Intanto il bilancio della Regione è bloccato e tutti i pagamenti sono stati sospesi.Anche gli stipendi e le pensioni saranno pagati in ritardo.
Ci risiamo. Il copione non cambia mai. Immaginarsi adesso che i conti pubblici sono in tilt attestato dalla Corte dei conti. I nuovi governanti, era comunque prevedibile, vogliono “cancellare il passato” . Intanto il bilancio della Regione risulta bloccato e tutti i pagamenti sono stati sospesi. Anche gli stipendi e le pensioni subiranno un netto ritardo. Si comunica ufficialmente che “La Sicilia intende disdettare gli accordi firmati da Crocetta e Baccei sul trasferimento da 1,4 miliardi di euro da Roma a Palermo come corrispettivo per l’Irpef pagata in Sicilia anche perchè “E’ assurdo che da un lato gli accordi stabiliscono trasferimenti proprio da 1,4 miliardi e dall’altro, cosa che nessuno ha mai messo in relazione, lo Stato ci chieda un contributo al risanamento della finanza pubblica pari a 1,34 miliardi di euro di fatto azzerando quei trasferimenti”.
“In un momento in cui regioni come la Lombardia e il Veneto – comunica l’assessore Armao – chiedono più autonomia finanziaria è un controsenso che la Sicilia, che questa Autonomia l’aveva, debba lasciarsela alle spalle. Gli accordi fatti dal governo Crocetta sono stati accordi ‘truffaldini’ e devono essere disdettati. Questo Paese deve essere federalista perchè lo è nella sua natura ma deve trattarsi di un federalismo solidale dove, proprio per rendere competitivo l’intero Paese, chi ha più energia deve sostenere chi ne ha meno”.
Nella foto l’assessore Gaetano Armao ( Leader degli “Indignati” che –come dice però l’opposizione politica– indigna)
Armao sa bene che per governare occorre disponibilità di risorse economiche. “Il Precedente governo andava a Roma con il cappello in mano, io ci vado- rivela il politico – fin da oggi con lo Statuto in mano. Non vogliamo avviare guerre o battaglie fra Palermo e Roma. Non ci interessano le tensioni e gli scontri. Noi dobbiamo chiedere allo Stato di riconoscere ai siciliani la dignità, un trattamento uguale a tutti gli altri cittadini italiani. Ad una Regione che ha il 40% in meno di infrastrutture rispetto al resto del Paese, una disoccupazione giovanile al 50%, uno svantaggio dovuto alla sua insularità e tanti altri gap, non possono essere richiesti gli stessi sacrifici rispetto a Regioni che non vivono questa condizione”.
Armao lancia un siluro a Crocetta, dimenticando tuttavia che lui stesso è stato un governante di una giunta considerata “mafiosa”.“Tutti quegli accordi che sono stati presi vanno disdettati e bisogna chiedere al governo di aprire un nuovo negoziato. Non è pensabile che la Sicilia prenda accordi unilaterali che restringono la propria autonomia fiscale. L’argomento, naturalmente, deve essere esaminato dalla giunta. Ne ho già parlato con il Presidente Musumeci e andiamo certamente verso questa iniziativa per recuperare autonomia fiscale e risorse”.
Ma c’è anche altro da recuperare che si è perso per effetto delle riforme degli ultimi cinque anni “Lo Stato versava alle Province siciliane, che ora si chiamano Liberi Consorzi e Città Metropolitane, 400 milioni di euro l’anno. Continua a versare questi corrispettivi a tutte le Province riformate nel resto del Paese. Siccome in Sicilia ora non si chiamano più Province non versa più questi soldi ne alle amministrazioni intermedie ne alla Regione. Non capisco perchè dobbiamo perdere questi fondi solo per effetto di un nome. Queste cose non sono state considerate negli accordi ed è assurdo”.
La Regione intanto ha deciso di autorizzare i legali a presentare immediato ricorso alla Corte Costituzionale in virtù della legge che riporta al voto le ex Province, provvedimento approvato dall’Ars in agosto,e impugnata dal Consiglio dei Ministri in Ottobre.
“La Sicilia genera, poi, otto miliardi di accise che vengono al momento interamente trattenute dallo Stato”- rivela ancora l’assessore – “Gli accordi chiusi dal governo precedente hanno vulnerato quello che lo Statuto ci assegna. la Regione non ha mai più rivendicato quello che ci spettava. Questi accordi hanno tolto alla Sicilia più di quanto la Sicilia potesse dare”.