Sentenza assolutoria con la formula “Assolto perché il fatto non sussiste” per il comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, colonnello Vittorio Stingo, accusato dalla Procura della città dei templi di una presunta fuga di notizie, tutta interna all’Arma, e di calunnia nei confronti di un collega del Ros di Palermo, che non si è costituito parte civile. Il gup Micaela Raimondo ha emesso una sentenza assolutoria con formula piena.
L’ufficiale è alla guida del Comando provinciale di Agrigento da circa tre anni, durante i quali ha raggiunto numerosi risultati operativi sia in termini di contrasto alla criminalità mafiosa e comune che nel supporto alla popolazione. Il procuratore facente funzioni Salvatore Vella e il pm Maria Barbara Grazia Cifalinò avevano chiesto la sua condanna per rivelazione di segreto d’ufficio, insieme ad altri due ufficiali Augusto Petrocchi, capitano della compagnia dell’Arma di Licata, e il capitano Carmelo Caccetta, ex comandante del Nucleo operativo radiomobile della stessa compagnia – anche loro assolti con la stessa formula -, nell’ambito di un’indagine avviata dall’allora capo della Dda di Palermo, Francesco Lo Voi.
I Finanzieri dei Comandi Provinciali di Verona e Agrigento e i Carabinieri del Comando Provinciale di Verona, in collaborazione tra loro e coordinati dalla Procura della Repubblica del capoluogo veneto, hanno eseguito, all’alba di oggi, in Veneto, Lazio, Piemonte e Sicilia un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale scaligero nei confronti di 10 soggetti, 3 dei quali condotti in carcere e 7 agli arresti domiciliari. Il Giudice per le indagini preliminari di Verona, su richiesta dell’A.G. inquirente, ha inoltre disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un valore di oltre 5 milioni di euro. Sono pertanto scattati i sigilli anche su conti correnti, autovetture, immobili nonché su società e attività commerciali e turistiche tra cui hotel, pasticcerie e ristoranti in diverse località del Lago di Garda. L’accusa nei confronti degli indagati è quella di aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe per l’illecita percezione di contributi statali, i c.d. “bonus facciate”, utilizzando crediti fiscali fittizi che poi, una volta monetizzati, venivano riciclati nell’acquisizione di attività economiche sul Lago di Garda. Il tutto, tra l’altro, aggravato dal carattere transnazionale, avendo gli indagati operato sia sul territorio nazionale che estero.
All’alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento e del R.O.S., con il supporto dei militari dei Comandi Provinciali di Palermo, Trapani, Enna e Caltanissetta, del Nucleo Carabinieri Cinofili e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori, hanno notificato una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale D.D.A., a carico di 10 soggetti (5 dei quali destinatari della custodia cautelare in carcere, 4 degli arresti domiciliari ed 1 dell’obbligo di dimora) gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Eseguite 23 perquisizioni personali e locali (di cui 3 in carcere) nei confronti dei destinatari dei suddetti provvedimenti e di altri soggetti indagati, a vario titolo, nello stesso procedimento penale. L’intervento repressivo scaturisce dai convergenti esiti dell’indagine denominata “Condor”, condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Agrigento, e da quella denominata “Xidy” condotta dal R.O.S. e che già nel febbraio 2021 aveva registrato una prima fase esecutiva.
Le indagini, coordinate dalla D.D.A. di Palermo hanno consentito di acquisire un grave compendio indiziario relativo: – agli assetti mafiosi nel territorio di Favara (AG) ed in quello di Palma di Montechiaro (AG), quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza della articolazione territoriale di cosa nostra e di formazioni criminali denominate paracchi sul modello della stidda. In tale contesto sono stati raccolti indizi relativi: • al tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, e segnatamente a Favara ed al Villaggio Mosè di Agrigento; • al ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro (AG) a favore di un esponente della stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì; – all’ipotizzato controllo delle attività economiche: • nel territorio di Palma di Montechiaro (AG), con specifico riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (c.d. sensalie); • nel territorio di Favara (AG) mediante l’imposizione delle cosiddette “messe a posto” ad imprenditori operanti nel territorio favarese e danneggiamenti a mezzo incendio; – all’ipotizzata operatività di una parallela struttura associativa con base a Palma di Montechiaro (AG) e diretta da soggetti indiziati di appartenere alla stidda, che gestiva il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti. In merito a quest’ultima attività delittuosa, le attività investigative hanno permesso di raccogliere gravi indizi in ordine all’avvenuta commissione di diversi episodi di spaccio. Con riferimento, poi, ai reati fine contestati ad alcuni degli indagati, sono stati acquisiti e giudicati dal GIP gravi indizi in ordine: – all’interferenza esercitata da cosa nostra sul lucroso settore economico delle transazioni per la vendita di uva e la progressiva ingerenza in detto settore della stidda. In tale ambito sono emersi gli asseriti rapporti del vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro con la ‘ndrina calabrese dei BARBARO di Platì;– al controllo illecito di una grossa parte del remunerativo settore imprenditoriale delle slot machines e degli apparecchi da gioco installati nei locali commerciali; – all’attività estorsiva posta in essere in danno di un imprenditore, costretto ad astenersi dalla partecipazione ad un’asta giudiziaria finalizzata alla vendita di alcuni terreni; – alla tentata estorsione in danno di un imprenditore operante nel settore della distribuzione e gestione di congegni e apparecchi elettronici; – alla gestione di un impianto di pesatura dell’uva, i cui proventi sarebbero stati in parte destinati al mantenimento dei detenuti; – all’estorsione – consistita nell’imposizione dell’assunzione di uno degli stessi indagati – ai danni di un’impresa aggiudicataria di lavori a Ravanusa (AG); – all’incendio perpetrato ai danni del titolare di un’autodemolizione con deposito giudiziario.
Immigrazione clandestina – operazione “Charon” : eseguita un’ordinanza di applicazione di misure restrittive della libertà nei confronti di dieci persone gravemente indiziate dei reati di associazione per delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I militari dei Comandi Provinciali di Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Messina, Ragusa e Siena hanno proceduto all’individuazione sul territorio regionale e nazionale e all’arresto dei componenti di una pericolosa compagine criminale transazionale, composta da cittadini italiani ed extracomunitari, dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con collegamenti, almeno di alcuni degli indagati, con ambienti del terrorismo internazionale.
Il provvedimento cautelare è stato emesso dall’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica del capoluogo siciliano.
A tutti gli arrestati vengono contestati il delitto previsto dall’art. 416 commi 1,2,3,5 e 6 del codice penale (associazione per delinquere), nonché l’art. 4, comma 1 della legge 146/2006 e reiterate ipotesi di reato di cui art. 12, commi 3, 3 bis e 3 ter del D.lgs. 286/1998 (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina).
Le indagini hanno dimostrato la capacità delle organizzazioni criminali a carattere transnazionale di offrire, nel settore dei traffici di esseri umani, nuovi “servizi” volti a rendere le traversate più sicure, ovviamente in cambio di retribuzioni maggiorate con lauti guadagni, ma anche e soprattutto a garantire la non identificazione dei soggetti sbarcati da parte delle autorità nazionali; ciò sia per assicurare una loro maggiore libertà di movimento una volta giunti a destinazione sia per consentire ai ricercati di sfuggire alle forze di polizia o per assicurare l’anonimato a quei soggetti che si recano in Europa con finalità illecite.
Nel corso delle attività investigative è stato raccolto un corposo compendio indiziario utile a dimostrare come la disvelata associazione criminale fosse particolarmente attiva nell’organizzare sistematicamente trasporti marittimi tra la Tunisia e le coste trapanesi e/o agrigentine della Sicilia di gruppi di soggetti nord africani in grado di sostenere l’elevato costo dell’esclusivo transito a bordo di veloci e funzionali gommoni, spesso, intenzionati a sottrarsi alle ricerche delle autorità di polizia tunisina.
Si è, altresì, accertato che il servizio offerto dall’organizzazione criminale non si concludeva con lo sbarco, ma ricomprendeva anche successive forme di assistenza volte a garantire la permanenza illegale dei migranti nel territorio dello Stato, quali la sottrazione ai controlli delle forze di polizia, l’avvio verso le località di destinazione, il trasporto e l’accoglienza presso abitazioni sicure, fino al farli scappare dai centri di accoglienza.
In una circostanza, è stato anche accertato che il principale responsabile dell’organizzazione ed alcuni suoi accoliti hanno ospitato in provincia di Trapani e poi aiutato a fuggire in Tunisia, un soggetto, con collegamenti con ambienti terroristici, destinatario di mandato di cattura europeo, spiccato dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica Federale di Germania, perché responsabile del delitto di tentato omicidio, commesso in Lipsia nel 2020, consentendogli di sottrarsi alle ricerche delle competenti autorità tedesche ed italiane.
Le attività d’indagine condotte dai militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Agrigento si sono articolate in servizi di ascolto di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, concreta osservazione dei soggetti d’interesse investigativo anche tramite riprese video, monitoraggio degli spostamenti degli indagati, oltreché tutta una serie di attività finalizzate a reperire elementi di riscontro e suffragio alle ipotesi investigative, quali controlli in mare, con l’ausilio di unità navali del Corpo, sequestri ed acquisizione di documenti.
Tutto ciò ha consentito di documentare il continuo contatto telefonico tra gli indagati, l’acquisto reiterato di schede telefoniche, la messa a disposizione di natanti, autovetture, dispositivi telefonici (spesso intestati a terzi), abitazioni per ospitare i migranti e capanni per occultare i gommoni, l’uso di un consolidato linguaggio criptico volto a eludere le investigazioni, la disponibilità di mezzi navali di elevata rilevanza economica, un circuito di stabili contatti con organizzazioni tunisine che procurano soggetti che vivono in condizione di clandestinità in Tunisia e che hanno la necessità di allontanarsi.
La Finanza informa che, nei giorni scorsi, i militari di Agrigento hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro di beni nei confronti dell’imprenditore edile, sottoposto a procedimento di prevenzione perché ritenuto contiguo all’organizzazione mafiosa “Cosa nostra”.
Il provvedimento cautelare è stato emesso, ai sensi dell’art. 24 del D. L.vo n. 159/2011 (c.d. codice antimafia) dalla Sezione Iª Penale – Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano, su proposta della Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia.
L’imprenditore è stato arrestato nel 2018 ed è imputato (con sentenza di condanna in primo e secondo grado) per il reato di favoreggiamento personale aggravato per aver aiutato un noto pregiudicato mafioso della provincia di Agrigento, ad eludere le investigazioni a suo carico.
Le attività investigative, delegate al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Agrigento, che hanno condotto all’emissione del provvedimento ablativo sono consistite nella messa a sistema del compendio indiziario raccolto nei confronti del proposto al fine di tracciarne il profilo soggettivo e nel contestuale monitoraggio degli investimenti e delle correlate variazioni finanziarie e patrimoniali sue e del suo nucleo familiare, effettuati nel periodo in cui si relazionava con gli ambienti di “cosa nostra”, raffrontati con la capacità reddituale dichiarata dal medesimo e dai suoi congiunti nello stesso periodo.
Tale indagine ha consentito di ricostruire gli asset patrimoniali e le disponibilità finanziarie riconducibili al prevenuto anche indirettamente, poiché formalmente intestati a propri familiari, nonché individuare – tra questi – quelli acquisiti in un periodo in cui la redditività manifestata non giustificava la disponibilità delle risorse necessarie per tali investimenti, consentendo di attivare la presunzione che si trattasse di fondi di provenienza illecita ai sensi del citato Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione – D. L.vo 159/2011.
Il patrimonio sequestrato dalla Guardia di Finanza è costituito dal compendio aziendale di una ditta agrituristica e di un’impresa commerciale, appezzamenti di terreno, polizze assicurative e depositi bancari per un valore complessivo stimato in euro 1.100.000, circa.
Operazione antidroga dei Carabinieri in corso tra le province di Agrigento e Caltanissetta. I l Comando provinciale di Agrigento sta notificando 26 ordinanze cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di detenzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, cocaina e hashish in maniera particolare.
IL coordinamento è svolto dal Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e del sostituto Gloria Andreoli. Le misure sono state firmate dal gip Stefano Zammuto.
Sette indagati, in esecuzione del provvedimento del gip del tribunale di Agrigento, sono stati posti agli arresti domiciliari, due dei quali con l’applicazione del “braccialetto elettronico”. Ad altri 19 è stata applicata un’ordinanza di divieto di dimora. L’operazione antidroga, denominata «Piramide», dei carabinieri del nucleo Operativo e Radiomobile è stata realizzata fra Agrigento, Canicattì, Racalmuto, Grotte, Favara, e i comuni di Gela e San Cataldo nel nisseno.
Si apprende pure dagli investigatori che sono sette gli arrestati dell’operazione «Piramide», messa a segno dai carabinieri, fra le province di Agrigento e Caltanissetta: C.S di 31 anni di Canicattì; A.I. di 63 anni di Racalmuto; R.M.S. di 40 anni di Gela; V.S. di 45 anni di Favara; P.S.B. una donna di 38 anni di Favara; B.C. di 50 anni di Grotte e T.G. di 42 anni di Racalmuto. Gli altri 19 soggetti, residenti ad Agrigento, Racalmuto, San Cataldo, Grotte e Canicattì, sono stati invece sottoposti al divieto di dimora nella provincia di Agrigento.
Definita «Piramide» per via della struttura verticistica creatasi tra i vari pusher, collaboratori di questi ultimi e gli acquirenti. L’attività investigativa, coordinata dal maggiore Marco La Rovere che è a capo della compagnia dell’Arma di Agrigento, è stata avviata per contrastare il massiccio flusso di cocaina che dalla provincia giungeva sulle piazze di spaccio di Agrigento.
La piazza della droga si svolgeva con quantitativi che si aggiravano tra i 50 ed i 100 grammi, sia al dettaglio con la vendita di singole dosi. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati consistenti quantitativi di droga: circa 2 chili di cocaina e 4 di hashish. Infine si registrano anche 5 arresti in flagranza e 2 denunce, oltre a numerose segnalazioni amministrative. Il valore dello stupefacente sequestrato ammonta a circa 100 mila euro. I fermati sono stati condotti in carcere…
Tre morti (quelli accertati e identificati finora), 6 dispersi, due sopravvissuti, quattro palazzine distrutte e altre 3 seriamente danneggiata, 100 sfollati, decine e decine di vigili del fuoco arrivati da tutta la Sicilia per prestare i soccorsi. La terribile esplosione di ieri sera a Ravanusa (Agrigento) causata da una grossa fuga di gas dalla tubatura del metanodotto. La forza della deflagrazione, forse causata da un ascensore, è stata devastante. Il boato è stato avvertito anche nei paesi vicini. E l’onda d’urto è stata così violenta che ha investito in maniera circolare un’area di 10mila metri quadrati.
Il “cratere” dell’esplosione però è stato in via Galilei dove quattro palazzine sono crollate e tre sono state sventrate. A farne le spese soprattutto i componenti di una intera famiglia che si trovava in una delle palazzine crollate Le vittime riconosciute sono Pietro Carmina, Enza Zagarro e Liliana Minacori. Mnon è stata ancora individuata una quarta vittima. Delle 11 persone rimaste coinvolte nel crollo a Ravanusa in provincia di Agrigento, due donne sono state estratte vive nella notte, Rosa Carmina e Giuseppina Montana. Mentre tre sono i morti accertati e sono in corso le ricerche di altre sei persone: quattro abitavano nella palazzina collassata a seguito dell’esplosione e due – compresa una donna incinta al nono mese – erano andate a trovare alcuni familiari. I numeri, in costante aggiornamento, sono stati resi noti dalla Prefettura di Agrigento durante il vertice in Municipio convocato per fare il punto sui soccorsi.
I Carabinieri della Stazione di Santa Elisabetta, su segnalazione del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia –Divisione Si.Re.Ne.- hanno arrestato un cittadino di 51 anni, imprenditore, che da qualche giorno era ritornato nel proprio paese di origine dopo un periodo trascorso in Germania.
L’uomo era destinatario di un provvedimento di arresto europeo emesso dalle autorità tedesche poiché ritenuto responsabile di traffico di sostanze stupefacenti. Fatti commessi in Germania lo scorso anno. L’uomo, che è stato rintracciato dopo rapide ricerche sul territorio dai Militari dell’Arma dovrà scontare 15 anni di reclusione. Al termine delle formalità di rito lo stesso è stato associato presso la Casa Circondariale di Agrigento a disposizione della competente A.Giudiziaria.
Con l’avvio della campagna olearia, le Compagnie del Comando Provinciale di Agrigento, supportate dal Centro Carabinieri Anticrimine Natura e dal personale dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente, hanno condotto un’incisiva attività di monitoraggio eseguita nei confronti di oltre 40 frantoi ubicati nell’intera provincia. L’attività di controllo ha determinato la denuncia in stato di libertà a carico di 5 titolari di impianti, ubicati nei Comuni di Favara, Sciacca, Menfi, Caltabellotta e Ribera, ritenuti responsabili, all’esito degli accertamenti eseguiti, di attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Nel corso dell’attività sono state verificate sia le certificazioni autorizzative, necessarie per svolgere l’attività di molitura delle olive, sia la corretta assunzione di manodopera da destinare a tale attività.
Particolare attenzione è stata rivolta inoltre al giusto stoccaggio e successivo smaltimento delle acque di vegetazione, quale scarto della lavorazione delle olive, considerato rifiuto speciale in quanto altamente inquinante.
Nella circostanza, è stato accertato che le attività perseguite hanno sversato tali rifiuti nel corpo idrico superficiale, quali fiumi e corsi d’acqua circostanti, con alto rischio di inquinamento delle falde e del mare. Sono state inoltre ispezionate 8 autocisterne dedicate al trasporto delle acque di molitura ed inflitte sanzioni per oltre 45 mila euro per illecito utilizzo in campo agricolo delle acque di vegetazione. I soggetti deferiti inoltre hanno l’obbligo di ripristinare e bonificare i siti contaminati
Allerta lanciato dal prefetto agrigentino. Il maltempo è diffuso in Sicilia. Afferma nel suo appello alla comunità Maria Rita Cocciufa: “Non uscite di casa. La condizione è di gran rischio”…
“Il vortice Mediterraneo, al momento, sta scaricando a mare, ma è molto vicino all’area Nord dell’Agrigentino – afferma – L’ondata di forte maltempo sta interessando la zona Nord della provincia. Ci sono importanti criticità a Sciacca, Menfi, Ribera e nei Comuni più piccoli del circondario.
Ci sono situazioni emergenziali e si sta profilando l’evacuazione dei cittadini che hanno avuto dei danni o che sono a rischio. Più torrenti sono straripati e siamo veramente in allerta. Dalle informazioni in mio possesso, con buona probabilità, seppur stiamo parlando di condizioni meteo imprevedibili, questa ondata di maltempo si sta ulteriormente avvicinando all’Agrigentino. Lancio un accorato appello a tutti gli agrigentini, tutti in maniera indistinta, residenti in ogni paese: non mettetevi in macchina e non uscite di casa. Assolutamente non uscite di casa, la condizione è di grande, grandissimo, rischio”.
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