Un’economia, quella ascrivibile alle attività illegali, che non conosce crisi: secondo uno studio dell’Ufficio della Cgia,il valore aggiunto di queste attività fuorilegge (17,1 miliardi di euro) è aumentato negli ultimi 4 anni di oltre 4 punti percentuali.
“Tra le attività illegali – l’Istat include solo le transazioni illecite in cui c’è un accordo volontario tra le parti, come il traffico di droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette e non, ad esempio, i proventi da furti, rapine, estorsioni, usura, etc. Una metodologia, quest’ultima, molto discutibile che è stata suggerita dall’agenzia statistica della Comunità europea che, infatti, ha scatenato durissime contestazioni da parte di molti economisti che ritengono sia stato inopportuno aumentare il reddito nazionale attraverso l’inclusione del giro di affari delle organizzazioni criminali”.
“I gruppi criminali – hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2016 costituisce un segnale molto preoccupante. Tra l’altro, dal momento che negli ultimi 2 anni si registra una diminuzione delle segnalazioni archiviate, abbiamo il forte sospetto che l’aumento delle denunce registrato negli ultimi tempi evidenzi come questa parte dell’economia sia forse l’unica a non aver risentito della crisi”.
Si apprende infine che a livello regionale la Lombardia (253,5), la Liguria (185,3) e la Campania (167) sono le realtà che nel 2016 hanno fatto pervenire il più elevato numero di segnalazioni (ogni 100 mila abitanti). Su base provinciale, infine, le situazioni più a rischio (oltre 200 segnalazioni ogni 100.000 abitanti) si registrano nelle province di confine di Como, Varese, Imperia e Verbano-Cusio-Ossola. Altrettanto critica la situazione a Rimini, Milano, Napoli e Prato.