Rapine: aggressione domestica ad un pensionato, due arresti in Sicilia

 

Noir movie character

 

 Ragusa – Scicli 

Nella serata di lunedì i militari della Tenenza di Scicli, fattivamente coadiuvati nei giorni scorsi dai colleghi della Stazione di San Nicola di Marsala (TP), hanno tratto in arresto, al fine di dare esecuzione ad un ordine di custodia cautelare, emesso dal Tribunale di Ragusa, a seguito della richiesta della Procura della Repubblica Iblea, un 27enne ed una 34enne, entrambi pregiudicati e originari della città barocca.

I fatti per cui si è reso necessario il regime restrittivo risalgono all’aprile scorso, quando i due si sono resi autori di una rapina aggravata ai danni di un anziano che, uscito di casa per depositare un sacco di rifiuti all’esterno della propria abitazione, si è visto avvicinare dai due malfattori che spintonandolo e aggredendolo con violenza gli hanno sottratto la somma di 45 euro custodita nel portafoglio.

I responsabili, a seguito della rapina commessa, si sono dati alla fuga per le strade del centro cittadino, facendo perdere le loro tracce. Le attività di indagine sono partite nell’immediato, avendo come motore pulsante delle investigazioni i sistemi di videosorveglianza che insistono sull’area di interesse. La conseguente acquisizione e il relativo riconoscimento dei responsabili ha consentito agli operanti di fornire all’Autorità Giudiziaria un quadro indiziario che non ha lasciato dubbi su chi fossero i protagonisti del gesto delittuoso. Pertanto, nei giorni scorsi, con la collaborazione dei militari  del luogo in cui si trova domiciliata attualmente la donna per essere sottoposta alle cure di una struttura terapeutica, sono state eseguite le misure cautelari disposte dal Gip di Ragusa, motivo per cui la donna è stata posta agli arresti domiciliari e l’uomo in carcere.

La conclusione positiva delle indagini è stata possibile grazie alla tempestività con la quale i militari dell’Arma hanno avviato le loro investigazioni e che ha consentito di accertare in modo inconfutabile la responsabilità dei due malviventi.

Operazione antimafia a Catania, oltre cento Carabinieri impegnati nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare

 

Cosa Nostra in difficoltà  sgominata  un’’articolazione mafiosa della famiglia “Santapaola Ercolano” attiva nel quartiere “Villaggio Sant’Agata” a Catania. Oltre 100 carabinieri del Comando provinciale di Catania sono stati impegnati nelle province del capoluogo etneo e ad Agrigento per eseguire un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di 13 indagati accusati a vario titolo di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, soprattutto di cocaina.

Il comando ai vecchi o alle giovani leve criminali?

Le investigazioni pongono in luce  il conflitto generazionale tra la “vecchia mafia” dei “grandi”, capace di dirigere il gruppo criminale nonostante in carcere da svariati anni, e quella “giovane”, irruente ed esibizionista, anche sui social. Una spregiudicatezza che sarebbe potuta sfociare in un omicidio, impedito dall’immediato intervento della magistratura etnea e dei Carabinieri di Catania, che lo scorso dicembre hanno bloccato l’ala armata del sodalizio, fermando nove persone che stavano progettando l’eliminazione di un esponente del clan rivale dei “Cappello-Bonaccorsi”.

 Durante l’attività investigativa, durata circa 18 mesi, i Carabinieri hanno sequestrato cinque fucili da caccia, di cui tre con le canne mozzate, una mitragliatrice cecoslovacca, due pistole e oltre 350 munizioni di vario calibro, oltre a un chilo di cocaina, sei chili di hashish, un giubbotto antiproiettile e un lampeggiante blu per auto.

Mafia, spaccio di droga ed estorsioni,usura e tanti altri reati penali, 25 indagati nel clan Ercolano-Santapaola, Cosa nostra etnea

 

Un’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata dalla Polizia di Catania nei confronti di 25 persone indagate nell’ambito dell’inchiesta Ombra della Dda di Catania contro appartenenti della frangia degli Ercolano che con la cosca Santapaola compongono la famiglia di Cosa nostra etnea.

Tra i destinatari anche esponenti di vertice del clan, compreso il nuovo reggente di Cosa nostra di Catania. Il provvedimento ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa, estorsioni, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illecita di armi da sparo, usura, lesioni personali aggravate dall’uso di armi da sparo. Il provvedimento del Gip, emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura distrettuale etnea, è eseguito da personale dello Servizio centrale operativo e della Squadra mobile della Questura di Catania con il coordinamento della Direzione centrale Anticrimine della Polizia. Particolari sull’operazione Ombra saranno resi noti durante un incontro con la stampa  nella sala riunione della Questura di Catania.

Camorra Napoli: figlia contesa. Imposizioni intimidatorie e cortei armati del clan De Martino per scortare i nonni paterni durante gli incontri con la piccola. 9 misure cautelari

A Napoli la guerra di camorra è ricominciata. Lo Stato intervenga

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 – Napoli,

Per delega del Procuratore Distrettuale di Napoli, si comunica che i Carabinieri della Compagnia di Torre del Greco hanno eseguito un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 9 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di atti persecutori, lesioni personali e di detenzione e porto in luogo pubblico di armi, delitti aggravati dal metodo mafioso per aver fatto ricorso alla capacità d’intimidazione dell’associazione di tipo camorristico denominata clan “De Martino”, storicamente operante nell’area orientale di Napoli e, in particolare, nel quartiere Ponticelli.
All’esito delle indagini svolte dai Carabinieri della Tenenza di Cercola, è emerso che gli indagati hanno fatto ricorso ad imposizioni, progressivamente divenute più intimidatorie e prevaricatrici, affinché venisse loro garantito l’affidamento, in totale assenza di alcuna regolamentazione giudiziaria, di una bambina nata dalla relazione di una donna con il rampollo – detenuto – di una famiglia storicamente al vertice di una delle fazioni camorristiche che si contendono l’egemonia criminale nella zona del quartiere napoletano Ponticelli.
Le investigazioni hanno consentito, inoltre, di documentare l’esecuzione di veri e propri cortei armati degli affiliati al gruppo camorristico in questione per scortare i nonni paterni  in occasione dei quotidiani prelievi e delle riconsegne della bambina.

Gli arrestati sono stati associati presso la Casa Circondariale di Napoli-Secondigliano nonché presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Messina, un’operazione internazionale di Narcotraffico conduce in carcere oltre 110 persone con Ordinanza del GIP del Tribunale di Messina

Foto close-up di un uomo depresso sdraiato vicino alle medicine sul pavimento

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 Messina – Territorio Nazionale e Spagna,

I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione, in Sicilia, Calabria, in altre località del territorio nazionale e in Spagna, a ordinanze di custodia cautelare nei confronti di oltre 110 persone (85 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 27 agli arresti domiciliari), di cui 4 a cura della Polizia Penitenziaria, emesse dal GIP del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura della Repubblica. Tra i destinatari delle misure cautelari, 16 sono già detenuti in carcere.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi si pone a valle di tre distinte indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, a partire dal gennaio 2021 all’attualità; delle quali, una eseguita dai CC della Compagnia di Messina Sud, le altre due dalla Compagnia CC di Barcellona Pozzo di Gotto. Le articolate e complesse investigazioni hanno disvelato l’esistenza e la operatività di diverse organizzazioni criminali della città di Messina e del barcellonese, attive nel narcotraffico, con collegamenti con strutture criminali calabresi e soggetti attivi anche in Campania, Lombardia e all’estero.

Nell’ambito delle tre attività investigative, sono stati, infatti, documentati diversi, stabili, canali di approvvigionamento della droga, con la Calabria, per la cocaina; con alcuni soggetti attivi nelle province di Napoli e Milano, nonché con la Spagna, per l’hashish; e con soggetti attivi nei Paesi Bassi, con riferimento allo spice, cannabinoide sintetico con effetto psicotropo estremamente dannoso per la salute. Le indagini articolate e complesse, si sono strutturate, utilizzando i tradizionali strumenti delle intercettazioni, telefoniche e ambientali;; delle dichiarazioni di soggetti che hanno avviato la collaborazione con l’autorità giudiziaria. Gli elementi raccolti, dunque, hanno disvelato l’organigramma di 4 tra le principali organizzazioni criminali operanti, dal 2020, nel traffico di stupefacenti e nella gestione di piazze di spaccio nei quartieri messinesi di Giostra, S a n t a Lucia Sopra Contesse, Villaggio CEP e Villaggio Aldisio, nonché nelle zone di Barcellona P.G. e di Milazzo.

In particolare, l’indagine delegata alla Compagnia Carabinieri di Messina Sud ha riguardato l’esecuzione di misure cautelari in carcere e agli arresti domiciliari a carico di 49 persone, gravemente indiziate -a vario titolo- per i delitti di “associazione finalizzata al narco traffico”, “detenzione, coltivazione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti”, “autoriciclaggio” e “porto e detenzione di armi clandestine”. Sono stati delineati i ruoli e gli assetti di un gruppo criminale, ritenuto fra i più attivi nel narcotraffico nell’area peloritana, con significativi rapporti con organizzazioni criminali di altre regioni, riorganizzatosi e riaffermatosi sul territorio .

Il sodalizio, con base operativa nel quartiere popolare messinese “Giostra” e con la disponibilità di armi, avrebbe smerciato, nel tempo, ingenti quantitativi di stupefacente, rifornendo plurime piazze di spaccio nei diversi quartieri nelle aree a Nord e a Sud del capoluogo e delle zone nebroidea e tirrenica della provincia, particolare a Tortorici. Lo stupefacente sarebbe stato stoccato e custodito nelle abitazioni di alcuni sodali, strategicamente protette da impianti di videosorveglianza, inferriate e porte blindate, volti a ritardare i tempi di accesso delle Forze di Polizia durante le perquisizioni e consentire, nel frattempo, l’occultamento della droga e delle armi, realizzando veri e propri “fortini” di difficile, se non impossibile, accesso. Infatti, nel corso delle indagini sull’articolazione operante in Messina, nel g e n n a i o 2021, abbiamo registrato il ferimento di un carabiniere, che, nel tentativo di entrare in una abitazione da perquisire, rimaneva ferito al piede, per effetto della improvvisa e volontaria chiusura, contro di lui, di una porta blindata a protezione dell’appartamento.

L’organizzazione, anche attraverso la considerevole disponibilità economica acquisita e le sperimentate capacità criminali, si sarebbe accreditata sul mercato illecito della droga, potendo contare su numerosi canali di approvvigionamento, individuati nelle aree di San Luca e Rosarno (RC), nonché in soggetti operanti nel napoletano e a Milano; ovvero, ancora, avvalendosi, in caso di difficoltà, di altri gruppi messinesi attivi nello spaccio degli stupefacenti. Sulla base di quanto emerso dalle indagini, il sodalizio avrebbe reimpiegato parte dei consistenti profitti del narcotraffico -che si stima essere pari a ca. €500.000 mensili, confluenti in una cassa comune- in un’attività commerciale nel settore dell’abbigliamento di Messina, destinando un’altra parte alle famiglie dei sodali detenuti.

Dall’indagine è emersa anche una seconda consorteria criminale, che si riforniva di stupefacente dal sodalizio principale, qualificandosi quale gruppo acquirente privilegiato, per, poi, metterlo in vendita nel quartiere popolare denominato “Villaggio Aldisio”. Sul versante barcellonese, delle due attività di indagine, la prima è culminata nell’arresto di 28 persone, delle quali 24 a cura della Compagnia CC di Barcellona P.G.; le restanti 4 a cura della Polizia Penitenziaria del Provveditorato di Palermo dell’Amministrazione penitenziaria; in particolare, 23 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari, gravemente indiziate -a vario titolo- dei delitti di “associazione finalizzata al narco traffico”, “detenzione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti”, “associazione per delinquere finalizzata all’indebita introduzione di telefoni cellulari in istituti penitenziari”, “porto abusivo di armi” e “trasferimento fraudolento di valori”.

Le attività investigative hanno consentito di ricostruire le componenti soggettive ed oggettive di un’organizzazione criminale, attiva a Barcellona P.G. nel narco traffico di ingenti quantitativi di cocaina, marijuana e hashish. Gli indagati avrebbero posto in essere un’intensa attività di spaccio, in modo sistematico, attraverso un’organizzazione criminale strutturata; con la disponibilità di armi; composta, tra vertici e affiliati, anche da soggetti legati da vincoli di parentela, che avrebbe distribuito la droga in favore di una rete di spacciatori nel territorio di Barcellona e nei paesi limitrofi, cedendola anche ad altri narcotrafficanti della provincia di Catania.

La droga, in particolare l’hashish, sarebbe stata, in parte, approvvigionata dalla Spagna, tramite un sodale ivi dimorante e poi occultata nelle abitazioni di altri affiliati alla consorteria, che utilizzava un’autoconcessionaria di Barcellona P.G., fittiziamente intestata ad alcuni indagati, sebbene riconducibile a uno dei capi del sodalizio, quale base operativa del narcotraffico nonché quale attività commerciale ove indirizzare parte dei proventi dell’illecita attività di spaccio. Dagli accertamenti svolti dai militari dell’Arma, insieme al Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria, è emerso che, al fine di incrementare i propri introiti, il sodalizio criminale avrebbe, addirittura, introdotto la droga nel carcere di Barcellona P.G., dove uno dei promotori, lì detenuto, dirigeva e coordinava la distribuzione delle dosi e telefoni cellulari, anch’essi illecitamente introdotti, ad altri reclusi. L’attività investigativa ha altresì consentito di raccogliere indizi circa l’esistenza di un ulteriore gruppo criminale, collegato al primo sodalizio, finalizzato all’illecita introduzione nel carcere di Barcellona P.G. di telefoni cellulari, composto da detenuti e da una donna la quale, dall’esterno dell’istituto, avrebbe introdotto i dispositivi occultati all’interno di pacchi destinati ai detenuti.

Tra i destinatari della misura cautelare in carcere figurano un Agente della Polizia Penitenziaria e un infermiere dell’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale) di Messina, all’epoca entrambi in servizio presso la citata Casa Circondariale. Il primo avrebbe coadiuvato uno dei capi della consorteria – consegnandogli stupefacente, poi, distribuito nel carcere; il secondo avrebbe introdotto la droga nel carcere, ceduta poi ad alcuni reclusi.

Contestualmente, all’esecuzione delle misure cautelari, i militari dell’Arma hanno anche eseguito il sequestro preventivo del capitale sociale e del compendio aziendale di 5 società, compresa una concessionaria di autovetture, ubicate a Barcellona P.G., Milazzo e in Spagna, nonché di 7 beni immobili (fabbricati e terreni), autovetture, polizze assicurative e conti correnti, tra cui uno relativo a un istituto di credito spagnolo, intestati o nella disponibilità degli indagati, del valore complessivo di 4 milioni di euro. Sempre sul versante barcellonese, il secondo segmento dell’indagine fa, oggi, registrare l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 35 persone, delle quali 20 destinatarie della misura in carcere e 15 agli arresti domiciliari, di cui 10 già detenute; allo stato, gravemente indiziate a vario titolo- di “associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, “detenzione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti”, “estorsione”, “detenzione e porto abusivo di armi”, nonchè “indebita introduzione di telefoni cellulari in istituti penitenziari”.

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire le coordinate di riferimento di un’organizzazione criminale, con basi operative a Barcellona P.G e Milazzo (ME), dedita al traffico di ingenti quantitativi della droga sintetica denominata spice, nonché di cocaina e marijuana. In particolare, il gruppo criminale avrebbe importato lo spice dal mercato olandese in considerevoli quantitativi, tramite siti web riguardanti, apparentemente, il commercio di prodotti leciti- per il successivo smercio, per un volume d’affari di circa 50.000 euro al mese. Sono emerse anche le forti pressioni, esercitate dagli affiliati nei confronti di alcuni spacciatori, loro acquirenti, per costringerli ad onorare i debiti di droga assunti nei confronti della consorteria.

Dagli accertamenti condotti, anche questa organizzazione criminale avrebbe avuto la disponibilità di armi e la sua forza criminale sarebbe emersa dalla circostanza di essere in grado di operare nel narcotraffico, senza subire interferenze da parte di sodalizi concorrenti del territorio di Barcellona P.G. Pur essendo 3 distinte indagini, sono emersi elementi di collegamento tra i territori coinvolti, come documentato per il traffico di spice, che dal gruppo di Barcellona P.G., oltre a pusher della zona, veniva smerciato in favore di spacciatori messinesi, raggiunti dall’odierno provvedimento, che provvedevano a distribuire la sostanza ai consumatori del capoluogo.

Quanto sopra, – informa il Comando – ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito e nel rispetto dei diritti degli indagati, che, in considerazione dell’attuale fase delle indagini preliminari, sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità e con la precisazione che il giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati e restituzione dei beni sequestrati.

Catania,aggredivano le persone all’interno dei locali pubblici per futili motivi. Arrestati sei ragazzi,uno minorenne

 

Catania,

Prendevano di mira le persone all’interno dei locali pubblici, aggredendole per futili motivi. I poliziotti della Questura di Catania al termine di un’indagine nei confronti dei componenti di una banda giovanile hanno arrestato sei ragazzi, di cui uno minorenne, per lesioni aggravate in concorso.

Le vittime sono state aggredite mentre si trovavano all’interno di discoteche del centro storico cittadino.

Attraverso le telecamere di videosorveglianza e delle testimonianze di persone presenti, gli investigatori della Squadra mobile sono riusciti a ricostruire la dinamica delle violenze di due episodi.

La prima vicenda documentata risale a febbraio scorso quando una giovane donna è stata molestata mentre ballava con il suo ragazzo. Quattro persone intervenute a difesa della ragazza sono state malmenate dagli indagati con i loro caschi.

Il secondo episodio si è verificato il mese successivo all’interno di un’altra discoteca ai danni di uno studente universitario fuori sede che è stato aggredito, senza alcun motivo, con schiaffi e pugni da un ragazzo spalleggiato da un gruppo di venti persone.

Il giovane ha riportato un trauma cranico e tutta la sequenza dell’aggressione è stata registrata dalle telecamere del locale e da quelle di alcuni telefonini, finendo per essere rilanciata anche sui social network.

Il Questore di Catania, valutata la pericolosità sociale di tutti gli indagati, ha disposto altrettanti Daspo della durata di tre anni, vietandogli l’ingresso nelle discoteche e nei locali notturni della provincia.

 

 

Indagine a tappeto della Polizia postale di Catania- e altre città italiane- per contrastare la pedopornografia on line. Indagate 26 persone, 9 gli arresti, scoperta la “Guida del pedofilo”

 

 

Sono 9 gli arresti in flagranza effettuati dalla Polizia di Stato nel corso di una vasta operazione su tutto il territorio nazionale di contrasto alla pedopornografia online. L’indagine ha consentito di indagare 26 persone in tutta Italia per detenzione e divulgazione di materiale pedoporpornografico, sottoposte a perquisizioni personali ed informatiche. Uno di loro, oltre a migliaia di file pedopornografici, aveva nella disponibilità del suo cloud il formato digitale del libro ‘Guia del pedofilo’ (‘Guida del pedofilo‘).

Indagini della Polizia postale
Le investigazioni, coordinate dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online (CNCPO) del Servizio Polizia Postale, hanno preso avvio da una complessa attività di analisi informatica su alcuni dispositivi elettronici sequestrati a un indagato, arrestato mesi fa per le stesse condotte, sui quali – all’interno di una piattaforma di messaggistica – erano stati trovati gruppi dediti allo scambio di immagini e video raccapriccianti, con abusi anche su bambini piccolissimi. Meticolose e complesse indagini anche di natura estremamente tecnica hanno portato all’identificazione dei soggetti attivi sui gruppi, nei confronti dei quali la Procura ha emesso provvedimenti di perquisizione personale ed informatica.

Le perquisizioni sono state eseguite con la collaborazione dei vari Centri Operativi per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale, a Catania (1), Roma (3), Milano (3), Brescia (2), Varese (1), Bergamo (1), Catanzaro (1), Bari (2), Foggia (1), Torino (2), Cuneo (1), Genova (2), Imperia (1), Avellino (1), Livorno (1), Prato (1), Ravenna (1), Ascoli piceno (1). Gli arrestati risiedono nelle province di Catania (1), Roma (1), Milano (2), Firenze (1), Bergamo (1), Ravenna (1), Varese (1) e Imperia (1).

Napoli, smaltite illecitamente 1.000 tonnellate di rifiuti speciali – Arrestate per corruzione 12 persone. Oltre mezzo milione di euro di costi extra per la S.A.P.NA., sequestrate due aziende

 

Arghillà, via alla bonifica: ruspe in azione per rimuovere ...

Archivi -Sud Libertà

 

Napoli,

Traffico illecito di rifiuti e corruzione. Sono 12 le persone arrestate nelle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno. L’accusa, a vario titolo, è di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, furto aggravato ai danni della Città Metropolitana di Napoli e corruzione.

Durante l’operazione sono stati accertati smaltimenti illeciti per oltre 1.000 tonnellate di rifiuti speciali che hanno determinato un aggravio di costi alla S.A.P.NA. per circa mezzo milione di euro. La cifra è stata calcolata senza tenere conto dei danni spesso causati all’impiantistica dallo sversamento di rifiuti anche ferrosi, che hanno bloccato anche per lunghi periodi il ciclo di trattamento dell’impianto pubblico.

L’indagine, condotta anche con l’ausilio di attività tecniche quali intercettazioni di conversazioni, video riprese e pedinamenti, ha avuto origine nel gennaio 2023 a seguito delle segnalazioni della S.A.P.NA. s.p.a., società interamente partecipata dalla città metropolitana di Napoli che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani della area metropolitana del capoluogo campano, in merito ad anomalie nel trattamento dei rifiuti all’interno dell’impianto di Tufino, nel quale venivano smaltite tipologie di rifiuti di provenienza industriale e dunque estranee al ciclo di raccolta dei rifiuti urbani.

I carabinieri hanno sottoposto a sequestro le due aziende private produttrici di rifiuti industriali. Secondo la ricostruzione degli investigatori, gli indagati agivano con un metodo ormai consolidato: gli autisti delle due società, aggiudicatarie di appalti per la raccolta di rifiuti urbani in alcuni paesi vesuviani, fungevano da tramite tra i produttori di rifiuti speciali e gli operai addetti alla gestione dei rifiuti all’interno dello STIR, nella gestione dell’illecito traffico, finalizzato all’esigenza dei privati di smaltire i loro rifiuti, conseguendo un significativo risparmio in termini economici. Il tutto avveniva in cambio di mazzette ai dipendenti pubblici. Essenziale sarebbe stato il ruolo degli addetti al TMB di Tufino, perfettamente organizzati per bypassare il rigido sistema di controllo previsto dalla S.A.P.NA., e consentire agli autisti degli automezzi di operare indisturbati e scaricare i rifiuti illecitamente.

Secondo l’accusa, una intera squadra forniva i propri turni di servizio ai complici esterni, che dunque pianificavano in totale tranquillità gli illeciti sversamenti nella certezza della compiacenza di tutti i componenti di quel turno, remunerati dal capo squadra, ciascuno in proporzione del contributo fornito. Al fine di incrementare ulteriormente gli illeciti profitti, alcuni degli indagati, sia dipendenti dello STIR che autisti, dopo aver effettuato gli smaltimenti illeciti, completavano la loro collaborazione rendendosi protagonisti del furto delle bobine di ferro, del valore di circa 20mila euro, utilizzate nell’impianto di Tufino per imballare i rifiuti, occultando le stesse all’interno degli stessi autocompattatori.

Arresti a Catania per la rapina dell’incasso del parcheggio dell’ospedale S.Marco

 

Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico "G.Rodolico ...

Archivi -Sud Libertà   – Ospedale S.Marco di Catania

 

 

Cinque persone sono state poste in stato di fermo dalla Squadra Mobile di Catania al termine di una inchiesta della Procura locale  sulla rapina dell’incasso del parcheggio dell’ospedale San Marco e sull’introduzione nel carcere di Piazza Lanza di droga e telefoni per un detenuto.

I provvedimenti firmati dal Gip del Tribunale di Catania  sono stati notificati ad un 43 enne, un 53enne, due 59enni e un 66enne, tutti accusati a vario titolo di rapina aggravata, furti in abitazione e all’interno di autovetture nonché di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Truffe ad anziani: 17 arresti nella Capitale,episodi frequenti anche in altre regioni, come la Sicilia, la Campania, scoperto anche un manuale d’istruzione

Foto gratuita vista frontale di un senzatetto con la canna da zucchero

 

Roma,

Dalle prime luci dell’alba, su delega della Procura della Repubblica di Roma, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, nella provincia di Napoli, supportati dai comandi dell’Arma territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a un’ordinanza che dispone misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di 17 persone (7 in carcere e 10 agli arresti domiciliari), di cui 13 gravemente indiziate di appartenere a un sodalizio criminale (art. 416 c.p.) dedito a “truffe” e “estorsioni” in danno di anziani e gli altri 4 di avere avuto un ruolo nell’esecuzione dei colpi.

Come riscontro, nel corso dell’attività di indagine, i Carabinieri hanno inoltre eseguito 10 arresti, in flagranza di reato, per truffe consumate a Roma in danno di anziani, con contestuale recupero e restituzione della refurtiva.

Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Trionfale, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Roma, gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, hanno consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un’associazione per delinquere avente sede a Napoli e capeggiata dai membri di una specifica famiglia, dedita alla commissione di una serie indeterminata di reati (per lo più truffe e talvolta estorsioni) in danno di persone anziane dimoranti in Roma e nel Lazio, ma anche in altre regioni italiane, raccogliendo gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine a 80 episodi consumati nelle province di Roma, Napoli, Latina e Viterbo, nell’arco temporale tra il 13.09.2022 e 20.03.2023.

Fingendosi impiegato delle poste, assicuratore, avvocato o carabiniere, il “telefonista” diceva che un familiare doveva saldare il debito per ritirare un pacco o che aveva provocato un incidente stradale, che l’assicurazione era scaduta e che, per “sistemare” le cose, era necessario consegnare denaro o gioielli. In seguito un complice passava a prelevarli a casa delle vittime, che solo ore dopo, parlando con il figlio o il nipote in questione, scoprivano il raggiro.

Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Trionfale hanno consentito di raccogliere elementi indiziari in ordine al ruolo di tutti gli indagati che in varie batterie composte da due persone, partivano tutti i giorni da Napoli con auto prese a noleggio. Le vittime venivano scelte casualmente tramite ricerche fatte in internet o sulle pagine bianche, contattate da “telefonisti” e poi raggiunte da “corrieri”.

Nel corso delle perquisizioni, tuttora in corso, i Carabinieri hanno rinvenuto anche un manuale di istruzione con una dettagliata descrizione delle cose che il telefonista doveva dire alle vittime per compiere le truffe oltre a denaro contante, centinaia di schede telefoniche, decine di telefoni cellulari e un grosso quantitativo di gioielli.

Si precisa che il procedimento è nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.