Dal 1 Gennaio 2025 previsto il “discarico automatico” delle cartelle non pagate Approvato il decreto di riforma della riscossione

cartelle

E venne il giorno delle cartelle “in discarica”Il Governo ha approvato in via definitiva il decreto di riforma del sistema della riscossione intervenendo anche sul numero di rate richiedibili all’ADER, Ex Equitalia. Il contribuente potrà beneficiare di un periodo più lungo per il pagamento. Sarà possibile richiedere fino a 120 rate in base alla situazione di difficoltà economica in cui si trova il contribuente. Il decreto prevede anche una discarico automatico delle cartelle non pagate, ma non si tratta di uno stralcio del debito. Vediamo nello specifico quali sono le novità approvate dal Governo Meloni.

Il decreto di riforma della riscossone. Le principali novità- Urgente chiudere il capitolo delle cartelle inferiori a mille euro in prescrizione e adesso da passare……in discarica

Finalmente è arrivata l’approvazione definitiva del DL Riscossione. Il decreto entrerà in vigore dal 1° gennaio 2025. Almeno per quanto riguarda le disposizioni sulla rate da pagare all’Agente della riscossione, Ex Equitalia. Tra le varie novità introdotte dal decreto, si segnala l’introduzione del c.d. discarico automatico. Non si tratta nè di una rottamazione nè di uno stralcio delle cartelle. E’ previsto, a decorrere dal 2025, il “discarico automatico” dei ruoli:

  • affidati ad AdER decorsi 5 anni dal loro affidamento,
  • ad eccezione di quelli i cui crediti sono oggetto di procedure esecutive, concorsuali o di accordi di ristrutturazione del debito ai sensi del codice della crisi d’impresa.

Il discarico non comporta automaticamente l’estinzione del debito.  Cosicché l’Ente che vanta il credito nei confronti del contribuente potrà:

  • provvedere autonomamente alla riscossione del credito non prescritto o,
  • in presenza di “nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore”, riaffidarlo ad AdER.

Sull’azione di recupero dei crediti affidati ad AdER e su quella di discarico automatico è previsto sia il controllo del Ministero dell’economia e delle finanze che quello dell’Ente creditore, che può contestare all’agente della riscossione l’intervenuta decadenza o prescrizione del diritto di credito. L’ADER può definire la contestazione in via agevolata, pagando una somma pari ad un ottavo dell’importo del credito affidato oltre interessi (di un terzo in caso di mancata definizione agevolata o in assenza di ricorso alla Corte dei conti).

Ulteriori novità

Il nuovo decreto di riforma inoltre: prevede la progressiva estensione del numero massimo di rate per la rateizzazione ordinaria dei debiti fiscali dalle attuali 72 a 120. In caso di comprovato peggioramento della situazione economica del debitore, il periodo può essere prorogato di una sola volta per un periodo di pari durata.  si semplificano le procedure amministrative e gli adempimenti connessi all’erogazione dei rimborsi fiscali di competenza dell’Agenzia delle entrate in presenza di debiti iscritti a ruolo a carico dei beneficiari.

Come cambiano le rate con l’ADE, ex Equitalia?

Le principali novità apportate dal decreto di riforma della riscossione  riguardano le rate che possono essere richieste per pagare le cartelle. O altri avvisi affidati all’ADER per il recupero. A tal fine, con effetti dal 2025, viene modificato l’art.19 del DPR 602/1973. Ebbene, qui bisogna partire da due situazioni differenti:

  • il contribuente dichiara di “versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà”;
  • il contribuente attesta la propria situazione temporanea di obiettiva difficoltà.

Per debiti inferiori o pari a 120.000 euro, per chi dichiara di “versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà” è previsto un aumento delle rate richiedibili all’Ex Equitalia. L’aumento però sarà graduale. Infatti,  la dilazione potrà essere concessa:

  • fino a 84 rate mensili per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026,
  • a 96 per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028,
  • a 108 per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

A oggi si possono richiedere fino a 72 rate.

Se il contribuente attesta la propria situazione temporanea di obiettiva difficoltà

Se il contribuente attesta la propria situazione temporanea di obiettività difficoltà, per i debiti di importo superiore a 120.000 euro, potrà richiedere fino ad un massimo di centoventi rate mensili. Indipendentemente dalla data di presentazione della richiesta. Invece, sempre in ipotesi di attestazione di difficoltà, ma per i debiti di importo fino a 120.000 euro le rate variano:

  • da 85 a un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026;
  • da 97 a un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028;
  • da 109 a un massimo di 120 rate mensili per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

Da qui è lecito chiedersi come deve essere documentata la situazione di temporanea difficoltà economica. Ebbene:

  • per le persone fisiche e i titolari di ditte individuali tramite ISEE;
  • per gli altri soggetti, in base all’indice di liquidità e al rapporto tra debito da rateizzare e quello residuo eventualmente già in rateazione e al valore della produzione.

Sarà il Mef con apposito decreto a fissare con più precisione le regole per dimostrare la temporanea situazione di obiettività difficoltà.

Chiudere i conti con il Fisco adesso si può- Legge di bilancio 2019 interessante per le persone in grave difficoltà economica

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Disco verde al  ‘saldo e stralcio’ delle cartelle.  Il provvedimento contenuto nella Legge di Bilancio 2019 che consente, alle persone in situazione di grave e comprovata difficoltà economica, di pagare i debiti fiscali e contributivi in forma ridotta, con una percentuale che varia dal 16 al 35% dell’importo dovuto già ‘scontato’ delle sanzioni e degli interessi di mora.

La legge prevede che le persone fisiche con Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) del nucleo familiare non superiore a 20 mila euro, oppure per le quali, alla data di presentazione della dichiarazione di adesione, risulti già aperta la procedura di liquidazione prevista dalla cosiddetta legge sul sovraindebitamento. Il modello Sa – St, dove ‘Sa – St’ indica ‘saldo e stralcio’, deve essere presentato entro il 30 aprile 2019 . Vediamo quindi chi può beneficiare del provvedimento e cosa prevede nel dettaglio.

Il modello Sa-St per aderire al ‘saldo e stralcio’ è riservato ai contribuenti persone fisiche che dimostrino di avere i requisiti reddituali e patrimoniali indicati dalla legge (Isee del nucleo familiare non superiore a 20 mila euro) e che abbiano debiti affidati all’agente della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2017 derivanti esclusivamente da omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di cui all’art. 36-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all’articolo 54-bis, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a titolo di tributi e relativi interessi e sanzioni; omesso versamento di contributi dovuti dagli iscritti alle casse previdenziali professionali o alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi dell’Inps con esclusione di quelli richiesti a seguito di accertamento.

Possono aderire al “saldo e stralcio” anche le persone fisiche per le quali risulta già aperta la procedura di liquidazione di cui all’art. 14-ter della Legge n. 3/2012 (legge sul sovraindebitamento) alla data di presentazione della dichiarazione di adesione. Rientrano nell’agevolazione anche i contribuenti che, nel rispetto dei requisiti in termini di Isee e per le sole tipologie di debiti previste dalla legge, hanno aderito alle precedenti “rottamazioni delle cartelle” previste dal DL n. 193/2016 e dal DL n. 148/2017 e non hanno perfezionato integralmente e tempestivamente i pagamenti delle somme dovute.

 – I debiti da estinguere riportati nelle cartelle e negli avvisi interessati dal ‘saldo e stralcio’ senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora e pagando una percentuale che varia in base alla situazione economica del contribuente.

In particolare, si sottolinea, si verserà il 16% dell’importo dovuto a titolo di capitale e interessi in caso di Isee del nucleo familiare non superiore a 8.500 euro, il 20% con Isee da 8.500 fino a 12.500 euro e il 35% se il contribuente ha un Isee compreso tra 12.500 e 20 mila euro. Nel caso di persone fisiche per le quali risulta aperta la procedura di liquidazione prevista dalla legge sul sovraindebitamento, la percentuale per il pagamento è pari al 10% delle somme dovute a titolo di capitale e interessi. Saranno comunque dovute le somme maturate a favore dell’agente della riscossione a titolo di aggio e di rimborso spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

 Il modello Sa – St deve essere correttamente compilato in tutte le sue parti: dopo aver riportato i dati personali, bisogna indicare le cartelle o gli avvisi per i quali ci si vuole avvalere del provvedimento “saldo e stralcio”. Successivamente bisogna attestare di trovarsi in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, riportando i riferimenti della Dichiarazione Sostitutiva Unica (Dsu) presentata ai fini Isee e segnalando il valore Isee del proprio nucleo familiare o allegando, nel caso di procedura di liquidazione, la copia conforme del relativo decreto.

Nel modello il contribuente deve inoltre specificare se intende procedere al versamento della somma dovuta in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2019 oppure in 5 rate di importo variabile (35% del totale dovuto entro il 30 novembre 2019, il 20% entro il 31 marzo 2020, il 15% entro il 31 luglio 2020, il 15% entro il 31 marzo 2021 e il restante 15% entro il 31 luglio 2021) con un interesse annuo del 2 per cento a decorrere dal 1° dicembre 2019.

Il modello Sa – St deve essere presentato entro il 30 aprile 2019 tramite posta elettronica certificata (Pec), insieme alla copia del documento di identità e alla documentazione allegata, alla casella Pec della Direzione Regionale dell’Agenzia delle entrate-Riscossione di riferimento (l’elenco delle Pec è pubblicato nel modello e sul sito di Agenzia delle entrate-Riscossione), oppure consegnato agli sportelli dell’Agenzia delle entrate-Riscossione

(Ag:). 

Una pressione fiscale che uccide imprese e dipendenti

Un imprenditore si è ucciso nella sua azienda

Nel 2017  secondo i calcoli dell’Ufficio studi della Cgia, la pressione fiscale è  arrivata al 42,5 per cento. Il peso delle tasse sui contribuenti italiani fedeli al fisco, invece, sarà superiore di oltre 6 punti: la pressione fiscale reale, infatti, è prevista al 48,8 per cento.

Ricorderemo che un imprenditore di Umbertide si è ucciso ieri impiccandosi nella sua azienda. Ha lasciato una lettera in cui spiega che le banche gli avevano negato linee di credito e da mesi non pagava gli stipendi agli operai. Nella stessa lettera ha chiesto ai suoi avvocati di provvedere ai suoi dipendenti. Lascia moglie e due figli.

L’imprenditore ,che ieri mattina si è ucciso nella sua azienda di Umbertide, stava per firmare un accordo con i sindacati che lo avrebbe portato al pagamento dilazionato degli stipendi dovuti ai suoi circa 130 dipendenti.   E’ una pressione fiscale che non lascia scampo a chi vuol dare lavoro in Italia. E il caso dell’onesto imprenditore tartassato non è isolato.

“Con un peso reale del fisco italiano tra i più elevati in Europa -afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – da un lato è difficile fare impresa e dall’altro chi lavora come dipendente percepisce uno stipendio netto pari alla metà di quanto costa al proprio titolare. Sia gli uni sia gli altri sono vessati da un fisco ingiusto ed eccessivo che, insieme alla burocrazia ottusa e snervante, continua a rappresentare il principale ostacolo alla ripresa economica del Paese”.

Per quale ragione esiste questo differenziale tra i dati ufficiali e quelli realmente “sopportati” dai contribuenti onesti? Come è previsto a livello europeo, anche il nostro Pil, ricordano dalla Cgia, include l’economia non osservata ascrivibile alle attività irregolari. Secondo l’Istat, infatti, nel 2014 (ultimo dato disponibile) l’economia non osservata ammontava a 211 miliardi di euro (pari al 13 per cento del Pil): di cui 194,4 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 16,9 alle attività illegali.

In questa analisi, l’Ufficio studi della Cgia ha ipotizzato, molto prudenzialmente, che l’incidenza dell’economia sommersa e delle attività illegali sul Pil nel triennio 2015-2017 non abbia subito alcuna variazione rispetto al dato 2014. Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali ed il Pil prodotto in un anno, nel 2017 è destinata ad attestarsi al 42,5 per cento.

Se, però, dalla ricchezza del Paese (Pil) “rimuoviamo” la quota riconducibile al sommerso economico e alle attività illegali che, almeno in linea teorica, non producono alcun gettito per le casse dello Stato, il prodotto interno lordo diminuisce (quindi si “contrae” il valore del denominatore) e aumenta così il risultato che emerge dal rapporto tra il gettito fiscale e il Pil.

Pertanto, la pressione fiscale reale che grava su lavoratori dipendenti, sugli autonomi, sui pensionati e sulle imprese che si comportano correttamente nei confronti del fisco è superiore a quella ufficiale di 6,3 punti. Per l’anno in corso, infatti, è destinata a collocarsi al 48,8 per cento. Anche se in calo rispetto agli anni precedenti, il peso complessivo del fisco rimane comunque ad un livello insopportabile.

(Agenzia)