PUBBLICITA’ ELETTORALE – CODICE DI REGOLAMENTAZIONE- CONTATTI DIREZIONE

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Sud Libertà  testata giornalistica registrata al Tribunale di Catania al n.  del Mese di Settembre 2018  comunica – ai sensi del disposto normativo di cui alla legge numero 28 del 22 febbraio 2000 – la propria disponibilità a pubblicare messaggi politici elettorali a pagamento sul quotidiano online Newsicilia.it in conformità al Codice di autoregolamentazione per la propaganda elettorale, al fine di offrire pari condizioni ai candidati che intendono concorrere alle Elezioni dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento Europeo del 26 maggio 2019.

Le inserzioni nell’ambito della legge che regolamenta la vendita degli spazi pubblicitari per propaganda elettorale e nel rispetto delle Delibere adottate dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni della Repubblica Italiana. In particolare:

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  • Tutte le inserzioni dovranno recare la seguente dicitura: “Pubblicità(o Messaggio) elettorale” e il nome del “Committente elettorale” per il candidato.
  • Gli spazi di propaganda saranno offerti a tutti i partiti, a tutte le liste e a tutti i singoli candidati che ne facciano richiesta.
  • In caso di alleanze, ogni partito sarà considerato in modo autonomo.
  • Le prenotazioni e la consegna del materiale sarà possibile in qualunque giorno fino ad una settimana prima della data delle elezioni e gli spazi disponibili saranno assegnati esclusivamente in base alla data e ora della stipula del contratto.
  • Il committente si assume la responsabilità esclusiva (civile e penale) di quanto affermato e dichiarato nello spazio autogestito sollevando la Testata Giornalistica Sud Libertà da ogni responsabilità.
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  • In ottemperanza alle norme di legge che vietano di effettuare pubblicità nel giorno antecedente alle elezioni, la pubblicità preriferita verrà rimossa entro le ore 24  del 24 maggio 2019.
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Mafia Sicilia. Montante condannato pesantemente annuncia ricorso. Il Presidente dell’Antimafia lancia accuse prima del processo. Vibrata polemica con i legali

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Con una condanna a 14 anni di carcere, quasi 4 anni più della pena richiesta, finisce la storia  dell’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani accusato di avere ordito un vero e proprio sistema di spionaggio con la complicità di alti funzionari delle forze dell’ordine. La sentenza è stata emessa in serata, dopo quasi due ore di Camera di consiglio, dal gup del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello nel processo abbreviato.

La Procura aveva richiesto la condanna a 10 anni e sei mesi di carcere. L’ex comandante della Guardia di Finanza di Caltanissetta Gianfranco Ardizzone è stato condannato a 3 anni,  la Procura ne aveva chiesti 4 anni e sei mesi di reclusione. Quattro anni a Marco De Angelis, ex funzionario della Questura di Agrigento per il quale la Dda aveva chiesto sei anni e undici mesi. Ancora: un anno e quattro mesi per il questore di Vibo Valentia Andrea Grassi, assolto per altri due capi, per il quale erano stati chiesti due anni e otto mesi di reclusione. Diego Di Simone, responsabile security di Confindustria ed ex poliziotto è stato condannato a 6 anni e 4 mesi mentre la richiesta era di  sette anni e un mese di carcere. Assoluzione per Alessandro Ferrara, funzionario Regione siciliana.

 

 

Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, Montante, che dopo avere trascorso quasi un anno in carcere si trova adesso agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media, come spiegato dai pm durante la requisitoria, sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino.

Mentre noi lavoravamo di giorno, qualcuno di notte disfaceva le indagini”, aveva denunciato il pm Luciani durante la requisitoria fiume. I difensori, durante le arringhe difensive, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, avevano detto invece che Montante “ha operato all’insegna dell’antimafia quasi per 10 anni e mezzo e pare che la pubblica accusa si sia ispirata a questo concetto: dieci anni e mezzo hai governato, dieci anni e mezzo stai in galera“. ”Qui c’è anzitutto da prendere atto – ha detto ieri Taormina – che da un punto di vista di implicazioni di carattere mafioso non ce ne sono assolutamente. Si tratta poi di capire se all’interno di questo percorso ci possano essere state delle situazioni che non siano andate secondo quello che avrebbe voluto la legge e questo sarà oggetto di accertamento”.  Antonello Montante resta comunque il simbolo dell’antimafia, conclude Taormina..

Nella foto, Montante amareggiato
Rivendichiamo la titolarità in capo a Montante di essere stato e di essere ancora il vessillo dell’antimafia e chi lo vuole abbattere è il potere mafioso che è riemerso, purtroppo allineato a quello giudiziario che inconsapevolmente sta dando un forte contributo alla sua vittoria”. Prima di concludere le arringhe difensive, c’è stato anche lo spazio per una polemica a distanza tra il difensore di Montante, Giuseppe Panepinto, e il presidente della Commissione nazionale antimafia, Nicola Morra. Panepinto, fuori dall’aula, durante una pausa del processo, ha detto: “E’ semplicemente vergognoso che il presidente della Commissione nazionale antimafia nel momento in cui c’è un processo ancora in corso, venga fuori con esternazioni sulla stampa su vicende che riguardano il processo, perché queste cose possono condizionare il processo”.

Nicola Morra aveva annunciato che la Commissione si occuperà del processo nel quale sono evidenti le trame torbide di interi pezzi di Stato che hanno tradito, e naturalmente sono molto preoccupato che la Procura rimanga isolata, anche perché il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile, un segnale grave”.

Ma il difensore di Montante tuona: “La Commissione nazionale antimafia nel rispetto delle istituzioni ha la possibilità di fare tutte le indagini che vuole, ma non può pubblicare due giorni prima della sentenza esternazioni sul processo. Questi sono fatti molto gravi”. Anche in aula, davanti al gup Luparello, Panepinto ha parlato di “pressioni sul processo“. E prima della sentenza, ha detto: “Non mi aspetto niente di buono…”.

Il legale  Giuseppe Panepinto spiega: “I 14 anni sono perfettamente in linea con il clima che si respirava…”. “Considerando che 14 anni con l’abbreviato sono 20 anni di base vale quanto un omicidio…”. E annuncia già ricorso.

– “Il dispositivo della sentenza dà largamente conto della fondatezza dell’accusa e dello straordinario lavoro che l’ufficio della Procura di Caltanissetta ha svolto in questi anni e fa giustizia di alcune affermazioni che ho sentito durante il processo”. E’ quanto ha detto il Procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone. “Non so di cosa parli la difesa di Montante quando parla di pressioni che ci sono state sul processo Montante, certamente l’ufficio di procura si è mosso in condizione di assoluta libertà senza alcun condizionamento. Abbiamo cercato le prove per ricostruire questo sistema che ha trovato riconoscimento nel dispositivo della sentenza”. “La decisione della Commissione antimafia di indagare sul processo Montante non riguarda noi, certamente il sistema che è stato delineato dalle indagini può consentire sul piano della ricerca amministrativa e dei rapporti tra uomini che svolgono attività pubblica e altri soggetti, la necessità di un ulteriore verifica, quindi la Commissione vorrà acquisire ulteriore elementi”.

Un “cerchio magico” costruito attorno ad Antonello Montante, con la partecipazione di alti rappresentanti delle forze dell’ordine e un rapporto stretto con alcuni organi di informazione. Così, la Commissione regionale antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, presieduta da Claudio Fava, aveva definito il ‘sistema Montante’. Un lavoro intenso, durato dieci mesi, con 49 audizioni. Una relazione, lunga 121 pagine, approvata all’unanimità dai commissari, frutto di centinaia di ore di audizione e decine di migliaia di pagine acquisite sia dall’autorità giudiziaria che dall’amministrazione regionale. Claudio Fava incontrando i giornalisti aveva definito il sistema come un vero e proprio “governo parallelo” che “per anni ha occupato militarmente le istituzioni regionali e ha spostato fuori dalla politica i luoghi decisionali sulla spesa”. “Abbiamo assistito per anni a una privatizzazione della funzione politica che ha trovato un salvacondotto in una presunta lotta alla mafia. Parlo di sistema non a caso – aveva aggiunto Fava – perché si è andati avanti grazie alla benevolenza, alla complicità e alla solidarietà di personaggi appartenenti ai settori più diversi: da quelli istituzionali, a quelli delle professioni. Un sistema con una sua coesione che si è auto protetto”. “Dopo l’iscrizione di Montante nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa e la diffusione della notizia sui giornali – aveva proseguito il presidente dell’Antimafia – le tutele di cui Montante godeva, invece di venir meno si sono addirittura rafforzate”. L’obiettivo che si è data la relazione è stato quello di comprendere “i meccanismi che hanno reso possibile una lunga stagione di anarchia istituzionale”. “La forzatura delle procedure, la sistematica violazione delle prassi istituzionali, l’asservimento della funzione pubblica al privilegio privato, l’umiliazione della buona fede di tanti amministratori, l’occupazione fisica dei luoghi di governo, la persecuzione degli avversari politici, fino al vezzo di una certa ‘antimafia’ agitata come una scimitarra per tagliare teste disobbedienti e adoperata come salvacondotto per se stessi attraverso un sillogismo furbo e falso: chi era contro di loro, era per ciò stesso complice di Cosa nostra. Un repertorio di ribalderie spesso esibito come un trofeo: era il segno di un potere che non accettava critiche e non ammetteva limiti”, diceva Claudio Fava. La Commissione antimafia aveva anche raccontato dell’esistenza di accordi per le nomine dei vertici istituzionali regionali: “Abbiamo accertato che alcuni dirigenti regionali sono stati selezionati attraverso dei veri e propri ‘provini’ fatti a casa di Montante che era un privato cittadino. In un caso un dirigente è stato indotto a mettere per iscritto che avrebbe mantenuto fede a certi impegni. Una sorta di scrittura privata usata come garanzia che i ‘desiderata’ di Montante sarebbero stati osservati”. “I dirigenti erano di due tipi – aveva spiegato Fava – quelli fedeli da premiare, sottoposti a forme di quasi vassallaggio, e quelli da cacciare”.

Dopo l’iscrizione di Montante nel registro degli indagati per concorso in associazione mafiosa e la diffusione della notizia sui giornali – aveva detto il presidente dell’Antimafia – le tutele di cui Montante godeva, invece di venir meno si sono addirittura rafforzate”. La Commissione antimafia ha ascoltato “tutti i dirigenti che si sono succeduti. Ci sono state due categorie di comportamenti nei loro confronti: quelli da premiare perché disponibili alla benevolenza e alle direttive e quelli che andavano cacciati via. Con liste di proscrizione elaborate a tavolino in cui si decideva quelli che dovevano uscire dagli assessorati”. Fava aveva anche parlato dei “provini che questi dirigenti fossero chiamati a tenere prima di entrare all’assessorato. Provini da fare a casa di Montante. In un caso arrivando anche alla impudenza di fare mettere per iscritto al dirigente che doveva essere indicato dall’assessore, ciò che Montante voleva che facesse. Una scrittura privata totalmente illegittima in triplice copia: una da dare all’Assessore, una a Montante e una al futuro dirigente“.

-“Una spy story dai contorni ancora tutti da definire. Che arriva fino al Quirinale con l’ombra delle intercettazioni distrutte tra l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino. . C’è tutto questo nel ‘Sistema Montante’, così come lo hanno ricostruito gli inquirenti, una vicenda complessa che ha  come protagonista Antonello Montante, fino a poco tempo fa considerato un ‘paladino dell’antimafia’, fatta di spie ed ex amici diventati nemici.

Si apprende anche che , secondo l’accusa, rappresentata dai pm di Caltanissetta Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, l’ex presidente degli industriali Montante, che oggi è agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino. Montante è stato arrestato nel maggio del 2018 a Milano. Un arresto un po’ rocambolesco perché i poliziotti rimasero fuori dalla porta per quasi un’ora in attesa che Montante aprisse. Solo dopo qualche ora si è capito il perché. L’ex paladino dell’antimafia, amico di politici, prefetti e giornalisti, dopo l’arrivo delle forze dell’ordine, avrebbe gettato dal balcone sei sacchetti contenenti diverse pen drive dopo averle distrutte. O meglio, dopo avere tentato di distruggerle. Fino ad oggi, ufficialmente, non si è mai saputo il contenuto delle pen drive”.

Oggi , a Cinisi, manifestazione per ricordare Peppino Impastato, il giornalista che mostrava il vero volto della Mafia

Intervento di Giulio Francese, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia (Nella foto)

 

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Gridava “la mafia è una montagna di merda” e a dirlo era proprio lui che l’aveva dentro casa. E lo diceva con tutto il fiato che aveva per farsi sentire bene, a cento passi di distanza, dalla casa del mammasantissima Gaetano Badalamenti che lui non ha esitato a sbeffeggiare con la sua radio, mettendolo alla berlina. Peppino Impastato, giornalista, il coraggio e la passione civile, il sogno di cambiare il mondo, la capacità di mostrare il vero volto della mafia, di andare controcorrente, anche contro la sua famiglia per gridare al mondo la verità sugli uomini del disonore. Un vero rivoluzionario per quei tempi. Dava fastidio, lo hanno fermato simulando un suicidio, cercando di sporcare la sua immagine. Ma Peppino è stato più forte di tutto, la verità è venuta fuori e 41 anni dopo quell’omicidio di mafia lo sentiamo più vivo che mai: forte, coraggioso, profetico. Oggi a Cinisi, come ogni anno, una grande manifestazione per ricordarlo. E anche noi giornalisti ricordiamo con orgoglio ed emozione questo eccezionale collega che ha pagato con la vita il coraggio della verità. E in questo mondo sempre più violento e degradato mi piace ricordarlo con le sue parole sul valore della bellezza.

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».

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Foto Archivio Sud Libertà – Il giornalista Peppino Impastato ucciso dalla Mafia
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Immagini di G.Francese (Facebook)

“Il cybercrime è il business criminale più in ascesa del momento”: Convegno a Catania

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Gli “sceriffi” del web: a Catania confronto tra forze dell’ordine, banche e professionisti

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CYBERCRIME TRA I PRIMI DIECI PERICOLI DEL PIANETA

 

Criptovalute, blockchain e bitcoin rendono più complesso lo scenario fiscale travalicando i confini tra Stati e sfocando i limiti entro i quali agire

CATANIA –

È il rischio più percepito dalla popolazione mondiale, in termini di probabilità, dopo uno tsunami, un terremoto o altri disastri naturali: il cybercrime, nelle sue molteplici sfaccettature di reato informatico e furto di dati digitali, è classificato nel “Global Risk Report 2019” del World Economic Forum fra i primi dieci pericoli che vive il pianeta, anche in termini di impatto. Perché laddove la tecnologia ha migliorato negli ultimi decenni i flussi dell’economia e delle comunicazioni – basti pensare alla comodità della carta di credito e all’ormai insostituibile smartphone – la criminalità organizzata (e non solo) ha fiutato una nuova pista di affari illeciti. Ecco che il cybercrime, sottoforma di truffa on line, spionaggio industriale o revenge porn, è il business criminale più in ascesa del momento e con i maggiori margini di diffusione nel futuro.

Una portata enorme che richiede come antitesi altrettanta forza sociale, come quella che si è concretizzata a Catania ieri (11 aprile) in occasione del convegno sul tema che si è svolto nella sede universitaria del Monastero dei Benedettini. Importante il numero e l’entità delle istituzioni che hanno partecipato: per primo Gennaro Gigante, direttore della filiale catanese della Banca d’Italia, che ha voluto fortemente questa giornata di confronto per alzare il livello di attenzione anche e soprattutto tra i cittadini: «Il cybercrime è sempre il risultato di disattenzioni individuali, sia di singoli utenti che di realtà aziendali» ha sottolineato, introducendo il concetto chiave che ha accomunato tutti gli interventi dei relatori: la necessità di consapevolezza del rischio e l’aumento della cultura della sicurezza.

 

 

I dati statistici che sono emersi nel corso dei lavori restituiscono uno scenario significativo: il danno subito dalle aziende italiane per crimini informatici ammonta a 9 milioni di euro, come ha dichiarato il presidente di Confindustria Catania Antonello Biriaco; mentre il dirigente della Polizia Postale Marcello La Bella ha citato il Rapporto Clusit 2019 dell’Associazione italiana per la sicurezza informatica, da cui emerge che nell’ultimo biennio il tasso di crescita del numero di attacchi gravi è aumentato di 10 volte rispetto al precedente. Puntando una lente d’ingrandimento nel territorio catanese, «nel 2018 si sono verificati almeno 10 importanti attacchi di Business Email Compromise che hanno riguardato imprese importanti, con un danno di oltre 300mila euro, che abbiamo in parte recuperato» ha affermato La Bella. Il capitano della Guardia di Finanza Gianluca De Meo ha invece riportato la stima del Rapporto Clusit 2018, secondo cui il costo totale che l’Italia sostiene è intorno a 10 miliardi di euro.

E poi c’è il mondo dei professionisti che si trova ad affrontare nei propri studi l’evoluzione normativa che il sistema richiede a tutela del Paese: «Lo scenario fiscale che riguarda criptovalute, blockchain e bitcoin è ancora poco esplorato, contribuendo a sfocare i limiti entro quali agire e considerando che una grande parte dei reati travalica i confini tra Stati», ha affermato il presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Catania Giorgio Sangiorgio, intervenuto insieme al componente del Consiglio notarile etneo Giuseppe Balestrazzi, e all’avvocato Giuseppe Lo Faro, rappresentante dell’Ordine forense per il quale in sale era presente anche il presidente Marco Tortorici.

Anche la Regione Siciliana ha preso parte al dibattito con la presenza del funzionario dell’Autorità per l’Innovazione tecnologica Vincenzo Lo Piccolo, il quale ha annunciato l’imminente dotazione di un “Piano per l’informatica” all’interno della governance regionale.

«Occorre ripensare alla cybersecurity come valore al servizio del business e della clientela, facendola diventare parte integrante dello sviluppo di modelli di business più efficienti, efficaci e sostenibili». È la posizione di Fabio Bernasconi, capo servizio dei Rapporti istituzionali di Vigilanza della Banca d’Italia, ben rappresentata nelle sue molteplici strutture anche da altri dirigenti presenti: Antonio D’Isita (vice caposervizio Gestione circolazione monetaria), Sabina Di Giuliomaria (titolare Divisione CERTBI Servizio Pianificazione Informatica), Paola Giucca (direttore senior Servizio Supervisione Mercati e Sistema dei Pagamenti). Tutti interventi di carattere tecnico ma che si sono conclusi con importanti riflessioni di rilevanza sociale, tra cui la necessità di informare innanzitutto i giovani, che pur essendo “nativi digitali” hanno una scarsa consapevolezza del rischio.

«La maggiore sfida che deve affrontare l’economia moderna è quella di riuscire a coniugare l’esigenza della rapidità dei traffici con quella della sicurezza», ha dichiarato il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro che ha moderato la sessione pomeridiana in cui sono intervenuti il sostituto procuratore Fabio Regolo, e i docenti universitari Tommaso Rafaraci, Maria Rosaria Maugeri e Aurelio Mirone, questi ultimi due intervenuti anche in qualità di presidente e componente del Collegio di Palermo dell’Arbitro Bancario Finanziario.

Nel corso della giornata hanno portato la propria testimonianza anche il Consorzio Abi Lab (Associazione Bancaria Italiana) con l’intervento del segretario generale Romano Stasi, e la STMicroelectronics con le relazioni dei manager Daniele Ditta e Michele Scarlatella.

Una ricchezza di contenuti difficile da sintetizzare ma che ritrova il proprio valore nel pensiero espresso dal presidente della Corte d’Appello di Catania Giuseppe Meliadò: «Rapportarsi in modo sinergico alle problematiche dell’innovazione è la straordinaria capacità delle istituzioni della città etnea».

FAI: I RAGAZZI INSEGNANO L’AMORE PER LA CITTA’

 

Protagonisti 1400 studenti fieri dell’esperienza da “Apprendisti Ciceroni”

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GIORNATE FAI DI PRIMAVERA: «VIVO L’INTERESSE PER L’ARTE MODERNA A CATANIA»

 

Il capodelegazione Maria Licata: «La scoperta più bella? Quella del patrimonio umano che ha voglia di riscatto sociale»

CATANIA

«Quando non abbiamo più trovato le piante dell’aiuola che per l’occasione avevamo installato in Viale Moncada, insieme a Radicepura, abbiamo constatato con amarezza che qualcuno, di certo una minoranza, non ha voluto comprendere il forte segnale d’appartenenza che il Fai di Catania ha voluto dare alla periferia in queste Giornate di Primavera. Non ci siamo persi d’animo, per ogni pianta sottratta abbiamo gonfiato un palloncino, così i ragazzi delle scuole hanno potuto riprendere il sorriso e accogliere le decine di visitatori che sono giunti fino a lì per ammirare lo spettacolare murales di Blu. La migliore risposta a questi gesti sapranno darla nel tempo i giovani “Apprendisti Ciceroni”, i numerosi volontari che ci hanno supportato, e gli strepitosi musicisti di “Musica Insieme a Librino”. Tutti loro sono fiori che non si possono estirpare». Maria Licata, che guida ladelegazione catanese del Fondo Ambiente Italiano, racconta così un episodio spiacevole successo ieri mattina (sabato 23 marzo), e lo fa lontano dalle polemiche e soltanto per sottolineare l’immediata capacità di riscatto che ne è derivata da parte di coloro che credono nella forza della cultura, a partire dagli studenti delle scuole. Loro, gli “Apprendisti Ciceroni”, non hanno solo illustrato le caratteristiche delle opere e dei luoghi, ma hanno insegnato ai visitatori e ai turisti l’amore per la propria città. «Ho studiato tanto la storia di questa chiesa, non per prendere un bel voto ma per fare bella figura con le persone che ho accompagnato nella visita» racconta con sincerità il tredicenne Francesco con il sorriso sulle labbra. C’è anche Claudia, adolescente ma con la sicurezza dialettica di una guida turistica di lunga esperienza. Poi c’è Marco visibilmente fiero di aver vinto la propria timidezza per stupire i gruppi che lo seguono lungo il percorso. E poi Luca, Alessandra, Salvatore, Giulia: anche loro e tutti gli altri “Ciceroni” che hanno partecipato sono un patrimonio speciale da scoprire. «Le scuole che in questo primo weekend di primavera hanno collaborato con il Fai, anche con le modalità dell’alternanza scuola-lavoro, sono oltre venti per un totale di 1400 studenti accompagnati dai loro docenti», ha affermato la delegata Scuola del Fai Catania Marilisa Spironello.

Un’entusiasta compagine under 18 rafforzata dal Gruppo Giovani Fai Catania, guidato da Silvia Majorana, e dai musicisti di “Musica Insieme a Librino” che si sono esibiti con due concerti, uno d’archi e l’altro coro e orchestra.

L’affluenza dei visitatori negli undici siti scelti per questa edizione 2019 non si è fatta attendere, complice anche il clima clemente: «Abbiamo visto un grande interesse per l’arte moderna della nostra città – ha commentato il capodelegazione Maria Licata – era uno degli obiettivi che ci eravamo prefissati e siamo davvero soddisfatti che il tour sia stato molto apprezzato anche da fasce di visitatori solitamente abituati a generi più classici e tradizionali».

«Queste Giornate Fai si sono concluse ma non di certo la potenzialità dei luoghi che abbiamo voluto mettere in luce – ha concluso la Licata – Non sono più Beni culturali nascosti ma pronti a vivere tutto l’anno grazie agli enti, ai privati e ai cittadini che s’impegnano ogni giorno per la loro valorizzazione»

Honduras: fabbrica di assassini di giornalisti liberi. Sono 77 i giornalisti critici contro regime uccisi. L’ultimo ,Hernadez, assassinato ieri in strada

 SUD  LIBERTA’ DIFENDE LA LIBERTA’ DI CRITICA DEI GIORNALISTI LIBERI

Nella foto Leonardo Gabriel Hernandez 

TEGUCIGALPA (Honduras) –

Informazione libera proibita in Honduras..  Leonardo Gabriel Hernandez, di 54 anni, che lavorava per la televisione locale Valle TV del sud dell’Honduras è stato assassinato per i suoi scritti critici di opposizione.
Il reporter è rimasto gravemente ferito da colpi d’arma da fuoco ed è morto in ospedale   Il comunicato è della Polizia di Nacaome Valle , cento chilometri a sud della capitale Tegucigalpa
Una ong, il Comitato per la libera espressione (C-Libre), ha precisato che Hernandez era caporedattore e presentatore di una trasmissione intitolata “El pueblo habla”, cioè “Il popolo parla”.
Secondo la Commissione nazionale dei diritti umani, questo omicidio porta a 77 il numero dei giornalisti e di altre persone che lavorano nei media uccisi in Honduras dal 2001; il portavoce della Commissione, Julio Velasquez, lamenta che il 92% di questi omicidi sono rimasti impuniti in mancanza di indagini serie.
L’assassinio arriva dopo quello di Erick Martinez Avila, altro  giornalista e attivista per i diritti gay che lavorava per un programma televisivo. Hanno trovato il cadavere dell’uomo, strangolato a morte, due giorni prima del rapimento di Villatoro. Sale così a 22 il numero di giornalisti assassinati in Honduras negli ultimi tre anni….

LIBRINO PARLA AL CUORE DELLA GENTE: PROGETTO “FIUMARA D’ARTE”

Inaugurazione lunedì 25 marzo alle 10.30 (appuntamento alla Porta della Bellezza)

  LA RINASCITA E IL RISCATTO SOCIALE DI LIBRINO


Ultimata l’installazione del progetto della Fondazione Fiumara d’Arte in collaborazione con le scuole e le parrocchie: la preghiera del Santo d’Assisi tra le vie della periferia catanese, in oltre mille banner che ritraggono le stagioni della vita

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CATANIA –

I volti e i cuori di oltre mille abitanti di Librino inneggiano alla gioia da uno dei muri che per anni ha segnato il destino del quartiere: quell’Asse attrezzato, spartitraffico tra il centro della città di Catania e la sua periferia, dove oggi s’incrociano rinascita e riscatto sociale. Oltre 500 metri di cemento armato e pregiudizi, abbattuti da “testimonianze” contemporanee di Amore e Speranza, divenuti archetipi identitari di un’intera comunità, grazie al linguaggio dell’anima e al potere della Parola.

Da una parte la “Porta della Bellezza” – che ha visto a lavoro 15 artisti, 2mila mamme e 2mila bambini per dodici opere monumentali realizzate con 9mila pezzi di terracotta – custodita e protetta dagli abitanti da più di dieci anni, divenuta vera e propria agenzia educativa nel deserto spirituale e nel buio interiore che a volte padroneggia le larghe vie della periferia. Dall’altra, la nuova opera “Il Cantico di Librino”, progetto artistico che ha coinvolto 10 fotografi e migliaia di cittadini che hanno ribattezzato la loro esistenza nel nome di San Francesco. Oggi quello snodo viario diventa un vero e proprio raccordo di emozioni: collegamento tra realtà e speranza; connessione tra la vita e l’arte. Tutto questo ha la firma del maestro Antonio Presti, presidente di Fiumara d’Arte, mecenate che ha dato voce alla dignità e al coraggio di chi vuole credere nel cambiamento. Un polo artistico, ma soprattutto etico, che ha restituito nuova identità universale a bambini, anziani, e a tutti coloro che hanno accolto la rinascita con stupore ma soprattutto con la consapevolezza di far parte di un più ampio progetto di rinnovamento.

La parentesi di luce che riecheggia grazie alla preghiera del Santo d’Assisi, risplende nei ritratti fotografici che parlano la lingua della purezza, delle emozioni, dei valori. L’opera monumentale adesso è realtà. E celebra la Pace e la Fratellanza tra le rotonde e gli incroci, tra le scuole e le chiese, tra le speranze e le preghiere: una benedizione, un riscatto sociale per tutti quegli abitanti che ritrovano la speranza nello sguardo di un figlio; la tenerezza in quella di un nonno che non si piega al peso del tempo. «Abbiamo finalmente concluso il percorso – sottolinea Presti – i muri del quartiere ora parlano la lingua dell’unione, nutrendo l’anima attraverso la consapevolezza di far parte tutti – senza distinzione alcuna – della stessa eternità».

L’emozione si respira tutt’intorno. La senti nell’aria. Sotto il cavalcavia c’è un viavai di passanti, ci sono le auto in fila che rallentano la loro corsa per cercare un volto familiare, e ritrovarsi in un messaggio etico che rimbomba forte nella preghiera “Laudato sii”. «Perché il Cantico dà voce all’umanità del mondo, restituendo sacralità al presente e annientando la logica dell’avere e del potere – continua il maestro Presti – “Nomen omen”, il destino è nel nome di chi è stato ribattezzato grazie al Cantico e oggi in quell’appellativo o in quell’aggettivo si rispecchia e trova una nuova identità: “Cielo sereno”, “Luna raggiante”, “Acqua Preziosa”. Nella società dell’immagine, quest’opera diventa una macchina di luce per il pubblico, per tutti coloro che – entrando a Librino con pregiudizio e diffidenza – da lì passeranno e dovranno scollegarsi dall’ordinario per ricollegarsi all’universale. Vedere il Cantico vivere e respirare nel quartiere è una gioia che tocca le corde del cuore e mi commuove. Gli abitanti sono felici di avere percorso quest’esperienza non solo estetica, ma soprattutto spirituale, scorgendo il valore universale di un testo sacro che restituisce al cuore il respiro della Bellezza».

«Metterci la faccia per noi è stato importante – commenta la signora Mariolina Blanco, abitante del quartiere e protagonista del Cantico – quest’iniziativa dà luce a Librino e da quest’opera noi desideriamo ripartire per rinascere e per combattere quella mentalità imperante, da sempre ostaggio di sfiducia». Un’iniziativa, quella del mecenate Presti, che diventa laboratorio all’interno delle chiese e delle scuole: «Il potere è sapere, la schiavitù è ignoranza – conclude Presti – e più che mai alle scuole bisogna restituire il ruolo di tempio della conoscenza. La gioventù scegliendo l’arte e la bellezza, in quell’armonia di sensazioni, trova la sua libertà. Dobbiamo ritornare a consegnare il futuro ai nostri figli, perché l’utopia non è ciò che non si può realizzare, ma è ciò che il sistema non vuole che si realizzi. E Librino, da quell’utopia, oggi ha preso forma e corpo, ritrovando nella supplica di San Francesco il valore universale della Bellezza».

L’installazione fotografica monumentale, che s’innesta nel più grande progetto del Museo dell’Immagine e dell’Arte Contemporanea di Librino, è stata realizzata grazie al contributo dei fotografi Arianna Arcara, Luigi Auteri, Valentina Brancaforte, Cristina Faramo, Claudio Majorana, Alessio Mamo, Orazio Ortolani, Maria Sipala, coordinati dal catanese Antonio Parrinello, con la straordinaria partecipazione del rinomato fotografo franco-iraniano Reza Deghati e del fratello e collega Manoocher.

L’opera il Cantico di Librino, la cui installazione volge al termine proprio in questi giorni, verrà inaugurata lunedì 25 marzo, alle ore 10.30, alla presenza di autorità, istituzioni, associazioni, volontari, scuole e tutti i fotografi e cittadini che hanno consentito che l’idea di Antonio Presti prendesse forma e vita nel quartiere dove da anni il mecenate si spende senza sosta.

Agrigento: ucciso un ragazzo di 22 anni

Omicidio nella tarda serata di ieri ad Alessandria della Rocca, piccolo centro dell’agrigentino, dove un ragazzo di 22 anni, Vincenzo Busciglio, è stato ucciso a coltellate, con ogni probabilità, al culmine di una lite avvenuta nella piazza del paese.

Il giovane è morto in ospedale a Ribera dove è stato trasportato dopo il ferimento. Sono in corso indagini dei carabinieri che hanno interrogato per tutta la notte alcuni giovani. Secondo quanto si apprende, all’alba di oggi un ragazzo di appena 18 anni sarebbe in stato di fermo. L’inchiesta è coordinata dalla Procura della Repubblica di Sciacca.

Tribunale di Catania: sequestro di tutti i beni mobili ed immobili di R.Abate Spa L’ex titolare di “Etnapolis” in ginocchio Per il Tribunale “Abate non ha fornito un elenco completo dei beni

       ABATE :                   – FINE  DI  UN  IMPERO –

La sezione fallimentare del Tribunale di Catania ha disposto il “sequestro di tutti i beni mobili e immobili e conti correnti” del gruppo imprenditoriale catanese e di una catena di supermercati

Gdo, sequestro beni per Abate "dismissioni patrimonio da chiarire"

CATANIA

  La sezione fallimentare del Tribunale di Catania nel provvedimento con cui dispone il «sequestro di tutti i beni mobili e immobili e conti correnti in titolarità alla Roberto Abate Spa», azienda della grande distribuzione che ha depositato un concordato con i creditori per 14,2 milioni di euro spiega il fallimento ed ancora omessa trasparenza nella sua interezza del patrimonio di Abate SpA.  «In data immediatamente antecedente al deposito della domanda di concordato sono state poste in essere dismissioni di asset patrimoniali rilevanti, anche a mezzo di società controllate o collegate» delle quali la Roberto Abate Spa «solo con la memoria difensiva del 27 febbraio 2019 e solo in conseguenza di produzioni documentali della Procura ha fornito un elenco», ma il flusso informativo non è «completo ed esaustivo».

Risultati immagini per foto di roberto abate

Nella foto, Roberto Abate

Nel provvedimento il Tribunale di Catania pone in luce in particolare «la dismissione del compendio Etnapolis, eseguita anche a mezzo della Alis Immobiliare, di cui la Roberto Abate deteneva il 99,9% delle quote, e ciò prima della intervenuta fusione per incorporazione, alla cessione del ramo di azienda con la Medialfranchising srl, al contratto di affitto di ramo di azienda intervenuto con la Società Fratelli Arena srl». Il Tribunale cita anche «la nota della Procura, depositata il 23 febbraio, ove puntualmente vengono evidenziate carenze documentali (posto che al 31 dicembre 2017 la società aveva chiuso con un utile di 1 milione di euro a fronte di una perdita di esercizio di ben 73,1 milioni di euro) e informative, in ordine ai numerosi atti di cessione avvenuti a ridosso della proposta concordataria».

Il rischio della «lesione della capacità produttiva dell’impresa e della stessa integrità aziendale a discapito degli interessi dei creditori» inducono il Tribunale a emettere “provvedimenti che vadano ad incidere sul rapporto tra imprenditore ed impresa qual è il sequestro dell’azienda”. Il Tribunale ha anche nominato due custodi che «entro 15 giorni depositeranno una distinta elencazione per categorie dei costi mensili fissi necessari alla gestione ordinaria».  

E’ finita la storia e la latitanza del criminale ed ex terrorista Cesare Battista. Sconterà ora la pena in una cella italiana

E’ finita la lunga latitanza del criminale ed ‘ex terrorista Cesare Battisti  arrestato in Bolivia.

Cesare Battisti catturato in Bolivia: ecco le foto dellʼarresto

Con i poliziotti  brasiliani e boliviani è stata circoscritta l’area e sabato si è deciso di intervenire. Battisti è stato trasferito in un ufficio della polizia boliviana e sono già state avviate le attività per l’esecuzione del procedimento di espulsione dal Paese.

E’ la Procura Generale di Milano ad aver dato l’impulso all’operazione  a portare a individuare in Bolivia Cesare Battisti. Si apprende che l’avvocato generale Nunzia Gatto, subito dopo la fuga del terrorista dei Pac dal Brasile ha avviato accertamenti affidati alla Digos.

Un aereo del governo italiano con a bordo anche uomini dell’Aise, l’Agenzia d’intelligence che si occupa dell’estero e il cui contributo è stato fondamentale per arrivare all’arresto di Battisti, e investigatori della Polizia, è già decollato per la Bolivia. L’arrivo è previsto per il pomeriggio di oggi (ora italiana) ma questo, sottolineano fonti governative, non significa che l’aereo ripartirà subito. Ora è il momento della burocrazia procedurale  prima di esser estradato in Italia Battisti passerà o meno dal Brasile. Dopo finirà i suoi giorni in una cella italiana con gioia dei familiari delle vittime che lui ha ucciso senza pietà alcuna  Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha già inviato un messaggio alle famiglie.

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