Escalation del conflitto tra Israele ed Hamas, altri 100 morti in un raid israeliano contro scuola di Gaza

 

 

Escalation del conflitto tra Hamas ed Israele     Si apprende che sono almeno  100 persone  uccise e altre decine sono rimaste ferite in un attacco aereo israeliano contro una scuola di Gaza City, secondo quanto dichiarato da fonti mediche e di sicurezza nel territorio palestinese. L’ufficio stampa del governo controllato da Hamas a Gaza ha dichiarato che l’esercito israeliano ha attaccato la scuola, utilizzata come rifugio per gli sfollati, durante le preghiere del mattino. 

Macerie a Gaza - (Afp)

L’esercito israeliano (Idf)  sostiene che la scuola     era diventata u n obiettivo militare e ha dunque  colpito i militanti di Hamas che “operavano nella scuola Al-Taba’een e vicino a una moschea a Daraj Tuffah, che serve come rifugio per i residenti di Gaza City” e che il centro “serviva come nascondiglio per i terroristi e i comandanti di Hamas”.

L’esercito israeliano  ha affermato che “sono state prese numerose misure per mitigare il rischio di danneggiare i civili”, mentre ha accusato l’organizzazione militante palestinese Hamas di “sfruttare brutalmente la popolazione civile e le istituzioni come scudi umani per le loro attività di terrore”.

Nelle ultime settimane, gli attacchi alle scuole da parte di Israele sono diventati molto più frequenti, con Israele che ha preso di mira sette plessi scolastici, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani. In un rapporto di questa settimana, le Nazioni Unite affermano di essere “inorridite” dall’escalation. I gruppi per i diritti umani affermano che ci sono prove che Israele non sta facendo abbastanza per distinguere i civili dai combattenti a Gaza, dove la guerra, che dura da mesi, ha ucciso almeno 39.699 persone (secondo un bilancio fornito venerdì), secondo i funzionari sanitari locali.

Il ministero della Sanità di Gaza non fa distinzioni tra civili e combattenti nel bilancio, ma afferma che la maggior parte dei morti sono donne e bambini.

Tamburi di guerra fra il Libano ed Israele. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani esorta gli italiani a lasciare subito il Paese”

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, condividendo il numero dell’Unità di crisi della Farnesina +390636225 invita gli italiani a lasciare il Paese e comunica:

Visto l’aggravarsi della situazione, invitiamo gli italiani che soggiornano temporaneamente in Libano a non recarsi assolutamente nel Sud del Paese e a rientrare in Italia con voli commerciali il più presto possibile“. . Un invito che, ovviamente, si allarga anche ai turisti italiani a cui si chiede di non recarsi nel Paese.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani
Archivi-Sud Libertà

La  Spagna esorta i connazionali a lasciare il Paese

Anche la Spagna ha esortato i suoi connazionali a lasciare il Libano, mentre si attende l’attacco iraniano contro Israele in rappresaglia all’uccisione a Teheran di Ismail Haniyeh. “Agli spagnoli che si trovano in Libano, soprattutto se il loro soggiorno è temporaneo, si raccomanda di lasciare il Paese utilizzando i mezzi commerciali esistenti”, fa sapere il ministero degli Esteri, sottolineando “il contesto generale di instabilità”.

Francia: “Lasciare il Libano adesso”

La Francia esorta i connazionale “a lasciare il Libano il più presto possibile“. In una nota, il ministero degli Esteri di Parigi avverte: “In un contesto di sicurezza altamente instabile, richiamiamo ancora una volta l’attenzione dei cittadini francesi, in particolare di quelli di passaggio, sul fatto che sono ancora disponibili voli commerciali diretti con scalo in Francia e li invitiamo a organizzarsi fin da ora per lasciare il Libano il prima possibile”.

 

 

Grande spiegamento di navi da guerra ed aerei da combattimento statunitensi nel Medio Oriente

 

 

Cresce la tensione internazionale dopo l’uccisione di Hamas.  L’esercito statunitense schiererà ulteriori aerei da combattimento e navi da guerra in Medio Oriente, Lo ha annunciato il Pentagono, dopo che l’Iran e i suoi alleati regionali hanno minacciato un attacco a Israele come rappresaglia.

aerei militari americani - Aviation Report
Aerei di guerra statunitensi

Nel corso di una telefonata con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu il presidente Usa Joe Biden “ha ribadito il suo impegno per la sicurezza di Israele contro tutte le minacce provenienti dall’Iran”, ma avrebbe intimato con fermezza a Bibi di non aumentare le tensioni nella regione” e muoversi immediatamente verso un accordo sugli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza”.

Grande spiegamento di forze armate statunitensi

Riportiamo una dichiarazione della giornalista del Pentagono Sabrina Singh.Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha ordinato al gruppo d’attacco della USS Abraham Lincoln di sostituire il gruppo d’attacco della USS Theodore Roosevelt, attualmente operativo nel Golfo di Oman…..

Inoltre, cacciatorpediniere e incrociatori in grado di abbattere missili balistici saranno inviati anche in Medio Oriente e nel Mar Mediterraneo. La dichiarazione non dice quali navi da guerra sono state inviate, ma due cacciatorpedinieri statunitensi nel Mar Mediterraneo orientale hanno preso parte all’intercettazione della raffica di attacchi lanciati dall’Iran contro Israele ad aprile. Austin ha anche ordinato l’invio di uno squadrone di caccia nella regione….

Si tratta forse del più grande spostamento di forze armate statunitensi nella regione dai primi giorni della guerra di Gaza, quando il Pentagono inviò due gruppi di portaerei verso il Medio Oriente in un monito molto pubblico ai gruppi militanti regionali di non espandere i combattimenti.

Cancellati i voli per Tel Aviv e Beirut

 Le crescenti tensioni hanno spinto una lista crescente di grandi compagnie aeree a cancellare i voli per Tel Aviv o Beirut, tra cui Ita, Lufthansa, Delta e Air India.

Già  la Francia ha esortato i suoi cittadini a lasciare l’Iran e Cipro ha affermato di aver ampliato i piani per supportare un’evacuazione su larga scala dalla regione se la guerra si fosse estesa.

Israele risponde con la violenza, uccide Haniveh ,numero due dell’organizzazione di Hamas

 

 

Violenza chiama violenza. Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, è stato ucciso in un raid a Teheran, dove si trovava ieri per l’insediamento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Lo ha confermato il gruppo in una nota, nella quale denuncia che Haniyeh è stato assassinato “in un codardo attacco sionista”, che “non resterà senza risposta”.

Ismail Haniyeh - Fotogramma /Ipa

Haniyeh, nella foto sopra, che viveva in esilio a Doha, è stato ucciso in un raid nella notte contro la sua residenza a Teheran, nel quale è rimasta uccisa anche una sua guardia del corpo. Ieri nella capitale iraniana, oltre ad aver incontrato Pezeshkian, il leader di Hamas aveva visto anche la guida spirituale iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei.

L’assassinio arriva in un momento difficile per il Medio Oriente, con l’escalation degli scontri tra Israele e Hezbollah che minacciano di espandersi in una guerra regionale più ampia e mentre Hamas combatte l’esercito israeliano a Gaza.

Era forse previsto , ieri Israele, in un attacco a Beirut, ha ucciso il numero due di Hezbollah accusato di un attacco missilistico sulle alture di Golan che ha ucciso 12 bambini.

Mahmoud Abbas: “Atto codardo, sviluppo pericoloso”

Il leader dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha condannato l’uccisione del capo politico di Hamas. “Un atto codardo e uno sviluppo pericoloso“, nelle parole di Abbas, secondo quanto riporta l’agenzia palestinese Wafa. Abbas ha invitato i palestinesi “a unirsi, essere pazienti e alla fermezza di fronte all’occupazione israeliana”.

Altissima tensione tra il Libano ed Israele. Come in un “gioco” a scacchi Netanyahu minaccia una risposta “dura” per l’attacco che ha ucciso 12 bambini

 

Libano in stato di massima allerta. Hezbollah minaccia di rispondere a qualsiasi “aggressione” israeliana dopo che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha minacciato una “risposta dura” puntando il dito contro gli Hezbollah per l’attacco missilistico di sabato scorso a Majdal Shams, sulle Alture del Golan, che ha ucciso 12 tra bambini e adolescenti. Sedici giovani feriti sono ancora ricoverati in ospedale, sette di loro versano in gravi condizioni.

Vittime attacco missilistico sulle Alture del Golan  - (Afp)
 “Risponderemo a qualsiasi attacco”

“La leadership della resistenza deciderà la forma e l’entità della risposta a qualsiasi possibile aggressione”, hanno detto ad al-Jazeera esponenti del gruppo in quella che è la prima reazione alle affermazioni arrivate da parte israeliana. “Gli emissari stranieri hanno suggerito di non rispondere ad alcun attacco in modo da non ampliare il conflitto – ha detto una delle fonti – ma noi risponderemo”.

“Non ci aspettiamo un’invasione di terra, ma se lo faranno siamo pronti. Se decideranno di entrare in Libano, metteremo piede in Galilea”, ha avvertito. Hezbollah ha negato ogni responsabilità per quanto avvenuto a Majdal Shams.

Missili che partono dal Libano

Un trentenne è morto per le ferite riportate in un attacco con missili contro il nord di Israele. . In precedenza i media israeliani avevano riferito di un attacco con razzi contro il Kibbutz di HaGoshrim.

Secondo le Idf, 10 razzi sono stati lanciati dal Libano contro il nord di Israele, la maggior parte dei quali intercettati dallo scudo di difesa aerea Iron Dome, mentre uno ha colpito il kibbutz di HaGoshrim, uccidendo l’uomo, raggiunto da una scheggia. Le forze di difesa israeliane hanno risposto con l’artiglieria, mentre i caccia hanno colpito un sito nel sud del Libano.

Nella notte almeno cinque razzi sono stati lanciati dal Libano, ma non hanno raggiunto il territorio israeliano. A riferirlo è il sito Walla citato dal Times of Israel. In nottata una sirena di allarme anti-razzo è scattata nel Kibbutz Hanita, vicino al confine con il Libano, nella Galilea occidentale. Nessuna dichiarazione in merito è arrivata dall’esercito israeliano né ci sono state rivendicazioni di un attacco da parte di Hezbollah.

Gb a cittadini britannici: “Abbandonare il Libano”

Intanto anche il Regno Unito si aggiunge alla lista dei Paesi che sollecitano i cittadini a lasciare il Libano. “Se attualmente vi trovate in Libano, vi esortiamo a partire fin quando sono disponibili opzioni commerciali” per lasciare il Paese, recita l’aggiornamento sul sito web dell’ambasciata britannica a Beirut.

Nelle scorse ore il ministro degli Esteri David Lammy ha sottolineato via X come la situazione nella regione sia in “rapida evoluzione” e ha precisato che il personale diplomatico “lavora 24 ore su 24” per “aiutare a garantire la sicurezza dei cittadini britannici”. Sconsigliati “tutti i viaggi in Libano” a causa dei “rischi associati al conflitto in corso tra Israele, Hezbollah e altri attori non statali in Libano”. “La tensione è forte e gli eventi potrebbero avere un’escalation con poco preavviso -………..”

Ong: attacchi israeliani su basi militari in Siria

Siti militari nella provincia di Daraa, nel sud della Siria, sarebbero finiti nella notte nel mirino di attacchi missilistici attribuiti alle forze israeliane. Sinora non ci sono notizie di vittime o danni. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito e fonti nel Paese arabo, sarebbero finiti nel mirino siti a Tal Jayba e Tal Umm Houran.

Nella notte il sito di notizie israeliano Ynet ha rilanciato notizie di media locali che riferivano di operazioni attribuite a Israele nella zona di Daraa. Notizie che però non vengono riportate dall’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana. La provincia di Daraa confina con le Alture del Golan, teatro della strage di sabato scorso.

Soccorritori Gaza: recuperati finora 300 corpi in decomposizione a Khan Yunis

Sono circa 300 i corpi recuperati finora dai soccorritori palestinesi a Khan Yunis, la seconda città più grande della Striscia di Gaza teatro dal 22 luglio di un’offensiva su larga scala dell’esercito israeliano. Lo ha indicato la Protezione civile di Gaza su Telegram, secondo quanto riferito da Al Jazeera. Stando al post, un gran numero dei corpi recuperati era in stato di decomposizione. “Le nostre squadre stanno ancora cercando persone scomparse”, ha aggiunto la Protezione civile.

 

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’incontro con i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare, i Direttori dei quotidiani e delle agenzie giornalistiche e i giornalisti accreditati presso il Quirinale per la consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare

 

 Palazzo del Quirinale, 24/07/2024 (II mandato)

Benvenute e benvenuti.

La ringrazio, Presidente, per le sue parole di saluto e ringrazio la Stampa Parlamentare e i quirinalisti per questo incontro, divenuto un appuntamento per riflettere brevemente su quanto ha presentato l’anno di lavoro che si avvia a una pausa per le istituzioni.

Il ringraziamento più intenso riguarda il prezioso e talvolta non facile compito di seguire e interpretare il mondo delle istituzioni e della politica, dandone notizia ai cittadini, esprimendo opinioni, suggerimenti, critiche che – non va mai dimenticato – sono essenziali nella vita democratica.

Le preoccupazioni e gli interrogativi che lei ha presentato sono comprensibilmente numerosi. Anzitutto quello sulla libertà di informazione.

Nella società dell’informazione globale è del tutto superfluo richiamare l’importanza che l’informazione riveste per il funzionamento della democrazia, per un’efficace tutela del sistema delle libertà

La democrazia, infatti è, anzitutto, conoscenza.

È contesto nel quale avviene il confronto fra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle.

Alla libertà di opinione si affianca la libertà di informazione, cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà.

Si affianca, in democrazia, anche il diritto a essere informati, in maniera corretta. Informazione, cioè, come anticorpo contro le adulterazioni della realtà.

Operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidati anzitutto ai giornalisti.

La legge Gonella, che ha istituto l’Ordine dei giornalisti, ne dà una rappresentazione pregevole: “E’ diritto insopprimibile dei   giornalisti   la   libertà   di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.

Va sempre rammentato che i giornalisti si trovano a esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all’art.21 della Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo.

Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione è esattamente questo. Come anche a Torino, nei giorni scorsi.

Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti.

Luce gettata su fatti sin lì trascurati.

Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione.

Canale di partecipazione e appello alle istituzioni.

Per citare ancora una volta Tocqueville, “democrazia è il potere di un popolo informato”.

Ecco perché ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica.

Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione.

A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno.

Si è aperta la discussione sulla opportunità di una nuova legge organica sull’editoria, come è avvenuto in precedenti occasioni di svolta in questa industria.

È inevitabile tener conto della evoluzione tecnologica che ha mutato radicalmente diffusione e fruizione delle notizie.

È responsabilità della Repubblica e dell’Unione Europea che i valori del pluralismo si affermino anche nei nuovi ambiti e si creino le condizioni per accompagnare la transizione in atto.

Ai giornali, alla stampa, alla radio e alle tv, si sono affiancate oggi le piattaforme digitali, divenute principali responsabili della veicolazione di contenuti informativi.

Appare singolare che a un ruolo così significativo corrisponda una convinzione di minori obblighi che ne derivano, con una tendenza, del tutto inaccettabile, dei protagonisti a sottrarvisi.

Gli over the top appaiono distanti dal sentimento comune, dalle relazioni di appartenenza alla comunità entro cui operano, quasi occupassero uno spazio meta-territoriale che li rende veicoli di innovazione, capaci di intercettare opportunità economiche, senza tuttavia considerare che anche per essi valgono i principi di convivenza civile propri agli Stati e alla comunità internazionale da cui traggono benefici.

Ho citato questioni non nuove, tanto è vero che l’Unione Europea ha approvato,  nell’aprile di quest’anno, in un confronto tra Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione, il nuovo Regolamento sulla libertà dei media, adesso in fase di progressiva attuazione, a partire dal prossimo 8 novembre, per quanto riguarda i diritti dei destinatari dei servizi di media, vale a dire dei cittadini.

In sintesi: promozione del pluralismo e della indipendenza dei media in tutta l’Unione, con protezione dei giornalisti e delle loro fonti da ingerenze politiche; pubblicità sui fondi statali destinati a media o a piattaforme; garanzia del diritto dei cittadini alla gratuità e pubblicità delle informazioni; indipendenza editoriale dei media pubblici; protezione della libertà dei media dalle grandi piattaforme; istituzione di un nuovo Comitato europeo per i servizi di media per promuovere una applicazione coerente di queste norme.

Come si vede, un cantiere e un percorso impegnativo per l’Unione e per gli Stati membri, coscienti del valore che questo tema riveste per la libertà del nostro continente.

Tema, vorrei aggiungere, impegnativo per tutti coloro che del mondo dell’informazione fanno parte.

Tra i suoi richiami, Presidente, vi è quello che fa riferimento alla pubblica opinione, che guarda, con apprensione e smarrimento crescenti, alla situazione internazionale, attraversata – come lei ha ricordato – da tensioni, conflitti di varia natura, guerre. Vicino a noi, vicino ai confini dell’Unione Europea: in Ucraina, in Medio Oriente dopo la disumana giornata del 7 ottobre e la reazione israeliana con tante migliaia di vittime. Ma anche altrove, in altri luoghi del mondo.

L’Italia è impegnata, con convinzione, a sostegno dell’Ucraina. Insieme alla quasi totalità dei Paesi dell’Unione e insieme a quelli dell’Alleanza Atlantica. Alla Nato la Federazione Russa ha regalato un rilancio imprevedibile di ruolo e di protagonismo. Chi non ricorda le parole di più di un Capo di Stato e di governo di Paesi della Nato che, appena tre anni fa, la definivano in stato di accantonamento, per usare un termine davvero riduttivo rispetto alle espressioni allora adoperate?

Lei fa presente – con ragionevole fondamento – che si registra una fatica maggiore nelle pubbliche opinioni sull’impegno per l’indipendenza dell’Ucraina.

È vero. A nessuno – comprensibilmente – piace un’atmosfera in cui la guerra abbia prolungata presenza, anche se non vi si è coinvolti. Come non lo è l’Italia.

Pensiamo a come appare questo spettacolo di guerre agli occhi dei nostri giovani, che ritengono Erasmus e Schengen talmente naturali da non ritenerli più una conquista, ma una condizione ovvia, dalla Scandinavia a Malta, da Lisbona a Bucarest.

Aggiungo, personalmente, che spinge a grande tristezza vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie, che andrebbero, ben più opportunamente, destinate a fini di valore sociale.

Ma chi ne ha la responsabilità? Chi difende la propria libertà – e chi l’aiuta a difenderla – o chi aggredisce la libertà altrui?

Uno dei momenti, che fa più riflettere – anche oggi – sugli errori gravidi di conseguenze, si identifica con le parole che Neville Chamberlain, Primo Ministro britannico, pronunziò, a Londra, al ritorno dalla conferenza di Monaco nel 1938: “Sono tornato dalla Germania con la pace per il nostro tempo”.

Come tutti ricordiamo, Hitler pretendeva di annettere al Reich la parte della Cecoslovacchia che confinava con la Germania – i Sudeti – dove viveva anche una minoranza di lingua tedesca.

La Cecoslovacchia – che aveva fortificato quel confine temendo aggressioni – ovviamente rifiutava.

Le cosiddette potenze europee del tempo – Gran Bretagna, Francia, Italia – anziché difendere il diritto internazionale e sostenere la Cecoslovacchia, a Monaco, senza neppure consultarla, diedero a Hitler via libera. La Germania nazista occupò i Sudeti.

Dopo neppure sei mesi occupò l’intera Cecoslovacchia. E, visto che il gioco non incontrava ostacoli, dopo altri sei mesi provò con la Polonia (previo accordo con Stalin). Ma, a quel punto, scoppiò la tragedia dei tanti anni della Seconda guerra mondiale. Che, verosimilmente, non sarebbe scoppiata senza quel cedimento per i Sudeti.

Historia magistra vitae.

L’Italia, i suoi alleati, i suoi partner dell’Unione sostenendo l’Ucraina  difendono la pace, affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli. Perché questo – anche in questo secolo – condurrebbe a un’esplosione di guerra globale.

Naturalmente, avvertiamo indispensabile adoperarsi – in Ucraina come tra Israele e Palestinesi – per la fine della guerra, per chiudere queste piantagioni di odio, che le guerre rappresentano anche per il futuro. Palestre di disumanità nel calcolo delle giovani vittime mandate a morire, come avveniva nelle pagine più buie della Prima guerra mondiale.

Lei ha richiamato un altro aspetto inquietante: il diffondersi di una sub cultura che si ispira all’odio.

Una violenza che – come lei ha detto – da verbale diventa frequentemente fisica.

Nei giorni scorsi il tentativo di grave attentato a Trump; in maggio quello, di più pesanti conseguenze al Primo Ministro slovacco, Fico; nello stesso mese quello all’ex Sindaca (spero che si possa ancora dire) di Berlino, Giffey; al deputato europeo tedesco Ecke; che hanno fatto seguito ad altri attentati contro esponenti politici in Germania, talvolta con conseguenze mortali; due anni fa l’attentato al marito di Nancy Pelosi, sopravvissuto a fatica.

È fondamentale e doveroso ribadire la condanna ferma e intransigente nei confronti di questa drammatica deriva di violenza contro esponenti politici di schieramenti avversi trasformati in nemici.

Occorre adoperarsi sul piano culturale contro la pretesa di elevare l’odio a ingrediente, a elemento legittimo della vita: una spinta a retrocedere nell’inciviltà.

Si registrano anche un crescente antisemitismo, l’aumento dell’intolleranza religiosa e razziale, che hanno superato il livello di guardia. Un odio che viene spesso alimentato sul web, che va non soltanto condannato ma concretamente contrastato con rigore e severità.

Vi sono, in giro per il mondo, molti apprendisti stregoni, incauti nel maneggiare, pericolosamente, strumenti che generano odio e violenza.

Lei ha parlato degli avvenimenti elettorali in altri Paesi. Numerosi quest’anno, e in grandi democrazie. Dall’Indonesia, all’India, dal Regno Unito alla Francia, nell’Unione Europea, a novembre negli Stati Uniti.

L’Italia ha rapporti di amicizia e vicinanza tradizionali con Washington, maturati all’indomani della Seconda guerra mondiale con il generoso contributo alla ricostruzione offerto con il Piano Marshall e con il sostegno alla nostra democrazia, consolidatosi nell’Alleanza Atlantica e in altri numerosi contesti delle organizzazioni internazionali.

I vincoli di condivisione di valori dei nostri due popoli rafforzano i rapporti tra gli Stati e ne consentiranno la costante crescita. Al Presidente Biden va il ringraziamento della comunità internazionale per il suo apprezzato servizio e per la sua leadership.

Sotto altro profilo, rimango sorpreso quando si dà notizia o si presume che vi possano essere posizionamenti a seconda di questo o quell’esito elettorale, come se la loro indubbia importanza dovesse condizionare anche le nostre scelte. Nessuno – vorrei presumere – ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono gli elettori di altri Paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione. Questo vale sia per l’Italia, sia per l’Unione Europea.

Lei, Presidente, ha cortesemente citato alcune delle parole che ho pronunziato a Trieste qualche giorno addietro.

Come lei ha ricordato, ho parlato di Tocqueville, di Bobbio, di Popper. Ma ho parlato anche di altri, non meno illustri, tutti ormai, purtroppo, non più in vita.

Ho espresso – intenzionalmente – considerazioni concrete ma sul piano generale, di principi, senza alcun trasferimento ai temi del confronto politico attuale. E non è il caso di farlo qui.

Il mio riferimento alla correttezza e nitidezza dei sistemi elettorali muoveva – oltre che dall’inderogabile necessità di piena democraticità – dalla alta preoccupazione delle crescenti astensioni dal voto, invitando a chiedersi se una delle sue ragioni non sia la disaffezione provocata dalla percezione della eccessiva limitazione delle scelte effettivamente affidate agli elettori.

Se proprio vuole uno spunto di attualità, non glielo nego.

Riguarda la lunga attesa della Corte Costituzionale per il suo quindicesimo giudice.  Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio quella istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia.

Non so come queste mie parole saranno definite: monito, esortazione, suggerimento, invito.

Ecco, invito, con garbo ma con determinazione, a eleggere subito questo giudice. Ricordo che ogni nomina di giudice della Corte Costituzionale – anche quando se ne devono scegliere diversi contemporaneamente – non fa parte di un gruppo di persone da eleggere, ma consiste, doverosamente, in una scelta rigorosamente individuale, di una singola persona meritevole per cultura giuridica, esperienza, stima e prestigio di assumere quell’ufficio così rilevante.

Vi è un altro tema che le sue considerazioni mi inducono ad affrontare. Quello delle paure che attraversano alcuni Paesi, in un mondo globalizzato e sempre più interconnesso.

Vi sono molte persone che vivono in uno stato di tensione di fronte ai grandi cambiamenti in corso sempre più velocemente. Come ben sappiamo, registriamo condizioni nuove: di vita quotidiana, di modelli sociali, di lavoro, di formule di lavoro, di strumenti di cui avvalersi, di prospettive. Vi si affiancano fenomeni nuovi: dai mutamenti del clima alle possibili pandemie; da strumenti economici e sociali, ormai indispensabili, in mani di pochi e potenti gestori al di sopra dei confini e dell’autorità degli Stati; dalle migrazioni, in ogni continente, alla crescente fusione di popolazioni e di culture, a nuovi strumenti che la scienza propone.

Tutto questo genera, forse comprensibilmente, allarme in tanti, che si sentono disorientati, forse indifesi.  E che rischiano di cadere nella rete ingannevole di chi fa credere che la soluzione sia semplice: tornare a un’epoca dorata che non c’è più (se pur mai c’è stata). E che non ci sarà più. Perché la storia cammina, i cambiamenti non si possono fermare, il tempo non torna indietro.

Vi è un tema – l’ultimo che cito – che sempre più richiede vera attenzione: quello della situazione nelle carceri. Non ho bisogno di spendere grandi parole di principio: basta ricordare le decine di suicidi – decine di suicidi – in poco più dei sei mesi, in quest’anno.

Ma vorrei condividere una lettera che ho ricevuto – per il tramite del garante di quel territorio – da alcuni detenuti di un carcere di Brescia: la descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è – e deve essere – l’Italia.

Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, Non va trasformato, in questo modo, in palestra criminale.

Vi sono, in atto, alcune, proficue e importanti, attività di recupero attraverso il lavoro. Dimostrano che, in molti casi, è possibile un diverso modello carcerario.

È un dovere perseguirlo.  Subito, ovunque.

Vi ringrazio per la vostra presenza e vi ricambio intensamente gli auguri di una buona pausa estiva. E rivolgo i complimenti più grandi a Ilaria Caracciolo per la bellezza e il significato coinvolgente del ventaglio.

Grazie.

Biden annuncia il ritiro dalla corsa alla Casa bianca

Joe Biden si arrende e sostiene Kamala Harris

Biden si ritira dalla corsa alla Casa Bianca e ha annunciato il suo sostegno a Kamala Karris

 

Joe Biden non riesce più a tenere il ritmo di Trump.  Ha ritirato  così la candidatura per le elezioni nella serata di sabato 20 luglio. Il presidente, circa 24 ore prima dell’annuncio ufficiale affidato a una lettera diffusa su X, ha informato anche i più stretti consiglieri e la famiglia della sua decisione..

Biden, ancora convalescente dopo la diagnosi di Covid-19, è rimasto nella sua casa di Rehoboth Beach, nel Delaware, con la first lady Jill Biden per tutto il fine settimana. ..      Sabato sera – si apprende – ha chiesto a due dei suoi più stretti consiglieri, anche loro a Rehoboth, di cominciare a scrivere la lettera e di coordinare la gestione dell’annuncio del ritiro della candidatura.

Le ultime 24 ore

E’ arrivata la resa, alla fine della valanga innescata dal disastroso confronto televisivo dello scorso 27 giugno, che ha aperto una crisi irrisolvibile. Biden è stato abbandonato da una porzione sempre più ampia del partito democratico, tra appelli pubblici e manovre dietro le quinte, mentre i finanziatori hanno fatto scattare l’allarme chiedendo una svolta.

Dopo la decisione, Biden ha lavorato con Mike Donilon per redigere la lettera, ha detto la fonte, mentre Steve Ricchetti, un altro consigliere dai tempi della vicepresidenza, è stato incaricato di organizzare le modalità di gestione dell’annuncio.

Biden ha parlato con il capo dello staff della Casa Bianca, Jeff Zients. Alle 13.45 di domenica 21 luglio, quindi, il presidente ha comunicato la propria decisione ai più stretti collaboratori, poco prima della diffusione della lettera.

Biden: “No alle dimissioni immediate”

Biden, come ha spiegato nella lettera, si concentrerà sulla sua missione di presidente e “non vede l’ora di concludere il suo mandato”, assicura alla Cnn il portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates. No alle dimissioni immediate, quindi, come chiedono diverse voci repubblicane.

Il presidente Biden ha ereditato un’economia in caduta libera, un tasso di criminalità violenta alle stelle e alleanze a pezzi dal suo predecessore. Ha ribaltato la situazione per ottenere la più forte crescita economica del mondo e il più basso tasso di criminalità violenta in quasi 50 anni, rendendo la Nato più grande che mai. Non vede l’ora di concludere il suo mandato e di ottenere altri risultati storici per il popolo americano”…

E ha proseguito: “Questo include continuare a ridurre i costi, creare posti di lavoro e proteggere la sicurezza sociale, opponendosi al programma MAGAnomics che peggiorerebbe l’inflazione e ci porterebbe in recessione. E continuerà a lottare per proteggere le libertà degli americani dai divieti radicali sull’aborto e dagli attacchi allo Stato di diritto

 

I Democratici raccolgono 46,7 milioni di dollari in donazioni dopo il ritiro di Biden

Salgono a 46,7 milioni di dollari le donazioni raccolte dal partito Democratico sulla piattaforma ActBlue dopo l’annuncio del ritiro del presidente degli Stati Uniti Joe Biden dalla corsa per un secondo mandato. La piattaforma di raccolta fondi per i Democratici fa sapere di aver registrato il più alto importo di donazioni in un solo giorno nelle elezioni 2024, dopo che Biden si è ritirato e ha annunciato il sostegno alla sua vice Kamala Harris.

 

Se Harris avrà la nomination, ecco i possibili candidati vicepresidenti democratici  (vi è anche un astronauta)

Biden si ritira dalla corsa alla Casa Bianca e appoggia Kamala Harris, aprendo la strada alla scelta di un nuovo vicepresidente. La rosa dei papabili include almeno sei nomi.

 Roy Cooper. Il governatore della North Carolina è un moderato che è stato in grado di destreggiarsi nel complicato sistema politico dello Stato. Cooper ha ottenuto molte vittorie bipartisan, lavorando con i repubblicani anche per espandere il Medicaid, l’assistenza sanitaria per gli indigenti. 

– Josh Shapiro. Il governatore della Pennsylvania ha vinto nel 2022, e da tempo si dice che potrebbe diventare il primo presidente ebreo d’America. Con i suoi 51 anni è relativamente giovane e potrebbe servire per mettere l’accento sull’età avanzata di Trump. Non ha mai coperto ruoli di alto profilo nel governo, ma visto che Trump ha scelto J.D. Vance come suo candidato vice questo è un dettaglio che potrebbe destare poco interesse. 

– Gretchen Whitmer. Al suo secondo mandato da governatrice del Michigan, Whitmer è molto popolare nel Midwest e non ha mai nascosto le sue ambizioni politiche. Al New York Times ha confessato che nel 2028 le piacerebbe vedere alla Casa Bianca un presidente della “generazione X”, senza suggerire esplicitamente che potrebbe essere lei. Durante la pandemia è salita alle cronache come una dei bersagli di Trump per le sue misure anti Covid, tanto che un gruppo armato di estrema destra tentò di rapirla e processarla per la sua stretta anti virus. 

– Mark Kelly. Il senatore dell’Arizona, ex astronauta, è il marito dell’ex deputata Gabby Gifford, promotrice dei controlli sulle armi dopo essere a malapena sopravvissuta a una sparatoria nel 2011 nella quale furono uccise sei persone. Moderato, ha talvolta votato contro Biden soprattutto sui temi legati all’immigrazione. 

– Andy Beshear. Il governatore del Kentucky ha vinto due mandati in uno degli stati più repubblicani d’America, con una campagna basata sulla difesa dei diritti civili, incluso quello all’aborto. A differenza di altri papabili arriva però da uno Stato irrilevante nella strategia elettorale dei democratici. 

– Pete Buttigieg. Ex candidato alle primarie democratiche e poi volto dell’amministrazione Biden per i Trasporti, è considerato uno dei più abili comunicatori del governo. Le sue ambizioni politiche sono note e nel 2020 fu molto corteggiato dai media prima di arrendersi.

Commissione Ue, von der Leyen rieletta presidente con 401 sì Il partito della Meloni rivela il suo vero volto e vota contro

 

 

Il programma della presidente in 30 pagine. La promessa nel discorso a Strasburgo: “Obiettivo riduzione 90% emissioni entro 2040 sarà legge. Migranti? Triplicheremo guardie costiere e di frontiera”. Poi l’attacco a Orban

Ursula von der Leyen oggi a Strasburgo - Fotogramma /Ipa
Ursula von der Leyen oggi a Strasburgo – Fotogramma /Ipa

Ursula von der Leyen rieletta presidente della Commissione Ue con 401 voti a favore 284 contrari, 15 astensioni e 7 schede nulle. Questo l’esito delle votazioni di oggi a Strasburgo. Lo ha annunciato la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola.

La maggioranza necessaria era di 360 voti, perché un eurodeputato spagnolo Toni Comin, indipendentista catalano, non si è insediato per problemi giuridici in Spagna, sicché i componenti dell’Aula sono 719, non 720. Hanno votato 707 eurodep

Congratulazioni a Ursula von der Leyen! Fieri del grande lavoro di squadra del Ppe per sostenere la tua conferma alla guida della Commissione europea. Conta sempre su Forza Italia per costruire un’Europa più competitiva, più sicura e portatrice di pace”, il messaggio su X del ministro degli Esteri, vicepresidente del consiglio dei ministri e segretario nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, dopo il voto.

Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha espresso in un post su X le sue ”congratulazioni per la tua rielezione, Ursula von der Leyen”, parlando di ”un chiaro segnale della nostra capacità di agire nell’Unione Europea, soprattutto in tempi difficili”. Scholz ha aggiunto che ”gli europei si aspettano che facciamo progredire l’Europa. Facciamolo!”.

”Congratulazioni per la tua riconferma, cara Ursula. I tempi sono difficili, ma con il tuo coraggio e la tua determinazione, sono certa che farai un ottimo lavoro. Lo faremo, insieme”, le parole del premier polacco Donald Tusk sul social.

E dalla Spagna si congratula con la “cara Ursula von der Leyen” anche il premier Pedro Sánchez: “Continueremo a lavorare insieme per promuovere un’Unione Europea più prospera, sostenibile e socialmente giusta”. Scrive in un post su X. “La Spagna – aggiunge – continuerà a essere un partner leale e costruttivo per portare avanti la costruzione di un’Europa più forte”.

”Le mie congratulazioni alla mia amica Ursula von der Leyen per il suo secondo mandato alla guida della Commissione Europea. La partnership strategica della Nato con la Ue contribuisce a rafforzare la sicurezza in Europa e oltre”, la dichiarazione del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg su X.

Congratulazioni a Ursula von der Leyen sono state espresse anche dal premier britannico Keir Starmer. ”Non vedo l’ora di lavorare a stretto contatto con te per ridefinire le relazioni tra il Regno Unito e l’Unione Europea”, ha aggiunto.

FdI ha votato contro e la Meloni  invita al silenzio

Fratelli d’Italia ha votato contro la rielezione della presidente uscente. A confermarlo è stato il copresidente dell’Ecr ed eurodeputato FdI Nicola Procaccini dopo il voto: “Abbiamo votato contro von der Leyen, restiamo quelli che siamo”, ha detto. A riferire il probabile voto contrario del partito di Meloni, erano state in precedenza fonti dell’Ecr.

La “libertà di voto” sulla rielezione di Ursula von der Leyen che l’Ecr garantisce ai suoi eurodeputati vale “all’interno del gruppo”, non delle delegazioni nazionali. Gli eurodeputati di Fdi voteranno “compatti, spiegava in tarda mattinata Procaccini, al termine di una riunione degli eurodeputati di Fratelli d’Italia a Strasburgo, tenuta segreta. Gli altri eurodeputati interrogati avevano osservato la consegna del silenzio mentre si avviavano verso l’Aula. I Verdi avevano invece annunciato ufficialmente il voto a favore.

Voto contrario anche dalla Lega per cui “la conferma di Ursula Von der Leyen è una brutta notizia per i cittadini europei e per gli italiani in particolare, soprattutto per il pericoloso sostegno di sinistre ed eco-fanatici. Tradito il voto di milioni di elettori che chiedevano il cambiamento e che ora subiranno le scelte scellerate degli estremisti verdi”, si legge in una nota.

Decisivo l’appoggio dei Verdi

Decisivo è invece risultato l’appoggio dei Verdi: la maggioranza era di 360, von der Leyen ha preso 401 voti. Il voto è segreto, ma i Verdi hanno dichiarato pubblicamente il loro voto a favore. Assumendo che l’abbiano votata 48 Verdi (i 5 francesi potrebbero non averla appoggiata, poiché erano la delegazione più dubbiosa), senza i voti degli ecologisti von der Leyen non sarebbe stata rieletta, perché avrebbe avuto 353 voti, sette in meno del necessario.

 

 

Dichiarazione del Presidente Mattarella per l’attentato contro Donald Trump

 

 

 

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«L’attentato contro Donald Trump è motivo di grave allarme e forte indignazione. La violenza che, da qualche tempo, ha ripreso a manifestarsi in ambito politico è uno sconcertante sintomo di deterioramento del tessuto civile e del pericoloso rifiuto del confronto, del dialogo, del rispetto della vita democratica.
Auguro a Donald Trump e agli altri feriti un pronto ristabilimento ed esprimo cordoglio per il cittadino rimasto vittima di questo intollerabile gesto di odio e di attacco alla libertà. Gli Stati Uniti, grande democrazia, risponderanno certamente con efficacia e vigore a ogni concezione di violenza».

Trump ferito in un attentato, l’attentatore ucciso dai servizi segreti Due sostenitori feriti in modo grave Che succede? E perchè?

 

Donald Trump ferito

 

 

Donald Trump ferito in un attentato. Un cecchino di 20 anni spara mentre l’ex presidente sta tenendo un comizio a Butler, in Pennsylvania, per la campagna verso le elezioni Usa 2024. Trump viene colpito all’orecchio destro. Una persona tra gli spettatori viene uccisa, altre due vengono ferite gravemente. L’attentatore, identificato come Thomas Matthew Crooks, viene ucciso dai servizi segreti.

L’ attentatore aveva esplosivi in auto e in casa

il 20enne aveva ordigni esplosivi all’interno della sua auto, citando fonti a conoscenza della questione. La polizia ha ricevuto numerose segnalazioni di pacchi sospetti nei pressi del luogo in cui si è verificato l’attentato e sono stati inviati sul posto degli artificieri, proseguono le fonti. Un funzionario delle forze dell’ordine citato dalla Cnn ha spiegato che anche all’interno della casa dell’attentatore sono stati trovati degli esplosivi.

L’attentato: gli spari al comizio

L’allarme scatta attorno alle 18.15 negli Stati Uniti. Trump è sul palco, indossa il cappellino rosso d’ordinanza. Si sentono spari a ripetizione, l’ex presidente cade a terra e viene protetto da agenti dei Servizi Segreti. Quando si rialza, sorretto dagli uomini della sicurezza, ha una ferita all’orecchio destro e il volto sporco di sangue.   Aspettate, aspettate e prima di essere portato via alza il pugno e urla 3 volte “Fight!” (“Combattete”).

Le indagini, coordinate dall’Fbi, appurano che Trump si trovava a circa 150 metri dal punto da cui sono partiti i colpi, almeno 5. Secondo i Servizi Segreti, il cecchino ha aperto il fuoco da “posizione elevata”. Tre fonti delle forze dell’ordine hanno confermato che a sparare è stata una persona che si era appostata su un tetto, all’esterno del luogo del comizio. Per l’Fbi ”è stato un tentato omicidio”, ma finora ”non erano note minacce a Trump”.

Chi è il cecchino

A sparare è stato un ragazzo di 20 anni, identificato come Thomas Matthew Crooks.Colpito alla testa dai servizi segreti.  Non è chiaro se il ventenne abbia agito da solo ‘ o abbia avuto dei complici. Crooks, SI aveva fatto una donazione di 15 dollari a un gruppo progressista affiliato ai democratici. Il giovane viveva a Bethel Park, sobborgo di Pittsburgh, e si era diplomato alla Bethel Park High School nel 2022.

L’attentatore ha usato un Ar15, il modello di fucile semiautomatico più utilizzato negli Stati Uniti, anche nelle stragi di massa che si sono verificate nel Paese. Il giovane indossava una t-shirt di uno dei canali YouTube più popolari dedicati alle armi da fuoco, Demolition Ranch,

Gravi i due feriti al comizio

Sono in condizioni gravi i due sostenitori di Trump che sono rimasti feriti mentre partecipavano al suo comizio. Lo ha dichiarato Dan Laurent, vicepresidente delle comunicazioni aziendali dell’Allegheny Health Network. Entrambi sono ricoverati presso l’Allegheny General Hospital di Pittsburgh.

Efficienti i servizi di sicurezza?

Le indagini dovranno anche verificare il corretto funzionamento dell’apparato di sicurezza messo in campo a Butler. Da vagliare, inoltre, alcune testimonianze che fanno riferimento alla presenza del cecchino individuata dagli spettatori e ad alcune segnalazioni che le forze dell’ordine non avrebbero tenuto nella adeguata considerazione.

Trump: non mi arrenderò mai

“Non mi arrenderò mai”. Trump, dopo la corsa in ospedale e le dimissioni quasi immediate, si fa sentire con messaggi che ribadiscono la volontà di proseguire la campagna senza esitazioni. “Questo è un messaggio da Donald Trump: non mi arrenderò mai”.