Guai giudiziari per il docente universitario Giuseppe Mineo, ex magistrato già in servizio presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana e Alessandro Ferraro, stretto collaboratore dei legali Piero Amara e Giuseppe Calafiore.
La vicenda è legata ai noti fatti relativi alla c.d. operazione “Sistema Siracusa” diretta dalla Procura della Repubblica di Messina che, nel mese di febbraio scorso, ha condotto in carcere 13 persone componenti di un “comitato di affari” in grado di condizionare il buon andamento della gestione della giustizia nella provincia aretusea.
Dopo le ammissioni e delle dichiarazione rese in sede di interrogatorio dai legali Amara e Calafiore e dei consequenziali riscontri effettuati dalla Guardia di Finanza,protagonista delle minuziose indagini, è stato ricostruito un ulteriore episodio riconducibile al reato di corruzione consumato dai professionisti nell’ambito sistema clientelare da loro gestito.
In particolare Mineo, magistrato ora in quiescenza e, all’epoca dei fatti, in servizio presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana:
– si è adoperato al fine di determinare, nella qualità di giudice relatore, il collegio del C.G.A. ad assumere, contra legem, una decisione favorevole a due imprese riconducibili ai citati legali (la Open Land e la AM Group) nell’ambito di altrettanti contenziosi amministrativi instaurati rispettivamente contro il Comune di Siracusa e contro la Sovrintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Siracusa;
– ha rivelato, inoltre,in spregio alla funzione pubblica ricoperta, ai professionisti notizie coperte da segreto d’ufficio afferenti allo svolgimento delle camere di consiglio.
Con tali episodi di corruzione il Mineo ha intascato, con l’intermediazione di un loro collaboratore (Ferraro anch’esso già tratto in arresto, a beneficio di Raffaele Drago(già Presidente della Regione Siciliana e deputato nazionale, deceduto nel 2016 ed, all’epoca dei fatti, legato al Mineo da rapporti di stretta amicizia) una somma pari ad oltre 115 mila euro.
Secondo gli inquirenti tale somma è stata versata da una delle tante società riconducibili ai legali su di un conto maltese intestato al Ferraro e, da questi, successivamente trasmessa a beneficio di Drago.