Quattro misure cautelari in carcere per associazione mafiosa e “controllo” delle “piazze di spaccio”

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 Palermo –
Nella mattinata odierna i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno dato esecuzione a 4 misure cautelari in carcere nei confronti di altrettante persone indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, estorsione, lesioni personali e porto abusivo di armi da fuoco.
Il provvedimento, emesso dall’ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, è frutto delle risultanze di una complessa attività d’indagine condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo tra il febbraio 2022 e dicembre 2023, che hanno riscontrato a pieno le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Le investigazioni che vanno a corroborare le risultanze emerse nell’attività che aveva portato alle misure cautelari eseguite nel luglio 2022 nell’ambito della cosiddetta – operazione “Vento”, hanno consentito di delineare gli assetti interni e le attività criminali del mandamento mafioso di Palermo – Porta Nuova, facendo emergere la pericolosità dei personaggi che per suo conto svolgono le attività criminali. Ai destinatari dell’odierno provvedimento viene contestato di aver preso parte a un’associazione che per conto della compagine mafiosa controllava le “piazze di spaccio”, ricorrendo sovente ad atti di violenza e d’intimidazione, anche con l’uso di armi imponendo a chi operava nel commercio al dettaglio, l’acquisto dello stupefacente (prevalentemente cocaina) ad un costo prestabilito (più alto del prezzo di mercato), nonché il pagamento di una somma sui ricavi delle vendite.
L’indole violenta degli indagati emerge in diverse circostanze, e tra queste rilevano un pestaggio commesso ai danni di un uomo nel quartiere Zisa, avvenuto in pieno giorno e a volto scoperto nonché le pesanti minacce esercitate nei confronti di alcuni pusher, sparando nell’occasione contro un muro un colpo di arma da fuoco a scopo intimidatorio, per imporre le regole del sodalizio mafioso in materia di traffico di stupefacenti.
Nel corso delle attività pertanto oltre ai significativi quantitativi di stupefacenti imposti sulle piazze di spaccio emergeva una costante presenza di armi. Durante le perquisizioni delegate dall’autorità giudiziaria, sono state arrestate altre due persone, una donna e un uomo, trovate in possesso di più di mezzo chilo tra hashish e cocaina oltre a un’ingente quantità di denaro in contante.
L’operazione di oggi è il frutto della costante azione di contrasto a cosa nostra, condotta dal Comando Provinciale di Palermo, in coordinazione con la Procura della Repubblica, attraverso l’incessante azione di controllo del territorio e la capillare presenza in città e in provincia. È obbligo rilevare che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.

Sciacca, individuata dai Carabinieri una banda dedita a furti in aree rurali

 

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Sciacca,

I Carabinieri della Compagnia di Sciacca, con il supporto dei colleghi della Compagnia di Castelvetrano, hanno arrestato un 53enne di origine rumena ritenuto responsabile di furto, ricettazione e resistenza a P.U.

Al fine di contrastare i furti di rame che nell’ultimo periodo si sono verificati nel Belicino, a cavallo tra le province di Agrigento e Trapani, la Compagnia Carabinieri di Sciacca ha disposto mirati servizi, anche con personale in abiti civili, lungo le principali strade provinciali dell’area. Nel corso di uno di questi, sulla SP 44, nel Comune di S. Margherita di Belice, veniva notato transitare, a velocità sostenuta, un furgone con bordo delle persone. I militari tentavano di seguire gli spostamenti del furgone ma purtroppo ne perdevano le tracce. A quel punto, insieme ai colleghi della confinante Compagnia di Castelvetrano, venivano disposti dei servizi di controllo nei punti nevralgici del territorio.

Dopo qualche ora, i militari delle due Compagnie riuscivano a individuare di nuovo il furgone mentre, preceduto da un SUV, usciva da una strada di campagna. Intimato l’alt agli occupanti dei mezzi, di tutta risposta entrambi tentavano la fuga, cercando di speronare una delle auto di servizio. La fuga terminava a poche centinaia di metri quando l’autista del furgone perdeva il controllo del mezzo e andava a finire in un fosso, venendo subito bloccato dai militari, mentre i due occupanti del SUV, dopo aver urtato il guardrail, abbandonavano il mezzo e fuggivano per le campagne circostanti facendo perdere le loro tracce.

Dalle successive verifiche emergeva che il gruppo aveva rubato, da una cantina vinicola di Salaparuta (TP), il SUV abbandonato, oltre 1500 litri di gasolio, cassette di vino, ed attrezzatura varia. Il furgone utilizzato dal malvivente arrestato risultava invece essere stato rubato a Roccamena (PA). La refurtiva, per un valore complessivo di circa 35.000 euro, veniva restituita ai legittimi proprietari. Pertanto, il 53enne veniva tratto in arresto e, su disposizione della Procura della Repubblica di Sciacca, sottoposto agli arresti domiciliari in attesa dell’udienza di convalida, durante la quale il giudice convalidava l’arresto e disponeva nei confronti dell’uomo la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza.

Stop al Clan Cappello: i Carabinieri sequestrano il lido Miami Lounge Beach a Catania Gli indagati dovranno rispondere di truffa e falso in atto pubblico.

 

 

Sequestro beni a boss della malavita siciliana. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Catania su richiesta della Procura della Repubblica etnea e su ordine del Tribunale, hanno sequestrato beni per tre milioni a Salvatore Pistone, pregiudicato 62enne di Caltanissetta e a due donne congiunte con elementi di spicco del clan mafioso dei Cappello, Giovanna Maria Salvo, pregiudicata catanese di 51 anni e Anna Laura Comparato, catanese di 28 anni . Tutti e tre sono indagati per truffa e le due donne anche per falsità ideologica commessa da P.U. in atti pubblici.

 Pistone, nella prima fase della truffa, iniziata nel 2021, avrebbe dovuto occuparsi delle trattative iniziali con la società titolare dello stabilimento balneare, il “Miami Lounge Beach Bar”, con l’obiettivo di convincerlo a sottoscrivere a suo favore un contratto d’affitto. Pistone si è finto legale rappresentante di una società svizzera – realmente esistente ed operante nel Canton Ticino ma che è totalmente all’oscuro dell’intera vicenda – ed ha avviato le trattative con il rappresentante della proprietà del lido, esibendo documenti e deleghe false, mai prodotti o emessi dal gruppo elvetico.

L’offerta era particolarmente allettante prevedendo canone vantaggiosi per la società: 135.000 all’anno per i primi due anni, 140.000 euro per il terzo e il quarto anno e 150.000 per il quinto e il sesto. Pure la “polizza fideiussoria” a garanzia dei futuri pagamenti dei canoni di locazione sarebbe stata falsa. Nel mese di marzo 2022, l’amministratore della società catanese quindi firmò il contratto concedendo in affitto il lido, con annesso ristorante.

Si definisce il ruolo delle due  donne: la Comparato ad esempio avrebbe avuto il compito di organizzare in prima persona le prenotazioni e tenere i contatti in nome e per conto dell’azienda. Le due donne, tuttavia, non avrebbero mai pagato la quota dei canoni di locazione pattuiti con la proprietà, motivo per cui erano state citate in giudizio davanti al Tribunale Civile di Catania. Anche in questa circostanza le due indagate hanno prodotto durante il processo civile, documenti falsi, con lo scopo di indurre in errore il giudice.

Secondo le investigazioni svolte l’attività commerciale si è scoperta  era stata  illecitamente acquisita. Il lido è stato affidata in custodia giudiziaria all’amministratore individuato dal Tribunale.

Palermo, Controlli sugli illeciti commessi nel settore della ristorazione

 

Ispezione dei Carabinieri Nas in un pronto soccorso di Roma ...Dov'è il  Capo Sala?🤔 #carabinieri - YouTube

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 – Palermo,
Nell’ambito di controlli sugli illeciti commessi nel settore della ristorazione, i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Palermo, durante l’ultimo fine settimana, hanno controllato i ristoranti cittadini e del lungomare di un quartiere costiero della provincia.
Durante alcune delle ispezioni, gli specialisti del NAS hanno constatato violazioni amministrative riguardanti l’ampliamento arbitrario di alcuni locali, nonché la scorretta applicazione delle procedure di autocontrollo. Ai responsabili sono state elevate sanzioni pecuniarie per oltre 3.000 euro.
I Carabinieri, durante un altro controllo effettuato in un ristorante etnico cittadino, hanno accertato le precarie condizioni igieniche del luogo e hanno proceduto al sequestro di oltre 2 quintali di alimenti vari, scaduti o tenuti in mancanza di adeguate procedure di autocontrollo. Gli alimenti, del valore di 6.000 euro circa, sono stati sequestrati amministrativamente e sono state contestate sanzioni per 3.000 euro.

Omicidio poliziotto Nino Agostino,il 5 agosto del 1989. Oggi arriva la condanna all’ergastolo per Gaetano Scotto Il papà del poliziotto ucciso è morto lo scorso aprile

Vincenzo Agostino - padre di Antonino Agostino che si è battuto fino alla morte per avere  giustizia per il figlio - con la foto del poliziotto e sua moglie stampata sulla maglietta  - Fotogramma

Il padre Vincenzo Agostino che non tagliò mai la barba in attesa di avere giustizia   E’ morto lo scorso aprile …

 

 

Condanna all’ergastolo per Gaetano Scotto accusato dell’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino ucciso con la moglie Ida Castelluccio il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini (Palermo).

La sentenza è stata emessa pochi minuti fa dalla Corte d’Assise di Palermo presieduta da Sergio Gulotta. E’ stata così accolta la richiesta della  Procura generale di Palermo. In aula anche la procuratrice generale Lia Sava, con i Pg Nico Gozzo e Umberto De Giglio.

Assolto l’altro imputato, Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento aggravato. E’ stata la  Procura generale a chiedere l’assoluzione. Il padre dell’agente, Vincenzo Agostino, dal giorno dell’agguato non tagliò mai la barba in attesa di “avere giustizia”. E’ morto lo scorso aprile, in attesa di conoscere la sentenza. La moglie, Augusta, era morta 5 anni prima. A portare avanti la battaglia per la verità, a distanza di 35 anni, sono le figlie Nunzia e Flora e i nipoti, tutti in aula.   Tutti si dicono soddisfatti “anche se si devono capire tante altre cose”

Durante il processo è emerso che il poliziotto Agostino, che all’epoca era in servizio al Commissariato di San Lorenzo di Palermo raccoglieva informazioni sui latitanti nel territorio del mandamento di Resuttana.

“Un fatto importante da risultare decisivo nella valutazione di quella che deve essere la responsabilità di chi faceva parte di questa compagine criminale”, hanno spiegato le difese di parti civili, durante le arringhe. Non ci sono state repliche, né dalla Procura generale né dalle difese, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio.

In passato il boss Nino Madonia era stato giudicato in un procedimento parallelo con rito abbreviato. Adesso sul banco degli imputati Gaetano Scotto, suo stretto collaboratore, per il quale la Procura generale nelle scorse settimane ha chiesto l’ergastolo. Per la difesa di Scotto non si sarebbe trattato di un omicidio di mafia.

Ma il delitto sarebbe stato di ben “altra natura che trae origine da ben altri rapporti”. Elementi che porterebbero “alla assoluta mancanza di prova nei confronti di Scotto Gaetano. Per tali motivi concludo, così come il mio precedente difensore, chiedendo l’assoluzione di Scotto Gaetano per non aver commesso il fatto contestato”, ha detto l’avvocato Giuseppe Scozzola. Oggi la decisione della Corte d’Assise. Ergastolo per Scotto.

Il sindaco di Paternò, Nino Naso, rinviato a giudizio per il reato di voto di scambio politico mafioso, ma lui resiste e non vuol dimettersi

 

Catania

E’ alle corde sul ring con la Procura. Ma il sindaco non vuol dimettersi  e comunica al prefetto di Catania  la volontà  di far controllare il Comune dagli ispettori.      Sono sette anni da primo cittadino, «atto per atto» e per «passare al setaccio» il suo operato certo che “non c’è stata alcuna collusione, tolleranza o accondiscendenza con la mafia”.

Il sindaco di Paternò, Antonino Naso,ha ribadito la sua innocenza a Palazzo Alessi, alla presenza della stampa. Indagato dalla Procura distrettuale di Catania per voto di scambio politico mafioso, reato che, secondo l’accusa, sarebbe stato commesso con esponenti del clan Morabito-Rapisarda legato alla “famiglia” Laudani, durante le elezioni comunali del 2022.

 

«Qualsiasi decisione – ha spiegato il sindaco Naso – l’ho presa sempre ascoltando la città. Non mi nascondo. Ho invitato tutti i consiglieri comunali, opposizione e maggioranza perché tutti siamo a servizio della città. In questo momento particolare ho sentito il calore e ho deciso di metterci la faccia come ho sempre fatto. Perché vivo la mia città e non la rinnegherò mai. Il valore della libertà è incommensurabile, ma ancora più grande è il valore della verità. Vogliamo la verità. Possiamo aprire il comune sotto e sopra, ma vogliamo la verità. Vengano a controllare i conti in banca del sindaco».

Il Tribunale del riesame di Catania, il 30 settembre scorso, ha accolto il ricorso della Procura di Catania contro la decisione del Gip di rigettare la richiesta di emettere un’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di cinque indagati nell’operazione Athena, compreso il sindaco Naso, per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio assieme ad altri 48 imputati. Il Tribunale ha disposto la sospensione dell’ordinanza agli arresti domiciliari, fino alla decisione della Cassazione.

Roma,Prevenzione e contrasto della criminalità diffusa e del degrado urbano. Denunce e sanzioni

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Roma,
Prevenzione e contrasto della criminalità diffusa e del degrado urbano, questi sono gli obiettivi perseguiti nel corso di un’attività di controllo dei Carabinieri nell’area urbana di Prima Porta e Labaro, unitamente a personale del Nucleo Cinofili, del Nas e con il controllo aereo del Nucleo Elicotteri Carabinieri di Roma Urbe.
Nel corso del servizio, in linea con l’azione fortemente voluta dal Prefetto di Roma Lamberto Giannini in seno al Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica e dando attuazione alle direttive del Ministro dell’Interno per incidere sulle situazioni di illegalità e degrado urbano, i Carabinieri della Compagnia di Roma Cassia quale sono state denunciate 21 persone e sanzionati 8 esercizi commerciali, di cui 5 (4 bar e 1 tabacchi) per inosservanza degli orari di funzionamento delle slot machine e dei video poker e 3 (tutti mini market) per mancati adempimenti delle procedure di autocontrollo in materia di preparazione, produzione, confezionamento, commercio e somministrazione di alimenti (HACCP), per un importo complessivo di 7800 euro.
Durante il controllo sono state identificate 95 persone e controllati 40 veicoli, inoltre sono stati segnalati alla Prefettura altri 3 individui per detenzione per uso personale, di hashish e marijuana.
In particolare tra i denunciati vi sono i titolari di numerosi esercizi commerciali, tra cui bar, officine, aziende agricole, un autosalone, una associazione sportiva calcistica dilettantistica e una frutteria e i proprietari di diverse abitazioni, tutti risultati abusivamente allacciati alla rete elettrica pubblica, per un danno quantificato dalla società che gestisce il servizio elettrico, di circa 190 mila euro.
È stato denunciato anche un italiano di 59 anni, per detenzione di arma illegale alterata, in quanto colto dai Carabinieri, a seguito di perquisizione domiciliare, con un fucile a canne mozze con relativo munizionamento sul comò della propria camera da letto.
Denunciati anche un cittadino straniero di 42 anni, trovato in possesso di un iPhone rubato, e un ragazzo italiano appena maggiorenne, anche lui indagato per ricettazione, in quanto sorpreso a bordo di un motociclo Honda SH 150 provento furto.
Un uomo di 49 anni è stato infine denunciato poiché deteneva illegalmente in casa un cinghiale chiuso in gabbia.

Messina: traffico di droga e spaccio, 9 arresti e 60 poliziotti impegnati nell’operazione

 

 

 

 

Messina,

Operazione antidroga a Messina con oltre 60 poliziotti impegnati nell’esecuzione, questa mattina, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale nei confronti dei componenti di due organizzazioni criminali specializzati nel traffico di droga.

L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, si è conclusa con l’arresto di nove persone accusate di detenzione, spaccio di sostanze stupefacenti e associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico.

Le indagini dei poliziotti del commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), svolte in collaborazione con quelli della Squadra mobile messinese e del commissariato di Milazzo, hanno consentito di ricostruire le dinamiche dell’attività criminale e svelato anche un aspetto particolarmente allarmante.

In particolare, gli investigatori della Polizia di Stato sono riusciti a scoprire un complesso sistema di spaccio che coinvolgeva anche la casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto. La droga era nascosta all’interno di pietanze consegnate a un detenuto con la complicità della moglie.

La donna, avvalendosi di un cellulare in uso all’uomo, introdotto clandestinamente in carcere, avrebbe eseguito puntualmente le direttive del marito, occupandosi della vendita al dettaglio della droga e della contabilità dell’attività illecita.
Un ruolo chiave sarebbe stato svolto da ignari corrieri, utilizzati per introdurre la droga in carcere occultata all’interno di pietanze.

Contestualmente gli investigatori hanno scoperto l’esistenza di un’altra organizzazione ben strutturata e operante principalmente a Milazzo e nei comuni limitrofi.

Le indagini, svolte con intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno documentato numerosi episodi di acquisto all’ingrosso di stupefacente che, trasportato da Messina verso la riviera tirrenica, veniva poi distribuito tra i pusher del gruppo per lo spaccio al dettaglio.

Rilevanti sono ritenuti i profitti economici che entrambe le organizzazioni criminali hanno maturato nel tempo e che sarebbero stati spesso impiegati per l’acquisto di gioielli o abiti di grandi firme o comunque per consentire agli appartenenti di mantenere uno stile di vita ampiamente superiore alle loro disponibilità economiche dichiarate.

Nel corso dell’operazione di oggi, a cui hanno partecipato i poliziotti delle volanti, della scientifica della questura di Messina, quelli del Reparto prevenzione crimine Sicilia Orientale e squadre cinofile antidroga della questura di Reggio Calabria, sono state effettuate diverse perquisizioni domiciliari.

Scoperte a Palermo due aziende vinicole clandestine

Vino, ecco le dieci cantine più grandi d'Italia - Economia e ...

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Palermo,
I militari del NAS di Palermo, operando nell’ambito della più ampia strategia di controllo a livello nazionale sugli illeciti commessi sulla filiera degli alcolici e del vino, disposta dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, in collaborazione con i tecnici della prevenzione dell’ASP di Palermo, hanno scoperto due aziende vinicole clandestine nella provincia di Palermo.
In una hanno fermato il lavoro di uno strutturato stabilimento di trasformazione dell’uva in vino privo di qualsiasi autorizzazione sanitaria, sottoponendo a sequestro più di 4 tonnellate di uva e mosto in fermentazione nonché l’intero stabilimento, il cui valore complessivo è di circa 60.000 euro; al titolare è stata comminata una sanzione amministrativa di 3.000 euro. Nell’altra hanno scoperto un impianto analogo, ugualmente risultato sprovvisto di autorizzazione in cui erano in fermentazione circa 5 tonnellate di uva, sottoposta a sequestro insieme a tutto l’opificio. Anche in questo caso, al titolare dell’impianto è stata elevata una sanzione amministrativa di 3.000 euro, mentre il valore complessivo del sequestro è di oltre 70.000 euro

Napoli, Ordinanza cautelare nei confronti di 50 trafficanti di vari tipi di droga

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 Napoli – Caivano 
I  Carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna comunicano di aver  eseguito una ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 50 persone (di cui 49 sottoposte alla custodia in carcere, 1 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nonché di detenzione a fine di spaccio di droga, delitti aggravati dalla finalità di agevolare il clan Angelino – Gallo, egemone in Caivano e territori limitrofi. 
In particolare, l’associazione in questione si sarebbe occupata dell’approvvigionamento all’ingrosso di vari tipi di droga ed avrebbe fissato i tempi, i luoghi, le modalità di trasporto, custodia e vendita degli stupefacenti per il rifornimento, in via quasi esclusiva, delle singole piazze di spaccio di Caivano e del Parco Verde. 
Sarebbe così ricostruito il funzionamento di oltre 25 diverse piazze di spaccio, i cui capi sarebbero stati autorizzati a svolgere le proprie illecite attività con obbligo di rifornirsi dal sodalizio criminale, che avrebbe imposto i prezzi di ogni tipo di sostanza da commerciare. 
Il giro d’affari ricostruito ammonterebbe a circa 500 mila euro mensili. 
L’attività di indagine si inserisce in un quadro investigativo più ampio che, nel corso dell’ultimo anno, ha già portato a numerosi arresti nel comune di Caivano. 
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.