Desirèe: morire a 16 anni stuprata da senegalesi irregolari-

Combattere il fenomeno criminale degli extracomunitari che non sanno vivere in Italia

Video Y.T.

Le indagini sull’omicidio della ragazza Desirèe Mariottini, 16enne trovata morta nella notte tra giovedì e venerdì scorsi in uno stabile abbandonato a via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo a Roma, si avviano alla conclusione.Nessuno dei familiari riesce ancora a spiegarsi perché fosse andata a Roma, cosa ci facesse in quell’edificio abbandonato nel quartiere San Lorenzo dove all’alba di venerdì è stata ritrovata ormai morta. La terribile fine della ragazza, che abitava a Cisterna con la madre e una sorella più piccola, è ancora circondata da tanti interrogativi. Desirèe non aveva fatto rientro a casa venerdì sera, una circostanza inusuale che aveva indotto i familiari a presentare una denuncia al commissariato.

La Polizia è riuscita ad identificare i due criminali autori delle orrende azioni commesse ed  su disposizione dell’Autorità Giudiziaria ha eseguito nella notte due fermi per stupro e omicidioAltre due persone sono  ricercate Il loro nome per motivi di indagine non è stato rivelato finora. Il decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla locale Procura della Repubblica, è stato eseguito dal personale della squadra mobile di Roma e del commissariato San Lorenzo nei confronti di M.G., senegalese di 27 anni irregolare sul territorio italiano e B.M., senegalese di 43 anni e anche lui irregolare sul territorio italiano.

I due sono ritenuti responsabiliin concorso con altre persone in via di identificazione, di violenza sessuale di gruppo, cessione di stupefacenti e omicidio volontario.

I fermati, secondo quanto hanno accertato i militari, avrebbero infatti “somministrato sostanze stupefacenti alla minore in modo da ridurla in stato di incoscienza” e ne “hanno abusato sessualmente, così cagionandone la morte avvenuta nella notte del 19 ottobre”.

Il ministro Salvini ha promesso una vigilanza massiccia – “la ruspa” – nei quartieri romani per combattere il fenomeno criminale extracomunitario con i loro metodi di adescamento vittime

Agrigento: sequestrate trenta tonnellate di marijuana e arrestate tre persone,uno dipendente comunale

 

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Sequestro  record  nelle campagne agrigentine: oltre 30 tonnellate di marijuana coltivate in una piantagione di Naro.

Le due maxi coltivazioni scoperte a Partinico, provincia di Palermo, avevano già sorpreso per il quantitativo di droga (circa sei tonnellate), ma l’operazione portata a termine nella serata di ieri dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento ha portato alla luce più di 30 tonnellate di marijuana sequestrata, decine di sacchi già confezionati, con dentro la droga già essiccata e pronta per essere smerciata per un peso complessivo di oltre 135 chili.Vi erano  anche più di 10mila piante coltivate.

L’operazione nasce da controlli preliminari dei Carabinieri  su tre  persone, apparentemente  imprenditori agricoli, perchè avevano notato delle strane coltivazioni in un appezzamento di terreno nel territorio di Naro. L’irruzione nel fondo agricolo ha consentito alle forze dell’ordine gli illeciti compiuti e, quindi di procedere all’arresto dei tre, uno dei quali un dipendente comunale. Sono accusati di coltivazione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Al dipendente comunale contestato anche il reato di illegale detenzione di arma da guerra, scoperta nel corso della  perquisizione e sulla quale sono in corso le verifiche del Ris per valutare se sia stata recentemente utilizzata.

VIDEO DELLA DROGA SCOPERTA

 

Da un’ulteriore ispezione è saltata fuori un’altra piantagione in un fondo agricolo poco distante da lì e nascosta tra i filari di una coltivazione di alberi di cachi: altre 10.000 piante di quasi due metri di altezza. Secondo una stima, tutta la droga sequestrata, una volta messa in commercio, avrebbe potuto fruttare almeno quindici milioni di euro.

 

SIRACUSA: ARRESTATO SODALIZIO CRIMINALE PER OPERAZIONI INESISTENTI SUL PORTO TURISTICO

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SIRACUSA –

 

Arresti domiciliari, cinque misure interdittive per la durata di dieci mesi e un sequestro a due noti imprenditori di Augusta per 7,5 milioni di euro. Questo il bilancio dell’operazione chiamata “Xiphonia”, con la quale la Guardia di finanza di Siracusa ha eseguito una serie di misure cautelari (personali e reali) disposte dal Gip di Siracusa e nelle quali vengono addebitateagli indagati le ipotesi di reato di “associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla truffa per la percezione di contributi pubblici“.

Ai domiciliari sono finiti Alfio Fazio e Antonino Ranno, imprenditori augustani, il primo operante nel settore delle opere marittime e il secondo in quello edile. Affianco questi due “organizzatori dell’associazione“, ruoterebbero inoltre, quali presunti “compartecipi“, gli amministratori di diritto delle società coinvolte che, secondo gli inquirenti, “attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture false“, avrebbero “reso possibile la realizzazione del disegno delittuoso“. In cinque sono stati destinatari di misura cautelare interdittiva(divieto di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese) per la durata di 10 mesi.

La vicenda riguarda il porto turistico in corso di completamento nel golfo Xifonio di Augusta, destinatario di un contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) per 8 milioni di euro. Secondo quanto emerso nel corso della conferenza stampa della Guardia di finanza, sarebbe stata liquidata solo la prima tranche dell’agevolazione pari a 2.666.400 euro (il 33,33 per cento), e a seguito dell’operazione odierna è stata pertanto interrotta l’erogazione della seconda e della terza tranche, per altri circa 6,5 milioni di euro.

Gli inquirenti ipotizzano un “sodalizio criminoso, organizzato in un reticolo di società che hanno emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti dirette a rendicontare una serie di lavori in realtà mai realizzati” e “formalizzati solo per gonfiare artificiosamente i costi di realizzazione del porto in modo da determinare il quanto dell’erogazione pubblica assentita“.

Qui di seguito il meccanismo di presunta “interposizione fittizia” così come ricostruito dagli investigatori della Guardia di finanza: “L’imprenditore marittimo è risultato l’ideatore e il principale organizzatore del sistema illecito. Costui è infatti l’amministratore della società destinataria del contributo pubblico, nonché titolare di numerose cariche nelle altre “società di famiglia” tutte operanti nel medesimo settore. Il perno attorno al quale ruota il meccanismo delittuoso è invece l’imprenditore edile, amministratore di fatto di una società che si occupa sostanzialmente di edilizia residenziale. Quest’ultima è priva di qualsivoglia know how nella specifica materia ed è sprovvisto delle attrezzature adeguate per svolgere lavori (in mare) necessari alla costruzione di un porto turistico. Nondimeno alla stessa l’ente titolare del contributo affidava la realizzazione di rilevanti opere infrastrutturali nel porto turistico di Augusta. Non essendo in grado di operare con autonome risorse umane e materiali, la società edile subappaltava i lavori a lei affidati a ulteriori società che, in molti casi, sono risultate riconducibili alla stessa famiglia dell’impresario marittimo. Queste società fatturavano alla committente, che a sua volta “girava i costi” alla titolare del finanziamento, dichiarando nei documenti valori notevolmente sovradimensionati ovvero gonfiati rispetto a quelli reali. Pertanto, nella sostanza, la società operante nel ramo delle costruzioni residenziali assumeva solo formalmente il ruolo di appaltatrice delle opere, così costituendo il “paravento giuridico” perché il progetto criminoso si avviasse e realizzasse. Il meccanismo sopra delineato, classificabile tra le ipotesi scolastiche di “interposizione fittizia” soggettiva, consentiva di “gonfiare” sensibilmente costi solo cartolarmente sostenuti, creando un considerevole disallineamento tra il reale impegno economico sostenuto dalla famiglia realizzatrice dell’opera portuale e quello – artificiosamente superiore – documentato dalle fatture presentate alla Regione Sicilia per l’erogazione del contributo pubblico“.

             VIDEO   -GUARDIA DI FINANZA DI SIRACUSA – “OPERAZIONE XIPHONIA”

Blitz della Polizia Antidroga a Librino: quattro arresti

 

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Sorpresi a confezionare dosi di cocaina

CATANIA – Blitz della Polizia antidroga a Librino. ArrestatE quattro persone accusate di spaccio di cocaina. I fermati sono: Natale Cavallaro, 38 anni, Pietro Trovato, 27 anni, Alessio Russo, 20 anni, e Roberto Sentina, 21 anni.

Ieri pomeriggio gli agenti hanno fatto irruzione in un’abitazione di uno stabile di viale Moncada, dove i quattro preparavano” un ingente quantitativo di droga da spacciare.

Gli spacciatori alla vista degli uomini dell’Antidroga hanno lanciato una busta  dal balcone, prontamente recuperato dagli agenti, contenente un chilo e mezzo di cocaina, una bilancia di precisione e materiale per il confezionamento.

Nel corso della perquisizione, sul tavolo della cucina, è stata scoperta altra cocaina che i quattro stavano confezionando in dosi destinate allo spaccio. I quattro sono stati fermati e trasferiti  nel carcere di Piazza Lanza in attesa di giudizio.

In ginocchio il Clan Santapaola-Ercolano- Raffica di arresti con l’aggravante del “Metodo Mafioso e scambio elettorale”

 

Acireale, operazione “Aquilia”:  GLI ARRESTATI NOMI FOTO VIDEO- COMUNICATO CARABINIERI

Acireale, operazione “Aquilia”: tutti i particolari GLI ARRESTATI NOMI FOTO VIDEO

Su  Direzione Distrettuale Antimafia,  Comando Provinciale Carabinieri di Catania la notte scorsa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, nei confronti di 18 persone (di cui 15 presunti appartenenti alla “Famiglia” Santapaola-Ercolano e, in particolare, alle frange operanti in Acireale e Aci Catena), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni con l’aggravante del “metodo mafioso”, scambio elettorale politico mafioso, tentato omicidio, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi.

Il provvedimento trae origine da un’indagine, denominata “Aquilia”, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania e diretta dalla D.D.A., dall’ottobre del 2015 al gennaio del 2018, attraverso attività tecniche e dinamiche, riscontrate dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, che ha consentito di accertare la responsabilità degli indagati in ordine alla loro appartenenza a due “gruppi” per così dire “storici” della “Famiglia” di Catania, quelli, appunto, operanti in Acireale e Aci Catena  già riconducibili al noto Sebastiano Sciuto, detto “Nuccio Coscia”, recentemente scomparso per cause naturali, e di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli dei singoli affiliati nell’ambito del sodalizio mafioso in questione.

In particolare, le indagini dei carabinieri si sono sviluppate a seguito della decisione di collaborare con la giustizia intrapresa, nel luglio del 2015, da Gaetano Mario Vinciguerra, già reggente “pro tempore” del “Gruppo di Aci Catena”, il quale non solo forniva un quadro aggiornato degli organigrammi dei citati “gruppi”, indicando “capi” e “soldati”, ma consegnava anche un elenco dettagliato delle imprese commerciali costrette, da anni, all’imposizione del “pizzo”. Nel corso delle indagini venivano inoltre acquisiti elementi di reità in ordine ad attività estorsive consumate e tentate in pregiudizio di 8 imprenditori locali, alcune delle quali dipanatesi nell’arco di svariati anni, al fine di agevolare l’organizzazione mafiosa d’appartenenza.

IN MANETTE L’EX DEPUTATO PIPPO NICOTRA     Tra gli arrestati figura anche l’ex deputato regionale Raffaele “Pippo” Nicotra, a cui vengono contestati i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata e scambio elettorale politico mafioso, ossia per avere, attraverso la corresponsione di somme di denaro per le elezioni del 2012, determinato esponenti del “Gruppo di Aci Catena” a promettere di procurare voti in occasione delle elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana tenutesi in quegli anni, attraverso la forza di intimidazione e la conseguente condizione di assoggettamento ed omertà derivanti dall’appartenenza al gruppo mafioso.

LUCE SU TENTATO OMICIDIO MARIO TORNABENE FIUMEFREDDO L’indagine ha inoltre consentito di fare luce sul tentato omicidio di Mario Giuseppe Tornabene, avvenuto, a Fiumefreddo di Sicilia  il 28 agosto 2007.   Secondo il racconto di due collaboratori di giustizia, Tornabene, già responsabile del “Gruppo di Giarre” per conto della frangia acese riconducibile al citato Sebastiano Sciuto, e curatore degli “interessi” di quest’ultimo, attraverso la costituzione di società in diverse attività commerciali, disattendeva gli accordi economici intrapresi con lo stesso Sciuto tant’è che il figlio di questi, Stefano, unitamente ad altri soggetti rimasti allo stato senza volto, la sera del 28 agosto 2007, lungo la Via Marina di Fiumefreddo di Sicilia, attentava alla sua vita, esplodendogli contro tre colpi di pistola all’addome, che, fortunatamente, non avevano seguito, a causa della pronta reazione della vittima, fuggita da un’uscita secondaria della propria struttura ricettiva, in cui si trovava al momento dei fatti, scampando miracolosamente all’agguato.

All’attività investigativa svolta dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale si affianca, poi, una indagine parallela, svolta dai colleghi della Compagnia di Acireale e confluita nel provvedimento cautelare eseguito quest’oggi, sul conto di soggetti orbitanti in seno alle medesime frange mafiose, chiamati a rispondere di furto, estorsione aggravata (nel settore delle auto rubate, attraverso il cosiddetto “cavallo di ritorno”) e di reati concernenti gli stupefacenti e le armi.   Dei diciotto provvedimenti emessi, infatti, tre sono riferibili all’attività investigativa anzidetta.

In definitiva, quindici provvedimenti cautelari sono stati notificati ad altrettante persone in libertà, mentre tre sono stati notificati in carcere ad altrettanti indagati, ristretti per altra causa.    (Comunicazione)

LE FOTO

GLI ARRESTATI 

  • ARCIDIACONO Fabio, classe 1984 (tradotto carcere Catania Piazza Lanza)
  • BELLA Fabrizio, classe 1964 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • BONFIGLIO Rodolfo, classe 1980, in atto detenuto nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (ME).
  • CANNAVÒ Cirino, classe 1972 (tradotto arresti domiciliari)
  • COSENTINO Fabio Vincenzo, classe 1978 (tradotto carcere Agrigento)
  • COSENTINO Gianmaria Tiziano, classe 1981 (tradotto carcere Palermo)
  • FAILLA Danilo Tommaso, classe 1979 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • FONTI Salvatore Nunzio, classe 1970 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • GRASSO Camillo, classe 1968 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • MANCA Antonino Francesco, classe 1978, in atto detenuto nel carcere di Noto (SR)
  • MASSIMINO Mariano, classe 1986, (tradotto carcere Catania Piazza Lanza)
  • NICOLOSI Mario, classe 1966 (tradotto carcere Caltanissetta)
  • NICOTRA Raffaele Giuseppe, classe 1956 (tradotto carcere Catania Bicocca)
  • PAPPALARDO Camillo, classe 1970 (tradotto carcere Palermo)
  • PUGLISI Concetto, classe 1981 (tradotto carcere Agrigento)
  • ROGAZIONE Giuseppe, classe 1974 (tradotto carcere Agrigento)
  • SCALIA Santo Paolo, classe 1974 (tradotto carcere Palermo)
  • SCIUTO Stefano, classe 1982, in atto detenuto nel carcere di Asti.

Sicilia: disarticolato un gruppo criminale dedito al traffico di stupefacenti. Incredibile: tra di essi un poliziotto e un carabiniere

Comunicato
Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Polizia di Stato ha in corso di esecuzione un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 21 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla coltivazione, produzione, trasporto, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, detenzione e cessione  delle medesime, reati in materia di armi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e favoreggiamento personale.

I servizi di intercettazione hanno consentito di ricostruire l’intera filiera della produzione di cannabis, ponendo in luce  la competenza degli indagati nelle tecniche della coltivazione su larga scala della marijuana ed il sistema di controllo delle piantagioni.

Ci sono anche due poliziotti e un carabiniere tra i destinatari dell’ordinanza del Gip di Catania. Uno degli agenti è ritenuto tra gli organizzatori e il carabiniere un complice. Per loro due il Gip ha previsto la detenzione cautelare in carcere. Il secondo poliziotto, indagato per favoreggiamento, è stato posto agli arresti domiciliari. I due agenti erano in servizio a Catania, il carabiniere in una stazione della provincia.

Tra i destinatari del provvedimento del Gip c’è l’assistente capo della polizia Matteo Oliva, di 46 anni, ritenuto uno dei dirigenti e tra gli organizzatori della banda, e il carabiniere Stefano Cianfarani, di 49 anni, indicato come organico al gruppo.

I due, indagati anche per corruzione per un atto contrario ai propri doveri, sono stati condotti in carcere. L’assistente capo di polizia Giuseppe Bennardo, di 50 anni, estraneo alla coltivazione di marijuana, è stato posto ai domiciliari per favoreggiamento personale: avrebbe cercato di eludere le investigazioni sui due colleghi.

Le indagini della squadra mobile di Catania sono state avviate dopo le dichiarazioni di un ‘pentito’ del clan Nardo, di Lentini, a cui si sono poi aggiunte quelle di un altro collaboratore di giustizia della cosca Cappello-Bonaccorsi. L’organizzazione, ha ricostruito la polizia, impiantava coltivazioni di marijuana nelle campagne di Scordia, nelle cui zona era in servizio Cianfarani, per vendere poi la droga, potendo contare sulla ‘protezione’ del carabiniere su eventuali controlli investigativi.

Durante le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale di Catania, il 23 settembre del 2017, la squadra mobile ha sequestrato una piantagione con 2.500 piante di marijuana ‘skunk’ e accertato che gli indagati avevano già predisposto un terreno che sarebbe stato destinato alla coltivazione di arbusti per la produzione di droga.

In intercettazioni agli atti dell’inchiesta, le piante venivano definite ‘ibridi belli’ per evidenziarne la particolare qualità, particolare che ha dato il nome all’operazione denominata ‘Beautiful hybrid’.

Complessivamente quindici persone sono state portate in carcere in esecuzione dell’ordinanza del Gip e altre cinque poste agli arresti domiciliari. Un 21esimo indagato è al momento irreperibile. Altri sviluppi nelle prossime ore….

Clan Cappello: l’Antimafia di Catania scopre flussi di denaro e distribuzione di droga, arresti

VIDEO DEGLI ARRESTI ( FORNITO DAL  NUCLEO CARABINIERI DI CATANIA )

Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere  è stata emessa dalla Procura di Catania , nelle province di Palermo, Catania e Siracusa nei confronti di 8 persone per il delitto di associazione finalizzata alla detenzione e traffico di stupefacenti.

Si apprende dagli investigatori che l’attività incriminata è quella del  Clan Cappello-Bonaccorsi e in particolare al gruppo del boss Salvatore Massimiliano. L’ordinanza è stata emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia.

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un’organizzazione il cui referente veniva individuato in Giovanni Geraci  con la collaborazione diretta di Salvatore Panassiti, agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, sita in via Santa Maria delle Salette, ma boss di riferimento per il Clan,
Le indagini – avviate proprio a seguito del rinvenimento in casa del Panassiti di sostanza stupefacente di tipo cocaina, denaro e un “libro mastro” contenente appunti relativi alla gestione dei flussi di denaro e alla distribuzione della droga nelle piazze di spaccio di pertinenza del Clan, hanno consentito – tramite appositi servizi di Osservazione, Controllo e Pedinamento (O.C.P.), video-riprese, intercettazioni e riscontri specifici con sequestri di sostanze stupefacenti – di accertare la sussistenza di un forte vincolo associativo la cui riconducibilità all’organizzazione mafiosa Cappello-Bonaccorsi veniva corroborata da dichiarazioni di collaboratori di giustizia”.
Nel corso della suddetta indagine in particolare venivano tratti in arresto in flagranza di reato (detenzione e spaccio di stupefacenti, nonché detenzione di un’arma clandestina da guerra) 4 degli odierni indagati e contestualmente venivano sequestrati circa 40 grammi di cocaina (in parte “pura” e in parte già “tagliata” per essere venduta al dettaglio) e oltre 5 Kg di marijuana eccetera

SUD LIBERTA’ : Sorpreso dai Carabinieri il Clan Assinata (del Superclan Santapaola): nove arresti per Mafia

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Nove persone, appartenenti al gruppo Salvatore Assinata, braccio della famiglia mafiosa dei SantaPaola, sono caduti nelle mani dei Carabinieri di Catania.

(Nella foto singola il boss Assinata di Paternò)    .Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e approfondite dalla Compagnia Carabinieri di Paternò,insieme con la Procura di Catania  hanno consentito di definire il peso della famiglia Assinata, ai vertici dei Clan mafiosi etnei..

Gli arrestati  dovranno rispondere dei reati di: associazione di tipo mafioso, nonché di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, tentato omicidio ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

Si dovrà chiarire- secondo la Direzione antimafia  il segno di riverenza attribuito nel corso dei festeggiamenti patronali del 02 Dicembre 2015, mediante il classico dondolamento e “Inchino” dei portatori dei cerei dinanzi all’abitazione dello storico boss Salvatore Assinnata, padre di Domenico.

– Evidenziare il ruolo del giovane Domenico Assinnata, che in assenza del padre Salvatore, era il  reggente del clan, curando i rapporti con altri esponenti di notevole caratura delinqueziale.

– Ricostruire il volume d’affari illegali del clan nel settore delle estorsioni ai danni di imprenditori dell’area di riferimento, in particolare nei confronti di una ditta di autonoleggio vittima di due distinti atti intimidatori. Nella prima occasione veniva data alle fiamme l’autovettura di proprietà del titolare, nella seconda invece veniva frantumata la vetrina e la porta di ingresso della ditta, nonostante fossero antisfondamento.

– Acquisire elementi probatori in ordine alla metodica organizzazione delle “piazze di spaccio”, ai canali e alle procedure di approvvigionamento e cessione degli stupefacenti (eroina, marijuana e hashish). Nel corso delle indagini sono stati arrestati infatti 12 spacciatori in flagranza di reato.

L’indagine, svolta a due anni dall’operazione “The End”, eseguita dalla Compagnia Carabinieri di Paternò il 24 Febbraio 2016, che portava alla cattura di 14 affiliati allo stesso clan Assinnata, mette in luce la pressante attività  della Procura di Catania con la Direzione Distrettuale Antimafia  e l’Arma dei Carabinieri

SIRACUSA: OPERAZIONE ANTIDROGA DEI CARABINIERI

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Arrestati nell’ambito di una vasta operazione antidroga dei carabinieri di Siracusa Massimiliano Mancarella, di 43 anni, e Francesco Giuffrida, di 34 anni.. Sequestrati otto panetti di hashish da 100 grammi ciascuno, per un peso complessivo di 800 grammi di droga.  L’accusa è anche di possesso illegale di armi rinvenute nella casa perquisita.

I militari infatti nel corso di una perquisizione presso l’abitazione in cui vivono i due siracusani, nascosti dietro un muro, hanno trovato circa 800 grammi di hashish divisi in 8 panetti ed una pistola marca Beretta calibro 7,65 con matricola abrasa   Recuperate altre 10 cartucce calibro 7.65, sei delle quali inserite nel caricatore della pistola. I Anche i classici strumenti della droga sono stati sequestrati dalle forze dell’ordine e cioè un  bilancino di precisione, una dose di cocaina confezionata per lo spaccio ed uno spinello.     Gli stupefacenti secondo gli investigatori, avevano un valore al dettaglio di circa 8000/diecimila euro.

Si scagliavano pesanti dischi di ghisa sugli arti per truffare le assicurazioni

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Palermo

La  Polizia di Stato di Palermo – si apprende da un comunicato stampa – ha scoperto una truffa alle assicurazioni che lascia increduli chiunque.      Pur di intascare il risarcimento gli autori della truffa non esitavano a mutilarsi parti del proprio corpo.    La Polizia ha trasmesso la denuncia alla Procura di Palermo che sta già disponendo   diversi arresti    .Le ‘vittime’ avrebbero ottenuto anche risarcimenti che superano i centomila euro, come comunicato dal dirigente della squadra mobile palermitana.

Sono undici finora gli arresti  eseguiti dalla  polizia di Palermo che ha sgominato “due pericolosissime organizzazioni criminali dedite alle rodi assicurative realizzate attraverso le mutilazioni di arti di vittime compiacenti”. Coinvolto anche un collaboratore professionale infermieristico dell’ospedale Civico di Palermo. “Le due associazioni criminali disarticolate dalla polizia di Stato hanno evidenziato la particolare cruenza degli adepti delle due organizzazioni, che scagliavano pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all’uso di stampelle e a volte alla sedia a rotelle”,affermano gli investigatori….

 

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Foto di Archivio

Un tunisino sarebbe morto per le mutilazioni subite. Sembrava che l’uomo fosse deceduto in seguito ad un incidente stradale avvenuto lo scorso anno  . In realtà        la polizia ha scoperto che i fatti si sono svolti diversamente e che il tunisino, era rimasto vittima delle mutilazioni subite per ottenere il risarcimento. Gli organizzatori della truffa gli avrebbero fratturato consapevolmente le ossa ma il destino non ha consentito al tunisino di proseguire nella truffa mortale..