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Si scoprono altri complici che hanno protetto la trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros hanno arrestato oggi per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal metodo mafioso Emanuele Bonafede, nipote del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri.
L’inchiesta è coordinata dal Procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo.
Secondo gli inquirenti, la coppia avrebbe ospitato «in via continuativa e per numerosi giorni», nella sua casa di Campobello di Mazara, il padrino all’epoca latitante. Abitualmente, dunque, il boss sarebbe andato a pranzo e a cena nell’appartamento dei due, entrando e uscendo indisturbato grazie ai controlli che i Bonafede svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell’ordine.
I coniugi – secondo l’accusa – avrebbero dunque fornito al boss “prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza». Lorena Lanceri, inoltre, secondo gli inquirenti, era inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all’ex latitante di mantenere contatti e interessi on alcune persone a lui particolarmente care.
Il nipote del boss di Campobello, Emanuele Bonafede e fratello di Andrea Bonafede, arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di aver fatto avere al Capoboss le prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, ed è cugino di un altro Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha prestato l’identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche. Le indagini e le novità proseguono….