OMBRE SUL VATICANO MA ANCHE IL MERITO DI AVER SCOPERTO IL CORRUTTORE -G-TORZI-CHE RICATTAVA LA SEGRETERIA PONTEFICIA

Il mandato di cattura è stato notificato al termine dell’interrogatorio dal Promotore di Giustizia: estorsione, peculato e truffa aggravata i capi di imputazione

PAPA FRANCESCO ERA ALL’OSCURO DI TUTTO, DA SEMPRE IMPEGNATO NELLA MORALIZZAZIONE DELLA CHIESA

I veri nemici di Papa Francesco

Funzionari del Vaticano infedeli, indagini a Londra, il progetto di un bond da 30 milioni di euro con la Banca Popolare di Bari, infiniti rivoli di denaro che portano lontano, lontanissimo, dall’obolo di carità per i poverelli a cui i tanti soldi spariti erano destinati. Un Papa che ha sempre denunciato la corruzione nel mondo ma che non sapeva gli intrecci che avvolgevano la Chiesa di Roma. Era tenuto all’oscuro di tutto .Il più grande scandalo finanziario di sempre a Oltretevere, per come lo hanno ricostruito i magistrati vaticani, (si parte da 300 milioni ma le cifre dei soldi che ballano in varie operazioni sarebbero molto più alte) si è consumato negli anni all’insaputa di un Papa Francesco impegnato contro la corruzione in un’epocale e radicale opera di moralizzazione che non pochi nemici ha incontrato (e tuttora incontra) sul suo percorso evangelico.

Il Vaticano con il Comunicato stampa che appresso pubblichiamo- informa comunque di aver individuato  il marciume che gettava ombre sulla Chiesa e, tramite la Procura ponteficia, precisa essa i fatti giudiziari, che si sono svolti , conclusasi con i provvedimenti giudiziari. Una pulizia interna insomma, resa possibile con le numerose indagini dei magistrati del Vaticano.

Palazzo del Tribunale e della Gendarmeria in Vaticano

“Il broker Gianluigi Torzi, che fece da intermediario per far tornare alla Segreteria di Stato la proprietà di un immobile di Londra, è stato arrestato ieri sera in Vaticano.

“In data odierna – informa la Sala Stampa della Santa Sede – l’Ufficio del Promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, al termine dell’interrogatorio del sig. Gianluigi Torzi, che era assistito dai propri legali di fiducia, ha spiccato nei suoi confronti mandato di cattura”.

“Il provvedimento a firma del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo Aggiunto Alessandro Diddi – continua il comunicato – è stato emesso in relazione alle note vicende collegate alla compravendita dell’immobile londinese di Sloane Avenue, che hanno coinvolto una rete di società in cui erano presenti alcuni funzionari della Segreteria di Stato”.

“All’imputato vengono contestati vari episodi di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio, reati per i quali la legge vaticana prevede pene fino a dodici anni di reclusione”. Gianluigi Torzi è ora detenuto in appositi locali presso la caserma del Corpo della Gendarmeria”.

 

 Un sisma giudiziario che si traduce nella gestione dubbia di centinaia e centinaia di milioni di euro relativa all’acquisto da parte della Segreteria di Stato Vaticana dell’immobile di Sloane Avenue nella capitale britannica (prezzo triplicato rispetto al valore iniziale).        Il protagonista è lui, l’imprenditore Gianluigi Torzi, intervenuto nell’affare – secondo i magistrati pontifici – per risolvere l’impasse della partecipazione della Santa Sede al fondo Athena e diventato poi, secondo la procura vaticana, l’uomo in grado di tenere in pugno la segreteria di Stato fino a riuscire a estorcerle 15 milioni di euro.

Per gli inquirenti dell’Ufficio del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi il quadro si fa inquietante a cominciare dagli investimenti fatti dalla Segreteria di Stato nell’Athena Capital Global Opportunities Fund del noto finanziere Raffaele Mincione, dopo un analogo tentativo di business naufragato in Angola: un’operazione, quella con Athena, nata quando a capo della sezione Affari generali della Segreteria c’era monsignor Angelo Becciu, e considerata anomala dalla magistratura vaticana già solo per il fatto che si fosse deciso di finanziare in parte il fondo con i denari dell’Obolo di San Pietro, destinando dunque somme possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività caritatevoli a vere e proprie operazioni speculative.

La necessità di uscire da questa operazione scomoda che era costata milioni di euro al Vaticano porterà poi al ‘caso’ dell’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue con l’intermediazione di Torzi e della sua Gutt Sa, scatenando uno dei più violenti scontri mai registrati Oltretevere e uno scambio al vetriolo tra il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che ha definito “opaco” l’affare di Londra, e l’ex Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, che ha assicurato di aver sempre agito nell’esclusivo interesse della Santa Sede arrivando a evocare la ‘macchina del fango’.

Ma la procura pontificia avrebbe accertato ruoli e interessi dei protagonisti oltre al percorso dei “soldi dei poveri” finiti a finanziare acquisizioni – osservano gli inquirenti – di azioni per diversi milioni di dollari, la sottoscrizione di obbligazioni e perfino quella di un bond emesso da una società riconducibile ancora a Mincione per 16 milioni di dollari: tutte mosse che peraltro, lungi dal portare un guadagno alle casse del Vaticano, per gli inquirenti si sono tradotte in una perdita accertata di oltre 18 milioni di euro al settembre del 2018 e che, secondo gli investigatori, potrebbero nascondere una enorme voragine nei conti della Santa Sede.

GRUPPO LEONARDI SETTORE RIFIUTI: ARRESTI, SEQUESTRI, ILLECITI ,”CORRUZIONE, ASSOCIAZIONE MAFIOSA”

– VIDEO   – g.di    finanza – Un ingente quantitativo di denaro è stato trovato sotterrato dai finanzieri: le banconote in mazzette erano contenute in sacchi di plastica neri inseriti in alcuni bidoni di plastica e poi sotterrati. 

Il  gruppo Leonardi di Lentini i cui interessi erano ormai su Catania, soprattutto nel settore dei rifiuti è sotto i riflettori della Giustizia. I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata hanno eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania su richiesta della Procura etnea nei confronti di 9 persone, due delle quali sono finite in carcere, tre ai domiciliari e 4 sottoposti alle misure cumulative dell’obbligo di presentazione alla P.G. e di dimora.

La contestazione verte su reati a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione continuata e rivelazione di segreto d’ufficio nonché per concorso esterno in associazione di tipo mafioso.

"Sicura Mazzette", ecco i nomi degli arrestati

La cronaca giudiziaria parte dagli anni 2018 e 2019 per la gestione della discarica di Lentini nel Siracusano, la più estesa della Sicilia e gestita dalla Sicula Trasporti nonché le “pressioni” del clan mafioso dei Nardo finalizzate ad ottenere l’affidamento di un chiosco presente all’interno dello stadio della Sicula Leonzio che disputa il campionato di serie C.

Sequestro preventivo anche di tutti i beni aziendali, quote e azioni sociali per un valore complessivo di 110 milioni di euro. I sigilli sono stati apposti sulla Sicula Trasporti che ha a Catania in Contrada San Giorgio e che si occupa di “trattamenti e smaltimenti di altri rifiuti non pericolosi” e cioè la gestione dei rifiuti solidi urbani, insieme all’impianto di trattamento meccanico biologico di Contrada San Giorgio e le vasche di abbancamento situate nel comune di Lentini. La società ha un fatturato annuo di circa 100 milioni di euro e oltre 120 dipendenti;

Sequestrata anche la “Sicula Compost con sede a Catania che si occupa di “produzione di compost” e cioè la produzione di fertilizzanti agricoli derivanti dall’utilizzazione e trasformazione di scarti vegetali e agroalimentari; la società ha circa 20 dipendenti e ha un fatturato di 3,6 milioni di euro;

Non è finita qui l’attività della G.di Finanza: -sequestro anche per la “Gesac con sede a Catania in Contrada Coda Volpe che si occupa di estrazione di pomice e di altri minerali ed è inserita nella filiera della lavorazione dei rifiuti solidi urbani, forniva il materiale pietroso da cospargere (obbligatoriamente per legge) sulla “parte secca” del rifiuto, abbancato nelle vasche della discarica gestita dalla Sicula Trasporti. Ha un fatturato di circa 2 milioni di euro e ha oltre 20 dipendenti.

Sotto inchiesta la Edile Sud srl di Scordia che gestisce l’attività di gestione di un impianto di recupero, trasporto e produzione di rifiuti non pericolosi nel territorio di Lentini. La società, con 18 dipendenti, ha un volume d’affari di circa un milione di euro.

La Procura e la Gdf ipotizzano il traffico illecito di rifiuti in virtù anche ad un rodato circuito corruttivo con il pagamento di tangenti in contanti per decine di migliaia di euro per ammorbidire i controlli. Le indagini dei finanzieri del Gico di Catania si sono avvalse di di intercettazioni telefoniche e ambientali, accertamenti bancari, disamina della documentazione amministrativa afferente le autorizzazioni necessarie per la gestione degli impianti della famiglia Leonardi nonché accertamenti tecnici disposti dalla Procura di Catania nel corso di un accesso negli impianti “incriminati” e operato dai finanzieri nel febbraio del 2019.

 

La consistente mole indiziaria così emergente ha consentito di porre in attenzione, secondo gli investigatori un sistematico illecito smaltimento dei rifiuti solidi urbani provenienti da oltre 200 Comuni siciliani convenzionati con la Sicula Trasporti, un enorme quantitativo di rifiuti strutturalmente non più gestibile e che finiva in discarica senza subire alcun trattamento preliminare, un trattamento quest’ultimo essenziale per favorire l’individuazione dei materiali non ammissibili in discarica o dei rifiuti da destinare a operazioni di recupero.

Una gestione della discarica, dell’impianto Tmb e di compostaggio, da parte della famiglia Leonardi, orientata all’esclusivo perseguimento di utili attraverso il mantenimento delle convenzioni con i Comuni pur non essendo gli impianti nelle condizioni di poter più adempiere alle prescrizioni fissate dalle stesse autorizzazioni amministrative.

Il sistema illecito orchestrato da Antonino Leonardi, secondo gli atti giudiziari, si reggeva su due pilastri: le tangenti per influenzare la concessione di autorizzazioni amministrative e di “pilotare” i controlli ambientali e la fasulla rappresentazione della movimentazione dei rifiuti al fine di garantire un’apparente osservanza delle norme con una contabilità assolutamente non corrispondente alla reale entità e tipologia dei rifiuti conferiti in discarica e trattati nell’impianto di compostaggio.

Gli accertamenti tecnici operati direttamente nelle imprese gestite da “Antonello” Leonardi hanno consentito di rilevare che sia ingenti quantitativi di rifiuti solidi urbani (non sottoposti ai preventivi trattamenti di frantumazione, triturazione, successiva vagliatura e biostabilizzazione e, tra questi, anche la frazione “umida” che avrebbe dovuto essere destinata al recupero mediante compostaggio) quanto una consistente mole di materiale originata da un incompleto processo di compostaggio, venivano conferiti direttamente nella discarica lentinese, previa attribuzione fittizia di un codice che identifica i rifiuti derivanti da tritatura e vagliatura e, in alcuni casi, anche senza che i rifiuti fossero tracciati da alcun formulario.

Si tratta di rifiuti che, per la loro stessa natura, non avevano i requisiti di ammissibilità necessari alla discarica e che hanno permesso agli indagati di accumulare, nel tempo, guadagni illeciti non spettanti anche in frode agli impegni assunti con i Comuni.

Rifiuti altamente putrescibili e quindi in grado di formare percolati e di produrre biogas creando così concreti presupposti per l’emissione diffuse di maleodoranze oltreché di gas serra. In alcune circostanze, è stato appurato che i percolati, liquidi che dovevano confluire sul fondo delle vasche e da qui stoccati in silos, erano sversati nel suolo e nelle acque circostanti.

Tra i rifiuti conferiti “tal quali” in discarica anche frigoriferi interi (contenenti al loro interno ancora il poliuretano), pneumatici non ammissibili nella discarica lentinese, materassi non previamente lacerati, oggetti di plastica, metallo e carta recuperabili, pasti provenienti da mense ancora integri nonché rifiuti speciali sanitari (circostanza che ha anche configurato un’evasione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi pari, per il 2018, a oltre 6,2 milioni di euro da versare trimestralmente alla Regione).

L’impianto di compostaggio della “Sicula Compost dal maggio 2018 ha iniziato a ricevere la “frazione umida” proveniente dalla “Raccolta Differenziata” svolta da diversi comuni siciliani, con i quali l’azienda aveva stipulato preventivi contratti di conferimento, in ragione dell’autorizzazione rilasciata dalla Regione che avrebbe consentito alla “Sicula Compost di ricevere presso la sua struttura un quantitativo massimo di 70 mila tonnellate annue. Ma l’impianto di compostaggio, a fronte di una potenzialità di lavorazione della “frazione umida” calcolata intorno alle 160/170 tonnellate giornaliere, ne riceva 250/270. Una circostanza nota sia ad Antonino Leonardi che a Pietro Nicotra che hanno così deciso che che delle 1.400 tonnellate di “rifiuto umido” che arrivavano settimanalmente in impianto, almeno 400 dovevano essere “smaltite illecitamente” ovvero senza sottoporle ad alcun processo di recupero e veicolandole “tal quali” nella discarica di Lentini.

Oltre 30.000 tonnellate di rifiuti solidi inerti derivanti da lavori di scavo effettuati per la realizzazione di una nuova vasca nella discarica della Sicula Trasporti venivano smaltiti illecitamente nei terreni di proprietà delle società di Leonardi. Una condotta fraudolenta realizzata  con la compiacenza – secondo la Procura – dei fratelli Guercio e della loro Edile Sud la cui piattaforma risultava solo “cartolarmente”, attraverso la redazione di oltre 1.300 falsi formulari, luogo di destinazione dei succitati inerti.                       Adesso resta da vedere l’azione difensiva dei legali del Gruppo Leonardi. Attendiamo…

A seguire le foto distribuite alla Stampa dei soggetti sotto i riflettori della Procura

IL POTERE MAFIOSO DELL’ ACQUASANTA DI PALERMO SU CUI FALCONE AVEVA INDAGATO E “LA RICERCA DI NUOVI ADEPTI” SUBISCONO UN DURO COLPO

Nell’ambito di una vasta operazione antimafia, stamane 91 persone sono state destinatarie di un provvedimento giudiziario notificato dalle      forze del  Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, con il supporto del Comando Provinciale di Palermo e di altri Reparti sul territorio nazionale…   

Ordinanze di custodia cautelare e sequestro preventivo, emesse dal Gip presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia..        Sotto i riflettori degli investigatori anche  un vasto patrimonio immobiliare e mobiliare del valore di circa 15 milioni di euro.

FIDANZAMENTI COMBINATI IN NOME DEL POTERE – ANCHE QUESTA E' LA ...

 

Le operazioni sono in corso in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania. Impegnati 500 uomini delle Fiamme Gialle, con l’appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta.

Nel maxi blitz è stato messo in ginocchio  il vecchio clan mafioso dell’Acquasanta di Palermo, su cui già Giovanni Falcone aveva indagato negli anni Ottanta, in piena guerra di mafia. In manette gli eredi dello storico clan siciliano dei Fontana che anni fa si erano trasferiti in Lombardia dove gestivano il business della vendita del caffè.

Tra i pm che hanno coordinato la maxi inchiesta, denominata ‘Mani in pasta’, c’è anche Roberto Tartaglia, il nuovo vice capo del Dap. L’indagine, molto complessa per l’individuazione, nelle varie epoche, dei soggetti malavitosi, è coordinata dal Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise, Dario Scaletta e, appunto, dall’ormai ex pm della Dda di Palermo, Roberto Tartaglia, oggi il numero due del Dap.

 Afferma il  gip del Tribunale di Palermo dr. Piergiorgio Morosini:    “In questi giorni le misure di distanziamento sociale e il lockdown su tutto il territorio nazionale hanno portato alla totale interruzione di moltissime attività produttive, destinate, tra qualche tempo, a scontare una modalità di ripresa del lavoro comunque stentata e faticosa. Nelle prossime settimane, i riflessi di questa situazione, che riguardano naturalmente anche Palermo, in particolare i quartieri con maggiori difficoltà socio-economiche, tra i quali Arenella e Acquasanta, sono suscettibili di creare un contesto assai favorevole per il rilancio dei piani della associazione criminale sul territorio d’origine e non solo” 

“Da una parte – prosegue il giudice  – l’attuale condizione di estremo bisogno, persino di cibo quotidiano, di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell’economia sommersa, può favorire forme di ‘soccorso mafioso’ prodromiche al reclutamento di nuovi adepti”. “Dall’altra – aggiunge – il blocco delle attività di tanti esercizi commerciali o di piccole e medie imprese ha cagionato una crisi di liquidità difficilmente reversibile per numerose realtà produttive, in relazione alle quali un ‘interessato sostegno’ potrebbe manifestarsi nelle azioni tipiche della organizzazione criminale, vale a dire l’usura, il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni, suscettibili  di evolversi in forme di estorsione o, comunque, di intera sottrazione delle aziende ai danni del titolare originario”.     Adesso vedremo come si svilupperà la difesa legale degli imputati

Arresti domiciliari per due imprenditori per ” i reati di peculato e abusiva attività finanziaria..”

Coronavirus, stop ai controlli della Guardia di Finanza

Marsala (Trapani) –

Arresti domiciliari per  Domenico Cottone e Chiara Gulotta, marito e moglie, rispettivamente amministratore di fatto della sala giochi in via Cavour a Palermo President Gaming Hall e rappresentante legale, destinatari di un provvedimento giudiziario per i reati di  peculato e abusiva attività finanziaria nonchè riciclaggio.

Cottone è anche proprietario del Marsala Calcio. L’operazione “Washing Hall” è stata coordinata dai pm Giovanni Antoci e Vincenzo Amico e dal procuratore aggiunto Sergio Demontis. E’ stato disposto dal giudice anche il sequestro di beni e disponibilità finanziarie di un milione di euro relativo al debito complessivo con l’erario maturato nell’arco di 4 anni, nonché della sala giochi.

Secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza  marito e moglie si sarebbero appropriati degli importi dovuti per legge su tutte le giocate effettuate e quelli previsti dal canone di concessione,   . Le indagini – informano gli investigatori -si sono avvalse di intercettazioni telefoniche, videoriprese e controlli patrimoniali. All’interno della sala giochi si svolgeva, secondo i finanzieri, un’attività abusiva finanziaria. I titolari concedevano dei ticket validi per giocare dietro la consegna di assegni bancari postdatati e in alcuni casi senza la data di emissione.

MAFIA ED AFFARI SPORCHI AL COMUNE DI PALERMO

 

Gli arrestati, tra cui due anche due imprenditori accusati di corruzione  e falso ideologico in atto pubblico

Pentito svela un giro di mazzette al Comune di Palermo: arrestati consiglieri e funzionari

PALERMO

Due consiglieri comunali di Palermo, due funzionari del Comune, un architetto e due imprenditori sono finiti in manette per reati gravi di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione e falso ideologico in atto pubblico.  I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e i carabinieri del Reparto Operativo di Palermo hanno notificato la misura cautelare degli arresti domiciliari a

Sandro Terrani, 51 anni, di Italia Viva, membro della Commissione Bilancio, e Giovanni Lo Cascio, 50 anni, del Pd, presidente della Commissione Urbanistica, lavori pubblici, edilizia privata. Ai domiciliari anche i funzionari comunali Mario Li Castri, 56 anni, ex dirigente dell’Area Tecnica della Riqualificazione Urbana, e Giuseppe Monteleone, 59 anni, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive, l’architetto Fabio Seminerio, 57 anni, e gli imprenditori Giovanni Lupo, 77 anni, di San Giovanni Gemini e Francesco La Corte, 47 anni, di Ribera, amministratori della ditta edile BIOCASA s.r.l. All’architetto Agostino Minnuto, 60 anni, di Alia, è stato notificato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Gli inquirenti informano che  a rivelare ai magistrati di Palermo il comitato d’affari al Comune tra consiglieri comunali, dirigenti, professionisti e imprenditori, è stato il pentito Filippo Bisconti, imprenditore edile arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell’inchiesta Cupola 2.0 e ritenuto a capo del mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. L’ex boss ha raccontato agli inquirenti circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, riferendo in particolare gli interessi coltivati per anni dai dirigenti comunali Li Castri e Monteleone e da un architetto.

 Dall’indagine è emerso  che nel 2016, l’architetto Fabio Seminerio, presentò – per conto di numerosi imprenditori – tre progetti per la lottizzazione di aree industriali dismesse del Comune di Palermo (via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo) e per la realizzazione di 350 unità abitative di edilizia sociale residenziale convenzionata. Per derogare al piano regolatore generale, condizione necessaria per effettuare i lavori, era necessario che il Consiglio Comunale attestasse il pubblico interesse delle iniziative. L’istruttoria sulle proposte di deliberazione fu curata da Mario Li Castri, all’epoca a capo dell’Area Tecnica del Comune, anche lui arrestato, che, in evidente situazione incompatibilità, quale socio in affari di Seminerio, rilasciò parere favorevole anche in mancanza di alcuni requisiti di ammissibilità in materia di edilizia convenzionata. In cambio, dagli imprenditori Francesco La Corte e Giovanni Lupo, interessati all’approvazione dei piani, avrebbe ottenuto la promessa di assegnare a Seminerio la direzione dei lavori. L’architetto avrebbe girato poi a Li Castri una parte dei profitti incassati a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio Comunale delle tre proposte di deliberazione.

Giuseppe Monteleone, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive, è stato arrestato perchè ” avrebbe curato la delibera relativa all’ex area industriale di via San Lorenzo. I consiglieri comunali arrestati Sandro Terrani e Giovanni Lo Cascio, poi, in cambio di regali, si sarebbero mossi per velocizzare la calendarizzazione e l’approvazione delle tre proposte di costruzione in deroga al piano regolatore. Il 7 novembre 2019 il Consiglio Comunale espresse comunque parere contrario alle proposte. In un altro episodio Li Castri, sempre nel suo ruolo di dirigente comunale, avrebbe accordato una variante a una concessione edilizia della ditta dei due imprenditori, la BIOCASA, consentendo di aumentare le unità abitative da realizzarsi da 72 a 96. Il progetto era stato redatto anche in questo caso dal suo ex socio in affari Seminerio, a cui fu assegnato l’incarico di direttore dei lavori.

Ma non è tutto -Monteleone  avrebbe curato anche alcune pratiche di concessione edilizia presentate dalla BIOCASA per la realizzazione di un ulteriore complesso immobiliare sempre a Palermo, avallando varianti in aumento per consentire la realizzazione di un maggior numero di unità abitative (da 96 sarebbero arrivate a 133). In cambio, gli imprenditori avrebbero garantito una mazzetta di 15mila euro. I due costruttori poi avrebbero dato a una strettissima amica di Monteleone diversi incarichi professionali, facendole incassare grosse somme di denaro.

Queste le altre notizie fornite dagli investigatori. Li Castri e Monteleone, ex dirigenti del Comune di Palermo, nel marzo 2018 erano già stati condannati a due anni, in primo grado, insieme ad altre 19 persone (funzionari comunali, tecnici, imprenditori e un notaio), per la lottizzazione abusiva di via Miseno (dove entrambi risultano residenti e dove 12 villette sono state confiscate dalla magistratura), nella borgata marinara di a Mondello. Sulla vicenda, spiega l’avvocato di Li Castri, Marcello Montalbano, «è in corso il processo d’appello, anche per quanto riguarda la confisca. La lottizzazione – aggiunge – non riguarda l’attività di pubblico funzionario di Li Castri». La terza sezione penale, allora presieduta da Marina Petruzzella, trasmise gli atti alla Procura per nuove indagini sui casi emersi in dibattimento e rimasti fuori dal processo. Poco prima della sentenza di primo grado Li Castri era stato nominato dall’amministrazione comunale nel Cda dell’Amg Gas. Nell’agosto 2015, quando Li Castri era già stato rinviato a giudizio, fu comunque nominato dirigente comunale. Al processo il Comune si costituì parte civile per aver subito un «danno d’immagine» e gli fu riconosciuta una provvisionale di 500 mila euro.

Secondo il pm Francesco Gualtieri, titolare dell’accusa nel processo di primo grado, per costruire le villette era necessario che il Consiglio comunale approvasse un piano particolareggiato, passaggio che non avvenne.

Blitz dei Carabinieri: “Operazione La Cosa”, stop al mercato di spaccio

 

Catania, blitz in 3 ricche piazze di spaccio: il pusher e la foto del bebé coperto di euro

CATANIA –

Blitz dei Carabinieri di Catania e Francofonte( Siracusa) per fermare il mercato e lo spaccio di stupefacenti.Sei persone che gestivano tre importanti “piazze” di spaccio nei rioni Pigno e e Librino e a Francofonte (Siracusa), appartenenti al  clan Cappello-Bonaccorsi, sono state arrestate nell’ambito dell’operazione denominata “La Cosa”

Militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal gip su richiesta della Dda – che ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa e spaccio di sostanze stupefacenti

Uno degli indagati per vantarsi della sua “posizione economica” ha fotografato il proprio figlio, un neonato, nella sua culla coperto di  euro di diverso taglio

Il blitz scaturisce da una indagine  dell’operazione “Notti bianche” dei Carabinieri della compagnia di Gravina di Catania su una banda specializzata in furti di bancomat e si sono avvalse di intercettazioni e dichiarazioni di pentiti. Si apprende che la banda gestiva un vasto spaccio di marijuana e cocaina ed era in possesso di armi da guerra.

Alfredo Blancato                                                                                                                               Sebastiano    Castiglia

In manette sono finiti dunque.:Alfredo Blancato, 37 anni, Sebastiano Miano, 26, Salvatore Musumeci, 26, Federico Silicato, 31, Sebastiano Castiglia, 32, Gaetano Spataro, 25.        Per il mercato di Francofonte : ordinanze di custodia cautelare per  Sebastiano Castiglia,  a Catania,  manette per Sebastiano Miano e Alfredo Blancato (quella al Pigno) , Rosario Ragonese e Maurizio Girone quella a Librino nella cosiddetta Fossa dei Leoni per la peculiarità malavitosa del luogo.

Sebastiano Miano                                                                            Salvatore Musumeci

 

Federico Silicato                                                                       Gaetano     Spataro

Arresti a pioggia a Brindisi (37) di “associati mafiosi..”

 Due ordinanze di custodia cautelare emesse  a Brindisi dal gip di Lecce, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 37  soggetti  ritenuti responsabili, a vario titolo, di reati quali associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, estorsioni, porto e detenzione illegale di arma da fuoco e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le notifiche sono state effettuate dai Carabinieri stamane .Ventinove persone sono state trasferite in carcere mentre otto agli arresti domiciliari.Altre indagini sono in corso.

 

“Falsi certificati d’invalidità”: arresti a pioggia, Operazione “Povero Ippocrate”

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SIRACUSA

Inchiesta “Povero Ippocrate” contro falsi invalidi della Procura di Siracusa: due persone, compreso un neurologo dell’Asp, agli arresti domiciliari, due obblighi di dimora, sette divieti di esercitare la professione di medico, anche per due dell’Inps, 73 indagati, compresi 12 medici dell’Asp e 5 dell’Inps, e beni sequestrati per 600mila euro. . Secondo l’accusa i medici redigevano falsi certificati per pensioni di invalidità e per l’«accompagnamento».

L’indagine denominata “Povero Ippocrate”, coordinata dal procuratore Sabrina Gambino e dai sostituti Tommaso Pagano e Salvatore Grillo, poggia il suo fondamento sulla prova delle  intercettazioni telefoniche e ambientali.    E cioè:  medici dell’Azienda provinciale sanitaria (Asp) e dell’Inps di Siracusa a vario titolo addetti all’accertamento delle invalidità, avrebbero attestato falsamente di avere eseguito esami diagnostici in realtà mai eseguiti e la sussistenza di patologie pur in assenza se non addirittura in contrasto con esami oggettivi. Alcuni di loro avrebbero anche esercitato il giudizio medico nell’ambito di un organismo collegiale di cui in realtà risultavano assenti tutti gli altri componenti. 

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La Procura aveva chiesto l’arresto per alcuni degli indagati, ma il Gip Carmen Scapellato, ha disposto i domiciliari solo per il neurologo dell’Asp Santo Cultrera e per la gestrice di un patronato, Rosaria Mangiafico. ’obbligo di dimora è stato disposto per il medico Paolo Valvo, mentre la misura cautelare del divieto temporaneo di svolgere la professione medica è stato disposto nei confronti dei medici Remo Ternullo, infettivologo; Salvatore Alfano, diabetologo; Gaspare Pistritto, medico legale; e dei medici dell’Inps Giuseppe Fazio e Rosario Terranova. Il Gip ha anche disposto sequestri per equivalente nei confronti di tutti gli indagati e dei medici per complessivi 600 mila euro.

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Messina: attività venatoria fraudolenta, tre arresti e sette denunce

Operazione dei Carabinieri di Alì Terme e Fiumedinisi e Squadrone Eliportato Cacciatori

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Messina –
I carabinieri delle Stazioni di Ali’ Terme e Fiumedinisi e dello Squadrone Eliportato Cacciatori Sicilia, hanno arrestato in flagranza di reato un 31enne di Ali’ Terme e un 44enne di Fiumedinisi, entrambi gia’ noti alle forze dell’ordine, nonche’ un 20enne di Fiumedinisi, accusati di ricettazione, detenzione e porto abusivo di arma clandestina e munizioni, nonche’ attivita’ venatoria fraudolenta.
Denunciate altre sette persone, residenti in varie localita’ della provincia di Messina, responsabili solo di attivita’ venatoria fraudolenta. In particolare, i militari ha sorpreso un gruppo di dieci uomini impegnato in una battuta di caccia in localita’ Piano Ladro, area protetta della Riserva naturale Orientata di Fiumedinisi, dove vige il divieto di caccia. I tre arrestati hanno utilizzato un fucile con matricola abrasa e canne mozzate, mentre i sette denunciati altrettanti fucili regolarmente detenuti.
Le armi sono state tutte sottoposte a sequestro, insieme a circa cento cartucce del tipo utilizzato per la caccia al cinghiale. A coloro che sono stati deferiti in stato di liberta’ sono stati inoltre ritirati cautelativamente ulteriori 20 fucili legalmente detenuti presso le rispettive abitazioni. Due degli arrestati sono stati condotti in carcere, il 20enne ai domiciliari. Ieri mattina i tre sono comparsi davanti al gip di Messina, che ha convalidato l’arrestoe ha disposto nei confronti del 31enne la custodia cautelare in carcere, a carico del 44enne i domiciliari e per il 20enne l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
(AGI) Mrg/C-Carabinieri

Operazione Overtrade: arrestate 38 persone tra cui “padrini” del Clan Santapaola-Ercolano

 

CATANIA

– Un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Catania è stata oggi notificata dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania, su delega della Dda etnea nei confronti di 38 persone. Tredici sono finite in carcere, 22 agli arresti domiciliari mentre per tre sussiste l’obbligo di presentazione. Reati contestati : di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori ed estorsione con metodo e finalità mafiosa.

L’indagine, denominata “Overtrade”, condotta dal Nucleo Investigativo di Catania dal dicembre 2016 allo stesso mese del 2018 hanno anche avuto il contributo di alcuni collaboratori di giustizia.    Gli investigatori hanno controllato  le attività del gruppo di Mascalucia all’indomani della scarcerazione di Salvatore Mazzaglia e del genero Mirko Casesa, entrambi personaggi di vertice del clan mafioso catanese dei Santapaola – Ercolano.

Reati contestati anche  in materia di armi e intestazioni fittizie di beni, ma anche un imponente traffico di stupefacenti di cocaina, hashish e marijuana che ha proprio come fadrino Salvatore Mazzaglia, cui vengono contestati 18 capi di imputazione, ed il suo gruppo criminale costituito dal figlio Giovanni, dal genero Mirko Casesa, dal nipote Victor Mangano e da Elena Nicosia, con il compito di mantenere i contatti con gli acquirenti e deputata, unitamente al Mangano, al trasporto e alla consegna dello stupefacente.

Salvatore Mazzaglia, era anche riuscito a ottenere la fornitura di stupefacenti a credito e ad un prezzo più favorevole rispetto a quello praticato sul “mercato ordinario”, prezzo al quale poi lo stesso applicava un rincaro che costituiva il guadagno relativo alla sua intermediazione. Mazzaglia infatti non gestiva nessuna piazza di spaccio sul territorio limitandosi a movimentare grossi quantitativi di stupefacente in favore di importanti acquirenti, i quali ne curavano successivamente la distribuzione agli spacciatori al dettaglio.

Dell’associazione faceva parte anche Giovanni Mazzaglia, figlio di Salvatore, che affiancava il padre nei traffici più rilevanti, tra i quali la fornitura dello stupefacente in provincia di Siracusa ai fratelli De Skmone ed in Provincia di Catania ai fratelli Vacante (nipoti di Roberto Vacante attualmente in carcere al 41 bis).

Mazzaglia e il genero Mirko Casesa non abbandonavano comunque la “tradizionale” estorsione, come quella ai danni di un esercizio di Nicolosi, e la fittizia attribuzione a Agata Mazzaglia (moglie di Mirko Casesa e figlia di Salvatore) della titolarità di una impresa per la commercializzazione di prodotti lattiero caseari e uova (sequestrata). In totale gli indagati sono 51.

Le foto degli arrestati