La Mafia del Clan dei Tuppi voleva il comando di Misterbianco

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Arresti a non finire per avere le mani su Misterbianco.  Devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, estorsione in concorso, furto, ricettazione e riciclaggio in concorso, detenzione e porto illegale di arma clandestina, trasferimento fraudolento di valori e corruzione, con l’aggravante del metodo mafioso,  26 persone raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nell’ambito dell’operazione “Gisella” condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Catania.

Gli indagati vengono indicati come affiliati al clan dei “Tuppi”, operante nel territorio dei Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, attualmente confederato alla famiglia mafiosa dei Mazzei, storicamente affiliata a Cosa nostra. Il provvedimento scaturisce dalle confesssioni  del pentito Luciano Cavallaro, esponente storico del gruppo mafioso dei “Tuppi”, già fortemente radicato sul territorio di Misterbianco a partire dagli anni ’80 (periodo nel quale era affiliato alla famiglia mafiosa dei “Cursoti”) e molto attivo nella gestione delle illecite attività, in concorrenza con il gruppo del “Malpassotu”, articolazione della famiglia Santapaola,che riconduce a Giuseppe Pulvirenti

 

Palermo: 42 arresti per truffa alle assicurazioni. Falsi incidenti e “spaccaossa” per poche centinaia di euro

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Operazione ‘Tantalo 2’ in corso dall’alba di oggi a Palermo e a Trapani.Indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Palermo e dal Reparto di Polizia Penitenzia di Palermo del Carcere “Lorusso- Pagliarelli”,  sui falsi incidenti per truffare le assicurazioni. Per fratturare una gamba usavano dischi di ghisa o blocchi di cemento, per rompere un braccio anche degli anestetici, seppure di scarsa qualità.         Gli arrestati offrivano  alle ‘vittime’ consenzienti di turno somme esigue, di solito persone on condizioni di povertà che non avevano neppure i soldi per andare avanti.

Sono 42 gli arresti.  Gli organi di polizia ne hanno effettuato 34.Una sessantina i casi di mutilazioni scoperti dagli inquirenti. . La somma offerta era di 300 euro per una gamba da fratturare, e quattrocento euro per un braccio da fratturare. Nei guai giudiziari anche un avvocato e alcuni periti assicurativi. Due sono le bande individuate. Le finalità: associazione a delinquere, truffa aggravata, lesioni aggravate, usura, estorsione, peculato e reimpiego.

 

 

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Foto Archivio

Si scopre l’incredibile.  Afferma la Procura di Palermo: “C’era una “particolare cruenza degli adepti che non esitavano a scagliare pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all’uso di stampelle e sedie rotelle“…

 

Sono stati scoperti numerosissimi episodi criminosi in frode alle compagnie assicurative. Centinaia risultano inoltre essere le persone indagate.Decine le perquisizioni effettuate dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’operazione denominata “Fides”. Si apprende anche che sono stati  sequestrati beni per un valore di mezzo milione di euro.

Fondamentali per le indagini e per i giudici sono state le dichiarazioni dei collaboratori.Affermano gli inquirenti: “Si tratta di alcune persone tratte in arresto nell’ambito dell’operazione Tantalo della Squadra mobile di Palermo dello scorso agosto, che dopo l’arresto hanno deciso di collaborare con l’Autorità giudiziaria”.

 

 

MAFIA NIGERIANA A CATANIA: DISCO ROSSO DELLA PROCURA AD UN’ORGANIZZAZIONE CRIMINALE DIFFUSA IN ALTRI STATI

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Arrestati 10 latitanti nigeriani, ricercati in tutta Europa, che erano fuggiti in Francia e in Germania. L’ordinanza di misura cautelare è stata emessa a gennaio dal gip di Catania.

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Foto Sud Libertà

I nigeriani arrestati,  fra i 25 e i 29 anni, sono  membri di un gruppo della ‘mafia nigeriana’ transnazionale di matrice cultista e denominata ‘Vikings’ o ‘Supreme Vikings Confraternity’ (SVC), detta anche ‘Norsemen della Nigeria’, collegata ad una rete più ampia radicata nel Paese africano e diffusa in diversi Stati europei ed extraeuropei con una struttura gerarchica, organi deputati al coordinamento dei vari gruppi diffusi in Italia e all’egemonia del territorio, con ruoli e cariche ben precise all’interno dell’organizzazione.   Secondo le accuse gli arrestati avevano la base operativa nel Cara di Mineo

Nell’operazione svolta dalla Mobile di Catania e coordinata da quella Procura Distrettuale Antimafia, la polizia tedesca ha localizzato e tratto in arresto a Ratisbona due persone mentre quella francese, con il supporto di personale del Servizio Centrale Operativo, della Mobile etnea e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di polizia, ha arrestato due persone a Parigi e due a Nancy, una delle quali poi sottoposta al solo obbligo di firma.

. Il soggetto ritenuto a capo dell’organizzazione, Happy Uwaya, e un’altra persona, sono stati arrestati a Parigi, mentre gli altri sono stati bloccati a Nancy, Marsiglia, Nizza e, in Germania, a Ratisbona.
. Secondo le indagini della squadra mobile di Catania e dello Sco apparterrebbero ad un’organizzazione criminale nigeriana diffusa in vari paesi europei ed extraeuropei, di matrice cultista chiamata ‘Vkings’ o ‘Supreme Vikings Confraternity’. I dieci avrebbero tutti fatto parte della cellula siciliana che operava a Catania e nella provincia e aveva la base nel Cara di Mineo. Nel centro, stando alle indagini, più volte ci sarebbero stati degli scontri con altri gruppi per avere l’egemonia sui gruppi stranieri…
Più in dettaglio, nell’ambito dell’operazione “Norsemen”, svolta dalla Squadra Mobile di Catania e coordinata da quella Procura Distrettuale Antimafia, la Polizia tedesca ha localizzato e tratto in arresto a Ratisbona Lucky Aigbotsua chiamato “Ocha” e Alex Collins detto “Papà”, mentre la Polizia francese, con il supporto di personale del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile etnea e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, ha arrestato a Parigi Happy Uwaya “Sisa”  il capo ed organizzatore ,in qualità di “executioner” e Josephine Ewansiha, a Nancy Henry Samson- l’organizzatore della rete finalizzata al traffico e smercio di sostanze stupefacenti e Chioma Onuoha, poi sottoposta al solo obbligo di firma. A Marsiglia sono finiti in manette Joj Ayomide Okoh, Godsent Adama e Michael Okowa e a Nizza Courage Omgobia.

Castelvetrano: scoperta una “Loggia segreta” in grado di condizionare la burocrazia

. Una maxi operazione dei carabinieri nel trapanese ha consentito di scoprire una “loggia segreta” capace di condizionare la politica e la burocrazia     L’operazione ha condotto all’arresto di 27 persone tra cui l’ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana Francesco Cascio. Della loggia avrebbero fatto parte, oltre ai politici, massoni e alcuni professionisti di Castelvetrano.

 

Le porte del carcere si sono aperte anche per  l’ex deputato regionale di Forza Italia Giovanni Lo Sciuto, ritenuto a capo della loggia segreta. Avrebbero tutti fatto parte, secondo l’accusa, di una “associazione a delinquere segreta”. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Alfredo Morvillo, dall’aggiunto Maurizio Agnello e dai sostituti Sara Morri, Andrea Tarondo e Francesca Urbani. E , dulcis in fundo, ci sono anche tre poliziotti tra gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘Artemisia’: uno presta servizio alla Questura di Palermo, uno a Castelvetrano e uno alla Dia di Trapani.

 

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, Fra – Tutte le 27 persone finite in manette sono accusate, a vario titolo, di corruzione, concussione, traffico di influenze illecite, peculato, truffa aggravata, falsità materiale, falsità ideologica, rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento personale, abuso d’ufficio ed associazione a delinquere secreta finalizzata ad interferire con la pubblica amministrazione (violazione della c.d. legge Anselmi).

Dieci  le persone indagate a piede libero. “Scoperto un vasto sistema corruttivo negli enti locali – dicono gli inquirenti -, quali il comune di Castelvetrano e l’Inps di Trapani”. L’indagine ha inoltre portato “alla luce diversi episodi di violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento nei confronti di Lo Sciuto” da parte “di appartenenti alle Forze dell’Ordine e di esponenti politici regionali, quali l’ex deputato regionale Francesco Cascio, tratto anch’egli in arresto“.

 – Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, coordinati dalla Procura trapanese, sono iniziate nel 2015 e “hanno avuto come fulcro l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto”, in carica fino al 2017, “a carico del quale sono emersi gravi indizi di reità in ordine alla commissione di numerosi reati contro la Pubblica amministrazione al cui fine ultimo era costantemente quello di ampliare la sua base elettorale in vista delle varie elezioni e di conseguenza il proprio potere politico”.

Le indagini hanno consentito “di accertare che Lo Sciuto creava uno stabile accordo corruttivo con Rosario Orlando, ex responsabile del Centro Medico Legale dell’Inps, fino al maggio 2016, poi collaboratore esterno dello steso ente quale ”medico rappresentante di categoria in seno alle commissioni invalidità civili”, che riusciva a corrompere, attraverso regalie ed altre utilità, nonché la sua intercessione con l’ex Rettore Roberto Lagalla, oggi assessore regionale all’Istruzione e destinatario di informazione di garanzia, per l’aggiudicazione di una borsa di studio a favore della figlia presso l’università di Palermo”. Lagalla è indagato per corruzione.

 – Da Orlando l’ex deputato regionale “otteneva la concessione di numerose pensioni di invalidità, anche in assenza dei presupposti previsti dalla legge”. E “ogni pensione di invalidità fatta concedere, in forza del consolidato accordo corruttivo – dicono gli inquirenti -, rappresentava per l’ex onorevole regionale un cospicuo pacchetto di voti certi”.

Lo Sciuto, 56 anni, nella scorsa legislatura faceva parte della Commissione regionale antimafia. L’ex assessore e consigliere provinciale di Trapani, eletto deputato alle regionali del 2012 nella lista Mpa-Partito dei Siciliani, aveva così spiegato la scelta di far parte della Commissione antimafia: “Cercherò di essere la sentinella alla Regione per l’intera provincia di Trapani e per Castelvetrano in particolare”. In passato, Lo Sciuto era finito più volte nei rapporti antimafia della provincia di Trapani e anche sotto processo per un giro nel campo del cablaggio e poi assolto.

– La “complessiva attività di indagine” ha inoltre “dimostrato ancora l’esistenza di una associazione a delinquere promossa ed capeggiata dall’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto con la collaborazione, nel settore organizzativo, del massone Giuseppe Berlino, associazione che, con certezza indiziaria, vede tra i suoi membri ad esempio l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante Jr., l’ex vice sindaco di Castelvetrano Vincenzo Chiofalo e il commercialista massone Gaspare Magro”.

E c’è anche il candidato sindaco di Castelvetrano, Luciano Perricone, tra i 27 arrestati nell’inchiesta ‘Artemisia’. Castelvetrano andrà al voto dopo due anni di commissariamento in seguito allo scioglimento per mafia. Secondo il gip Perricone, “si è reso disponibile all’esecuzione delle direttive impartitegli da Giovanni Lo Sciuto nella consapevolezza dell’esistenza dell’associazione segreta e di agire in favore di questa, in particolare e tra l’altro rendendosi disponibile, in qualità di candidato Sindaco alle elezioni per il Comune di Castelvetrano, a rappresentare e garantire le esigenze del gruppo rappresentato da Lo Sciuto a fronte per dell’appoggio elettorale da parte di quest’ultimo”.

(comunicazione Ag.)

PATTO TRA MAFIA E ‘INDRANGHETA’ SULL’OMICIDIO DEL GIUDICE SCOPELLITI: C’E’ ANCHE LA PRIMULA ROSSA ,MATTEO MESSINA DENARO

 

Giudice Scopelliti ucciso per volere di M. Denaro? Primula rossa tra 17 indagati per delitto

(Nella foto a sinistra il latitante Matteo Messina Denaro, a destra il Giudice Scopelliti-  Archivio Sud Libertà)

La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha indagato 17 persone per l’omicidio del Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione Antonio Scopelliti ucciso- ricorderemo – da un commando mafioso il 9 agosto del 1991 a “Piale”, Villa San Giovanni, mentre faceva ritorno a Campo Calabro dove viveva e trascorreva le vacanze.

Tra i 17 indagati un boss di spicco,attorno al quale il cerchio si stringe sempre più,  il “Capo dei capi” dopo la morte di Totò Riina,  Matteo Messina Denaro, come  comunicato dal Procuratore di Reggio, Giovanni Bombardieri. L’inchiesta della Dda di Reggio mette in luce che dietro  l’omicidio del giudice ci sarebbe stata una vera e propria alleanza tra mafia e ‘ndrangheta. I 17 indagati sono infatti boss siciliani e calabresi e di ciò avrebbe dato conferma anche il pentito catanese Maurizio Avola.

Che l’alleanza  tra mafia siciliana e calabrese fosse poi  concreta  già all’epoca del delitto,era intuibile dal momento che il giudice Scopellitti si doveva sostenere l’accusa nel maxi processo in Cassazione contro la mafia. Per questo i vertici della cupola finirono a processo: i boss Bernardo Provenzano, Giuseppe Calo’, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano però poi furono assolti in via definitiva dall’accusa di avere svolto un ruolo nell’assassinio dell’alto magistrato.Dieci gli indagati calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti

Tutti gli  indagati , ad eccezione, ovviamente, del latitante Matteo Messina Denaro, hanno ricevuto un avviso di garanzia finalizzato all’affidamento di una perizia tecnica sul fucile ritrovato nell’estate scorsa nel catanese e che sarebbe, secondo le indagini degli inquirenti, una delle armi usate per l’omicidio del magistrato. L’affidamento peritale dovrebbe avvenire nei prossimi giorni.
I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta “Mukuku casual wear» ed una grigia con scritto «Boutique Loris via R. Imbriani 137 – Catania» alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. 

Nell’ambito del processo ‘ndrangheta stragista, il collaboratore di giustizia Francesco Onorato ha dichiarato che il giudice Scopelliti fu ucciso dalle cosche calabresi per favorire il boss siciliano Totò Riina. Riina -si sa- prendeva di mira i magistrati che controllavano la sua attività mafiosa in espansione  e  temeva l’esito del giudizio in Cassazione sul maxiprocesso a Cosa Nostra.

 

Violenza senza precedenti in Nuova Zelanda: strage di fedeli in due moschee

Nuova Zelanda, attentato contro due moschee: 40 morti

Attacco a sorpresa in due moschee della Nuova Zelanda con un bilancio di decine di  morti ma si prevede possa salire ancora. Nelle due sparatorie alla moschea Masiid al Noor nel centro di Christchurch e alla moschea di Masjid, nel sobborgo di Linwood ,il numero delle vittime potrebbe salire, le autorità locali pensano si possa arrivare a oltre 40 come ha riferito la premier della Nuova Zelanda Jacinda Ardern.

Il capo della polizia, Mike Bush, ha comunicato l’arresto di  quattro persone, tra le quali una donna, per gli attacchi. Non ha confermato il numero delle vittime, parlando di un bilancio “significativo”. Bush ha poi lodato “il grande coraggio” degli agenti che hanno arrestato i sospetti, fermati a bordo di auto dove erano stati montati diversi ordigni esplosivi improvvisati. “Non dobbiamo presumere che il pericolo sia passato” ha aggiunto,e si tratta di un atto di violenza che non ha precedenti in Nuova Zelanda
Poteva essere una strage ancora peggiore: i terroristi avevano imbottito di esplosivo una serie di veicoli: ordigni che poi sono stati disinnescati


Non sappiamo quali siano le finalità del commando ma lo sconcerto ha colpito la popolazione locale- 
Il premier australiano Scott Morrison ha poi confermato che uno dei componenti  del commando è un cittadino australiano. “Posso confermare che l’uomo arrestato è nato in Australia ed è un simpatizzante dell’italiano Luca Trani-  le nostre agenzie di sicurezza stanno lavorando in stretto contatto con le autorità della Nuova Zelanda e sono pronte altre risorse per impegnarsi a sostegno della Nuova Zelanda se e quando verrà richiesto“.

Fiumi di cocaina scoperti nella “PALERMO BENE”nel blitz antimafia che ha condotto all’arresto di 32 persone dal Comando Carabinieri

PALERMO –

 

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Scoperto dalla Dda di Palermo un’immensa quantità di droga che ha fatto scattare il blitz antimafia, tuttora in corso, eseguito dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo che ha arrestato 32 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, favoreggiamento reale aggravato, trasferimento fraudolento di valori, sleale concorrenza aggravata dalle finalità mafiose, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illecita di armi.

Dall’inchiesta, coordinata dalla Dda guidata da Francesco Lo Voi, è emerso che il “mandamento” mafioso di Porta Nuova organizzava le piazze di spaccio di sostanze stupefacenti nel centro della città e che la domanda di droga è in continua crescita. Sono state registrate dai carabinieri centinaia di richieste di acquisto per uso personale anche da parte di imprenditori e liberi professionisti della cosiddetta Palermo bene.L’inchiesta è la prosecuzione delle indagini  iniziate con i fermi dello scorso 4 dicembre 2018 nel corso dell’operazione “Cupola 2.0” con cui è stata smantellata la nuova commissione provinciale di cosa nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018 nella località di Altarello di Baida, così come confermato anche da successive dichiarazioni dei due nuovi collaboratori di Giustizia.

L’indagine costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa condotta dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo anche sul mandamento mafioso di Porta Nuova che ha consentito di comprovare la perdurante operatività dell’articolazione di cosa nostra”, sono le parole degli investigatori.

Allora  erano già state tratte in arresto 11 persone ritenute appartenere al mandamento mafioso di Porta Nuova, tra cui Gregorio Di Giovanni (detto il reuccio), “in quanto individuato quale nuovo rappresentante di quell’articolazione mafiosa, avendo peraltro partecipato al citato consesso criminale del 29 maggio”. La complessa attività investigativa ha rivelato che all’atto della sua scarcerazione, nel 2015, Gregorio Di Giovanni “aveva immediatamente affiancato il reggente del mandamento Paolo Calcagno, prendendone poi il posto nel momento in cui questi veniva tratto in arresto nel corso dell’operazione “Panta Rei”, eseguita nel dicembre dello stesso anno”…

Poi, Gregorio Di Giovanni “è stato affiancato nel controllo mafioso del territorio dal fratello Tommaso (nel suo breve periodo di libertà dal 18.12.2016 al 17.07.2017) e si è avvalso per la gestione delle attività illecite della collaborazione di uomini di fiducia per i diversi quartieri del Capo, della Vucciria, di Ballarò e della Zisa”. Oltre agli assetti territoriali di cosa nostra, “è emerso l’interesse principale di Paolo Calcagno in relazione al sostentamento economico della propria famiglia. Egli, infatti, nel corso dei colloqui in carcere, forniva alla moglie e al cognato indicazioni sui soggetti ai quali rivolgersi per ricevere le somme di denaro spettanti per lo stretto mantenimento e i profitti dei pregressi investimenti economici realizzati, unitamente ad altri associati, in attività commerciali pienamente funzionali e attive”.

 

Operazione “Scrigno”a Trapani: 25 arresti, sequestro di 10 milioni di euro, arrestato Paolo Ruggirello, ex deputato

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                  –    RAPPORTO POLITICA -MAFIA NEL TERRITORIO DI MATTEO MESSINA DENARO  –

Una indagine complessa con diversi retroscena e sorprese,   l’operazione “Scrigno” come è stata definita,dal nome di un negozio dei “Virga” ha messo in luce il rapporto di alcuni politici con la mafia, politici che interloquivano con Cosa nostra per avere voti alle elezioni. Non c’è stata campagna elettorale – si è scoperto- per la quale Cosa nostra trapanese non si sia impegnata negli ultimi anni. E’ stata intercettata la voce di Franco Virga, il figlio maggiore di Vincenzo, per convincere gli amici a impegnarsi nelle elezioni, “Se va bene a me va bene a tutti”, affermava il Virga con toni da superboss.

 Duecento gli uomini dell’Arma comandato dal colonnello GianLuca Vitagliano impegnati ad eseguire 25 arresti e un sequestro di beni per 10 milioni di euro. L’ordine di arresto reca la firma del gip del Tribunale di Palermo, giudice Morosini, dai Pm della Dda di Palermo, il procuratore aggiunto Paolo Guido ed i Pm De Leo e Camilleri.

Boss riconosciuti, “Capi mandamento accertati “, comunicano gli inquirenti,sono Franco e Pietro Virga, liberi da qualche anno, figli dell’ergastolano Vincenzo che ha guidato la mafia di Trapani dagli anni ’80 e sino al suo arresto nel 2001. . Affianco ai fratelli Virga suggeritori delle cosche, Nino Buzzitta e un ex consigliere comunale di Trapani del Psi, Franco Orlando, arrestato per mafia a metà degli anni ’90 quale “uomo d’onore riservato”, affiliato alla mafia dal latitante Matteo Messina Denaro e che prima di essere arrestato nel 1996 si divideva tra le aule consiliari e i rifugi messi a disposizione ad alcuni latitanti. Orlando sarebbe stato reggente della mafia trapanese in attesa del ritorno in libertà dei fratelli Virga. Stanotte i Carabinieri sono andati anche sull’isola delle Egadi per arrestare una persona e mettere i sigilli ad un lussuoso albergo, il Grand Hotel Florio.

Le indagini condotte dagli investigatori del nucleo provinciale dei carabinieri, comandato dal tenente colonnello Antonio Merola, hanno disarticolato  l’organizzazione del mandamento mafioso di Trapani e colpito le famiglie anche di Paceco, Marsala, addirittura una famiglia mafiosa è stata scoperta esistere sull’isola di Favignana. Vi è pure la sorpresa, un arresto eccellente.Quello dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, 53 anni, accusato di associazione mafiosa. Parlamentare all’ Assemblea Regionale Siciliana dalla XIV alla XVI legislatura….

Alle nazionali aveva anche tentato l’elezione al Senato. Figlio di un banchiere , Giuseppe Ruggirello, morto a metà degli anni ’90, Ruggirello jr era segretario particolare dell’ex vice presidente della Regione Bartolo Pellegrino all’epoca in cui, nel 2007, questi fu arrestato per mafia e corruzione (alla fine fu dichiarata la sola prescrizione per il reato di corruzione e assolto dalle accuse di mafia). A venti anni dall’ultima indagine che ha riguardato il mandamento mafioso di Trapani, un ventennio dopo a capo del mandamento i carabinieri hanno ritrovato i personaggi dell’epoca

Nella foto Paolo Ruggirello

Ma uno dei retroscena più particolari dell’indagine è il rapporto di alcuni politici con la mafia, politici che interloquivano con Cosa nostra per avere voti alle elezioni. Non c’è stata campagna elettorale per la quale Cosa nostra trapanese non si sia impegnata negli ultimi anni. E’ stata intercettata la voce di Franco Virga, il figlio maggiore di Vincenzo, per convincere i sodali a impegnarsi nelle elezioni, dicendo loro “se va bene a me va bene a tutti”.

E così per il reato (416 ter) sono stati arrestati  un ex consigliere comunale di Erice, Giovanni Maltese e  una donna, nella ultima trascorsa consiliatura ex assessore comunale a Trapani, Ivana Inferrera, in carcere  anche suo marito l’imprenditore Ninni D’Aguanno, ……

 

                     –       PERSONALITA’ DEI DUE ARRESTATI RUGGIRELLO E  INFERRERA   –

 Paolo Ruggirello

Ex deputato regionale, Paolo Ruggirello era stato candidato anche alle ultime elezioni con il Pd, senza esito. Figlio di Giuseppe, piccolo imprenditore edile che fra gli anni Settanta e Ottanta era riuscito a farsi strada nel mondo degli appalti per poi diventare banchiere della Banca industriale trapanese, quindi presidente del Trapani Calcio. Poi, arrivano i sospetti. In un vecchio rapporto della Guardia di Finanza si parla dei rapporti del banchiere con la mafia. Nel 1995, Ruggirello senior muore all’improvviso e gli affari di famiglia vengono presi in mano dalla figlia Bice, Paolo si lancia invece in politica. Nel 2006 Bartolo Pellegrino, tornato assessore regionale al Territorio e Ambiente nel governo di Totò Cuffaro, lo sceglie come segretario. Ma mentre Pellegrino è costretto alle dimissioni perché intercettato mentre parlava con un mafioso degli “sbirri”, Ruggirello abbraccia il progetto autonomista di Raffaele Lombardo e nel 2012 viene eletto all’Ars con diecimila voti. Quindi nel 2015 il passaggio nelle file del Pd di Matteo Renzi. Ruggirello ci riprova senza successo con i dem nel 2017 alla Regione e un anno fa al Senato ma resta fuori dalle Istituzioni.

 Ivana Inferrera

La Inferrera, 55 anni e una laurea in Conservazione dei beni culturali, è stata invece direttrice del Museo della preistoria e nel 2013 è stata nominata assessore alle Strategie di sviluppo, alle politiche sociali e al Turismo del Comune di Trapani: l’accusa per lei è di voto di scambio politico-mafioso.

IL BLITZ Mafia e droga, la Procura di Palermo mette in ginocchio le cosche di Agrigento

 

Arrestati capo ultras della Juventus, il nuovo reggente e altri 32

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AGGIORNAMENTO A  SEGUITO DELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE DI SALVATORE GANGI- VEDASI NOTA DELL’AVV.GIUSEPPINA GANGI  E NOTA DEL DIRETTORE DI SUD LIBERTA’ RAFFAELE LANZA PUBBLICATA IN DATA 8 MAGGIO 2021    –  L’EX IMPUTATO  GANGI RISULTA PERTANTO ESTRANEO ALLE ACCUSE CONTESTATE-     TALE NOTA SI PUBBLICA PERCHE’ NEL “BILANCIAMENTO DEGLI INTERESSI DELLE PARTI, E’ PREVALENTE -AI FINI DELLA CONSERVAZIONE NELL’ARCHIVIO DI SUD LIBERTA’-  IL DIRITTO DI CRONACA”
Nel riquadro Andrea Puntorno, noto capo ultras della Juve

Disco rosso alla Mafia di  Palermo e in Calabria. Il personale della Dia ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dalla Dda di Palermo, nei confronti di 32 persone tra Agrigento, Palermo, Trapani, Catania, Ragusa, Vibo Valentia e Parma.

I reati contestati dai magistrati in questa Operazione denominata Kerkent sono di associazione mafiosa, partecipazione e concorso in associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, detenzione abusiva di armi, sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato e danneggiamento mediante incendio.

L’operazione è stata coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, ha permesso di disarticolare un’associazione per delinquere con base operativa ad Agrigento e ramificazioni, in particolare, nel palermitano ed in Calabria, dedita all’organizzazione sia degli aspetti operativi che di quelli logistici di un’intensa attività di traffico di sostanze stupefacenti, attraverso uno strutturato gruppo criminale armato.

Ecco le persone destinatarie del provvedimento del Giudice: James Burgio, 25 anni di Porto Empedocle, inteso “Jenny”; Salvatore Capraro, di Villaseta (Agrigento) 19 anni; inteso “Ascella”; Angelo Cardella, 43 anni di Porto Empedocle; Marco Davide Clemente, 25 anni di Palermo inteso “Persicheddra”; Fabio Contino, 20 anni di Agrigento;  Sergio Cusumano,56 anni di Agrigento; Alessio Di Nolfo, 33 anni di Agrigento; Francesco Di Stefano, 43 anni di Porto Empedocle, detto “Francois”; Daniele Giallanza, 47 anni di  Palermo inteso “Franco”; Eugenio Gibilaro, 45 anni di Agrigento; Angelo Iacono Quarantino, 24 anni di Porto Empedocle; Pietro La Cara, 42 anni di Palermo,  inteso “Pilota’ o “Corriere”; Domenico La Vardera, 38 anni,   inteso “Mimmo”; Francesco Luparello, 45 anni di Realmonte; Domenico Mandaradoni, 31 anni di Tropea e residente a Francica; Antonio Massimino, 51 anni diAgrigento;  Gerlando Massimino, 31 anni di Agrigento; Saverio Matranga, 41 anni di Palermo; Antonio Messina, 61 anni di Agrigento inteso “Zio Peppe”; Giuseppe Messina, 38 anni di Agrigento; Messina Valentino, 56 anni di Porto Empedocle; Liborio Militello, 58 anni di Agrigento; Gregorio Niglia, nato Tropea e residente a Briatico, 36 anni; Andrea Puntorno, 42 anni di Agrigento; Calogero Rizzo, 49 anni di Raffadali; Francesco Romano, 33 anni nato a Vibo Valentia e residente a Briatico; Vincenzo Sanzo, 37 anni di Agrigento, inteso “Vicè ovu’; Attilio Sciabica, 31 anni di Agrigento; Luca Siracusa, 43 anni di Agrigento; Giuseppe Tornabene, 36 anni di Agrigento  inteso “Peppi lapa’; Calogero Trupia, 34 anni di Agrigento inteso “Cuccu” e  Francesco Vetrano, 34 anni di  Agrigento, inteso “nivuru.

Si apprende infine – in attesa che siano forniti altri dettagli dagli inquirenti –  che sono due le persone arrestate ad Agrigento dai carabinieri, presunti fiancheggiatori del boss Massimino. Si tratta di Gabriele Miccichè, di 28 anni di Agrigento, ritenuto braccio operativo del capomafia, e di Salvatore Ganci, di 45 anni, commerciante di autovetture. Per loro le accuse sono quelle di sequestro di persona e violenza sessuale, aggravati dal metodo mafioso.

Corruzione e falso ideologico: arrestati l’imprenditore Ezio Bigotti e Massimo Gaboardi

Ezio Bigotti, Giancarlo Longo, Giuseppe Calafiore, Massimo Gaboardi, Piero Amara, Vincenzo Ripoli, Messina, Sicilia, Cronaca

Foto Ag.-Archivio-La 7

Il  Comando Provinciale delle Fiamme gialle di Messina – si apprende da un Comunicato d’Agenzia–  stanno eseguendo due provvedimenti di arresti domiciliari nei confronti di Ezio Bigotti,(nella foto sopra)  imprenditore piemontese, presidente del gruppo STI aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip) e di Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni. L’accusa è di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Gaboardi è al centro di una vicenda per la formazione di un falso verbale di dichiarazioni reso davanti all’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, al fine di depistare sul caso Eni. Un verbale che sarebbe stato “precompilato” da Amara e poi reso “ufficiale” da Longo in un suo fascicolo.
Il provvedimento è legato all’inchiesta della Procura di Messina sul cosiddetto “Sistema Siracusa” che, a febbraio dell’anno scorso, ha condotto all’arresto di 13 persone accusate di fare parte di un “comitato di affari” in grado di condizionare indagini e procedimenti giudiziari”.
Le Fiamme Gialle coordinate dal tenente colonnello Jonathan Pace , hanno eseguito perquisizioni nei confronti degli indagati nelle province di Roma, Milano e Torino.

Procura presso il Tribunale di Messina

La Procura di Messina 

Mentre per il terzo indagato di questa nuova puntata, il consulente siracusano Vincenzo Ripoli, il gip di Messina Maria Militello deve adesso valutare una richiesta si sospensione dall’esercizio dell’attività di perito.

Lo scenario delineato dalla Procura di Messina, che sul “sistema Siracusa” indaga ormai da un paio di anni, è ancora una volta la rete di “relazioni” create da Amara. In questo caso per fare aprire al pm all’epoca in servizio a Siracusa, Giancarlo Longo – che , si apprende , ha già patteggiato la pena di 5 anni -, un fascicolo “specchio” basato su false denunce, per  depistare le indagini della Procura di Milano su Eni-Algeria e Eni-Nigeria e fare archiviare le accuse a carico di Bigotti.

Questa volta però, proprio dopo le dichiarazioni accusatorie di Amara e del collega di studio Giuseppe Calafiore, fino ad oggi “coperte”, ci sarebbe la prova- affermano gli inquirenti – che alcune mazzette finite nelle tasche del pm aretuseo Longo siano state “versate” a suo tempo in prima battuta proprio da Bigotti.

Gli interventi” degli avvocati Amara e Calafiore, e il denaro fornito,hanno tramutato  il procedimento penale in un fatto positivo

Nel marzo scorso, a Roma, Bigotti ha subito il sequestro di 40 milioni di euro, la cifra che secondo le indagini è stata fatta “uscire” dalla società Ge.Fi. Fiduciaria Romana srl. Nelle carte di quel sequestro risultavano anche pagamenti verso la Exitone spa, società controllata al 100% dalla Sti, a sua volta amministrata da Bigotti. La Sti è finita anche nell’indagine per le presunte false fatturazioni verso le società controllate dall’avvocato Amara, ed è poi nota per essere finita nell’inchiesta sul maxi appalto Consip da 2,7 miliardi di euro.

Anche il nuovo fascicolo aperto a Messina ripercorre le vicende della Sti e della Exitone. Probabilmente ci saranno nuovi sviluppi