Giornalismo antimafia : era l’unica a farlo. Una lezione al mondo per la libertà
Mia madre è stata assassinata perché si è trovata tra la legge e coloro che cercano di violarla, come molti altri giornalisti coraggiosi. Ma è stata colpita anche perché era l’unica a farlo. Ecco cosa accade quando le istituzioni dello Stato sono incapaci: l’ultima persona che rimane in piedi spesso è un giornalista. E quindi è la prima persona che deve morire”. Matthew Caruana Galizia affida ai social il dolore per la perdita della madre, la cronista antimafia uccisa ieri pomeriggio nell’esplosione della sua auto a Bidnija. Un lungo sfogo pubblicato su Facebook in cui il ragazzo, accorso sul luogo dell’omicidio pochi istanti dopo il boato, racconta i drammatici momenti successivi all’esplosione e si scaglia contro “uno Stato mafioso dove puoi cambiare sesso sulla tua carta di identità (grazie a Dio) ma puoi anche saltare in aria solo perché eserciti i tuoi diritti basilari”.
“Non dimenticherò mai quella corsa nei campi divenuti un inferno – scrive – cercando un modo per aprire la portiera dell’auto dove il clacson ancora suonava, urlando ai due poliziotti di usare l’unico estintore che tenevano in mano. Mi guardavano. ‘Mi dispiace, non c’è più niente che possiamo fare’, ha detto uno di loro. Ho guardato a terra, c’erano pezzi del corpo di mia madre dappertutto. Ho capito che avevano ragione, non c’era più niente da fare. ‘Chi c’è in macchina?’, mi hanno chiesto. Mia madre, ho risposto. E’ morta. E’ morta per la vostra incompetenza”.
“Mi dispiace essere così esplicito – prosegue – ma è così che si manifesta la guerra, e voi dovete saperlo. Non è stato un omicidio ordinario e non è stato tragico. E’ tragico quando qualcuno viene investito da un autobus. Quando c’è sangue e fuoco attorno a te, allora questa è la guerra. Siamo un popolo in guerra contro lo stato e il crimine organizzato, che sono diventati indistinguibili“. Il ragazzo continua lo sfogo denunciando “uno dei sergenti di polizia che dovrebbe investigare sull’omicidio” e che, poche ore dopo l’assassinio, avrebbe scritto su Facebook: ‘Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento’.
Per concludere poi con un affondo contro “quel pagliaccio del primo ministro”, il premier maltese Joseph Muscat, oggetto delle inchieste della madre. “Il governo di Malta ha permesso che si alimentasse una cultura di impunità – scrive – E’ di poco conforto sapere che il premier di questo Paese ora dica che non avrà pace fino a quando gli assassini non saranno trovati, quando è lui a guidare un governo che incoraggia la stessa impunità. Prima ha riempito il suo ufficio di corrotti, poi ha riempito la polizia di corrotti e imbecilli, infine ha riempito i tribunali di corrotti e incompetenti“. “Se le istituzioni avessero lavorato, adesso non ci sarebbe un assassinio su cui indagare, e io e i miei fratelli avremmo ancora una madre”, conclude amaro, prima di attaccare vari politici maltesi, definendoli “complici” e “responsabili” dell’omicidio.