. Il passeggero, aveva vestiti compatibili con quelli del cadavere. In un’altra immagine si notava il ciclomotore, questa volta con a bordo il solo conducente, su una strada proveniente dal luogo dell’omicidio. Attraverso la targa del ciclomotore è stato così possibile risalire a Rossitto. L’identificazione della vittima, il cui cadavere era irriconoscibile, è avvenuta con l’accesso dagli investigatori nella sua abitazione, usando uno dei mazzi di chiavi trovati sulla scena del delitto. L’uomo viveva in precarie condizioni igienico sanitarie; i vicini confermarono che era scomparso da luglio. In un’altra immagine si vedeva Salmeri in compagnia di Rossitto che andava in un ufficio postale per ritirare i soldi della pensione. La premeditazione del delitto, è comprovata da altri filmati del giorno precedente l’omicidio in cui si vede Rossitto mentre effettua due sopralluoghi sul luogo del delitto.
L’assassino avrà tempo adesso- probabilmente – tutta la vita in carcere per “riflettere” sull’atrocità commessa ai danni di un povero pensionato..

Catania, tentato omicidio:arrestatoun 46enne identificato dalle telecamere

 

I Carabinieri hanno risolto il caso per la  video sorveglianza attiva nella zona

Tentato omicidio. Un catanese, Fabio Laganà, 46 anni, è finito nei guai per il reato di tentato omicidio contro un suo rivale.I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia  di Piazza Dante su delega della Procura di Catania, hanno eseguito il fermo di persona che ha commesso un grave reato di reato e stanno approfondendo l’indagine supportata dalla videosorveglianza attiva sul posto..

L’uomo è accusato di avere investito, nel pomeriggio del 2 novembre scorso, con una Ford Focus, il 54enne Pietro Costanzo  contro il muro, nonché procurandogli lesioni varie con  calci e pugni, ponendo in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte, evento poi, per fortuna, non verificatosi, per cause indipendenti dalla sua volontà; con l’aggravante di aver commesso il fatto per futili motivi consistiti in una lite legata alla vita privata. Quali siano questi motivi è in corso di accertamento completo dell’indagine

La denuncia alla Procura è stata presentata-si apprende-  dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Piazza Dante corredata da testimonianze acquisite sul luogo, individuato nei pressi di piazza Viceré, all’angolo tra le vie Leucatia e San Gregorio.     I militari hanno pure acquisito la registrazione della video sorveglianza attiva nella zona teatro del fatto delittuoso. Immagini che hanno consentito di individuare l’autovettura utilizzata dal fermato, una Ford Focus, accertata di proprietà della madre di Laganà.

Dalle immagini si è potuta scoprire l’identità dell’aggressore compatibile con quella di Fabio Laganà che, subito dopo il raid punitivo, si era reso irreperibile.  L’uomo si è poi  presentato spontaneamente in caserma dai Carabinieri dove, interrogato dal magistrato titolare dell’indagine ha ammesso, dinanzi il proprio legale di fiducia, di essere l’autore del reato. Laganà è stato subito trasferito al carcere di Piazza Lanza a Catania. 

Omicidio passionale a Camporeale -In manette il giovane assassino

I CARABINIERI ED OGGI LA FESTA DELL' ARMA - Periodico Daily

La gelosia come movente per un omicidio ieri sera a Camporeale, in provincia di Palermo. Un giovane di 28 anni ha sparato e ucciso con un colpo di pistola un suo coetaneo, di 26 anni. Alla base del delitto, avvenuto intorno alle 21.30, in piazza Guglielmo Marconi, gli investigatori adducono una motivazione  passionale.   La vittima  è  deceduta subito .   Sono scattate le manette per il giovane assassino che è stato trasferito nel carcere    Pagliarelli di Palermo.

CODICE ROSSO: FERMATO AD ENNA DIPENDENTE DELL’OASI PER VIOLENZA SESSUALE SU UNA DISABILE

Violenza sessuale a Marina di Ragusa ai danni di una ragazza - Ragusa -  Corriere di Ragusa

Immagine d’archivio -Sud Libertà

Codice Rosso.  Il reato contestato è di violenza sessuale nei confronti di una disabile, in pieno periodo di lockdown. Presso l’Oasi di Troina, la ​Polizia di Stato – Squadra Mobile di Enna – ha eseguito, la notte scorsa,presso l’Oasi di Troina, il fermo di indiziato di delitto disposto dalla Procura della Repubblica di Enna diretta da Massimo Palmeri.  I pm Stefania Leonte e Orazio Longo, al termine dell’interrogatorio, hanno disposto il fermo di indiziato di delitto dell’indagato L.A. di 39 anni nato in provincia di Enna, per il reato di violenza sessuale aggravata dall’aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era a lui affidata.

La Squadra Mobile della Questura di Enna in data 11.09.2020 ha ricevuto dal legale, nominato dalla famiglia della vittima, una formale denuncia con la quale si poneva in luce che la congiunta era in stato di gravidanza, ed era già sofferente di gravissime patologie connesse ad una rara malattia genetica.     Il reato denunciato rientrava tra i nuovi delitti del Codice Rosso. Cioè quelli in cui è urgente l’immediatezza delle indagini e dei procedimenti giudiziari. Il Pubblico Ministero titolare del procedimento ha coordinato “l’avvio tempestivo delle indagini, convocando presso gli uffici della Procura della Repubblica i genitori della vittima“.

Gli investigatori della Polizia di Stato ed i Pubblici Ministeri hanno raccolto le dichiarazioni dei familiari, “tracciando sin da subito una prima ipotesi investigativa poi confermata dalle successive indagini”.            L’interrogatorio ha posto in luce elementi gravi,  “emergeva che la vittima della violenza sessuale era ospite da diverso tempo della Struttura Sanitaria I.R.C.C.S. Associazione “Oasi Maria SS” di Troina.  Qualche giorno prima del deposito della denuncia, i genitori erano stati avvisati da personale della struttura che la figlia era in stato di gravidanza-dicono gli inquirenti- Considerate le condizioni di salute particolarmente gravi non era possibile in alcun modo che la stessa avesse prestato il proprio consenso. Si è subito delineata l’ipotesi delittuosa che si potesse trattare di un grave caso di violenza sessuale”.

I primi accertamenti sanitari effettuati  con l’assistenza del reparto di ginecologia dell’Ospedale di Enna e del Policlinico di Palermo hanno consentito”di focalizzare l’attenzione degli investigatori su un gruppo di persone presenti in struttura al momento del presunto periodo di concepimento”. La donna, nel momento in cui è stato accertato lo stato di gravidanza, aveva superato la 25ma settimana di gestazione e, pertanto, alcune indagini di tipo sanitario non potevano essere effettuate per non mettere a rischio tanto la vita della donna quanto quella del feto.

. Presso la Squadra Mobile della Questura di Enna, guidata dal vicequestore aggiunto Antonino dr. Ciavola, sotto il continuo e costante coordinamento investigativo della Procura della Repubblica, sono stati  convocati i vertici aziendali della struttura sanitaria e successivamente tutti gli addetti ai vari servizi, dai medici agli operatori socio sanitari.

Dalle indagini è emerso che “nessuno della struttura sanitaria si è accorto dello stato di gravidanza, ipotizzando che l’aumento di peso della ragazza potesse dipendere dal fatto che durante il lockdown ai degenti era stato permesso di mangiare di più o che i farmaci somministrati a volte erano causa di una irregolarità del ciclo”. Dalle prime persone ascoltate dalla Squadra Mobile emergeva “solo un dato di fatto che rendeva la vicenda ancora più grave, ovvero che nessuno aveva accesso alla struttura senza autorizzazione e che altri ospiti disabili non avrebbero potuto commettere il reato“.

Le indagini- informano gli investigatori -si restringevano e sono state concentrate così sulle persone che vi prestavano l’attività lavorativa,” tanto da iniziare a procedere con il prelievo di un campione salivare per l’estrazione del profilo genetico (DNA) da parte degli operatori della Polizia Scientifica”. Dopo aver ascoltato decine di persone e prelevato diversi campioni di liquido biologico per l’estrazione del DNA, ieri mattina è stato convocato, tra gli altri, l’uomo fermato, operatore socio sanitario dipendente della struttura di Troina da due anni.

L’indagato faceva particolare confusione nel raccontare quanto accaduto negli scorsi mesi ed in particolar modo il periodo in cui la struttura di Troina era stata dichiarata zona rossa per il focolaio sviluppatosi all’interno con decine di positivi al covid-19- dicono- Gli investigatori intuendo  che l’uomo stesse nascondendo qualcosa e che non fosse del tutto sincero continuavano ad incalzare l’indagato concentrando i suoi sforzi di memoria al mese di aprile, in particolar modo alla presunta data del concepimento“.

Gli inquirenti spiegano pure che l’indagato  a fine marzo aveva  chiesto alla direzione sanitaria di poter fare accesso alla struttura per poter dare aiuto ai suoi colleghi in difficoltà ed alle persone degenti visto che era stata dichiarata la zona rossa con impossibilità di accesso o di dimissioni dall’Oasi. Dopo qualche giorno, stante la carenza di personale, veniva autorizzato ad accedere per prestare la propria attività di operatore socio sanitario.

Nei primi giorni di aprile, proprio nel periodo di massima emergenza sanitaria affrontato dalla struttura di Troina, il sospettato  era stato assegnato al reparto dove erano stati trasferiti tutti i soggetti risultati positivi al COVID-19. Nel corso di  una delle tante notti consecutive prestate in struttura, “approfittando dell’assenza temporanea dell’infermiere professionale, non curante neanche della positività al COVID -19, raggiungeva la vittima che conosceva da tempo e consumava un rapporto sessuale privandosi di ogni sistema di protezione antivirale, tuta e mascherina“.

. Al termine dell’interrogatorio la Procura della Repubblica di Enna ha disposto il fermo di indiziato di delitto, atto immediatamente eseguito dalla Polizia di Stato che ha condotto il fermato in carcere a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. La Procura della Repubblica di Enna continuerà le attività d’indagine per chiarire ogni ulteriore aspetto ed eventuali responsabilità

Napoli: ucciso dai “Falchi” un rapinatore, arrestato l’altro..Avevano una pistola “replica”

 

Arrestato 38enne responsabile di rapina a mano armata | Riviera Web

Immagine d’Archivio Sud Libertà

NAPOLI

Tensione a Napoli.Un rapinatore è morto e un altro è stato arrestato dalla Polizia..

La Polizia è intervenuta ieri notte per sventare un tentativo di rapina con una pistola, poi risultata una replica, in via Duomo, nei pressi della zona portuale, ai danni di tre automobilisti. Ci ha rimesso la vita uno dei due rapinatori, un 17enne, morto sul posto, mentre l’altro – il 18enne  incensurato – è stato arrestato per rapina e denunciato per ricettazione. Il giovane è stato trasferito nel carcere di Poggioreale. Secondo quanto si è appreso i due avevano una pistola replica.

Gli inquirenti informano che  i due giovani a bordo di uno scooter hanno bloccato un’auto e stavano rapinando le tre persone a bordo. Sul posto è quindi intervento un equipaggio dei ” Falchi “della polizia. Poi il conflitto a fuoco e la morte del 17enne. L’arma utilizzata per la rapina è stata sequestrata e lo scooter utilizzato per la rapina è risultato rubato.

Il 18enne arresto è il figlio di Gennaro De Tommaso, detto “La Carogna” degli Ultras del Napoli noto per i fatti avvenuti nello stadio Olimpico di Roma in occasione della finale di Coppa Italia il 3 maggio 2014, dopo il ferimento di Ciro Esposito da parte dell’ultras romanista Daniele De Santis. Gennaro De Tommaso, ritenuto vicino al clan camorristico Misso, è stato in seguito condannato per traffico di droga e ha scelto di collaborare con la giustizia.

La Polizia ha acquisito un filmato di un impianto di videosorveglianza collocato da un centro revisioni auto e  conferma la circostanza secondo la quale l 17enne con precedenti di polizia e il 18enne , hanno affiancato un’auto ferma all’angolo con a bordo tre giovani con l’intenzione di rapinarli.

 

NAPOLI: UCCISA DAL FRATELLO CHE NON SOPPORTAVA LA RELAZIONE GAY

 

Napoli. Speronata dal fratello perché ha una relazione con ragazza trans,  cade da scooter e muore - Rai News

Foto Sud Libertà

ACERRA (NAPOLI)

Non sopportava la relazione particolare di sua sorella con altra ragazza gay. Così l’altra notte  Antonio Gaglione, 25 anni,  inforca lo scooter e decide  di seguire le due giovani in moto dirette da Caivano ad Acerra (Napoli) per dare loro -dirà poi agli inquirenti una lezione da ricordare.     Antonio Gaglione per fermare sua sorella Maria Paola in moto la tampona rovinandola insieme all’altra ragazza fuori strada

Volevo darle lezione, era infettata" e uccide la sorella per relazione con  ragazzo trans | L'HuffPost

Imprevisto in agguato: Maria Paola-la sorella- sbatte la testa  contro un tubo e perde la vita  mentre la fidanzata rimane ferita, ancora sanguinante per terra,  anche picchiata dal fratello della vittima…  Il giovane violento viene arrestato dai  carabinieri. della caserma di Acerra. La ragazza ferita è stata portata in una clinica della zona, le sue condizioni non sarebbero gravi.

 Antonio Gaglione ha perso la sorella ed  è ora in carcere per omicidio e violenza privata aggravata da omofobia.

 

Napoli, uccide la sorella perché gay facendola cadere dallo scooter |  Notizie Oggi 24

Liberato Calogero Valenza Nicolas, il gelese fermato in Egitto per droga

Egitto, 27enne italiano fermato dalla polizia al Cairo: Sto bene, torno a casa

 

Calogero Nicolas Valenza, il gelese fermato in Egitto, è stato liberato oggi  per la mediazione  dell’ambasciata italiana al Cairo e alla collaborazione delle autorità egiziane. La Farnesina conferma la liberazione del siciliano.
Originario di Gela,il giovane 27 enne era stato fermato la sera del 23 agosto all’aeroporto del Cairo dalla polizia egiziana con l’accusa di traffico di stupefacenti. A tre giorni dal fermo, il ventisettenne siciliano aveva telefonato alla famiglia per far sapere che stava bene e che il suo rilascio era solo questione di tempo. Valenza era stato arrestato al suo arrivo all’aeroporto internazionale del Cairo dopo un volo proveniente da Barcellona,in Spagna, dove il giovane vive e lavora da quattro anni.

Le accuse partivano, dopo un interrogatorio condotto dalla polizia egiziana, da uno straniero, componente di un gruppo di amici arrestati alcuni giorni prima per traffico di stupefacenti

Comune di Gela - CALOGERO VALENZA TORNA A CASA. GRECO: "SIAMO SOLLEVATI. GRAZIE A CHI SI E' SPESO PER RISOLVERE IL PROBLEMA"

Il gelese Calogero Nicolas Valenza liberato per la mediazione dell’ambasciata italiana

Il giovane- si apprende -, è arrivato all’aeroporto di Roma e dovrebbe rientrare- la famiglia conferma – a casa domani. 

Cooperazione internazionale di polizia: catturati sei latitanti di spicco della Ndrangheta

La prosperità della Ndrangheta ha un nome: cocaina | Il Tacco d'Italia

 

 ‘Ndrangheta  alle corde : la Guardia di Finanza di Roma e il Gico della Guardia di Finanza di Reggio Calabria in collaborazione con la Direzione Centrale dei Servizi Antidroga e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. ha catturato sei latitanti in tre Paesi di due continenti nell’ambito dell’operazione ‘Magma 2007’.

Gli arresti sono stati messi a segno in virtù della cooperazione internazionale di polizia e al progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), promosso dall’Italia insieme all’Interpol. Quattro latitanti sono stati arrestati in Argentina ed Albania alle 19 di martedì ora italiana, il quinto è stato preso la notte scorsa alle 2.30 in Costa Rica. Inoltre un altro latitante era già stato arrestato ad Elbasan in Albania già il 26 maggio scorso. Tutti erano irreperibili a seguito dell’operazione Magma 2007.

Ricorderemo che l’operazione ‘Magma 2007’ si è conclusa a novembre dello scorso anno con l’esecuzione di 45 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, detenzione illegale di armi. Le attività investigative, culminate con le ordinanze eseguite il 29 novembre del 2019, hanno avuto il brillante risultato  di sequestrare circa 400 Kg di cocaina, 30 Kg di hashish, 15 Kg di marijuana, un fucile d’assalto automatico, 3 pistole semiautomatiche, un silenziatore e munizionamento di vario calibro.

Gli inquirenti spiegano: “, le attività investigative hanno consentito di destrutturare completamente la cosca di ‘ndrangheta riconducibile ai Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria) e le sue articolazioni extra regionali, arrestando tutti i membri apicali della famiglia, appartenente al “mandamento tirrenico” che operava nella piana di Gioia Tauro, in Emilia Romagna, in Lazio e in Lombardia.

Il Clan malavitoso, articolato su più livelli e dotato di elevatissime disponibilità finanziarieaveva individuato in Sud America, in particolare in Argentina e Costarica, fonti di approvvigionamento di ingenti partite di quella sostanza stupefacente da inviare in Italia occultate, per il trasporto navale, in appositi borsoni all’interno di container. Per farlo gli uomini della cosca Bellocco si sono serviti di alcuni emissari che hanno effettuato diversi viaggi in territorio sudamericano, per visionare lo stupefacente e contrattare con i referenti in loco al fine di poter organizzare gli aspetti logistici dell’importazione.

Gli investigatori hanno creato a questo punto  un canale di collaborazione tra la Guardia di Finanza di Reggio Calabria e la Gendarmeria Argentina, attraverso un’apposita Rogatoria Internazionale promossa dalla Dda di Reggio Calabria, è stato possibile accertare che proprio a Buenos Aires l’associazione criminale calabrese poteva contare sulla collaborazione di alcuni ‘colletti bianchi’ italoargentini, intranei all’organizzazione, disposti ad agevolare la pianificazione degli illeciti traffici e l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina.

 

L’operazione di oggi rappresenta il risultato positivo raggiunto dal procuratore Bombardieri e dai suoi magistrati volta a perseguire e sottoporre a giudizio tutti gli indagati compresi quelli che cercano di sottrarsi alle proprie responsabilità penali riparando all’estero. La ricerca dei latitanti è proseguita infatti in questi mesi per l’attività coordinata dalla Direzione centrale della polizia criminale, guidata dal Prefetto Rizzi e dal Segretariato Generale dell’Oipc-interpol di Lione, attraverso le unità I-Can dell’Italia, dell’Argentina, dell’Albania e del Costa Rica e il lavoro degli esperti per la Sicurezza italiani in quei Paesi che ha portato al coordinamento dell’esecuzione degli arresti in contemporanea di 4 latitanti in Argentina ed Albania alle 19 di martedì ora italiana più un quinto arrestato la notte scorsa alle 2.30 in Costa Rica.

Sono stati arrestati a Buenos Aires dal locale Interpol, dalla Polizia Federale e dalla Gendarmeria Nacional argentina, coordinati dalla locale Procura: Ferdinando Sarago’, Giovanni Di Pietro e Fabio Pompetti. Sarago’, 79enne nato a Rosarno (Reggio Calabria), è considerato il corriere e uomo di fiducia della ‘Ndrangheta che faceva la spola tra il Sudamerica e la Calabria: a lui si rivolgevano le cosche per le varie necessità operative e per il trasporto di documenti segreti. Ha incontrato in Argentina Carmelo Aglioti (uno dei 45 arrestati a novembre) in occasione di un viaggio finalizzato alla risoluzione di una mancata importazione di droga per conto delle famiglie Pesce e Bellocco.

Giovanni Di Pietro, nato a Roma il 24 giugno 1956, alias Massimo Pertini, residente a Buenos Aires, costituiva il front office fra le cosche italiane e i fornitori sudamericani di droga, occupandosi anche direttamente dell’esportazione delle sostanze stupefacenti. Da un’intercettazione è risultato che abbia informato lo stesso Aglioti di un’indagine a suo carico dell’autorità giudiziaria argentina. Aveva partecipato, nel 1978, al rapimento ad Acireale di Franz Trovato, figlio di un industriale locale, terminato poi con la tragica uccisione del ragazzo dopo ventuno giorni di prigionia a bastonate e con quattro colpi di pistola mentre tentava di fuggire. Nel settembre del 1979 Di Pietro viene arrestato in Argentina per rapina, furto e falsificazione di documenti.

La polizia gli sequestrò una serie di documenti che tiravano in ballo il suo coinvolgimento nella terribile storia di Franz Trovato. Di Pietro non agì da solo, anche se ammise all’Interpol che lo bloccò una seconda volta nel 1990 a Buenos Aires, di esser stato uno dei promotori della banda composta da dieci persone che ideò il sequestro. Quelle persone furono tutte individuate e arrestate. Il 10 maggio 1979 arrivò la sentenza di condanna, confermata in appello il 6 maggio 1981 e resa definitiva dalla Cassazione che il 28 gennaio 1981 respinse il ricorso degli imputati. Due di loro furono condannati all’ergastolo, gli altri a pene pesantissime. Tra di loro c’era Di Pietro, dichiarato colpevole in contumacia. Una volta condannato, però, la sentenza non gli è stata notificata mai. Giovanni Di Pietro ha atteso che il tempo passasse a Buenos Aires. Sono decorsi i 30 anni entro i quali la condanna doveva essere messa in esecuzione.

Fabio Pompetti, nato in Argentina, 54 anni, era un interlocutore privilegiato dello stesso Aglioti e di Francesco Morano, detto Gianfranco, anch’egli arrestato nell’operazione del novembre 2019, perché considerato problem solving man: grazie alla sua rete di relazioni in loco e alle sue indicazioni venivano aggirati i sistemi antiriciclaggio e venivano elusi i controlli doganali. Per anni è stato il portavoce dei fornitori sudamericani nei confronti della ‘Ndrangheta.

Con la colllaborazione dell’Ocn Interpol di San José in Costa Rica è stato arrestato a Jaco’ Franco D’Agapiti, 74enne nato a Velletri, compropietario dell’Hotel Casino Amapola di San Josè de Costa Rica che si era stabilito nel paese sudamericano e fungeva da punto di riferimento per gli esponenti della cosca. Il suo ruolo era quello di agevolare l’ingresso di cocaina in Italia, mettendo a frutto da oltreoceano la fitta rete di contatti e conoscenze e offrendo ospitalità e appoggio logistico agli ‘ndranghetisti, grazie alla disponibilità della struttura alberghiera di sua proprietà.

Arrestato in Albania Bujar Sejdinaj, 61 anni, detto “lo zio”, avamposto della ‘Ndrangheta in quell’area balcanica, ed in particolare della ‘Ndrina Bellocco, catturato a Tirana dal locale Interpol e dalla Polizia albanese. Ha partecipato insieme ad altri all’organizzazione dell’acquisto in Spagna di circa 20 kg di cocaina. I cinque latitanti catturati seguono l’arresto di Adrian Cekini, albanese di 48 anni, avvenuto ad Elbasan in Albania già il 26 maggio scorso. Anche lui si era reso irreperibile a seguito dell’operazione Magma 2007.

 

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