L’operazione ‘Mare aperto, avrebbe avuto punti strategici dislocati in più centri dell’isola, come Scicli, Catania e Mazara del Vallo. Persone specializzate in ‘viaggì per migranti, che prelevavano in Tunisia salpando dalla costa meridionale della Sicilia Si servivano di piccole imbarcazioni di fortuna,, munite di potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, così da raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore.
Secondo gli investigatori queste persone avrebbero trasportato dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita. Il prezzo a persona, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3.000 e i 5.000 euro e il presunto profitto dell’organizzazione criminale, secondo stime investigative, si attesterebbe tra i 30.000 e i 70.000 euro
I componenti dell’organizzazione risultano ora destinatari di un provvedimento giudiziario del Gip di Caltanissetta, notificato a undici tunisini e a sette italiani. Il Gip ha disposto il carcere per 12 di loro e gli arresti domiciliari per gli altri sei.
L’intercettazione: “Se ci fossero stati problemi, come un’avaria al motore, gli scafisti avrebbero potuto “sbarazzarsi dei migranti in alto mare”. Era l’indicazione data dagli organizzatori agli scafisti che partivano dalla costa meridionale della Sicilia per prendere migranti in Tunisia e portarli nell’isola.
. Sei dei 18 destinatari del provvedimento del Gip di Caltanissetta – si apprende -sono ancora irreperibili, perché probabilmente all’estero. Un indagato è stato individuato a Ferrara grazie alla collaborazione della squadra mobile del luogo, uno era già in carcere per reati della stessa tipologia, un tunisino, scarcerato da pochi giorni, era nel Cpr di “Ponte Galeria” a Roma, in attesa di essere rimpatriato. Gli altro sono stati arrestati in Sicilia: otto a Caltanissetta e una a Ragusa.
L’indagine è stata avviata il 21 febbraio del 2019 quando all’imbocco del porto di Gela si era incagliata una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli. Il natante era stato rubato a Catania pochi giorni prima e erano sbarcate decine di persone presumibilmente di origini nordafricane. Ua coppia di origini tunisine -si scoprì–secondo l’accusa, avrebbe favorito l’ingresso irregolare sul territorio italiano, e di cittadini nord africani.
Secondo la Procura di Caltanissetta, “sussistono gravi indizi di partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata” e che aveva “carattere transnazionale in quanto operativa in più Stati”. Contestata anche la circostanza aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita i migranti da loro trasportati e di averli sottoposto a trattamento inumano e degradante i migranti.
Si apprende anche che il 26 luglio 2020, per uno dei viaggi pianificati dagli indagati, l’avaria dei i motori di una barca non consentì di concludere il viaggio e il natante è rimasto alla deriva, in “mare aperto”, poi trovato di fronte le coste di Mazara del Vallo.
La Capitaneria di Porto di Porto Empedocle e del Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo, hanno individuato l’imbarcazione durante le fasi di rientro dalle coste tunisine, identificando così gli scafisti. Per la cattura dei 18 indagati destinatari dell’ordinanza del Gip sono stati impegnati 120 uomini della Polizia, della Squadra Mobile di Caltanissetta, del Commissariato di Niscemi, del Reparto Prevenzione Crimine e Unità Cinofile e Reparto Volo di Palermo.