Napoli, blitz contro clan Di Lauro: 27 arresti, provvedimenti di custodia cautelare del Gip, coinvolto anche il noto cantante Tony Colombo

 

Blitz anticamorra a Napoli contro il clan Di Lauro, con 27 arresti. In manette oggi 17 ottobre anche il cantante neomelodico Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli. . Secondo l’accusa,  l’artista  aveva investito denaro del clan Di Lauro.

Un'immagine del blitz

Sono 27 gli indagati , colpiti dal provvedimento giudiziario. Stanotte infatti , i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Napoli, hanno notificato un provvedimento di custodia cautelare, emesso dal Gip di Napoli su richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia :  persone accusate a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata, violenza privata aggravata, associazione a delinquere finalizzata alle turbative d’asta aggravata agevolata, associazione a delinquere aggravata dall’aver agevolato un clan mafioso e dal carattere della transnazionalità finalizzata al contrabbando dei tabacchi lavorati esteri.

Sequestrati beni per 8 milioni di euro. . Accanto a traffico di droga, estorsioni e minacce ai familiari di un collaboratore di giustizia, i Di Lauro avevano operato una vera e propria ‘svolta imprenditoriale’, investendo nelle aste giudiziarie immobiliari, minacciando possibili competitor, in alleanza con i Licciardi e Vinella-Grassi. Sotto sigilli sono fine una palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati. Coinvolti Tony Colombo e sua moglie (nella foto sopra): avrebbero investito mezzo milione di euro per una fabbrica illegale di sigarette, poi sequestrata, creando il marchio di abbigliamento Corleone e una bevanda energetica denominata 9 mm, evocativi e quasi ammiccanti al mondo della criminalità organizzata.

 All’anagrafe Immacolata Rispoli, la donna è la vedova del boss scissionista Gaetano Marino, ucciso il 23 agosto del 2012. Successivamente, la sua notorietà è rimasta legata al cantante neomelodico, con il quale si è sposata nel 2019. Oggi si trovano tutti  nei guai giudiziari.

Disco rosso dei Carabinieri e del Giudice al volume di affari -circa 5000 euro giornalieri-nelle tre piazze di spaccio-quartiere Sperone- di Palermo

droga

Archivi -Sud Libertà

Palermo

I militari del Comando Provinciale Carabinieri hanno dato stamane esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 18 indagati (15 in carcere, 3 obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria).

Le indagini, condotte da giugno a settembre del 2021 dai carabinieri delle Stazioni di Acqua dei Corsari e di Brancaccio, hanno fatto emergere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine ai reati di spaccio e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Le investigazioni, sviluppatesi attraverso una mirata attività tecnica con monitoraggio ed osservazione delle varie fasi dello spaccio, grazie anche all’ausilio di telecamere nascoste nei luoghi destinati alla vendita e cessione, nonché a puntuali riscontri eseguiti su strada, hanno consentito di:

  • dimostrare l’operatività di tre piazze di spaccio, tutte attive nel quartiere Sperone di Palermo (anche nelle immediate adiacenze di Istituti Scolastici), nelle quali gli indagati, protetti da vedette, avrebbero smerciato al dettaglio hashish, cocaina, crack e marijuana, avvalendosi di pusher, talvolta anche minorenni;
  • ricostruire il modus operandi degli spacciatori i quali, con compiti ben definiti, si sarebbero occupati dell’approvvigionamento dello stupefacente, dell’occultamento della sostanza, delle cessioni al dettaglio e della raccolta dei proventi dello spaccio;
  • acclarare che le piazze di spaccio erano operative durante l’intero arco orario della giornata, con più spacciatori – anche minorenni – che si avvicendavano organizzandosi su turni;
  • raccogliere indizi di colpevolezza a carico di complessivi 36 indagati (di cui 18 destinatari di misura cautelare e 4 minorenni) tutti già noti alle forze dell’ordine;
  • stimare un volume di affari di circa 5000 euro giornalieri;
  • monitorare oltre 9 mila cessioni di sostanza stupefacente, segnalando oltre 150 persone -provenienti dal territorio dell’intera provincia – alla competente Prefettura quali assuntori di stupefacenti;
  • arrestare 3 persone in flagranza di reato e denunciarne altre 6;
  • sequestrare oltre 1,5 kg. di sostanze stupefacenti (cocaina, crack, hashish e marijuana).

Riciclaggio, arresti in Italia, Svizzera, Germania, Turchia

La banda degli «spalloni» di lusso: denaro, oro e gioielli ...

Archivi- Sud Libertà 

Su ordine della Procura della Repubblica di Milano, il Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri -con il supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri di Milano e Monza-Brianza – ha dato ieri esecuzione -comunica il Comando Carabinieri – ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari della custodia in carcere nei confronti di 10 indagati, emessa dal Tribunale di Milano, per concorso in riciclaggio aggravato consistito nell’aver sostituito denaro con metalli preziosi, tutti di provenienza illecita (in particolare lingotti di oro e argento), fattispecie contestata ali’ esito di un’ampia indagine coordinata dal Vll Dipartimento della Procura.
Nello stesso ambito di indagine, l’Autorità Giudiziaria elvetica ha emesso ulteriore provvedimento restrittivo a carico di due indagati, risultati terminali svizzeri del gruppo di soggetti interessato alle operazioni di riciclaggio. Quattro dei provvedimenti restrittivi, a seguito di internazionalizzazione, sono stati eseguiti in Germania dalle locali autorità.

L ‘indagine – avviata nel 2019 dalla Procura della Repubblica di Firenze e trasferita per competenza a quella di Milano- si è sviluppata dal monitoraggio, svolto in sinergia con la Polizia Federale di Lugano, di un cittadino greco in contatto con un imprenditore iraniano inseriti in un traffico internazionale di oro e contestuale riciclaggio internazionale di denaro di provenienza illecita sull’asse Italia/Svizzera/Germania/Turchia. Le investigazioni hanno consentito di accertare che a Zurigo (CH) era stata allestita una vera e propria fonderia abusiva dove, una volta fuso, il metallo prezioso di provenienza illecita, attraverso la Germania, veniva trasportato su gomma in Turchia.

Nel complesso, ai 10 indagati – alcuni dei quali operatori del settore orafo e titolari di attività di compro-oro ubicate principalmente nel capoluogo meneghino – vengono contestati, a vario titolo, 16 episodi di riciclaggio in concorso, con l ‘aggravante di aver commesso nel! ‘esercizio di attività professionale di operatore in oro con riferimento a complessivi 288 kg di oro e 97 kg di argento, per un controvalore stimato in circa 15 Mln di euro, fatti avvenuti tutti in Lombardia, tra il settembre del 2019 ed il settembre del 2020.

L’indagine, di ampio respiro internazionale, si è sviluppata nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune intercorsa tra la Procura della Repubblica di Milano, la Procura federale di Zurigo e la Procura Federale di Lugano, che ha consentito di svolgere contemporaneamente ed in collegamento Le investigazioni nei due Paesi, con acquisizione in tempo reale degli elementi indiziari risultanti nelle distinte indagini. Eurojust ha assicurato il massimo supporto operativo, attraverso il membro nazionale italiano, grazie ad un costante raccordo operativo con le altre Autorità giudiziarie straniere coinvolte e con l’Autorità Giudiziaria Tedesca in fase di esecuzione della misura. Le attività sono state condotte in cooperazione tra il ROS e la Polizia Federale elvetica e supportate da Europol e dalla rete @ON. Sono inoltre state disposte numerose perquisizioni tutt’ ora in corso.

Duro colpo a quattro afgani che favorivano il traffico di migranti clandestini e l’esercizio abusivo della mediazione finanziaria

 

Flussi migratori in Europa a giugno: calano gli arrivi, Spagna meta più raggiunta

Archivi -Sud Libertà

 Reggio Calabria – Estero
I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di questo capoluogo, diretta dal Dott. Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione, in Francia e Germania, ad una misura cautelare personale in carcere nei confronti di 4 cittadini afghani, ritenuti a vario titolo responsabili di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria. Sono stati sequestrati, inoltre, il veicolo utilizzato per il trasporto dei migranti e il denaro profitto del reato.

L’indagine è stata sviluppata avvalendosi dei canali di cooperazione internazionale, con particolare riguardo a Eurojust, sul lato giudiziario, che ha coordinato l’esecuzione di diversi ordini di indagini europei, comprese attività intercettive all’estero, nonché le rogatorie internazionali, così come – in maniera omologa per lo scambio di polizia – Europol ha fornito apporto di analisi e il contributo delle banche dati in uso all’Ufficio europeo di polizia.  

A collaborare i carabinieri reggini, in Germania, il Direttorato per la lotta al crimine della Bundespolizei e, in Francia, la Police Nationale, le Brigate Mobili di ricerca della Direzione Centrale della Polizia di frontiera di Bordeaux e Marsiglia.

È il 2020 quando, a seguito dell’innalzamento del numero di sbarchi di migranti registrato sul litorale reggino, in particolare sulla costa ionica, i Carabinieri avviano una manovra informativa, finalizzata a verificare gli elementi di convergenza di tale fenomenologia, attesa la probabile sussistenza di una rete di trafficanti di esseri umani.

L’attenzione dell’Arma, attraverso le Stazioni territoriali, si concentra sui movimenti dei migranti successivi allo sbarco, allorquando – in ragione dell’allora vigente emergenza epidemiologica – venivano posti in isolamento fiduciario presso i centri di contenimento sanitario temporaneo.

Ed è proprio dall’osservazione sul campo che i militari notano un 40enne afgano, residente in Francia, del quale viene registrata la presenza a bordo di un furgone con targa transalpina a Bova Marina.

Le indagini, avviate sotto il coordinamento della DDA reggina, hanno consentito di registrare i movimenti dell’afgano che, dopo avere fatto salire a bordo 10 connazionali, percorre l’intero territorio nazionale, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, uscendo successivamente dal territorio nazionale dal valico del Frejus.

A seguire, lo straniero varca più volte nuovamente il confine, non dopo essere stato controllato dai Carabinieri di Susa prima di fare ingresso nel traforo del Frejus, circostanza questa che ha cristallizzato in maniera univoca l’intenzione del conducente di lasciare l’Italia per far accesso in Francia.

Nel corso del controllo, i militari operanti avevano modo di constatare come l’indagato fosse l’unico occupante del mezzo anche se, da una successiva ispezione, veniva accertata la presenza sui sedili posteriori di alcuni bagagli, dentro i quali venivano rinvenuti pannolini per bambini ed altri vestiti chiaramente non appartenenti all’indagato. Inoltre, è stata censita la presenza di un vano, creato ad hoc nella parte posteriore del mezzo per nascondere le persone.

Proprio le circostanze con cui i migranti hanno raggiunto la destinazione agognata ha portato la Procura reggina a contestare le aggravanti, confermate nel provvedimento del GIP, di avere esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita (avendoli abbandonati in una zona di montagna, al freddo ed alle intemperie, su sentieri scoscesi ed impervi) e quella di aver commesso il fatto sottoponendo i trasportati a trattamento inumano e degradante (nascondendoli nel furgone).

 A questo punto, in ragione di una segnalazione inserita nella Banca dati Schengen viene tratto in arresto dalla Polizia francese a Montgeneve (nel lato transalpino della località di frontiera) sorpreso nel valicare il confine con sei connazionali clandestini.

Le indagini, proseguite con l’ausilio dei canali Eurojust ed Europol, al fine di ricostruire i contatti e ulteriori componenti della catena di trasbordo dei migranti, hanno consentito di definire una filiera criminale di immigrazione clandestina localizzata in Turchia, Italia, Francia e Germania.

Sono stati infatti ricostruiti dettagliatamente i ruoli degli altri soggetti coinvolti, tutti di origine afgana: -il primo, di cui è stato ampiamente detto, quale promotore ed organizzatore ed autista; -un secondo uomo, con il ruolo di intermediario tra il passeur e i parenti dei trasportati; -un sodale, localizzato a Marsiglia, preposto all’accoglienza dei migranti. -un ulteriore soggetto, stanziale in Germania, individuato quale terminale delle somme erogate a titolo di compenso per il viaggio.

In definitiva, gli esiti investigativi evidenziano come gli odierni indagati rappresentino la cellula localizzata sul territorio continentale che, attraverso modalità operative ben pianificate, era addetta a consentire ai migranti, una volta giunti nel reggino, dopo l’arrivo in Italia a bordo di natanti e a seguito della collocazione in centri di accoglienza, di allontanarsi e partire verso località del centro Europa.

È stato inoltre individuato il canale finanziario per le transazioni economiche, che utilizza il metodo informale noto come hawala.

Si tratta di un sistema di trasferimento di denaro basato sul brokeraggio informale e su relazioni non contrattuali che prevede che il soggetto che intende trasferire una somma di denaro a altro soggetto, di norma residente in un diverso paese, contatti un broker intermediario (c.d. hawaladar) e gli versi la somma da inviare; l’intermediario locale contatta quindi un suo omologo nel paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata, trattenendo una commissione. La somma versata al destinatario (nell’odierna indagine quantificata in 1500 euro per ogni migrante per il servizio di trasporto), verrà successivamente rimborsata dal primo al secondo intermediario, con tempi e mezzi variabili, secondo le circostanze.

Trattandosi di provvedimento cautelare, restano salve-informano i vertici dei Carabinieri – le successive determinazioni in fase processuale.

 

 

 

Scoperto dai NAS laboratorio clandestino nel salernitano -Traffico anabolizzanti e ‘droga stupro’ ..

 

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(Ag.)

 

Scoperto dai Nas nel salernitano  un laboratorio clandestino di  droga e altre sostanze. Quattrocento chilogrammi di principi attivi di sostanze anabolizzanti di varia natura, tra cui steroidi, ormoni della crescita e stimolanti; 20 kg di efedrina, precursore della sostanza stupefacente sintetica ‘metamfetamina; quattro kg sibutramina, sostanza dopante nonché anoressizzante bandito dal commercio europeo dal 2010 per l’elevato grado di tossicità e che aveva causato diffuse reazioni avverse nei consumatori; 61 confezioni di nandrolone, sostanza anabolizzante e stupefacente vietata; 26 flaconi di Ghb, la cosiddetta ‘droga dello stupro’ e 300 chilogrammi di eccipienti e coloranti, funzionali alla produzione finale delle sostanze.

E’ frutto di  una indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rimini contro un sodalizio dedito al traffico internazionale di sostanze ad azione dopante e stupefacente.. Due gli arrestati..

Catania, attività antidroga ed arresti disposti dal magistrato

 

Comunicato stampa

Catania,

Nell’ambito della costante attività info-investigativa svolta nell’humus criminale catanese dai militari dell’Arma, questi ultimi avevano appreso che una loro vecchia conoscenza, tra l’altro sottoposta alla misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova ai servizi sociali, avrebbe non solo perseverato nella sua “carriera” di spacciatore di droga ma che, anzi, avrebbe ambito elevarsi a rifornitore della “materia prima” ai suoi stessi “colleghi”. 

I militari pertanto, al fine di dar riscontro alle informazioni raccolte, organizzato un servizio di osservazione “discreto”, stante le numerose vedette poste a copertura dello smercio di droga, sono riusciti senza farsi notare ad accedere all’edificio che ospita l’abitazione del pusher, in viale Biagio Pecorino. Nella circostanza l’uomo, alla vista degli operanti, ben consapevole del motivo della loro presenza, ha immediatamente manifestato chiari segni di nervosismo e, resosi conto di essere stato scoperto, quando gli hanno chiesto se detenesse droga in casa o nelle sue pertinenze, senza null’altro proferire li ha condotti nel proprio garage, nel seminterrato della palazzina.

 Qui, aperta la saracinesca, ha estratto una busta di plastica al cui interno era celato un quantitativo di 413 grammi di marijuana, quindi, sempre scortato dai Carabinieri, è risalito a casa prelevando e consegnando loro anche un bilancino di precisione, che teneva nascosto all’interno di una scarpiera posta nel balcone. La ricerca, ovviamente, è stata comunque completata dai militari, che hanno altresì rinvenuto un’ulteriore bilancia elettronica di precisione. Espletate le formalità di rito, l’uomo è stato posto agli arresti domiciliari come disposto dall’Autorità Giudiziaria, fino all’avvenuta convalida dell’arresto.

I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Catania Piazza Dante hanno arrestato in flagranza un incensurato catanese di 29 anni, responsabile di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Al riguardo, nel quadro delle mirate attività di controllo del territorio volte a contrastare il fenomeno dello smercio di droga disposte dal Comando Provinciale, i militari dell’Arma hanno organizzato un servizio di pattugliamento “discreto” nella zona del quartiere di San Berillo. Nella circostanza, intorno alle 19:00 circa, gli operanti hanno notato in via Di Prima il soggetto a bordo di uno scooter Aprilia Scarabeo, che presi contatti con un giovane, giunto a piedi in un punto evidentemente prestabilito, gli ha verosimilmente consegnato dello stupefacente, ricevendo in cambio del denaro. I Carabinieri, vista l’operazione sospetta, hanno quindi seguito a distanza il 29enne, sino a bloccarlo in via Neve, dove all’esito della perquisizione personale, lo hanno trovato in possesso di diversi tipi di droghe: 7 dosi di marijuana e 2 pietre di hashish, del peso di 8 grammi complessivi, nascoste nelle tasche del suo giubbotto, mentre all’interno di due borselli, sono stati rinvenuti 12 dosi cocaina in bustine di plastica per quasi 6 grammi e 16 di crack per quasi 9 grammi. Ritrovato anche il denaro verosimilmente frutto dello spaccio e sino a quel momento incassato: 100 euro, in banconote da venti ciascuna. Alla luce di quanto recuperato sulla persona del pusher, i militari hanno pertanto proceduto anche ad una ricerca presso l’abitazione di quest’ultimo in via Antonio Cagnone, nel quartiere di Picanello, dove, all’interno di un armadio della stanza da letto, hanno analogamente trovato una busta con ulteriori 19 dosi di marijuana ed altre 3 pietre di hashish, per complessivi 16 grammi. Il 29enne è stato posto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria che ne ha convalidato l’arresto, disponendo nei suoi confronti la sottoposizione agli arresti domiciliari.

Sgominata associazione a delinquere in Sicilia, Veneto, Lazio, Piemonte: Truffa da 17 mln di euro. 10 arresti

 

copertura casa

(Bonus facciate”- Archivi- Sud Libertà)

 

I Finanzieri dei Comandi Provinciali di Verona e Agrigento e i Carabinieri del Comando Provinciale di Verona, in collaborazione tra loro e coordinati dalla Procura della Repubblica del capoluogo veneto, hanno eseguito, all’alba di oggi, in Veneto, Lazio, Piemonte e Sicilia un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale scaligero nei confronti di 10 soggetti, 3 dei quali condotti in carcere e 7 agli arresti domiciliari.
Il Giudice per le indagini preliminari di Verona, su richiesta dell’A.G. inquirente, ha inoltre disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un valore di oltre 5 milioni di euro. Sono pertanto scattati i sigilli anche su conti correnti, autovetture, immobili nonché su società e attività commerciali e turistiche tra cui hotel, pasticcerie e ristoranti in diverse località del Lago di Garda.
L’accusa nei confronti degli indagati è quella di aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe per l’illecita percezione di contributi statali, i c.d. “bonus facciate”, utilizzando crediti fiscali fittizi che poi, una volta monetizzati, venivano riciclati nell’acquisizione di attività economiche sul Lago di Garda. Il tutto, tra l’altro, aggravato dal carattere transnazionale, avendo gli indagati operato sia sul territorio nazionale che estero.

 

Richiesta stamane al Tribunale del riesame la scarcerazione per Rosalia Messina Denaro

Messina Denaro, arrestata la sorella Rosalia, nome in codice “Fragolone”.  «Un suo pizzino ha fatto catturare il boss». Chi è

Archivi -SUD LIBERTA’

 

L’inchiesta sulla vicenda del superboss Matteo Messina Denaro prosegue senza soste.  La magistratura vuol capire gli aiuti che ha avuto il criminale che gi hanno consentito di restare così a lungo in latitanza indisturbata.. Ieri, la coppia di vivandieri, Emanuele Bonafede e la moglie Lorena Lanceri, Ssono stati accusati di aver ospitato a pranzo e cena per mesi il boss ricercato e di averne protetto la latitanza, oggi sono state perquisite le abitazioni di quattro nuovi indagati: l’imprenditore agricolo Gaspare Ottaviano Accardi, la moglie, Dorotea Alfano, Leonarda Indelicato e Laura Bonafede, figlia dello storico capomafia di Campobello di Mazara filmata mentre, due giorni prima della cattura, parlava con il boss in un supermercato del paese.

 

Il reato di cui sono accusati i fiancheggiatori è di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. L’imprenditore e la moglie e Indelicato avrebbero più volte e per ore incontrato il capomafia trapanese a casa dei Bonafede. La presenza dei tre nell’appartamento della coppia, mentre c’era l’ex latitante, risulta dalle immagini delle telecamere di sorveglianza di alcuni negozi piazzate vicino alla abitazione dei coniugi anche loro incastrati dalle riprese video. I filmati, estrapolati dai carabinieri, hanno immortalato l’auto di Messina Denaro vicina alla loro casa, il boss fermo in macchina mentre dà dei pacchetti a Lanceri, che sarebbe stata a lui legata sentimentalmente, e la coppia accertarsi che il padrino entrasse e uscisse indisturbato controllando l’eventuale presenza nella zona delle forze dell’ordine.

 

I militari hanno perquisito le abitazioni dei nuovi indagati e di Laura Bonafede, moglie del mafioso ergastolano Salvatore Gentile, e protagonista di una fitta corrispondenza con Messina Denaro.    Gli inquirenti stanno decifrando ed interprentando i pizzini trovati al boss e alla sorella Rosalia, arrestata nei giorni scorsi per associazione mafiosa. Se alcuni nomi scritti nei biglietti come «Fragolone», che era la stessa Rosalia, «Lesto», “Diletta» e «Tram» che si riferivano a Lanceri, «Maloverso» a suo marito, e «Cugino» a Laura Bonafede sono stati ormai decriptati, resta ancora da risolvere l’enigma della scritta «Romena, Depry, Blu, Bagnino», gli ultimi in codice citati nelle corrispondenze tra il padrino e alcuni suoi fedelissimi.Alcune certezze sulla latitanza del capomafia, però, cominciano a esserci. Matteo Messina Denaro ha vissuto a Campobello di Mazara, ultimo suo nascondiglio, almeno dal 2018.

 

L’ex latitante ha trascorso nella cittadina del trapanese a pochi chilometri da Castelvetrano, suo paese d’origine, 5 anni. L’’ordinanza  con cui i giudici del Riesame di Palermo hanno respinto la richiesta di scarcerazione di Andrea Bonafede, geometra che ha prestato l’identità al boss consentendogli di avere i documenti necessari per sottoporsi alle cure mediche, di acquistare la casa di vicolo San Vito usata come covo e di comprare la Giulietta con cui si spostava,  lo spiega chiaramente

. Dalla ordinanza si comprende anche che il capomafia, ricercato per 30 anni, e che oltre a presentarsi come Andrea Bonafede usava, come identità di copertura, il nome Francesco Salsi, andava in giro su una moto Bmw enduro

. Bonafede avrebbe realizzato secondo gli investigatori,  «un fascio di condotte di assistenza a tutto tondo alla latitanza del capomafia» per almeno 4 anni. E avrebbe messo a disposizione “se stesso come alias di Messina Denaro consentendogli la libera circolazione nel territorio, gli acquisti per la copertura della latitanza e l’accesso alle cure».

Si apprende infine che questa mattina,  nel corso dell’udienza davanti al tribunale del Riesame di Palermo i legali di Rosalia Messina Denaro ne hanno chiesto la scarcerazione. I giudici si sono riservati la decisione.

Catania: arresti per frode, sostituzione di carburante con “olii esausti di scarsa qualità”

 

 

 

Il comando provinciale della Guardia di Finanza di Catania ha posto in stato di fermo tre persone perché ritenute responsabili di sottrazione fraudolenta all’accertamento o al pagamento delle accise sugli oli minerali. Nei loro confronti le Fiamme gialle, su delega della Procura etnea, hanno eseguito un’ordinanza del Gip.

L’operazione ha visto protagoniste le unità specializzate del gruppo Tutela finanza pubblica del nucleo Pef di Catania della Guardia di finanza, con la collaborazione di funzionari dell’ufficio antifrode dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Palermo.

 

L’avvio alle indagini è scaturito da un controllo sulla qualità del prodotto petrolifero scaricato in un distributore stradale della provincia etnea che è risultato avere un altissimo contenuto di zolfo. Poi successivamente, approfondendo le investigazioni, le Fiamme gialle hanno rilevato la  frode attuata dagli indagati: Giuseppe Adornetto, di 36 anni, Vincenzo Salvatore Adornetto, di 64, e Claudio Iacono, di 66.

Secondo gli inquirenti, gli Adornetto, a vario titolo amministratori e legali rappresentanti delle società di autotrasporto Gisa Autotrasporti srl e Lp Transport srls, con sede nella zona industriale di Catania, con l’ausilio di Iacono, già dipendente di quest’ultima con mansioni di autista, avrebbero sfruttato i trasporti di prodotti energetici eseguiti per conto di ignari committenti per prelevare, di volta in volta, dalle autobotti migliaia di litri di carburante, sostituendoli con analoghi quantitativi di olii esausti di scarsa qualità.

l carburante prelevato dagli indagati sarebbe stato successivamente destinato sia al rifornimento degli automezzi aziendali sia alla vendita abusiva al dettaglio a privati con una stazione di servizio abusiva realizzata alla Lp Transport.

A conclusione delle indagini sono stati deferite alla Procura di Catania cinque persone e sequestrati circa 53 mila litri di carburante «miscelato», 5 mila litri di olii lubrificanti esausti, due autocisterne e l’apparecchiatura per l’erogazione clandestina del prodotto…

 

Disco rosso al traffico di droga a Messina, Catania e a Reggio Calabria: arrestate 15 persone

Messina: 15 arresti per traffico di droga

Comunicazione Polizia (Uf.Stampa)

 

Messina,

Arrestate 15 persone dai poliziotti di Messina per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

L’indagine si è sviluppata grazie agli approfondimenti svolti sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia in merito ai consolidati rapporti che aveva con gli indagati per l’acquisto di cospicui quantitativi di sostanze stupefacenti dalla Calabria. 

Le investigazioni hanno permesso di documentare l’esistenza di un vasto traffico di droga gestito dal gruppo criminale, che poteva contare su due diversi canali di “rifornimento” dalla Calabria e un terzo da Catania. 

In particolare, attraverso le intercettazioni telefoniche, ambientali e la visione delle immagini delle telecamere di osservazione, è stato possibile scoprire un’articolata associazione criminale, operante principalmente nei rioni messinesi di Santa Lucia sopra Contesse e Camaro, che gestiva un imponente traffico di cocaina, marijuana e skunk destinate ad essere immesse sul mercato cittadino. 

L’associazione aveva tre capi che in prima persona si occupavano dell’acquisto di ingenti partite di stupefacente e la successiva distribuzione, il mantenimento dei contatti con i fornitori, la determinazione dei prezzi di vendita, la ricerca di nuovi canali di approvvigionamento e la ripartizione degli utili. 

Per custodire la droga acquistata, il gruppo si appoggiava ad un insospettabile, un uomo messinese di 42 anni incensurato, finito anche lui nella retata di oggi. 

Il traffico di droga era così redditizio che in una intercettazione uno degli indagati ha riferito che nel raccogliere gli introiti dell’attività di spaccio i proventi erano superiori agli 80 mila euro. 

Già in occasione dell’arresto in flagranza di reato, poco prima di Natale del 2021, di tre degli odierni indagati, la Squadra mobile gli aveva sequestrato, durante la compravendita di droga, circa 4,5 chili di cocaina e ai venditori la somma di 70 mila euro in contanti.

Nel corso delle successive perquisizioni delle abitazioni di uno degli arrestati, sono stati trovati e sequestrati dai poliziotti oltre 180 mila euro. 

In un’altra circostanza, a uno dei trafficanti calabresi, controllato allo sbarco a Villa San Giovanni, gli investigatori hanno sequestrato circa 105 mila euro poco prima ritirati dai compratori messinesi. 

Nonostante l’approvvigionamento di stupefacente fosse effettuato, principalmente in Calabria ed a Catania, l’associazione criminale – presa dalla stringente necessità di reperire droghe da immettere sul mercato cittadino ed evitare di essere estromessi dalla “concorrenza” – non disdegnava di rivolgersi anche a soggetti messinesi. 

Le azioni di rintraccio ed esecuzione delle misure cautelari, sono state eseguite dagli agenti della Squadra mobile e della Sezione investigativa del Servizio centrale operativo di Messina, con il concorso delle Squadre mobili di Reggio Calabria e Catania.

 

 

03/03/2023