PAPA FRANCESCO: IMITIAMO LO STILE DI DIO CHE SI APRE A NUOVI ORIZZONTI DI VITA

 

Video Vaticano

L’Angelus di oggi –  afferma in esordio Papa Francesco – si sofferma sulla pagina evangelica (cfr Mt 20,1-16) della parabola dei lavoratori chiamati a giornata dal padrone della vigna. Attraverso questo racconto, Gesù ci mostra il sorprendente modo di agire di Dio, rappresentato da due atteggiamenti del padrone: la chiamata e la ricompensa.

Prima di tutto la chiamata. Per cinque volte il padrone di una vigna esce in piazza e chiama a lavorare per lui: alle sei, alle nove, alle dodici, alle tre e alle cinque del pomeriggio. È toccante l’immagine di questo padrone che esce a più riprese sulla piazza a cercare lavoratori per la sua vigna. Quel padrone rappresenta Dio che chiama tutti e chiama sempre, a qualsiasi ora. Dio agisce così anche oggi: continua a chiamare chiunque, a qualsiasi ora, per invitare a lavorare nel suo Regno. Questo è lo stile di Dio, che a nostra volta siamo chiamati a recepire e imitare. Egli non sta rinchiuso nel suo mondo, ma “esce”: Dio sempre è in uscita, cercando noi; non è rinchiuso: Dio esce. Esce continuamente alla ricerca delle persone, perché vuole che nessuno sia escluso dal suo disegno d’amore.

Anche le nostre comunità sono chiamate ad uscire dai vari tipi di “confini” che ci possono essere, per offrire a tutti la parola di salvezza che Gesù è venuto a portare. Si tratta di aprirsi ad orizzonti di vita che offrano speranza a quanti stazionano nelle periferie esistenziali e non hanno ancora sperimentato, o hanno smarrito, la forza e la luce dell’incontro con Cristo. La Chiesa deve essere come Dio: sempre in uscita; e quando la Chiesa non è in uscita, si ammala di tanti mali che abbiamo nella Chiesa. E perché queste malattie nella Chiesa? Perché non è in uscita. E’ vero che quando uno esce c’è il pericolo di un incidente. Ma è meglio una Chiesa incidentata, per uscire, per annunziare il Vangelo, che una Chiesa ammalata da chiusura. Dio esce sempre, perché è Padre, perché ama. La Chiesa deve fare lo stesso: sempre in uscita.

Il secondo atteggiamento del padrone, che rappresenta quello di Dio, è il suo modo di ricompensare i lavoratori. Come paga, Dio? Il padrone si accorda per «un denaro» (v. 2) con i primi operai assunti al mattino. A coloro che si aggiungono in seguito invece dice: «Quello che è giusto ve lo darò» (v. 4). Al termine della giornata, il padrone della vigna ordina di dare a tutti la stessa paga, cioè un denaro. Quelli che hanno lavorato fin dal mattino sono sdegnati e si lamentano contro il padrone, ma lui insiste: vuole dare il massimo della ricompensa a tutti, anche a quelli che sono arrivati per ultimi (vv. 8-15). Sempre Dio paga il massimo: non rimane a metà pagamento. Paga tutto. E qui si capisce che Gesù non sta parlando del lavoro e del giusto salario, che è un altro problema, ma del Regno di Dio e della bontà del Padre celeste che esce continuamente a invitare e paga il massimo a tutti.

Infatti, Dio si comporta così: non guarda al tempo e ai risultati, ma alla disponibilità, guarda alla generosità con cui ci mettiamo al suo servizio. Il suo agire è più che giusto, nel senso che va oltre la giustizia e si manifesta nella Grazia. Tutto è Grazia. La nostra salvezza è Grazia. La nostra santità è Grazia. Donandoci la Grazia, Egli ci elargisce più di quanto noi meritiamo. E allora, chi ragiona con la logica umana, cioè quella dei meriti acquistati con la propria bravura, da primo si trova ultimo. “Ma, io ho lavorato tanto, ho fatto tanto nella Chiesa, ho aiutato tanto, e mi pagano lo stesso di questo che è arrivato per ultimo”. Ricordiamo chi è stato il primo santo canonizzato nella Chiesa: il Buon Ladrone. Ha “rubato” il Cielo all’ultimo momento della sua vita: questo è Grazia, così è Dio. Anche con tutti noi. Invece, chi cerca di pensare ai propri meriti, fallisce; chi si affida con umiltà alla misericordia del Padre, da ultimo – come il Buon Ladrone – si trova primo (cfr v. 16).

Maria Santissima ci aiuti a sentire ogni giorno la gioia e lo stupore di essere chiamati da Dio a lavorare per Lui, nel suo campo che è il mondo, nella sua vigna che è la Chiesa. E di avere come unica ricompensa il suo amore, l’amicizia con Gesù.

 CONGRESSO EUCARISTICO A BUDAPEST RINVIATO ALL’ANNO PROSSIMO

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

secondo i programmi fatti prima della pandemia, nei giorni scorsi avrebbe dovuto svolgersi il Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest. Per questo desidero rivolgere il mio saluto ai Pastori e ai fedeli dell’Ungheria e a tutti coloro che aspettavano con fede e con gioia questo evento ecclesiale. Il Congresso è stato rinviato all’anno prossimo, dal 5 al 12 settembre, sempre a Budapest. Proseguiamo, spiritualmente uniti, il cammino di preparazione, trovando nell’Eucaristia la fonte della vita e della missione della Chiesa.

Oggi in Italia ricorre la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Incoraggio a sostenere questa importante istituzione culturale, chiamata a dare continuità e nuovo vigore ad un progetto che ha saputo aprire la porta del futuro a molte generazioni di giovani. E’ quanto mai importante che le nuove generazioni siano formate alla cura della dignità umana e della casa comune.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi: famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni e singoli fedeli.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

PAPA FRANCESCO : “L’UOMO SMETTA DI ODIARE ED ABBI COMPASSIONE VERSO GLI ALTRI”

ALLA FINE L’UOMO SARA’ IN UNA BARA: VUOL PORTARE L’ODIO ANCHE LI’ ? “

 

Papa Francesco spiega la parabola del Re misericordioso e del Servo spietato proposta nel Vangelo di oggi tratto da Matteo: “Troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia”.

Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Così il servo che ha con il padrone un debito enorme, pari a diecimila talenti, lo supplica di attendere finché riuscirà a saldarlo e la sua preghiera tocca il cuore del padrone che, come quello di Dio che qui rappresenta, è un cuore misericordioso.

Il cuore della parabola è l’indulgenza che il padrone dimostra verso il servo con il debito più grande. L’evangelista sottolinea che “il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito”. Un debito enorme, dunque un condono enorme!

Quella stessa indulgenza, quella stessa compassione –  – però, il servo condonato non la dimostra verso un altro servo di quel padrone, un suo pari, che ha un debito con lui molto più piccolo di quello che egli aveva con il padrone. Alla richiesta di quello di avere pazienza finché lo saldasse, la stessa che lui aveva fatto al padrone, però, va su tutte le furie:

Non lo ascolta, inveisce contro di lui e lo fa gettare in prigione finché non avrà pagato il debito. Il padrone viene a saperlo e, sdegnato, richiama il servo malvagio e lo fa condannare.

La differenza di atteggiamento tra il padrone e il servo spietato, che è spesso la stessa differenza di atteggiamento che c’è tra Dio e l’uomo:

Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia. 

A volte non basta la giustizia, quindi, ma “c’è bisogno di quell’amore misericordioso” che ci dimostra il Padre e che, ricorda Francesco, è alla base della risposta che Gesù dà alla domanda di Pietro che nel testo evangelico precede la parabola: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? E Gesù risponde: Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”:

Nel linguaggio simbolico della Bibbia, questo significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!

“CHE L’UOMO SMETTA DI ODIARE”

Il Papa sottolinea, poi, quante siano le relazioni umane in cui è necessario applicare l’amore misericordioso verso il nostro prossimo: nel matrimonio, tra genitori e figli, nelle famiglie troppo spesso distrutte dall’odio tra fratelli, all’interno delle comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica:

Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita!

Francesco racconta poi come celebrando la Messa questa mattina, sia rimasto colpito da una frase contenuta nella Prima Lettura, tratta dal libro del Siracide:

“Ricorda la fine smetti di odiare”, una bella frase. Pensa alla fine: sarai in una bara, vuoi portarti l’odio anche lì?

Se non si perdona, infatti, ricorda il Papa, il “il rancore torna come una mosca fastidiosa”: meglio, quindi, perdonare, per essere a nostra volta perdonati, perché il perdono non è un impeto di un momento, ma uno stile di vita che deve durare per sempre:

E non è facile perdonare perché nei momenti tranquilli uno dice: “Sì ma questi o questo me ne ha fatto di tutti i colori ma anche io ne ho fatte tante. Meglio perdonare per essere perdonato”. Ma poi il rancore torna, come una mosca fastidiosa nell’estate che torna e torna e torna… Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna. Pensiamo alla fine, smettiamola di odiare.

 

Il Papa: “la maldicenza contro gli altri è una peste più brutta del Covid”

Santa Pasqua. Come seguire la Messa di Papa Francesco ed i programmi  religiosi in Tv oggi - Papaboys 3.0

 

Non fare come il “diavolo” perchè lui è grande chiaccherone per allontanare i fratelli….”

Papa Francesco  stamani all’Angelus esorta a pregare per i fratelli e non a andare a raccontare difetti o scivolate. “Il grande chiacchierone è il diavolo” – dice – “che cerca di disunire la Chiesa”

  Il Papa commenta il Vangelo di oggi in cui,  Gesù suggerisce “una pedagogia del recupero” articolata in tre passaggi, perché Lui sempre cerca di recuperare, di salvare”.

Le chiacchiere chiudono il cuore dei fratelli e cercano di disunire la Chiesa

Quando un fratello che sbaglia, non ascolta né chi lo ammonisce da solo, né con due o tre testimoni, e alla fine nemmeno la comunità, cioè “la Chiesa”, Gesù dice: “sia per te come il pagano e il pubblicano”. Un’espressione “in apparenza così sprezzante”, nota il Papa, ma che “in realtà invita a rimettere il fratello nelle mani di Dio” perché “solo il Padre potrà mostrare un amore più grande di quello di tutti i fratelli messi insieme”.

Questo insegnamento di Gesù ci aiuta tanto”, perché quando “noi vediamo uno sbaglio” nei fratelli, “di solito la prima cosa che facciamo è andare a raccontare agli altri”, dice il Papa sottolineando le conseguenze di questo comportamento:

Le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa. Il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare. Il chiacchiericcio è una pesta più brutta del Covid! Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere.

Solo di fronte a Dio l’uomo pone la propria coscienza e la responsabilità dei suoi atti

Non si tratta perciò di una condanna senza appello, ma del riconoscimento che a volte i nostri tentativi umani possono fallire, e che solo il trovarsi davanti a Dio può mettere il fratello di fronte alla propria coscienza e alla responsabilità dei suoi atti. Se la cosa non va, silenzio e preghiera per il fratello e per la sorella che sbagliano, ma mai chiacchiericcio.

Di fronte a un fratello che sbaglia, il primo suggerimento è appunto quello di andare da lui con discrezione, non per giudicarlo ma per aiutarlo, vincendo magari il timore che possa reagire male. Forse all’inizio ci si inquieta ma poi “ringraziamo”, dice Francesco, perché è “un gesto di fratellanza”.

Costruire relazioni fraterne nella Comunità

Se questo intervento fallisce, nonostante le buone intenzioni, l’invito è a non desistere ma a ricorrere all’appoggio di qualche altro fratello o sorella, due o tre testimoni, come prevedeva la legge mosaica in realtà per tutelare la persona da “falsi accusatori”. Quindi, non si tratta di accusare o condannare ma di aiutare perché “questo è l’atteggiamento del recupero che Gesù vuole da noi”. Ma anche l’amore di due o tre fratelli può essere insufficiente e quindi Gesù esorta a dirlo a tutta la comunità. Il forte invito del Papa è quindi a costruire “sempre nuove relazioni fraterne” all’interno della comunità.

Papa Francesco: “La Chiesa va sempre avanti sulla fede di Pietro”

Papa Francesco durante l'Angelus di questa domenica

Archivio-Sud Libertà

Papa Francesco pima dell’Angelus di questa 21.ma domenica del tempo ordinario, rilegge per i fedeli in Piazza San Pietro e quelli collegati attraverso i media il Vangelo di Matteo proposto dalla liturgia, che “presenta il momento nel quale Pietro professa la sua fede in Gesù quale Messia e Figlio di Dio”. E la Chiesa, sottolinea il Papa, “va avanti sempre sulla fede di Pietro”, “che Gesù riconosce” e per questo “lo fa capo della Chiesa”.

Le domande di Gesù per far crescere i discepoli

E’ Gesù che provoca la confessione dell’Apostolo, ricorda Francesco, perché “vuole condurre i suoi discepoli a fare il passo decisivo nella loro relazione con Lui”. Quello dei Dodici, infatti, “è un cammino di educazione alla loro fede”. La prima domanda non è troppo impegnativa, spiega il Pontefice: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Si parla degli altri, e ci piace “spellare” gli altri, ci piace il pettegolo, ma “è già richiesta la prospettiva della fede e non il pettegolezzo”. I discepoli rispondono che “Gesù di Nazaret era considerato un profeta”.

“Ma voi, chi dite che io sia?”

Con la seconda domanda, però, “Gesù li tocca sul vivo: ‘Ma voi, chi dite che io sia?’”, e li chiama a mettersi in gioco, manifestando il motivo per cui seguono il Maestro. Dopo qualche momento di esitazione, Simone con slancio dichiara: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Una risposta, commenta Papa Francesco, “piena e luminosa”, che “non gli viene dal suo impulso, per quanto generoso” , dalla “sua cultura, quello che ha studiato”, ma “è frutto della grazia del Padre. “E’ una grazia che dobbiamo chiedere” aggiunge a braccio il Papa, dicendo “Padre, dammi la grazia di confessare Gesù”.

Una “pietra” per costruire la Chiesa

Ma Gesù riconosce che Simone ha risposto con prontezza all’ispirazione della grazia “e quindi aggiunge, in tono solenne: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa’”. Gesù, specifica Papa Francesco, fa capire così a Simone “il senso del nuovo nome che gli ha dato”, ‘Pietro’”:

La fede che ha appena manifestato è la “pietra” incrollabile sulla quale il Figlio di Dio vuole costruire la sua Chiesa, cioè la sua Comunità. E la Chiesa va avanti sempre sulla fede di Pietro, su quella fede che Dio riconosce, che Gesù riconosce e lo fa capo della Chiesa.

E oggi, sottolinea il Papa, “sentiamo rivolta a ciascuno di noi” la domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia?”. E ognuno di noi “deve  dare una risposta non teorica, ma che coinvolge la fede, cioè la vita, perché la fede è vita! ‘Per me tu sei …’ e dire la confessione di Gesù”

Una risposta che richiede anche a noi, come ai primi discepoli, l’ascolto interiore della voce del Padre e la consonanza con quello che la Chiesa, raccolta attorno a Pietro, continua a proclamare. Si tratta di capire chi è per noi Cristo: se Lui è il centro della nostra vita e il fine di ogni nostro impegno nella Chiesa e nella società. Chi è Gesù Cristo per me? Chi è Gesù Cristo per te, per te, per te … Una risposta che noi dovremmo dare ogni giorno. 

Papa Francesco:”Nei momenti difficili della Vs vita tutto diventa buio, gridate: Signore mio, aiutami..”

La chiesa di Papa Francesco è un paradosso - Il Foglio

 

  Papa Francesco all’ Angelus di oggi da Piazza San Pietro, ricorda il brano evangelico in cui Gesù “cammina sulle acque del lago” mentre la barca dei discepoli è rimasta bloccata a causa di una tempesta.

La barca in balia della tempesta è immagine della Chiesa, che in ogni epoca incontra venti contrari, a volte prove molto dure: pensiamo a certe lunghe e accanite persecuzioni del secolo scorso, e anche oggi, in alcune parti. In quei frangenti, può avere la tentazione di pensare che Dio l’abbia abbandonata. Ma in realtà è proprio in quei momenti che risplende maggiormente la testimonianza della fede, la testimonianza dell’amore, la testimonianza della speranza. È la presenza di Cristo risorto nella sua Chiesa che dona la grazia della testimonianza fino al martirio, da cui germogliano nuovi cristiani e frutti di riconciliazione e di pace per il mondo intero.

Nei momenti difficili della vita tutto diventa buio…gridiamo: Signore, aiutami

 

Quando sentiamo forte il dubbio e la paura ci sembra di affondare, nei momenti difficili della vita, dove tutto diventa buio, non dobbiamo vergognarci di gridare, come Pietro: «Signore, salvami!» (v. 30). Bussare al cuore di Dio, al cuore di Gesù: «Signore, salvami!». È una bella preghiera. Possiamo ripeterla tante volte: «Signore, salvami!». E il gesto di Gesù, che subito tende la sua mano e afferra quella del suo amico, va contemplato a lungo: Gesù è questo, Gesù fa questo, Gesù è la mano del Padre che mai ci abbandona; la mano forte e fedele del Padre, che vuole sempre e solo il nostro bene.

“Avere fede – aggiuge Francesco – vuol dire, in mezzo alla tempesta, tenere il cuore rivolto a Dio, al suo amore, alla sua tenerezza di Padre”.

Gesù, questo voleva insegnare a Pietro e ai discepoli, e anche a noi oggi. Nei momenti bui, nei momenti di tristezza, Lui sa bene che la nostra fede è povera – tutti noi siamo gente di poca fede, tutti noi, anch’io, tutti – e che il nostro cammino può essere travagliato, bloccato da forze avverse. Ma Lui è il Risorto! Non dimentichiamo questo: Lui è il Signore che ha attraversato la morte per portarci in salvo. Ancora prima che noi cominciamo a cercarlo, Lui è presente accanto a noi. E rialzandoci dalle nostre cadute, ci fa crescere nella fede. 

Il Pontefice ha inoltre inviato “un cordiale saluto ai partecipanti al Tour de Pologne, gara ciclistica internazionale che quest’anno è disputata in ricordo di San Giovanni Paolo II nel centenario della sua nascita”. E infine ha salutato in particolare i giovani di Pianengo, in diocesi di Crema, “che hanno percorso la via Francigena da Viterbo a Roma”.

Papa Francesco: “Non dimenticatevi di aiutare i poveri e sofferenti e di avere compassione per gli altri”

 

 

Papa Francesco richiama gli atteggiamenti di Gesù con le folle dell’odierno brano evangelico, dedicato al “prodigio della moltiplicazione dei pani”, ed esorta a seguire la logica di Dio, che porta a “farsi carico dell’altro”. L’invito è alla “fraternità”, accostandosi alla “mensa eucaristica” senza dimenticare i fratelli in difficoltà e usando proprio la “compassione” e la “tenerezza” di Gesù: Egli – per coloro che lo seguono e che, “pur di stare con Lui”, hanno dimenticato di fare provviste – non ha mostrato “sentimentalismo” bensì, spiega, la manifestazione “concreta” dell’amore che “si fa carico” delle necessità delle persone.

Al calar del sole, le folle sono ancora lì, e i discepoli, uomini pratici, invitano Gesù a congedarle perché possano andare a procurarsi da mangiare. Ma Lui risponde: «Voi stessi date loro da mangiare».

Gesù dà le porzioni di pane e pesci

Gesù prende i cinque pani e i due pesci “tra le sue mani”, “alza gli occhi al cielo, recita la benedizione e comincia a spezzare e a dare le porzioni ai discepoli da distribuire”: quei pani e quei pesci – ricorda Francesco – non finiscono, bastano e avanzano per migliaia di persone”.

Con questo gesto Gesù manifesta la sua potenza, non però in modo spettacolare, ma come segno della carità, della generosità di Dio Padre verso i suoi figli stanchi e bisognosi. Egli è immerso nella vita del suo popolo, ne comprende le stanchezze, ne comprende i limiti, ma non lascia che nessuno si perda o venga meno: nutre con la sua Parola e dona cibo abbondante per il sostentamento.

Il pane rappresenta la salvezza

Va notato come sia stretto il legame tra il pane eucaristico, nutrimento per la vita eterna, e il pane quotidiano, necessario per la vita terrena. Prima di offrire sé stesso al Padre come Pane di salvezza, Gesù si cura del cibo per coloro che lo seguono e che, pur di stare con Lui, hanno dimenticato di fare provviste. A volte si contrappone spirito e materia, ma in realtà lo spiritualismo, come il materialismo, è estraneo alla Bibbia. Non è un linguaggio della Bibbia.

L’amore di Dio

L’invito di Francesco è ancora una volta a prendere esempio da Gesù.

La compassione, la tenerezza che Gesù ha mostrato nei confronti delle folle non è sentimentalismo, ma la manifestazione concreta dell’amore che si fa carico delle necessità delle persone. E noi siamo chiamati ad accostarci alla mensa eucaristica con questi stessi atteggiamenti di Gesù: [anzitutto] compassione dei bisogni altrui. 

Compassione non è un sentimento puramente materiale; la vera compassione è patire con, prendere su di noi i dolori altrui. Forse ci farà bene oggi domandarci: io ho compassione? Quando leggo le notizie delle guerre, della fame, delle pandemie, tante cose, ho compassione di quella gente? Io ho compassione della gente che è vicina a me? Sono capace di patire con loro, o guardo da un’altra parte o dico “che si arrangino”? Non dimenticare questa parola “compassione”, che è fiducia nell’amore provvidente del Padre e significa coraggiosa condivisione.

Aiutare i poveri e i malati

È il percorso della fraternità, che è essenziale per affrontare le povertà e le sofferenze di questo mondo, specialmente in questo momento grave, e che ci proietta oltre il mondo stesso, perché è un cammino che inizia da Dio e a Dio ritorna.

 

Papa Francesco:” Il Regno dei cieli è il contrario delle cose superflue del mondo, di una vita banale..”

Nel corso dell’Angelus di oggi Papa Francesco commenta due brevi parabole di Gesù, quella del tesoro nascosto nel campo e della perla preziosa, e ricorda che il Regno dei cieli “è il contrario delle cose superflue che offre il mondo”, di una vita banale.
E’ la gioia di scoprire un senso per la propria vita, attraverso strade nuove che “ci portano ad amare Dio, amare gli altri e amare veramente noi stessi”
  Diventiamo “cercatori sanamente inquieti del Regno dei cieli”, come l’uomo che trova il tesoro nel campo e il mercante che cerca perle preziose, abbandonando le nostre sicurezze mondane per percorrere le strade nuove dell’amore a Dio, agli altri e a noi stessi, e trovare così il vero tesoro, Gesù. E’ l’invito di Papa Francesco in questa XXVII domenica del tempo ordinario, rivolto a tutti  dalla finestra del suo studio che dà su Piazza San Pietro.

Le parabole del tesoro nel campo e della perla di grande valore

Il Papa si sofferma su due delle tre brevi parabole utilizzate da Gesù nel brano di Matteo (Mt 13, 44-52), quella del tesoro nascosto nel campo e della perla di grande valore. Entrambi gli oggetti sono una rappresentazione del Regno dei cieli, e l’uomo e il mercante che li trovano, “vendono tutto per acquistare ciò che ormai sta loro più a cuore”.

Papa Francesco: “Ricevere Gesù significa creare unità non divisione”

 

 

 

Papa Francesco dalla finestra del suo studio davanti ai fedeli riuniti in piazza S.Pietro: E’ la Chiesa che fa l’Eucaristia, ma è più fondamentale che l’Eucaristia fa la Chiesa, e le permette di essere la sua missione, prima ancora che di compierla”. “Ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro, e perché faccia di noi l’unità” …

“Gesù è presente nel sacramento dell’Eucaristia per essere il nostro nutrimento, per essere assimilato e diventare in noi quella forza rinnovatrice che ridona energia e voglia di rimettersi in cammino, dopo ogni sosta o caduta”, : “Ma questo richiede il nostro assenso, la nostra disponibilità a lasciar trasformare noi stessi, il nostro modo di pensare e di agire; altrimenti le celebrazioni eucaristiche a cui partecipiamo si riducono a dei riti vuoti e formali”.

“E tante volte qualcuno-aggiunge il Pontefice – va a messa perché si deve andare, come un atto sociale, rispettoso ma sociale”: “Ma il mistero è un’altra cosa: è Gesù che viene per nutrirci”. “La comunione al corpo di Cristo è segno efficace di unità, di comunione, di condivisione”, al punto da diventare tra loro un corpo solo, come unico è il pane che si spezza e si distribuisce”: “Non si può partecipare all’Eucaristia senza impegnarsi in una  fraternità vicendevole che sia sincera.

Ma il Signore sa bene che le nostre sole forze umane non bastano per questo. Anzi, sa che tra i suoi discepoli ci sarà sempre la tentazione della rivalità, dell’invidia, del pregiudizio, della divisione…Tutti conosciamo queste cose. Anche per questo ci ha lasciato il Sacramento della sua Presenza reale, concreta e permanente, così che, rimanendo uniti a Lui, noi possiamo ricevere sempre il dono dell’amore fraterno”. “Questo duplice frutto dell’Eucaristia: l’unione con Cristo e la comunione tra quanti si nutrono di Lui, genera e rinnova continuamente la comunità cristiana”, ha ricordato  il Santo Padre citando il Concilio. “Ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro, e perché faccia di noi l’unità e non la divisione”..

Papa Francesco: “La Parola di Dio è l’unica che rende liberi”..

 

 

La parabola del seminatore.La Parola di Dio, simboleggiata dai semi, non è una Parola astratta, ma è Cristo stesso, il Verbo del Padre che si è incarnato nel grembo di Maria. Pertanto, accogliere la Parola di Dio vuol dire accogliere la persona di Cristo, lo stesso Cristo.

Fede corrosa dall’inganno della ricchezza, del successo: qui la Parola di Dio muore

Papa Francesco:  “ci sono diversi modi di ricevere la Parola di Dio”.

Possiamo farlo come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi. Questa sarebbe la distrazione, un grande pericolo del nostro tempo. Assillati da tante chiacchiere, da tante ideologie, dalle continue possibilità di distrarsi dentro e fuori di casa, si può perdere il gusto del silenzio, del raccoglimento, del dialogo con il Signore, tanto da rischiare di perdere la fede, di non accogliere la Parola di Dio. Stiamo vedendo tutto, distratti da tutto, dalle cose mondane.

Oppure “possiamo accogliere la Parola di Dio – aggiunge il Papa – come un terreno sassoso, con poca terra”.

Lì il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità. È l’immagine di quelli che accolgono la Parola di Dio con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio. E così, davanti alla prima difficoltà, pensiamo a una sofferenza, a un turbamento della vita, quella fede ancora debole si dissolve, come si secca il seme che cade in mezzo alle pietre.

Il Santo Padre spiega che “possiamo, ancora, accogliere la Parola di Dio come un terreno dove crescono cespugli spinosi”.

E le spine sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane… Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto.

Il terreno fertile: coloro cioè che ascoltano la Parola di Dio

Papa Francesco infine spiega  che possiamo ricevere il seme della Parola “come il terreno buono”.

Qui, e soltanto qui il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno.

Dopo aver ricordato i diversi tipi di terreno – quelli sterili e quello che invece porta frutto – Francesco pone due cruciali domande. Che tipo di terreno sono? Assomiglio alla strada, alla terra sassosa, al roveto?

Se vogliamo, con la grazia di Dio possiamo diventare terreno buono, dissodato e coltivato con cura, per far maturare il seme della Parola. Esso è già presente nel nostro cuore, ma il farlo fruttificare dipende da noi, dipende dall’accoglienza che riserviamo a questo seme. Spesso si è distratti da troppi interessi, da troppi richiami, ed è difficile distinguere, fra tante voci e tante parole, quella del Signore, l’unica che rende liberi.

Abituarsi alla Parola di Dio

Francesco esorta anche – come fatto anche altre volte durante il Pontificato – a portare sempre un Vangelo con sè per essere abituati alla Parola di Dio.

Portate sempre con voi un piccolo Vangelo, un’edizione tascabile del Vangelo, in tasca, in borsa… E così, leggete ogni giorno un pezzetto, perché siate abituati a leggere la Parola di Dio, e capire bene qual è il seme che Dio ti offre, e pensare con quale terra io lo ricevo.

Dopo la preghiera mariana, lo squardo del Papa è andato verso Istanbul, verso la Basilica Santa Sofia che per un decreto della presidenza turca diventa una moschea. “Sono molto addolorato”, ha detto il Pontefice. Poi ha salutato i fedeli di Roma e i pellegrini di vari Paesi, in particolare le famiglie del Movimento dei Focolari. Francesco ha infine rivolto un saluto e manifestato la propria gratitudine ai “rappresentanti della Pastorale della Salute della Diocesi di Roma, pensando a tanti sacerdoti, religiose, religiosi e laici che sono stati accanto ai malati in questo periodo di pandemia”.

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