Prima tappa della visita pastorale del Papa oggi è stato lo stabilimento Ilva di Cornigliano per l’incontro col mondo del lavoro all’interno del magazzino ‘prodotti finiti’. Presenti oltre 3.500 persone provenienti da un centinaio di aziende genovesi. Il
Guai dice il Papa agli imprenditori-speculatori: “Nessun buon imprenditore ama licenziare la sua gente. Chi pensa di risolvere il problema della sua impresa licenziando gente, non è un buon imprenditore, è un commerciante. Oggi vende la sua gente, domani vende la dignità propria. Si soffre sempre e a volte da questa sofferenza nascono nuove idee per evitare il licenziamento: questo è il buon imprenditore”, Bergoglio cita un episodio accaduto durante la messa a Santa Marta: “Ricordo all’uscita si avvicina un uomo e piangeva. ‘Sono venuto a chiedere una grazia, io sono al limite e devo fare una dichiarazione di fallimento, questo significherebbe licenziare una sessantina di lavoratori e non voglio perché sento che licenzio me stesso’ E quell’uomo, bravo imprenditore, piangeva e lottava per la sua gente. Era sua”, osserva il Papa.
Francesco denuncia: “Una malattia dell’economia è la progressiva trasformazione degli imprenditori in speculatori: l’imprenditore non va assolutamente confuso con lo speculatore, sono due tipi diversi. Lo speculatore è una figura simile a quella che Gesù chiama nel Vangelo mercenario, non ama azienda e lavoratori ma li vede solo come mezzi per fare profitto”.
Oggi il lavoro è un rischio, è un mondo dove il lavoro non si considera con la dignità che ha e che dà“, osserva il Papa parlando al mondo del lavoro all’Ilva di Genova. “Faccio una premessa: il mondo del lavoro è una priorità umana e pertanto è una priorità cristiana, è anche una priorità del Papa perché è quel primo comando che Dio ha dato ad Adamo, va e fa crescere la terra, lavorala, c’è sempre stata una amicizia tra la chiesa e il lavoro a partire da Gesù lavoratore”.
Rispondendo alla domanda di un imprenditore, il Papa traccia l’ideantikit del buon imprenditore: “L’imprendotire è la figura fondamentale di una buona economia. Non c’è buona economia senza un buon imprenditore che crea lavoro, prodotti. E’ importante riconoscere le virtù di lavoratori e lavoratrici. Il loro bisogno di fare il lavoro bene perché il lavoro va fatto bene. A volte si pensa che un lavoratore lavori bene perché è ben pagato, questa è una grande disistima del lavoro e dei lavoratori – denuncia Francesco – perché nega la dignità del lavoro che inizia nel lavorare bene per dignità, per onore”.
“Quando l’economia è abitata da buoni imprenditori, le imprese sono amiche dei poveri. Con lo speculatore l’economia perde i volti, è una economia senza volti, astratta. Dietro le decisioni dello speculatore non ci sono persone e quindi non si vedono le persone da licenziare. Quando economia perde contatto con volti persone concrete, diventa senza volto essa stessa e quindi spietata. Bisogna temere gli speculatori, non gli imprenditori! Ma paradossalmente qualche volta il sistema sembra avvantaggiare chi specula e non chi investe nel lavoro. Perché, eh perché crea burocrazia e controlli partendo da ipotesi che chi non è speculatore rimane svantaggiato e chi lo è riesce a trovare mezzi per eludere i controlli”.
Bergoglio cita Luigi Einaudi: ‘Migliaia, milioni di individui lavorano e producono e risparmiano nonostante quello che noi possiamo inventare per scoraggiarli, è la vocazione naturale che li spinge, il gusto, l’orgoglio di vedere l’azienda prosperare’. Se così non fosse non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che investono tutti i capitali per avere utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbe ottenere con gli altri impegni. Ma hanno la mistica dell’amore. State attenti voi imprenditori con gli speculatori e anche con le regole e con le leggi che alla fine favoriscono gli speculatori e non i veri imprenditori”.
“Lavoro per tutti”. Papa Francesco cita poi l’articolo 1 della Costituzione italiana: “Il lavoro è amico dell’uomo e l’uomo è amico del lavoro e per questo non è facile conoscerlo come nemico perché si presenta come persona di casa anche quando ci colpisce e ci ferisce. Uomini e donne si nutrono con il lavoro, col lavoro sono unti da dignità. Per questa ragione attorno al lavoro si edifica il patto sociale perché quando non si lavora o si lavoro poco, male, o troppo è la democrazia che entra in crisi. E’ tutto il patto sociale anche questo è il senso dell’art. 1 della Costituzione italiana che è molto bello: ‘L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro'”.
“Possiamo dire – scandisce il Papa – che togliere il lavoro alla gente o sfruttare la gente con il lavoro indegno o malpagato è anticostituzionale. Se non fosse fondata sul lavoro, l’Italia non sarebbe una democrazia”. Da qui il monito: “Guardare con responsabilità alle trasformazioni tecnologiche e non rassegnarsi alle ideologie. Deve essere chiaro che senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”.
Lavoro è dignità, senza lavoro non c’è dignità, ricorda il Papa: “Voi sapete la percentuale di giovani dai 25 anni in giù che ci sono in Italia? Non lo dirò, cercate le statistiche. Questi giovani crescono senza dignità perché non sono unti dal lavoro che è quello che dà la dignità. La domanda è questa: un assegno statale, mensile che ti faccia portare avanti una famiglia non risolve il problema. Il problema va risolto con il lavoro per tutti“.
Il Papa esorta quindi a “cambiare visione se vogliamo il bene dell’impresa, dei lavoratori e dell’economia: altro valore che è disvalore è la tanto osannata meritocrazia, ma viene strumentalizzata e snaturata. La meritocrazia sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza”. Ovazione dai lavoratori.
Non è mai festa nelle famiglie dove non si lavora, sottolinea ancora Bergoglio: “Per potere fare festa, dobbiamo lavorare. Nelle famiglie dove ci sono disoccupati non è mai festa. Per celebrare le feste bisogna poter celebrare il lavoro”.
“Non tutti i lavori sono buoni – osserva il Papa – ci sono ancora troppi lavori cattivi e senza dignità nel traffico di armi, nella pornografia, nei giochi d’azzardo e nelle imprese che non rispettano i diritti dei lavoratori“. Il Pontefice bolla ancora come “cattivo il lavoro di chi è pagato per non avere orari”, criticando i “culti di puro consumo e piacere” come la scelta di negozi aperti 24 ore, che favoriscono il culto del consumo. “Il lavoro è fatica, ma una società edonista non capisce il valore della fatica e del lavoro”, sottolinea ancora il Papa che termina il suo discorso a braccio con una preghiera sul lavoro