Papa Francesco:” Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede “

Angelus

Immagine Vaticano

Gesù stabilisce due cardini essenziali per i credenti di tutti i tempi. Due cardini essenziali della nostra vita. Il primo è che la vita morale e religiosa non può ridursi a un’obbedienza ansiosa e forzata, ma deve avere come principio l’amore. Il secondo cardine è che l’amore deve tendere insieme e inseparabilmente verso Dio e verso il prossimo.

Le parole di Francesco si riconducono all’episodio in cui  Matteo racconta come Gesù risponde alla provocazione di un dottore della Legge su quale sia “il grande comandamento, cioè il comandamento principale di tutta la Legge divina”, mettono in luce il rapporto indissolubile che esiste tra l’amore a Dio e al prossimo. Gesù affermando “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”, e aggiungendo, come secondo comandamento, “Amerai il tuo prossimo come te stesso”, stabilisce, spiega Francesco, “due cardini essenziali per i credenti di tutti i tempi”.

“Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”

Come in un gioco di specchi in cui l’amore verso Dio e verso il prossimo si riflettono l’uno nell’altro e non esiste l’uno senza l’altro, l’immagine che emerge rivela a noi stessi come viviamo – concretamente – l’essere cristiani:

Gesù conclude la sua risposta con queste parole: ‘Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti’. Ciò significa che tutti i precetti che il Signore ha dato al suo popolo devono essere messi in rapporto con l’amore di Dio e del prossimo. Infatti, tutti i comandamenti servono ad attuare ad esprimere quel duplice indivisibile amore.

Cura per gli altri

“L’amore per Dio si esprime soprattutto nella preghiera” e “in particolare nell’adorazione” che noi “trascuriamo tanto”, prosegue il Papa:

L’amore per il prossimo, che si chiama anche carità fraterna, è fatto di vicinanza, di ascolto, di condivisione, di cura per l’altro. Tante volte noi lasciamo passare l’altro perchè è noioso o mi prende tempo. Non abbiamo tempo per consolare gli afflitti ma tanto tempo per chiacchierare. Scrive l’apostolo Giovanni: ‘Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede’ . Così si vede l’unità dei due comandamenti

La Comunione con Dio, “dono da invocare ogni giorno” è quindi anche impegno personale “perché la nostra vita non si lasci schiavizzare dagli idoli del mondo” e si orienti verso le necessità dei fratelli:

La verifica del nostro cammino di conversione e di santità è sempre nell’amore del prossimo. Se io dico amo Dio e non amo il prossimo, non vale. Finché ci sarà un fratello o una sorella a cui chiudiamo il nostro cuore, saremo ancora lontani dall’essere discepoli come Gesù ci chiede.

Papa Francesco: “Pagare le tasse è doveroso ma è necessario affermare il primato di Dio”

Papa Francesco sorridente in papamobile in piazza San Pietro - Esteri -  quotidiano.net

LA DOMANDA TRAPPOLA A GESU’ PER SCREDITARLO: E’ LECITO PAGARE IL TRIBUTO A CESARE’? “RENDETE A CESARER QUELLO CHE E’ DI CESARE E A DIO QUELLO CHE  E’ DI DIO”

Pagare le tasse. Il Papa oggi all’Angelus si sofferma su questo  drammatico e delicato argomento per gli italiani vessati dalle tasse di ogni tipo.   Il “trabocchetto” che fanno gli avversari di Gesù ponendogli “una domanda insidiosa” per screditarlo – “E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?” – è il centro della riflessione del Pontefice. Proprio partendo dalla risposta di Gesù – “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” – il Pontefice distingue i piani, richiamando ai doveri di ognuno quelli di essere buoni cittadini e buoni cristiani.

Pagare le tasse è un dovere dei cittadini, come anche l’osservanza delle leggi giuste dello Stato. Al tempo stesso, è necessario affermare il primato di Dio nella vita umana e nella storia, rispettando il diritto di Dio su ciò che gli appartiene.     E’ questa  la missione della Chiesa e dei cristiani: parlare di Dio e testimoniarlo agli uomini e alle donne del proprio tempo.

Pagare le tasse è un dovere ma è necessario affermare il primato di Dio

Francesco ricorda che la domanda scomoda nasceva dal considerare offensiva l’immagine dell’imperatore romano impressa sulle monete, “era un’ingiuria al Dio d’Israele”. Gesù, con la sua risposta, si pone al di sopra delle polemiche:

Da una parte, riconosce che il tributo a Cesare va pagato – e anche a tutti noi: le tasse vanno pagate -, perché l’immagine sulla moneta è la sua; ma soprattutto ricorda che ogni persona porta in sé un’altra immagine – la portiamo nel cuore, nell’anima -, quella di Dio, e pertanto è a Lui, e a Lui solo, che ognuno è debitore della propria esistenza, della propria vita. 

Si tratta di impegnarsi con umiltà, e al tempo stesso con coraggio, portando il proprio contributo all’edificazione della civiltà dell’amore, dove regnano la giustizia e la fraternità.

Il Santo Padre infine ha ricordato la triste vicenda dei pescatori trattenuti e sequestrati in Libia. “Desidero rivolgere- ha detto Papa Francesco- una parola di incoraggiamento e sostegno ai pescatori fermati da più di un mese in Libia e ai loro familiari. Affidandosi a Maria, stella del mare, mantengano viva la speranza di poter riabbracciare presto i loro cari”. 

 

Papa Francesco ” Dio apparecchia per tutti, nessuno è escluso”

Papa Francesco stupisce con l'enciclica verde Laudato si'

Oggi all’Angelus Papa Francesco ricorda che  per due volte i servi del re vengono mandati a chiamare gli invitati “ma questi rifiutano, non vogliono andare alla festa, perché hanno altro a cui pensare: i campi e gli affari”. Francesco commenta:

Tante volte anche noi anteponiamo i nostri interessi e le cose materiali al Signore che ci chiama. Ma il re della parabola non vuole che la sala resti vuota, perché desidera donare i tesori del suo regno.

Nella casa di Dio “nessuno è escluso”

Il Signore non si arrende al rifiuto e anzi allarga l’invito anche ai più lontani, “senza escludere nessuno”, perchè “nessuno è escluso dalla casa di Dio”. I servi escono dalla città e raggiungono le strade di campagna, i luoghi “dove la vita è precaria”. Ad accettare l’invito sono dunque gli “esclusi”, “coloro che non erano mai sembrati degni di partecipare a una festa”.

Anzi: il padrone, il re, dice ai messaggeri: “Chiamate tutti, buoni e cattivi. Tutti!”. Dio chiama i cattivi, pure. “No, io sono cattivo, ne ho fatte tante …”. Ti chiama: “Vieni, vieni, vieni!”. E Gesù andava a pranzo con i pubblicani, che erano i peccatori pubblici, lì, erano i cattivi … Gesù, Dio non ha paura della nostra anima ferita da tante cattiverie, perché ci ama, ci invita.

Il  Vangelo non è riservato a pochi

Come il Signore anche la Chiesa, afferma Papa Francesco, “è chiamata a raggiungere i crocicchi odierni, cioè le periferie geografiche ed esistenziali dell’umanità”, tutti quei luoghi dove vivono “brandelli di umanità senza speranza”. E prosegue.

Si tratta di non adagiarsi sui comodi e abituali modi di evangelizzazione e di testimonianza della carità, ma di aprire le porte del nostro cuore e delle nostre comunità a tutti, perché il Vangelo non è riservato a pochi eletti. Anche quanti stanno ai margini, perfino coloro che sono respinti e disprezzati dalla società, sono considerati da Dio degni del suo amore.   

Il Pontefice confida che ieri sera è riuscito a parlare al telefono con un anziano sacerdote italiano, da anni missionario in Brasile accanto agli esclusi e ai poveri e che ora vive nella pace la sua vecchiaia. “Ha bruciato la sua vita con i poveri – dice il Papa-. Questa è la nostra Madre Chiesa, questo è il messaggero di Dio che va agli incroci dei cammini”.

Dio dunque apparecchia per tutti, ma pone ai suoi invitati una condizione, quella di indossare l’abito nuziale, ai tempi di Gesù una specie di mantellina che ogni invitato riceveva in dono all’entrata. Tra i seduti al banchetto della parabola uno non la indossa: rifiutando il dono si è escluso da solo e il re non può che gettarlo fuori.

Quest’uomo ha accolto l’invito, ma poi ha deciso che esso non significava nulla per lui: era una persona autosufficiente, non aveva alcun desiderio di cambiare o di lasciare che il Signore lo aiutasse. Questa mantellina, l’abito nuziale simboleggia la misericordia che Dio ci dona gratuitamente. La grazia. L’invito di Dio, anche che ti porti Dio alla festa, è una grazia. Senza grazia tu non puoi fare un passo nella vita cristiana. Tutto è grazia. Non basta accettare l’invito a seguire il Signore, occorre essere disponibili a un cammino di conversione, che cambia il cuore.

Occorre avere vedute larghe, non ristrette

La misericordia di Dio è un dono del suo amore, afferma Francesco, è la grazia che va accolta “con stupore e con gioia”. Il Papa conclude rivolgendo una preghiera a Maria Santissima perché aiuti tutti noi a fare come i servi della parabola, ad “uscire dai nostri schemi e dalle nostre vedute ristrette” per annunciare a tutti l’amore gratuito del Signore.

PAPA FRANCESCO: L’AUTORITA’ E’ UN SERVIZIO PER IL BENE DEGLI ALTRI, NON DOBBIAMO CERCARE IL PROPRIO INTERESSE

Papa Francesco lancia una riflessione sulla gestione dell’autorità e della raccolta frutti. “Anche oggi-afferma il Pontefice – Dio aspetta i frutti della sua vigna da coloro che ha inviato a lavorare in essa”, cioè da “tutti noi”. In una domenica di attesa per la nuova enciclica dedicata alla fraternità e all’amicizia sociale, firmata ieri ad Assisi,  Lo fa a partire dal Vangelo di oggi, in cui Gesù narra la parabola dei vignaioli omicidi, ai quali il padrone aveva affidato la sua vigna.

 

La vigna è di Dio, non nostra  – L’autorità è servizio non interesse proprio

Al tempo del raccolto arrivano i servi per ritirare i frutti ma i vignaioli li respingono a bastonate e addirittura ne uccidono alcuni e, alla fine, persino il figlio del padrone. E quando Gesù chiede cosa farà il padrone della vigna, al ritorno, a quei contadini, i capi del popolo che cercavano di eliminare Gesù, rispondono pronunciando “da sé stessi la propria condanna”: li punirà e affiderà la sua vigna ad altri. Una “parabola molto dura”, con cui “Gesù mette i suoi interlocutori di fronte alla loro responsabilità”. Si tratta di un ammonimento di Gesù che “vale per ogni tempo, anche per il nostro”:

In ogni epoca, coloro che hanno un’autorità, qualsiasi autorità, anche nella Chiesa, nel popolo di Dio, possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso. E Gesù dice che la vera autorità è quando si fa il servizio, è nel servire, non sfruttare gli altri. La vigna è del Signore, non nostra. L’autorità è un servizio, e come tale va esercitata, per il bene di tutti e per la diffusione del Vangelo. È brutto vedere quando nella Chiesa le persone che hanno autorità cercano i propri interessi.

Entrando profondamente in questa parabola, Papa Francesco ricorda che l’immagine della vigna rappresenta “il popolo che il Signore si è scelto” mentre i servi sono i profeti, e il figlio è figura di Gesù. Anche lui viene respinto e ucciso.

Nella Seconda Lettura, poi, ricorda il Papa, San Paolo dice che per essere buoni operai, deve essere oggetto di impegno quotidiano “ciò che è virtù e merita lode”, quello che è “vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato”. “È l’atteggiamento dell’autorità e anche di ognuno di noi – dice – perché ognuno di noi, nel suo piccolo, ha una certa autorità”.

“Diventeremo così una Chiesa sempre più ricca di frutti di santità”, conclude Francesco esortando a rivolgersi a Maria, “spiritualmente uniti ai fedeli radunati nel Santuario di Pompei per la Supplica” e rinnovando, nel mese di ottobre, l’impegno a pregare il Rosario.

 

PAPA FRANCESCO: “LA VITA CRISTIANA E’ FATTA DI IMPEGNI CONCRETI, DELL’AGIRE..”

 

video   Vaticano

 

Con la sua predicazione Gesù si oppone ad una religiosità che  è superficiale, esteriore                      Lo dimostra con la parabola dei due figli nella vigna. Al primo invito uno dei due figli ha detto prima sì, poi si converte                                      L’obbedienza non consiste nel dire sì o no, ma nell’agire.   Con questo semplice esempio Gesù vuole superare una religiosità superficiale, di facciata.   Gli esponenti di questa religiosità erano al quel tempo gli anziani e i capi del popolo                                              La Grazia Dio la dà a chi si converte.Dio ci aspetta sempre ma rispetta la nostra libertà.

La fede in Dio richiede sempre la scelta del bene sul male. La conversione è un processo che ci purifica dalle incrostazioni morali perchè non c’è la strada della Santità senza qualche rinuncia  La vita cristiana è fatta di impegni concreti. Il più piccolo impegno concreto è quello di migliorarci, di sciogliere il cuore ed arrivare a Dio..

Ecco l'Angelus integrale di papa Francesco di oggi / Chiesa / Home - Parola  di Vita

Vi sono preoccupazioni per il Caucaso. Preghiamo per la pace di questo Paese  Oggi la Chiesa  celebra la giornata del migrante. Saluto i migranti in piazza i quali sono costretti a fuggire persino dalla famiglia. A loro e a chi li assiste va il nostro ricordo e la preghiera.    La pandemia ha creato problemi nel turismo. Auspico che tutti possano risollevarsi dalle attuali difficoltà. Un pensiero alle donne e a chi combatte i tumori del seno…..”

PAPA FRANCESCO: IMITIAMO LO STILE DI DIO CHE SI APRE A NUOVI ORIZZONTI DI VITA

 

Video Vaticano

L’Angelus di oggi –  afferma in esordio Papa Francesco – si sofferma sulla pagina evangelica (cfr Mt 20,1-16) della parabola dei lavoratori chiamati a giornata dal padrone della vigna. Attraverso questo racconto, Gesù ci mostra il sorprendente modo di agire di Dio, rappresentato da due atteggiamenti del padrone: la chiamata e la ricompensa.

Prima di tutto la chiamata. Per cinque volte il padrone di una vigna esce in piazza e chiama a lavorare per lui: alle sei, alle nove, alle dodici, alle tre e alle cinque del pomeriggio. È toccante l’immagine di questo padrone che esce a più riprese sulla piazza a cercare lavoratori per la sua vigna. Quel padrone rappresenta Dio che chiama tutti e chiama sempre, a qualsiasi ora. Dio agisce così anche oggi: continua a chiamare chiunque, a qualsiasi ora, per invitare a lavorare nel suo Regno. Questo è lo stile di Dio, che a nostra volta siamo chiamati a recepire e imitare. Egli non sta rinchiuso nel suo mondo, ma “esce”: Dio sempre è in uscita, cercando noi; non è rinchiuso: Dio esce. Esce continuamente alla ricerca delle persone, perché vuole che nessuno sia escluso dal suo disegno d’amore.

Anche le nostre comunità sono chiamate ad uscire dai vari tipi di “confini” che ci possono essere, per offrire a tutti la parola di salvezza che Gesù è venuto a portare. Si tratta di aprirsi ad orizzonti di vita che offrano speranza a quanti stazionano nelle periferie esistenziali e non hanno ancora sperimentato, o hanno smarrito, la forza e la luce dell’incontro con Cristo. La Chiesa deve essere come Dio: sempre in uscita; e quando la Chiesa non è in uscita, si ammala di tanti mali che abbiamo nella Chiesa. E perché queste malattie nella Chiesa? Perché non è in uscita. E’ vero che quando uno esce c’è il pericolo di un incidente. Ma è meglio una Chiesa incidentata, per uscire, per annunziare il Vangelo, che una Chiesa ammalata da chiusura. Dio esce sempre, perché è Padre, perché ama. La Chiesa deve fare lo stesso: sempre in uscita.

Il secondo atteggiamento del padrone, che rappresenta quello di Dio, è il suo modo di ricompensare i lavoratori. Come paga, Dio? Il padrone si accorda per «un denaro» (v. 2) con i primi operai assunti al mattino. A coloro che si aggiungono in seguito invece dice: «Quello che è giusto ve lo darò» (v. 4). Al termine della giornata, il padrone della vigna ordina di dare a tutti la stessa paga, cioè un denaro. Quelli che hanno lavorato fin dal mattino sono sdegnati e si lamentano contro il padrone, ma lui insiste: vuole dare il massimo della ricompensa a tutti, anche a quelli che sono arrivati per ultimi (vv. 8-15). Sempre Dio paga il massimo: non rimane a metà pagamento. Paga tutto. E qui si capisce che Gesù non sta parlando del lavoro e del giusto salario, che è un altro problema, ma del Regno di Dio e della bontà del Padre celeste che esce continuamente a invitare e paga il massimo a tutti.

Infatti, Dio si comporta così: non guarda al tempo e ai risultati, ma alla disponibilità, guarda alla generosità con cui ci mettiamo al suo servizio. Il suo agire è più che giusto, nel senso che va oltre la giustizia e si manifesta nella Grazia. Tutto è Grazia. La nostra salvezza è Grazia. La nostra santità è Grazia. Donandoci la Grazia, Egli ci elargisce più di quanto noi meritiamo. E allora, chi ragiona con la logica umana, cioè quella dei meriti acquistati con la propria bravura, da primo si trova ultimo. “Ma, io ho lavorato tanto, ho fatto tanto nella Chiesa, ho aiutato tanto, e mi pagano lo stesso di questo che è arrivato per ultimo”. Ricordiamo chi è stato il primo santo canonizzato nella Chiesa: il Buon Ladrone. Ha “rubato” il Cielo all’ultimo momento della sua vita: questo è Grazia, così è Dio. Anche con tutti noi. Invece, chi cerca di pensare ai propri meriti, fallisce; chi si affida con umiltà alla misericordia del Padre, da ultimo – come il Buon Ladrone – si trova primo (cfr v. 16).

Maria Santissima ci aiuti a sentire ogni giorno la gioia e lo stupore di essere chiamati da Dio a lavorare per Lui, nel suo campo che è il mondo, nella sua vigna che è la Chiesa. E di avere come unica ricompensa il suo amore, l’amicizia con Gesù.

 CONGRESSO EUCARISTICO A BUDAPEST RINVIATO ALL’ANNO PROSSIMO

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

secondo i programmi fatti prima della pandemia, nei giorni scorsi avrebbe dovuto svolgersi il Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest. Per questo desidero rivolgere il mio saluto ai Pastori e ai fedeli dell’Ungheria e a tutti coloro che aspettavano con fede e con gioia questo evento ecclesiale. Il Congresso è stato rinviato all’anno prossimo, dal 5 al 12 settembre, sempre a Budapest. Proseguiamo, spiritualmente uniti, il cammino di preparazione, trovando nell’Eucaristia la fonte della vita e della missione della Chiesa.

Oggi in Italia ricorre la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Incoraggio a sostenere questa importante istituzione culturale, chiamata a dare continuità e nuovo vigore ad un progetto che ha saputo aprire la porta del futuro a molte generazioni di giovani. E’ quanto mai importante che le nuove generazioni siano formate alla cura della dignità umana e della casa comune.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi: famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni e singoli fedeli.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

PAPA FRANCESCO : “L’UOMO SMETTA DI ODIARE ED ABBI COMPASSIONE VERSO GLI ALTRI”

ALLA FINE L’UOMO SARA’ IN UNA BARA: VUOL PORTARE L’ODIO ANCHE LI’ ? “

 

Papa Francesco spiega la parabola del Re misericordioso e del Servo spietato proposta nel Vangelo di oggi tratto da Matteo: “Troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia”.

Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Così il servo che ha con il padrone un debito enorme, pari a diecimila talenti, lo supplica di attendere finché riuscirà a saldarlo e la sua preghiera tocca il cuore del padrone che, come quello di Dio che qui rappresenta, è un cuore misericordioso.

Il cuore della parabola è l’indulgenza che il padrone dimostra verso il servo con il debito più grande. L’evangelista sottolinea che “il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito”. Un debito enorme, dunque un condono enorme!

Quella stessa indulgenza, quella stessa compassione –  – però, il servo condonato non la dimostra verso un altro servo di quel padrone, un suo pari, che ha un debito con lui molto più piccolo di quello che egli aveva con il padrone. Alla richiesta di quello di avere pazienza finché lo saldasse, la stessa che lui aveva fatto al padrone, però, va su tutte le furie:

Non lo ascolta, inveisce contro di lui e lo fa gettare in prigione finché non avrà pagato il debito. Il padrone viene a saperlo e, sdegnato, richiama il servo malvagio e lo fa condannare.

La differenza di atteggiamento tra il padrone e il servo spietato, che è spesso la stessa differenza di atteggiamento che c’è tra Dio e l’uomo:

Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia. 

A volte non basta la giustizia, quindi, ma “c’è bisogno di quell’amore misericordioso” che ci dimostra il Padre e che, ricorda Francesco, è alla base della risposta che Gesù dà alla domanda di Pietro che nel testo evangelico precede la parabola: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? E Gesù risponde: Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”:

Nel linguaggio simbolico della Bibbia, questo significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!

“CHE L’UOMO SMETTA DI ODIARE”

Il Papa sottolinea, poi, quante siano le relazioni umane in cui è necessario applicare l’amore misericordioso verso il nostro prossimo: nel matrimonio, tra genitori e figli, nelle famiglie troppo spesso distrutte dall’odio tra fratelli, all’interno delle comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica:

Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita!

Francesco racconta poi come celebrando la Messa questa mattina, sia rimasto colpito da una frase contenuta nella Prima Lettura, tratta dal libro del Siracide:

“Ricorda la fine smetti di odiare”, una bella frase. Pensa alla fine: sarai in una bara, vuoi portarti l’odio anche lì?

Se non si perdona, infatti, ricorda il Papa, il “il rancore torna come una mosca fastidiosa”: meglio, quindi, perdonare, per essere a nostra volta perdonati, perché il perdono non è un impeto di un momento, ma uno stile di vita che deve durare per sempre:

E non è facile perdonare perché nei momenti tranquilli uno dice: “Sì ma questi o questo me ne ha fatto di tutti i colori ma anche io ne ho fatte tante. Meglio perdonare per essere perdonato”. Ma poi il rancore torna, come una mosca fastidiosa nell’estate che torna e torna e torna… Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna. Pensiamo alla fine, smettiamola di odiare.

 

Il Papa: “la maldicenza contro gli altri è una peste più brutta del Covid”

Santa Pasqua. Come seguire la Messa di Papa Francesco ed i programmi  religiosi in Tv oggi - Papaboys 3.0

 

Non fare come il “diavolo” perchè lui è grande chiaccherone per allontanare i fratelli….”

Papa Francesco  stamani all’Angelus esorta a pregare per i fratelli e non a andare a raccontare difetti o scivolate. “Il grande chiacchierone è il diavolo” – dice – “che cerca di disunire la Chiesa”

  Il Papa commenta il Vangelo di oggi in cui,  Gesù suggerisce “una pedagogia del recupero” articolata in tre passaggi, perché Lui sempre cerca di recuperare, di salvare”.

Le chiacchiere chiudono il cuore dei fratelli e cercano di disunire la Chiesa

Quando un fratello che sbaglia, non ascolta né chi lo ammonisce da solo, né con due o tre testimoni, e alla fine nemmeno la comunità, cioè “la Chiesa”, Gesù dice: “sia per te come il pagano e il pubblicano”. Un’espressione “in apparenza così sprezzante”, nota il Papa, ma che “in realtà invita a rimettere il fratello nelle mani di Dio” perché “solo il Padre potrà mostrare un amore più grande di quello di tutti i fratelli messi insieme”.

Questo insegnamento di Gesù ci aiuta tanto”, perché quando “noi vediamo uno sbaglio” nei fratelli, “di solito la prima cosa che facciamo è andare a raccontare agli altri”, dice il Papa sottolineando le conseguenze di questo comportamento:

Le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa. Il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare. Il chiacchiericcio è una pesta più brutta del Covid! Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere.

Solo di fronte a Dio l’uomo pone la propria coscienza e la responsabilità dei suoi atti

Non si tratta perciò di una condanna senza appello, ma del riconoscimento che a volte i nostri tentativi umani possono fallire, e che solo il trovarsi davanti a Dio può mettere il fratello di fronte alla propria coscienza e alla responsabilità dei suoi atti. Se la cosa non va, silenzio e preghiera per il fratello e per la sorella che sbagliano, ma mai chiacchiericcio.

Di fronte a un fratello che sbaglia, il primo suggerimento è appunto quello di andare da lui con discrezione, non per giudicarlo ma per aiutarlo, vincendo magari il timore che possa reagire male. Forse all’inizio ci si inquieta ma poi “ringraziamo”, dice Francesco, perché è “un gesto di fratellanza”.

Costruire relazioni fraterne nella Comunità

Se questo intervento fallisce, nonostante le buone intenzioni, l’invito è a non desistere ma a ricorrere all’appoggio di qualche altro fratello o sorella, due o tre testimoni, come prevedeva la legge mosaica in realtà per tutelare la persona da “falsi accusatori”. Quindi, non si tratta di accusare o condannare ma di aiutare perché “questo è l’atteggiamento del recupero che Gesù vuole da noi”. Ma anche l’amore di due o tre fratelli può essere insufficiente e quindi Gesù esorta a dirlo a tutta la comunità. Il forte invito del Papa è quindi a costruire “sempre nuove relazioni fraterne” all’interno della comunità.

Papa Francesco: “La Chiesa va sempre avanti sulla fede di Pietro”

Papa Francesco durante l'Angelus di questa domenica

Archivio-Sud Libertà

Papa Francesco pima dell’Angelus di questa 21.ma domenica del tempo ordinario, rilegge per i fedeli in Piazza San Pietro e quelli collegati attraverso i media il Vangelo di Matteo proposto dalla liturgia, che “presenta il momento nel quale Pietro professa la sua fede in Gesù quale Messia e Figlio di Dio”. E la Chiesa, sottolinea il Papa, “va avanti sempre sulla fede di Pietro”, “che Gesù riconosce” e per questo “lo fa capo della Chiesa”.

Le domande di Gesù per far crescere i discepoli

E’ Gesù che provoca la confessione dell’Apostolo, ricorda Francesco, perché “vuole condurre i suoi discepoli a fare il passo decisivo nella loro relazione con Lui”. Quello dei Dodici, infatti, “è un cammino di educazione alla loro fede”. La prima domanda non è troppo impegnativa, spiega il Pontefice: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Si parla degli altri, e ci piace “spellare” gli altri, ci piace il pettegolo, ma “è già richiesta la prospettiva della fede e non il pettegolezzo”. I discepoli rispondono che “Gesù di Nazaret era considerato un profeta”.

“Ma voi, chi dite che io sia?”

Con la seconda domanda, però, “Gesù li tocca sul vivo: ‘Ma voi, chi dite che io sia?’”, e li chiama a mettersi in gioco, manifestando il motivo per cui seguono il Maestro. Dopo qualche momento di esitazione, Simone con slancio dichiara: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Una risposta, commenta Papa Francesco, “piena e luminosa”, che “non gli viene dal suo impulso, per quanto generoso” , dalla “sua cultura, quello che ha studiato”, ma “è frutto della grazia del Padre. “E’ una grazia che dobbiamo chiedere” aggiunge a braccio il Papa, dicendo “Padre, dammi la grazia di confessare Gesù”.

Una “pietra” per costruire la Chiesa

Ma Gesù riconosce che Simone ha risposto con prontezza all’ispirazione della grazia “e quindi aggiunge, in tono solenne: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa’”. Gesù, specifica Papa Francesco, fa capire così a Simone “il senso del nuovo nome che gli ha dato”, ‘Pietro’”:

La fede che ha appena manifestato è la “pietra” incrollabile sulla quale il Figlio di Dio vuole costruire la sua Chiesa, cioè la sua Comunità. E la Chiesa va avanti sempre sulla fede di Pietro, su quella fede che Dio riconosce, che Gesù riconosce e lo fa capo della Chiesa.

E oggi, sottolinea il Papa, “sentiamo rivolta a ciascuno di noi” la domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia?”. E ognuno di noi “deve  dare una risposta non teorica, ma che coinvolge la fede, cioè la vita, perché la fede è vita! ‘Per me tu sei …’ e dire la confessione di Gesù”

Una risposta che richiede anche a noi, come ai primi discepoli, l’ascolto interiore della voce del Padre e la consonanza con quello che la Chiesa, raccolta attorno a Pietro, continua a proclamare. Si tratta di capire chi è per noi Cristo: se Lui è il centro della nostra vita e il fine di ogni nostro impegno nella Chiesa e nella società. Chi è Gesù Cristo per me? Chi è Gesù Cristo per te, per te, per te … Una risposta che noi dovremmo dare ogni giorno. 

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