Il Bambino Gesù “tra le macerie”

 

Un momento della visita di Papa Francesco a Camerino il 16 giugno scorso - Foto © L'Osservatore Romano

Un momento della visita di Papa Francesco a Camerino il 16 giugno scorso – Foto © L’Osservatore Romano

di Milena Castigli

Ad Ascoli Piceno è stata realizzata una Natività particolare, un “presepe terremotato“. E’ possibile visitarlo nella Curia vescovile, da una piccola finestra che dal muro di cinta si apre sul giardino, ed è stato voluto da monsignore Giovanni D’Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno, nelle Marche, una delle province maggiormente colpite dal terremoto del 2016 insieme a quelle di Rieti, Perugia e Macerata. Questa particolare Natività rappresenta Maria e Giuseppe che aspettano l’arrivo di Gesù Bambino tra macerie, calcinacci, pezzi di tegole, massi e una campana, in terra, precipitata da chissà quale campanile. Lo stesso Giuseppe è ferito, visto che la statuina ha un braccio spezzato e porta il gesso. Il presepe è delimitato da nastri biancorossi, come quelli usati per vietare l’accesso nelle zone rosse dei comuni terremotati. Una Natività dall’alto significato simbolico: non solo un messaggio alle Istituzioni per una ricostruzione più celere, a tre anni e mezzo dal sisma del Centro Italia, ma anche un appello a tutti gli uomini di buona volontà affinché, insieme, rispondano ai bisogni del “bambinello” che, al freddo e tra i calcinacci, rappresenta l’umanità dolente. Aiutare chi ne ha bisogno: è il senso profondo della Giornata internazionale della solidarietà umana che l’Onu celebra ogni 20 dicembre per sottolineare come la solidarietà sia uno dei valori fondamentali e universali alla base della pace, della giustizia e dei rapporti tra i popoli. (Estr.”In Terris”)

Presepe: il diavolo schiacciato dalla Madonna

 

di  Don Aldo Buonaiuto

                                                      IL  PRESEPE E’ LA SINTESI DELLA BELLEZZA

Di fronte all’escalation di profanazioni e strumentalizzazioni sacrileghe della fede, viene da chiedersi se in Italia esista veramente la tanto sbandierata libertà religiosa. Giustamente deprechiamo l’assenza di libertà per i credenti in zone del mondo nelle quali portare al collo il Crocifisso o in tasca il Vangelo può mettere a repentaglio la vita. La nostra coscienza collettiva si infiamma di sdegno quando apprendiamo di violazioni della sfera intima tra popolazioni costrette a ripudiare le loro convinzioni più profonde, poi però siamo i primi, in casa nostra, a mettere alla berlina le tradizioni e i valori trasmessi da generazioni. Solo un esempio tra i tanti avvenuti negli ultimi giorni, con una sconcertante escalation di protervia e negazione delle fondamenta etiche su cui poggia la civiltà occidentale e in particolare italiana: per promuovere l’ennesima manifestazione a favore di una sessualità “fluida” è stato preso indebitamente a prestito (per essere sfregiato) il dogma dell’Immacolata concezione di Maria.

In queste ultime settimane abbiamo subito, in un clima di complice e inquietante indifferenza, un accanimento mai cosi violento contro la figura della Vergine Maria e dei più venerati e sacri simboli cristiani. Non sarebbe il caso di reintrodurre il reato di vilipendio della religione e di far tornare blasfemia e bestemmia qualcosa di più di un banale illecito amministrativo? Ma che forma di emancipazione antropologica e filosofica può mai essere quella di chi disprezza in modo blasfemo e sistematico i fondamenti della nostra religiosità? Qualcuno si è forse interrogato sul motivo autentico del vergognoso tiro al bersaglio contro la fede? Da sacerdote esorcista, a quotidiano contatto con le ferite dell’umanità traviata dal male, sperimento in maniera sempre più virulenta quanto odio susciti la Santa Famiglia di Nazareth.

In una società biecamente ripiegata sul tornaconto edonistico di un consumismo narcisistico, quei due giovani che fuggono da casa per salvare il loro bambino da morte sicura, suscitano uno sguaiato sorriso cinico e satanico, come per dire: “Ma chi glielo ha fatto fare? A che cosa è servito tutto questo sacrificio?”. Una derisione scandalosa e volgare che specula su un dato oggi inaccettabile per una certa maggioranza impegnata solo ad assecondare le più basse pulsioni. Due coetanei degli odierni millenials che scelgono la purezza come testimonianza di fedeltà a Dio, alla vita e alla famiglia fanno rabbia, scatenano gli istinti peggiori nelle dilaganti sacche di “cuori di tenebra” annidate anche in settori insospettabili della nostra contemporaneità.

Commovente la rievocazione da parte di Papa Francesco della sua partecipazione giovanile ad un simposio ecumenico sulle Sacre Scritture, quando ha ricordato l’assenza di riferimenti alla Madonna: “Mi sentivo orfano!” ha osservato Bergoglio riannodando i fili della sua memoria privata. L’odio antico che oppone il drago alla Vergine Maria si perpetua e muta sembianze nelle varie epoche storiche come una serpe che cambia pelle ma conserva il proprio veleno mortale, con l’obiettivo di opporsi irriducibilmente alla cultura della gratuità, su cui si basa il patto d’amore tra il Creatore e la barca di Pietro. Perché l’amore non si può comprare, ciò che ha valore non ha prezzo.

Finchè ci sarà la carità come Stella Cometa del popolo di Dio, il diavolo verrà schiacciato misteriosamente dal piede di Maria così come la tentazione è stata respinta da Gesù nel deserto. Perché questo è il punto: chi si dona gratuitamente al bene comune (come ha fatto duemila anni fa la Santa Famiglia e come fa oggi la Chiesa della misericordia) diventa un obiettivo da distruggere. Non si può sopportare che i discepoli di un Dio morto in croce vadano per il mondo a praticare la condivisione di quegli insegnamenti divini che non possono conciliarsi con i disvalori effimeri della società del consumo.

Quando scendo sulle strade delle schiave per soccorrere l’umanità fragile e umiliata, quale profitto arreca quell’incontro? La Chiesa tanti (non solo all’esterno della cristianità) vorrebbero abbatterla proprio perché è nel mondo ma non sarà mai del mondo, nonostante sui media faccia scalpore solo chi cade in trappola e scivola nella palude mondana. Ma quante tenebre hanno congiurato per impedire lungo XIX secoli che l’Immacolata diventasse dogma? E quegli insulti schifosi alla Signora della grotta di Lourdes, anche dalle autorità dell’epoca, a quali centrali occulte dovevano rispondere? Ecco perché il Presepe è la sintesi della bellezza che resiste al disprezzo e allo spregio e che trapassa l’oscurità per tramandare ai nuovi nati la Buona Novella: la vita è sacra, luminosa e ha senso solo se votata alla gratuità dell’Amore.

*  (  Don A.Buonaiuto, Fondatore di “In Terris”)

Papa Francesco: “il pericolo più grave per l’uomo è la corruzione del cuore”

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Oggi, 8 dicembre, Immacolata, Papa  Francesco  si è soffermato sulla corruzione del cuore come “il pericolo più grave” e sul ringraziamento a Dio per averci  donato una madre, piena di grazia, che ci ricorda la vittoria di Cristo sul male
Un gesto “che esprime la devozione filiale alla nostra Madre celeste”, così aveva detto Papa Francesco annunciando oggi ai fedeli in Piazza san Pietro, dopo la preghiera dell’Angelus, la sua intenzione di recarsi nel pomeriggio a Piazza di Spagna per il tradizionale omaggio all’Immacolata. Un gesto preceduto da un momento di preghiera a Maria, nella Basilica di Santa Maria Maggiore.  Ad accogliere il Papa è il cardinale vicario Angelo De Donatis.

Papa Francesco si rivolge con una preghiera  alla Vergine. Il primo sentimento espresso è di gratitudine. “Più andiamo avanti nella vita e più aumenta la nostra gratitudine a Dio, dice, per aver dato come madre a noi, che siamo peccatori, Te, che sei l’Immacolata”. Questa madre ci ricorda, prosegue, la vittoria di Cristo sul male e che noi pur peccatori “non siamo più schiavi del peccato”. Non è la stessa cosa, infatti, “essere peccatori ed essere corrotti”. E afferma: “Una cosa è cadere, ma poi, pentiti, rialzarsi con l’aiuto della misericordia di Dio. Altra cosa è la connivenza ipocrita col male, la corruzione del cuore, che fuori si mostra impeccabile, ma dentro è pieno di cattive intenzioni ed egoismi meschini”. Maria richiama tutti alla trasparenza e alla semplicità e afferma il Papa: “Quanto bisogno abbiamo di essere liberati dalla corruzione del cuore, che è il pericolo più grave!”

L’affidamento a Maria perché madre che ama i propri figli e perché in quanto Immacolata, cioè piena di grazia, può “riflettere fin dentro le tenebre più fitte un raggio della luce di Cristo Risorto”. E “come cambia il volto della città”, osserva il Papa, se il Signore spezza le catene del male dentro le persone, allora “la qualità della vita diventa migliore e il clima sociale più respirabile”.

 

Papa Francesco: troppo debole ancora l’impegno del mondo sul Clima

 

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Il cambiamento climatico è uno dei “fenomeni più gravi e preoccupanti del nostro tempo” dinanzi al quale serve una “risposta collettiva”, una “reale volontà politica” e nuovi modelli di consumo “coerenti con la dignità umana”. Così Papa Francesco n occasione dell’odierna apertura a New York del summit mondiale Onu sui cambiamenti climatici  esordisce al centro anche dell’Enciclica “Laudato sì”

ALLE PAROLE DEVONO SEGUIRE AZIONI CONCRETE”

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Il Papa si chiede quale sia l’effettivo impegno degli Stati che definisce ancora molto “fluido” e lontano dagli obiettivi prefissati: l’umanità degli inizi del XXI secolo – è il suo auspicio – dovrebbe essere ricordata per l’assunzione delle sue gravi responsabilità. Il tempo c’è, così come ci sono le soluzioni ad un degrado che  prima ancora che ambientale è umano, etico e sociale

Da rinnovare sono i modelli di consumo e produzione, i processi di educazione e sensibilizzazione: un “altro tipo di progresso” al servizio della persona, della pace e dell’ambiente e misurato sulla “dignità umana”. Necessarie a questo scopo sono tre qualità morali che Francesco ribadisce con forza  incoraggiando i partecipanti a farle proprie: onestà, coraggio e responsabilità.

Papa Francesco in Thailandia per promuovere la pace, la tutela della vita ed una diversa Cultura

Papa Francesco in Thailandia

Dopo poco più di undici ore di viaggio il Papa è arrivato all’aeroporto di Bangkok accolto dalle autorità politiche e religiose. Subito dopo il trasferimento in nunziatura per il pranzo e il riposo. I primi appuntamenti a partire da domani, presso il Palazzo del Governo e poi alla dimora storica dei monaci thailandesi e del loro Patriarca supremo

Con l’arrivo a Bangkok, alle 12.02 (le 6.02 in Italia) , ha avuto inizio il 32esimo viaggio apostolico di Papa Francesco,un viaggio lungo e impegnativo che lo vedrà fino al 23 novembre in Thailandia e poi in Giappone fino al 26. Confermare nella fede il piccolo gregge di fedeli, sostenere il dialogo e l’incontro interreligioso e promuovere la pace e la tutela della vita e dell’ambiente, sono le linee guida del successore di Pietro che in entrambi i Paesi segue le orme dell’amato Giovanni Paolo II.

PAPA FRANCESCO ACCOLTO DA SUOR ANA ROSA SIVORI

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Il Pontefice è stato accolto da  un membro del Consiglio della Corona e sei autorità del Paese del sud est asiatico, insieme ai vescovi e a 11 bambini con i tipici abiti tradizionali, rappresentanti delle diocesi presenti sul territorio, in cui i cattolici sono poco più di 300 mila. . Ad accoglierlo allo scalo di Bangkok anche la cugina suor Ana Rosa Sivori, 77 anni, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che farà da interprete al Papa in alcuni incontri in terra thailandese.

La prima intensa giornata di Francesco a Bangkok si completerà nel pomeriggio thailandese, con la visita privata al Re e con la prima Messa, nello stadio Nazionale di Bangkok, che può ospitare 65 mila persone.

Venerdì 22 novembre sarà una giornata dedicata innanzitutto all’incontro con sacerdoti, religiosi, seminaristi e catechisti, e poi con i vescovi tahilandesi e asiatici, che aspetteranno il Papa nella parrocchia di San Pietro e nell’attigua Chiesa del Santuario intitolato al beato Nicolas Bunkerd Kitbamrung. Gli ultimi due appuntamenti saranno invece l’incontro con i leader cristiani e di altre religioni, quando in Italia saranno le 9,20 del mattino, e poi la Santa Messa con i giovani nella cattedrale dell’Assunzione di Bangkok. Il 23 novembre quindi il trasferimento in Giappone.Un viaggio molto impegnativo e significativo dunque.

 

Papa Francesco: Accogliere il grido dei poveri e sofferenti

Video Vaticano- Angelus

Sarete traditi, odiati, uccisi.. ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto…Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.  E’ il cuore del Vangelo di SLuca  che anima questa penultima domenica dell’anno liturgico e che racchiude il discorso di Gesù sulla “fine dei tempi”, col suo duplice volto: distruzione e rassicurazione.

Osserva così Papa Francesco nella riflessione prima dell’Angelus, dopo  essersi soffermato pure  nell’omelia della Messa per la Giornata Mondiale dei Poveri in San Pietro, per sottolineare la chiamata di ciascuno a vivere le alterne vicende della storia, forti della speranza in Dio e rispondendo, come hanno fatto i martiri, “all’odio con l’amore e all’offesa con il perdono”.

DOBBIAMO AVERE FEDE IN “COLUI CHE CONOSCE IL FINE ULTIMO DELLE COSE

La “perseveranza” di cui parla l’Evangelista è infatti, per il Papa, la speranza, è la fede in “Colui che conosce il fine ultimo delle cose” e che custodisce e guida la storia piegando le forze del male. Gesù si trova davanti all’imponente e splendido tempio di Gerusalemme e profetizza ai discepoli, che di tutta quella bellezza non resterà nulla. Ma questo sottolinea il Pontefice, non è tanto la fine della storia quanto il fine, e lo si capisce dalle due immagini contrastanti che Gesù usa. La prima è lo scenario catastrofico che segnerà la storia con guerre e calamità contro il creato e l’umanità; la seconda è la rassicurazione “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”,  che dice l’atteggiamento che il cristiano deve assumere nel vivere una storia simile:

È l’atteggiamento della speranza in Dio, che consente di non lasciarsi abbattere dai tragici eventi. Anzi, essi sono «occasione di dare testimonianza». I discepoli di Cristo non possono restare schiavi di paure e angosce; sono chiamati invece ad abitare la storia, ad arginare la forza distruttrice del male, con la certezza che ad accompagnare la sua azione di bene c’è sempre la provvida e rassicurante tenerezza del Signore. Questo è il segno eloquente che il Regno di Dio viene a noi, cioè che si sta avvicinando la realizzazione del mondo come Dio lo vuole.

Dio conduce l’esistenza dell’uomo e lo chiama a diventare testimone di pace

E’ il Signore dunque – afferma Papa Francesco – a condurre la nostra esistenza e a “conoscere il fine ultimo delle cose e degli eventi”. Da qui la chiamata che Francesco fa risuonare per tutti i cristiani, sull’esempio dei martiri: “collaborare alla costruzione della storia diventando anche noi operatori di pace e testimoni di speranza nella salvezza e nella risurrezione futura”.

La fede ci fa camminare con Gesù sulle strade tante volte tortuose di questo mondo, nella certezza che la forza del suo Spirito piegherà le forze del male, sottoponendole al potere dell’amore di Dio. L‘amore è superiore, l’amore è oltre – potente, ha la potenza, perchè è Dio. Dio è amore. Ci sono di esempio i martiri cristiani, i nostri martiri, i martiri cristiani anche dei nostri tempi, che sono più dei martiri del principio, i quali, nonostante le persecuzioni, sono uomini e donne di pace. Essi ci consegnano una eredità da custodire e imitare: il Vangelo dell’amore e della misericordia. Questo è il tesoro più prezioso che ci è stato donato e la testimonianza più efficace che possiamo dare ai nostri contemporanei, rispondendo all’odio con l’amore, all’offesa con il perdono.

E questo può essere tradotto anche nella vita quotidiana, dice il Papa parlando a braccio. Il dolore che sentiamo – spiega- va vinto col perdono e anche quando ci sentiamo odiati dobbiamo pregare con amore per chi ci odia. Sia la Vergine Maria – è l’invocazione finale del Pontefice – a “sostenere il nostro cammino di fede quotidiano, alla sequela del Signore che guida la storia”.

Non essere indifferenti alle persone sofferenti

Nelle parole al termine dell’Angelus poi, Papa Francesco saluta, sollecitando il lungo applauso dei fedeli presenti in Piazza San Pietro, la beatificazione avvenuta ieri in Ecuador, di Padre Emilio Moscoso, sacerdote martire gesuita, un “apostolo della preghiera” che può “sostenere il nostro cammino di fede e testimonianza cristiana”. Quindi torna sull’odierna Giornata Mondiale dei Poveri col pensiero rivolto a quanti nelle parrocchie del mondo hanno promosso eventi solidali, e ai medici che in Piazza San Pietro, al presidio sanitario, si prestano alla cura dei più sofferenti:

Ringrazio per tante iniziative in favore della gente che soffre, dei bisognosi e questo deve testimoniare l’attenzione che non deve mai mancare nei confronti dei nostri fratelli e sorelle. Ho visto recentemente, pochi minuti fa, alcune statistiche di povertà: fanno soffrire. L’indifferenza della società verso i poveri … Preghiamo.

 

Papa Francesco: “la vita terrena non è l’unica, dobbiamo credere nella Resurrezione”

FRANCESCO:  “ASPETTIAMO L’AL DI LA’ “

Il mistero della vita: la Resurrezione dei morti . Papa Francesco all’Angelus parla della resurrezione. La dimensione terrena non è l’unica, dice, bisogna essere in attesa dell’al di là. Dio ama la vita e la vita, afferma ancora il Papa, è dove ci sono “relazioni vere e legami di fedeltà”

   DOBBIAMO AVERE FEDE E CREDERE NELLA RESURREZIONE DEI MORTI

E’ la fede nella resurrezione dei morti e, dunque, la vita eterna al centro delle  di questa domenica. Il brano odierno del Vangelo presenta Gesù che dialoga con alcuni sadducei a proposito della risurrezione in cui essi non credevano. Per questo gli propongono un caso insidioso: “Di chi sarà moglie, nella risurrezione, una donna che ha avuto sette mariti successivi, tutti fratelli tra loro, i quali uno dopo l’altro sono morti?” La risposta di Gesù si colloca su un altro piano: dice che i risorti non prendono più moglie o marito, e che non possono più morire perché sono simili agli angeli.

Con questa risposta, Gesù anzitutto invita i suoi interlocutori – e anche noi – a pensare che questa dimensione terrena in cui viviamo adesso non è l’unica dimensione, ma ce n’è un’altra, non più soggetta alla morte, in cui si manifesterà pienamente che siamo figli di Dio.

                             LA VITA DOPO LA MORTE

Francesco afferma che le parole di Gesù sulla vita oltre la morte danno “grande consolazione e speranza” e che di questo “abbiamo tanto bisogno specialmente nel nostro tempo, così ricco di conoscenze sull’universo ma così povero di sapienza sulla vita eterna”. La certezza della resurrezione, spiega ancora, ha il suo fondamento nella “fedeltà di Dio che è il Dio della vita”. E dice che la domanda profonda che si nasconde nel quesito dei sadducei è di chi sarà la vita di quella donna.

Si tratta di un dubbio che tocca l’uomo di tutti i tempi e anche noi: dopo questo pellegrinaggio terreno, che ne sarà della nostra vita? Apparterrà al nulla, alla morte? 

La vita “appartiene a Dio”, risponde Gesù, a Dio che ci ama e che si lega strettamente a noi. E’ il “Dio non è dei morti, ma dei viventi”. E aggiunge:

La vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte. E’ l’egoismo. Io vivo per me stesso: sto seminando morte nel mio cuore. 

Il Papa conclude con un’invocazione alla Vergine Maria perché lei ci aiuti a vivere nell’attesa della resurrezione dei morti e della vita che verrà. E raccomanda: “Aspettare l’al di là.”

 

Papa Francesco ricorda la conversione di Zaccheo, l’esattore delle tasse “che chiedeva la tangente”

            VIDEO DELL’ANGELUS DI OGGI DI PAPA FRANCESCO-  VATICANO

 

Ricordiamo nel Vangelo Zaccheo, l’esattore delle tasse di Gerico- Tangenti sulle tasse . Allora come oggi. Non è un caso se il Papa rievoca l’episodio evangelico-Lo sguardo misericordioso di Gesù ci raggiunge prima che noi stessi ci rendiamo conto di averne bisogno per la nostra salvezza. Lui infatti non giudica o isola chi ha peccato, ma lo “cerca” per “riportarlo sulla retta via”. E riuscire a “sentire su di noi” questo sguardo misericordioso, trasforma profondamente la nostra mentalità e il nostro modo di fare.

E’ quanto accaduto a Zaccheo, il giorno in cui Gesù fa tappa in città mentre sta andando a Gerusalemme. L’episodio è narrato dal Vangelo di Luca, nell’odierna XXXI domenica del tempo ordinario, e Papa Francesco lo ripercorre prima di recitare l’Angelus con i fedeli riuniti in Piazza San Pietro. Gesù arriva circondato da una grande folla. E tra la gente c’è anche il capo dei “pubblicani” che non solo riscuoteva le tasse per i romani, ma chiedeva anche una tangente arricchendosi sui sacrifici altrui e dunque era ancora più disprezzato. Non si conosce il motivo, ma Zaccheo, si legge nel Vangelo, è curioso di vedere Gesù di cui ha sentito dire cose straordinarie, e pur di riuscirci, essendo piccolo di statura non trova altra soluzione che salire su un albero, un sicomoro. 

Eppure quando arriva il momento, è Gesù ad alzare lo sguardo per primo, a cercarlo e a vederlo.

Il primo sguardo non è di Zaccheo, ma di Gesù, che tra tanti volti che lo circondavano – la folla – cerca proprio quello. Lo sguardo misericordioso del Signore ci raggiunge prima che noi stessi ci rendiamo conto di averne bisogno per essere salvati. E con questo sguardo del divino Maestro comincia il miracolo della conversione del peccatore. Infatti Gesù lo chiama, e lo chiama per nome: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» dice Gesù.

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Foto Archivio Sud Libertà

Dio  cerca di salvare il peccatore per riportarlo sulla retta via

Gesù chiama per nome quel “pubblicano” “peccatore” e lo fa non per rimproverarlo o per fargli una “predica” – ma perchè è “volontà del Padre” che vada da lui, che entri nella sua casa. Quanto scandalo, quante mormorazioni tra la gente! Anche “noi saremmo rimasti scandalizzati” da questo comportamento di Gesù, riflette Francesco, che  a questo proposito mette a confronto l’atteggiamento dell’uomo e quello di Dio:

Ma il disprezzo e la chiusura verso il peccatore non fanno che isolarlo e indurirlo nel male che compie contro sé stesso e contro la comunità. Invece Dio condanna il peccato, ma cerca di salvare il peccatore, lo va a cercare per riportarlo sulla retta via. Chi non si è mai sentito cercato dalla misericordia di Dio, fa fatica a cogliere la straordinaria grandezza dei gesti e delle parole con cui Gesù si accosta a Zaccheo.

La conversione di Zaccheo

Il miracolo della conversione. L’ “attenzione e l’accoglienza” mostrate da Gesù nei suoi confronti lo portano ad un “cambiamento di mentalità” e ad un capovolgimento del “modo di vedere e di usare il denaro”.  “In un attimo  – rimarca il Papa –  Zaccheo “si rende conto di quanto è meschina una vita tutta presa dal denaro” fatta di furti e disprezzo. Ed è la presenza del Signore al suo fianco, a casa, a fargli “vedere tutto con occhi diversi”, anche con un pò di quella tenerezza che ha ricevuto proprio da Gesù:

E cambia anche il suo modo di vedere e di usare il denaro: al gesto dell’arraffare si sostituisce quello di donare. Infatti, decide di dare la metà di ciò che possiede ai poveri e di restituire il quadruplo a quanti ha derubato. Zaccheo scopre da Gesù che è possibile amare gratuitamente: finora era avaro, adesso diventa generoso; aveva il gusto di ammassare, ora gioisce nel distribuire. Incontrando l’Amore, scoprendo di essere amato nonostante i suoi peccati, diventa capace di amare gli altri, facendo del denaro un segno di solidarietà e di comunione.

Alla luce di questa pagina evangelica è una “grazia” quella che il Papa invoca per intercessione della Vergine Maria, al termine della sua riflessione. E’ la grazia di “sentire sempre su di noi lo sguardo misericordioso di Gesù” per saper andare noi stessi, con misericordia, incontro agli altri che sbagliano cosicchè anche loro scoprano la potenza salvifica di Gesù venuto a cercare proprio chi è perduto.

Al termine della preghiera dell’Angelus, il Papa  chiede a tutti di pregare per le vittime della violenza in Etiopia. In particolare Francesco esprime il suo dolore per quanto subisce la Chiesa ortodossa Tewahedo e la sua vicinanza a tutta la comunità a partire dal patriarca Abuna Matthias.

IL SINODO IN AMAZZONIA SORPRENDE IL MONDO PER LA SPERANZA AI “PRETI SPOSATI” CON FAMIGLIA STABILE

Forse si apre una vera rivoluzione per i sacerdoti. Il sinodo in Amazzonia ha sorpreso il mondo religioso per le novità sulla famiglia stabile per i preti. E’ stato formulato un documento e ci sembra molto interessante il punto nm.  111 – che ha incassato 128 voti con 41 contrari (è stato il paragrafo che ha raccolto il maggior numero di ‘non placet’) ottenendo la maggioranza qualificata dei 2/3,

Esso dice: “Proponiamo di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, nell’ambito di Lumen Gentium 26, di ordinare sacerdoti uomini adatti e riconosciuti della comunità, che abbiano un proficuo diaconato permanente e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legalmente costituita e stabile da sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle aree più remote della regione amazzonica“.”Molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico –  hanno enormi difficoltà di accesso all’Eucaristia.

A volte non passano solo mesi, ma anche diversi anni prima che un sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l’Eucaristia, offrire il sacramento della riconciliazione o ungere i malati nella comunità. Apprezziamo il celibato come un dono di Dio nella misura in cui questo dono consente al discepolo missionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pienamente al servizio del Santo Popolo di Dio. Stimola la carità pastorale e preghiamo che ci siano molte vocazioni che vivono il sacerdozio celibe. Sappiamo che questa disciplina “non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio … sebbene abbia molte ragioni per praticarla”. Nella sua enciclica sul celibato sacerdotale, San Paolo VI sostenne questa legge e presentò motivazioni teologiche, spirituali e pastorali che la sostengono. Nel 1992, l’esortazione post-sinodale di San Giovanni Paolo II sulla formazione sacerdotale ha confermato questa tradizione nella Chiesa latina”.

Un momento del Sinodo per l'Amazzonia (Ap)

I Padri sinodali però hanno aperto all’ ordinazione sacerdotale per diaconi permanenti, dando la speranza ai preti sposati. “E’ prevalsa la via prudenziale”, ha osservato il cardinale Christoph Schonborn, tra i Padri sinodali, al termine della votazione del documento finale. Il porporato ha spiegato la strada percorsa dai Padri sinodali: “Se uno non vuole essere prete deve essere prima diacono se vuole essere tra i ‘viri probati’, prima si deve essere ‘viri probati’ diaconi. Insomma, si deve andare per gradi”.

Il documento denuncia vibratamente pure lo scempio prodotto dall’estrattivismo. E, nel profilare nuovi cammini di sviluppo, «amichevoli» verso la casa comune, la Chiesa fa un’opzione chiara per la «difesa della vita, della terra e delle culture originarie amazzoniche» (paragrafo 78). In tale luce si comprende il «peccato ecologico» (punto 82): ogni azione o omissione contro Dio, il prossimo – presente e le future generazioni – e l’ambiente. Tra le proposte, spicca quella di un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci delle comunità amazzoniche e la creazione di un osservatorio socio-ambientale pastorale che lavori in alleanza con i vari attori ecclesiali nel Continente – a partire dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) e con i rappresentanti delle etnie native.

Il Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia nel documento finale chiede di potere condividere esperienze e riflessioni con la Commissione. Nel documento – punto 103 (137 sì – 30 no, passato con la maggioranza qualificata) -: si può notare :”Nelle numerose consultazioni che si sono svolte in Amazzonia è stato riconosciuto e sottolineato il ruolo fondamentale delle religiose e delle laiche nella Chiesa amazzonica e nelle sue comunità, visti i molteplici servizi che offrono. In molte di queste consultazioni è stato sollecitato il diaconato permanente per le donne. Per questo motivo il tema è stato anche molto presente durante il Sinodo”. “Già nel 2016 – Papa Francesco aveva creato una commissione di studio sul diaconato delle donne che, come Commissione, è arrivata ad un risultato parziale su come era la realtà del diaconato delle donne nei primi secoli della Chiesa e sulle implicazioni attuali”. Da qui la proposta dei Padri sinodali che ha ottenuto la maggioranza qualificata dei 2/3: “Vorremmo condividere le nostre esperienze e riflessioni con la Commissione a attenderne i risultati”.

 

 

 

Angelus: Missionari nel mondo per vincere l’ostilità

 

In questa speciale giornata, Papa Francesco ricorda  la Lettera apostolica Maximum illud del 1919 di Papa Benedetto XV, promulgata “per dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di tutta la Chiesa ”.

Nel mutato contesto odierno, osserva il Santo Padre, il messaggio di Benedetto XV “è ancora attuale e stimola a superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”:

In questo nostro tempo, segnato da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta, i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità. Cristo è la nostra pace e in Lui ogni divisione è superata, in Lui solo c’è la salvezza di ogni uomo e di ogni popolo.

Per vivere in pienezza la missione, sottolinea Francesco, c’è una condizione indispensabile: “la preghiera, una preghiera fervorosa e incessante, secondo l’insegnamento di Gesù”. “La preghiera è il primo sostegno del popolo di Dio per i missionari, ricca di affetto e di gratitudine per il loro difficile compito di annunciare e donare la luce e la grazia del Vangelo a coloro che ancora non l’hanno ricevuta”. Papa Francesco esorta infine a porsi una domanda: “Prego per coloro che vanno lontano per portare la Parola di Dio con la testimonianza?”

Il ricordo del Beato Alfredo Cremonesi

Dopo l’Angelus Francesco ha ricordato che ieri, a Crema, è stato proclamato Beato il martire don Alfredo Cremonesi, sacerdote missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere. Ucciso nel 1953, “fu infaticabile apostolo di pace e zelante testimone del Vangelo, sino all’effusione del sangue. Il suo esempio ci spinga ad essere operatori di fraternità e missionari coraggiosi in ogni ambiente; la sua intercessione sostenga quanti faticano oggi per seminare il Vangelo nel mondo”.