Sanità Sicilia , il reclutamento di medici stranieri prosegue. Strutture nel caos , medici italiani diffidenti, i “nuovi ” arrivano dall’Argentina e da Cuba

 

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Prosegue il reclutamento dei medici stranieri per sopperire alle carenze strutturali di personale del sistema sanitario siciliano. Altri sette medici sono stati selezionati in questi giorni dalla Regione grazie all’avviso aperto emanato dal dipartimento di Pianificazione strategica dell’assessorato della Salute, guidato da Salvatore Iacolino.

 

«Procede ancora il percorso innovativo di arruolamento di medici extracomunitari – dice il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – per colmare i vuoti di organico e garantire i servizi degli ospedali e delle aziende sanitarie, specialmente negli ospedali di frontiera. Si tratta di personale qualificato che assicura la qualità delle prestazioni fornite ai pazienti siciliani e che viene immesso in servizio dopo la selezione da parte di una commissione formata da capi dipartimento e un adeguato periodo di formazione sia dal punto di vista linguistico che da quello relativo al funzionamento del sistema sanitario siciliano».

I medici assunti in questi mesi sono stati immessi soprattutto nelle Aziende sanitarie provinciali che gestiscono gli ospedali del territorio. Si tratta di chirurghi, internisti, pediatri, cardiologi, psichiatri, ortopedici, anestesisti, ginecologi, medici di pronto soccorso,  gastroenterologi, neurologi, specialisti in terapia intensiva, neonatologi, chirurghi vascolari e cardiochirurghi pediatrici e provengono prevalentemente da Argentina e Cuba.

L’avviso di reclutamento rimane ancora aperto. In Sicilia, il fabbisogno rilevato dalle aziende sanitarie e ospedaliere è di 1.494 unità. Le aziende sanitarie ed ospedaliere sono impegnate, su costante impulso del presidente della Regione, a completare le procedure di stabilizzazione e quelle di mobilità e concorsuali.

Il mondo intero piange la scomparsa di una leggenda: Diego Armando Maradona.Aveva 60 anni

Stelle e polvere, i 50 anni folli di Maradona - Giornale di Sicilia

Diego Armando Maradona non è più tra noi. . Il calcio perde il suo più grande interprete, il suo numero 10. Il Pibe de Oro, la Mano de Dios, leggenda di Napoli e del Napoli, un Dio terreno in Argentina. Il mondo intero ne piange la scomparsa.Aveva 6o anni È stato il più amato e il più discusso, nel bene e nel male.

Il quotidiano argentino El Clarin è stato il primo a diffondere la notizia: “Un arresto cardiorespiratorio” mentre era nella sua casa di Tigre, vicino Buenos Aires, dove si era sistemato in seguito all’operazione alla testa.     L’intervento per rimuovere l’edema cerebrale del 3 novembre era stato ben superato ma l’argentino era rimasto sotto osservazione, anche per alcuni episodi di confusione.

Per la sua scomparsa il governo argentino ha decretato tre giorni di lutto nazionale. Un giorno, spero che potremo giocare insieme a calcio in cielo”, ha scritto Pelè sui social. Il Napoli gli ha reso omaggio sui social postando una foto del Pibe de Oro con la maglia azzurra, la scritta ‘Per Sempre’ con un Cuore blu e un messaggio di addio: “Ciao Diego”.

Una notizia pesante, incredibile. Mi dispiace tanto, per me era come un fratello, abbiamo avuto un rapporto incredibile”, le parole di Giuseppe Bruscolotti, storico capitano del Napoli e compagno di squadra di Maradona. “Oggi Napoli ha perso un figlio – aggiunge Bruscolotti – uno che gli ha dato tanto. Sicuramente oggi è lutto cittadino, se non mondiale”.

Il calcio onorerà la sua memoria facendo osservare un minuto di silenzio su tutti i campi nelle gare di Champions League in programma stasera e in quelle di Europa League in programma domani. Lo ha deciso l’ Uefa.

“L’ex presidente del Napoli Corrado Ferlaino commenta: “Maradona è stato un fuoriclasse, un genio, e ai geni non si può chiedere anche di essere uomini comuni -aggiunge Ferlaino ai microfoni di Sky Sport-. Maradona non era un uomo comune, perché non era un giocatore comune. Aveva grandi responsabilità e forse non è riuscito a portarle avanti, le ha subite. A Napoli ha dato due scudetti. Io non so se il Napoli vincerà ancora scudetti, ma per ora gli unici due vinti li ha vinti negli anni di Maradona”.

Dalla periferia polverosa di Buenos Aires al tetto del Mondo: la dimensione di Maradona è stata il talento, la sua cifra la sregolatezza. Solo che gli eccessi non sono mai riusciti a dissipare il suo talento, al contrario lo hanno distillato e amplificato. Un dio pagano che per tutta la vita ha provato a dimenticare la povertà di partenza. I trofei più importanti sono i due scudetti conquistati con il Napoli, nel 1987 e nel 1990. Poi ovviamente il Mondiale del 1986. Ha vinto pure con il Boca Juniors e con il Barcellona. In totale sono 9 i titoli vinti in carriera, ma i titoli non servono a nulla per descrivere la grandezza e la leggenda del calciatore.

Cooperazione internazionale di polizia: catturati sei latitanti di spicco della Ndrangheta

La prosperità della Ndrangheta ha un nome: cocaina | Il Tacco d'Italia

 

 ‘Ndrangheta  alle corde : la Guardia di Finanza di Roma e il Gico della Guardia di Finanza di Reggio Calabria in collaborazione con la Direzione Centrale dei Servizi Antidroga e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. ha catturato sei latitanti in tre Paesi di due continenti nell’ambito dell’operazione ‘Magma 2007’.

Gli arresti sono stati messi a segno in virtù della cooperazione internazionale di polizia e al progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), promosso dall’Italia insieme all’Interpol. Quattro latitanti sono stati arrestati in Argentina ed Albania alle 19 di martedì ora italiana, il quinto è stato preso la notte scorsa alle 2.30 in Costa Rica. Inoltre un altro latitante era già stato arrestato ad Elbasan in Albania già il 26 maggio scorso. Tutti erano irreperibili a seguito dell’operazione Magma 2007.

Ricorderemo che l’operazione ‘Magma 2007’ si è conclusa a novembre dello scorso anno con l’esecuzione di 45 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, detenzione illegale di armi. Le attività investigative, culminate con le ordinanze eseguite il 29 novembre del 2019, hanno avuto il brillante risultato  di sequestrare circa 400 Kg di cocaina, 30 Kg di hashish, 15 Kg di marijuana, un fucile d’assalto automatico, 3 pistole semiautomatiche, un silenziatore e munizionamento di vario calibro.

Gli inquirenti spiegano: “, le attività investigative hanno consentito di destrutturare completamente la cosca di ‘ndrangheta riconducibile ai Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria) e le sue articolazioni extra regionali, arrestando tutti i membri apicali della famiglia, appartenente al “mandamento tirrenico” che operava nella piana di Gioia Tauro, in Emilia Romagna, in Lazio e in Lombardia.

Il Clan malavitoso, articolato su più livelli e dotato di elevatissime disponibilità finanziarieaveva individuato in Sud America, in particolare in Argentina e Costarica, fonti di approvvigionamento di ingenti partite di quella sostanza stupefacente da inviare in Italia occultate, per il trasporto navale, in appositi borsoni all’interno di container. Per farlo gli uomini della cosca Bellocco si sono serviti di alcuni emissari che hanno effettuato diversi viaggi in territorio sudamericano, per visionare lo stupefacente e contrattare con i referenti in loco al fine di poter organizzare gli aspetti logistici dell’importazione.

Gli investigatori hanno creato a questo punto  un canale di collaborazione tra la Guardia di Finanza di Reggio Calabria e la Gendarmeria Argentina, attraverso un’apposita Rogatoria Internazionale promossa dalla Dda di Reggio Calabria, è stato possibile accertare che proprio a Buenos Aires l’associazione criminale calabrese poteva contare sulla collaborazione di alcuni ‘colletti bianchi’ italoargentini, intranei all’organizzazione, disposti ad agevolare la pianificazione degli illeciti traffici e l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina.

 

L’operazione di oggi rappresenta il risultato positivo raggiunto dal procuratore Bombardieri e dai suoi magistrati volta a perseguire e sottoporre a giudizio tutti gli indagati compresi quelli che cercano di sottrarsi alle proprie responsabilità penali riparando all’estero. La ricerca dei latitanti è proseguita infatti in questi mesi per l’attività coordinata dalla Direzione centrale della polizia criminale, guidata dal Prefetto Rizzi e dal Segretariato Generale dell’Oipc-interpol di Lione, attraverso le unità I-Can dell’Italia, dell’Argentina, dell’Albania e del Costa Rica e il lavoro degli esperti per la Sicurezza italiani in quei Paesi che ha portato al coordinamento dell’esecuzione degli arresti in contemporanea di 4 latitanti in Argentina ed Albania alle 19 di martedì ora italiana più un quinto arrestato la notte scorsa alle 2.30 in Costa Rica.

Sono stati arrestati a Buenos Aires dal locale Interpol, dalla Polizia Federale e dalla Gendarmeria Nacional argentina, coordinati dalla locale Procura: Ferdinando Sarago’, Giovanni Di Pietro e Fabio Pompetti. Sarago’, 79enne nato a Rosarno (Reggio Calabria), è considerato il corriere e uomo di fiducia della ‘Ndrangheta che faceva la spola tra il Sudamerica e la Calabria: a lui si rivolgevano le cosche per le varie necessità operative e per il trasporto di documenti segreti. Ha incontrato in Argentina Carmelo Aglioti (uno dei 45 arrestati a novembre) in occasione di un viaggio finalizzato alla risoluzione di una mancata importazione di droga per conto delle famiglie Pesce e Bellocco.

Giovanni Di Pietro, nato a Roma il 24 giugno 1956, alias Massimo Pertini, residente a Buenos Aires, costituiva il front office fra le cosche italiane e i fornitori sudamericani di droga, occupandosi anche direttamente dell’esportazione delle sostanze stupefacenti. Da un’intercettazione è risultato che abbia informato lo stesso Aglioti di un’indagine a suo carico dell’autorità giudiziaria argentina. Aveva partecipato, nel 1978, al rapimento ad Acireale di Franz Trovato, figlio di un industriale locale, terminato poi con la tragica uccisione del ragazzo dopo ventuno giorni di prigionia a bastonate e con quattro colpi di pistola mentre tentava di fuggire. Nel settembre del 1979 Di Pietro viene arrestato in Argentina per rapina, furto e falsificazione di documenti.

La polizia gli sequestrò una serie di documenti che tiravano in ballo il suo coinvolgimento nella terribile storia di Franz Trovato. Di Pietro non agì da solo, anche se ammise all’Interpol che lo bloccò una seconda volta nel 1990 a Buenos Aires, di esser stato uno dei promotori della banda composta da dieci persone che ideò il sequestro. Quelle persone furono tutte individuate e arrestate. Il 10 maggio 1979 arrivò la sentenza di condanna, confermata in appello il 6 maggio 1981 e resa definitiva dalla Cassazione che il 28 gennaio 1981 respinse il ricorso degli imputati. Due di loro furono condannati all’ergastolo, gli altri a pene pesantissime. Tra di loro c’era Di Pietro, dichiarato colpevole in contumacia. Una volta condannato, però, la sentenza non gli è stata notificata mai. Giovanni Di Pietro ha atteso che il tempo passasse a Buenos Aires. Sono decorsi i 30 anni entro i quali la condanna doveva essere messa in esecuzione.

Fabio Pompetti, nato in Argentina, 54 anni, era un interlocutore privilegiato dello stesso Aglioti e di Francesco Morano, detto Gianfranco, anch’egli arrestato nell’operazione del novembre 2019, perché considerato problem solving man: grazie alla sua rete di relazioni in loco e alle sue indicazioni venivano aggirati i sistemi antiriciclaggio e venivano elusi i controlli doganali. Per anni è stato il portavoce dei fornitori sudamericani nei confronti della ‘Ndrangheta.

Con la colllaborazione dell’Ocn Interpol di San José in Costa Rica è stato arrestato a Jaco’ Franco D’Agapiti, 74enne nato a Velletri, compropietario dell’Hotel Casino Amapola di San Josè de Costa Rica che si era stabilito nel paese sudamericano e fungeva da punto di riferimento per gli esponenti della cosca. Il suo ruolo era quello di agevolare l’ingresso di cocaina in Italia, mettendo a frutto da oltreoceano la fitta rete di contatti e conoscenze e offrendo ospitalità e appoggio logistico agli ‘ndranghetisti, grazie alla disponibilità della struttura alberghiera di sua proprietà.

Arrestato in Albania Bujar Sejdinaj, 61 anni, detto “lo zio”, avamposto della ‘Ndrangheta in quell’area balcanica, ed in particolare della ‘Ndrina Bellocco, catturato a Tirana dal locale Interpol e dalla Polizia albanese. Ha partecipato insieme ad altri all’organizzazione dell’acquisto in Spagna di circa 20 kg di cocaina. I cinque latitanti catturati seguono l’arresto di Adrian Cekini, albanese di 48 anni, avvenuto ad Elbasan in Albania già il 26 maggio scorso. Anche lui si era reso irreperibile a seguito dell’operazione Magma 2007.

 

Che Dio – e S.Rita – aiutino l’equipaggio del sommergibile argentino S.Juan

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(Foto Archivio-Agenzia)

E’ il momento del pianto e della disperazione.Anche della preghiera . Occorre rivolgersi a Dio e ai Santi perchè l’impossibile si avveri. La salvezza cioè  di quegli uomini coraggiosi a salire su un mezzo datato di oltre trenta anni..Sarebbe davvero ora il momento di richiedere l’intercessione della Santa che aiuta nei casi disperati: S.Rita.

Disperati, perché ormai sanno che solo un miracolo potrebbe riportare a casa i loro fratelli, mariti, figli e amici del sottomarino San Juan.. Tutti dispersi. Tutti, forse, già morti nei fondali dell’oceano. Ma c’è anche rabbia.Sono furiosi i famigliari dei 44 membri dell’equipaggio  dopo quasi 10 giorni di ricerche nel Sud Atlantico. Ieri il portavoce della Marina argentina, Enrique Balbi non ha lasciato spazio a dubbi. “Sì, c’è stata un’esplosione” ha detto, confermando la tesi che già da qualche giorno aveva iniziato a rimbalzare sui media dopo il rilevamento dell’anomalia idro-acustica.

I parenti  perdono la calma, fanno domande. Soprattutto vogliono risposte, desiderano conoscere la verità. Come il 34enne Federico Ibañez. Suo fratello Christian è un tecnico e si è imbarcato sul San Juan per occuparsi dei radar. “Ho chiesto spiegazioni alla Marina argentina – ha detto il giovane alla ‘Cnn’ -. Perché continua a dire che il sottomarino potrebbe trovarsi in superficie?E perché i soccorritori hanno impiegato così tanto tempo prima di cominciare a setacciare il fondo dell’oceano?”.

Tutti aspettano il miracolo.

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(Foto Agenzia)

Ma la Marina prosegue le ricerche senza sosta. Gli altri non smettono di sperare. Anche se non fossero morti nell’esplosione, l’ossigeno all’interno del San Juan potrebbe già essere finito da un pezzo. Se così fosse, il destino dei marinai sarebbe già segnato, a meno che non siano stati in grado di raccogliere nuove riserve d’aria in superficie.

Oltre all’Argentina, hanno unito le forze Germania, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Spagna, Stati Uniti, Francia, Norvegia, Perù, Gran Bretagna e Uruguay. E ieri si è aggiunta anche la Russia. Ma del sottomarino, ancora non c’è traccia.

– Gli esperti, nel frattempo, sembrano divisi. Per Peter Layton, visiting professor della Griffith University “se il San Juan è affondato ma è ancora intatto, avrà circa una settimana o 10 giorni di ossigeno”.In questo caso, quindi, il tempo sarebbe già scaduto. Per il capitano e comandante della Marina spagnola, Alejandro Cuerda Lorenzo, invece, se i marinai sono colati a picco ma sono ancora vivi, potrebbero avere ancora quattro giorni d’ossigeno. “Potrebbero sopravvivere fino al 28 novembre” ha spiegato il comandante ai microfoni di ‘Herrera En Cope’, sottolineando che, secondo i calcoli della Marina argentina, le scorte di ossigeno del San Juan avrebbero raggiunto il loro limite ieri.

– Se i marinai sono morti, quello del San Juan sarebbe il disastro sottomarino più letale dopo quello del Kursk, il sottomarino russo affondato 17 anni fa nel mare di Barents, con a bordo 118 membri dell’equipaggio      Che Iddio ora aiuti i sommergibilisti  ( Agenzia).

Il mistero avvolge ancor più il sottomarino argentino

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Un segnale è stato  captato in nottata nell’Atlantico meridionale e , forse attribuibile al sottomarino scomparso dal 15 Novembre scorso ‘San Juan‘.

Intorno alla mezzanotte, una flotta guidata dalla corvetta Drummond si è diretta verso la zona per verificare se il segnale corrisponde a quello del mezzo disperso. L’emittente radiofonica Mitre aveva riportato la notizia a Buenos Aires, secondo cui aerei statunitensi avrebbero individuato qualcosa nell’Atlantico meridionale che potrebbe corrispondere a un oggetto metallico, a circa 300 chilometri dalla costa di Puerto Madryn – 1.100 chilometri circa a sud della capitale – e a 70 metri di profondità. In atto non vi sono conferme ufficiali dalla Marina e dal ministero della Difesa. Si resta in trepidante attesa ( Foto Agenzia).

L’ultima speranza: segnali radio (falliti) dal sottomarino scomparso

(Foto Agenzia)

Sommerginile S-Juan :l’ultimo contatto radio risale a mercoledì scorso e le ricerche, avviate con l’ausilio di imbarcazioni e aerei, non hanno ancora dato alcun esito positivo. O almeno fino a ieri, quando, secondo quanto reso noto dal ministero della Difesa argentino, l’Ara San Juan ha emesso sette tentativi falliti di chiamate satellitari.Stiamo lavorando sodo per individuare il sottomarino -afferma il ministro-  e siamo vicini alle famiglie dei 44 membri dell’equipaggio, che presto potrebbero riabbracciare i loro cari”.L’ammiraglio Gonzales rassicura: “C’è cibo e ossigeno a sufficienza”, ma uno degli ingegneri che ha lavorato al sottomarino. Julio Langan, è un pò pessimista: “Si potrebbero essere surriscaldate le batterie, il che provoca l’emissione di un gas clorato,  mortale per gli esseri umani”. Il presidente Mauricio Macrì   afferma : Condividiamo la preoccupazione dei parenti degli uomini di equipaggio e quella di tutti gli argentini”.

Si apprende che l ministero della Difesa argentino ha sottolineato che i tentativi di comunicazione “indicano che l’equipaggio sta cercando di stabilire un contatto” con le basi navali. Enrique Balbi, portavoce della Marina, ha dichiarato  che la forza e l’altezza delle onde dell’Oceano Atlantico potrebbero aver indebolito il segnale proveniente dal sottomarino.

Le sue ultime coordinate,  individuavano il sommergibile  nel Golfo San Jorge, 240 miglia nautiche (432 chilometri) al largo della costa, nel sud-est della penisola di Valdes, a circa 1.300 chilometri a sud di Buenos Aires. Il sommergibile, 65 metri di lunghezza e 7 di diametro, partito dalla base navale di Ushuaia, era diretto alla base di Mar del Plata, dove, secondo quanto previsto, sarebbe dovuto arrivare tra oggi e domani (Agenzia).