Processo Open Arms: Umanità, diritto e potere “La persona in mare va salvata, chiunque essa sia, non è accettabile proteggere i confini in questo modo…”

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di     ERMINIA  LANZA

Palermo

Processo Salvini, Open Arms. La sentenza sarà emessa il prossimo 20 dicembre, ha reso noto il Presidente della seconda sezione penale di Palermo Roberto Murgia alla fine dell’udienza.

In piazza esponenti e ministri della Lega esprimono solidarietà a Salvini. “Qui aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo.

Ricorderemo che a bordo della Open Arms, per i Giudici che indagano, non c’era alcun pericolo di terrorismo e dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato. Le condizioni dei migranti si aggravarono di giorno in giorno per la scelta di Salvini di tenerli in mare. «Il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo», quel «diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione», ha affermato la PM  dottssa Marzia Sabella. A chi nella Lega e nel centrodestra ha attribuito una matrice politica al processo, il sostituto procuratore Geri Ferrara, assieme alla collega Giorgia Righi, ha risposto che non si tratta di «un processo politico» perché «è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla»: sono stati valutati «atti amministrativi come il ritardo o la negazione» del porto per sbarcare.

«L’ELEMENTO CHIAVE – per l’accusa – è stato quando Salvini ha assunto il ruolo di ministro» e «ha spostato le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos dal dipartimento Libertà civili e immigrazione al suo ufficio di gabinetto». È stato lui, insomma, ad assumere tutte le decisioni, era lui che veniva informato in modo «costante e quotidiano» sui movimenti di Open Arms. Per i pm «non è accettabile» l’idea di anteporre la protezione dei confini nazionali ai diritti umani, «c’è un principio chiave non discutibile: nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, i diritti umani prevalgono sulla protezione della sovranità dello Stato». E ancora: «La persona in mare va salvata, è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio o passeggero» perché «per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante o un terrorista va salvato, poi la giustizia fa il suo corso».

 

Salvini: «Verrò a Piacenza per confermare l'impegno a favore della sicurezza»

 

La difesa del Ministro Salvini

Da un lato l’accusa a Salvini di non aver avuto umanità  con il potere  che aveva  di  far sbarcare migranti e sofferenti .  Dall’altro lato  l’avvocato difensore (della Lega) ,Bongiorno,  che  così  afferma in udienza: “Si contesta al ministro Salvini il reato di sequestro di persone per avere tenuto dei migranti a bordo, dal 14 al 19 agosto 2019, al contempo si considera legittimo che Open Arms abbia tenuto a bordo gli stessi migranti dal primo al 14 agosto. Quando era evidente a tutti, persino a Malta, che Open Arms aveva il dovere di andare in Spagna”, le parole con cui l’avvocata Bongiorno ha iniziato l’arringa. “Open Arms ha avuto innumerevoli possibilità di fare sbarcare i migranti ma ha opposto innumerevoli, innumerevoli, innumerevoli rifiuti. Ha scelto di bighellonare anziché andare nel suo Stato di bandiera“.

Dobbiamo uscire dalla logica che è tutto un diritto – ha scandito Bongiorno – Una cosa è un diritto, un’altra è la pretesa. Esiste un diritto allo sbarco, non esiste il diritto di scegliere dove e come farli sbarcare e chi fare sbarcare. Mi sono chiesta perché se c’erano tutte queste opzioni hanno scelto di non andare in Spagna”.

E anche in conclusione del suo intervento : “Nell’agosto del 2019 il ministro Matteo Salvini sì stava combattendo una battaglia, ma certamente non contro i migranti. Gli atti di questo processo documentano che i migranti sono stati aiutati, assistiti, tutelati. La Guardia costiera si mise in ginocchio. Salvini stava combattendo una battaglia contro chi confonde le pretese e i diritti. Ma usare a sproposito il termine diritto è molto pericoloso, innanzitutto per i diritti. Non esiste il diritto di bighellonare per due settimane con i migranti a bordo pur di non ottemperare un divieto. Non esiste il diritto di rifiutare le indicazioni degli Stati delle zone di ricerche e soccorso. Non esiste il diritto di scegliere dove, quando e come fare sbarcare i migranti e quanti migranti. Non esiste il diritto di ignorare le offerte di aiuto, né quello di rifiutare ogni soluzione“.

Qualunque sia la sentenza della giustizia umana, il caso Salvini  penetra nella coscienza umana. Occorre rispetto per le persone , di qualsiasi  Paese siano, rispetto e tutela della loro vita, nel Credo evangelico che tutti gli uomini si debbono aiutare tra loro come fratelli.  E rispetto per i magistrati ,pubblici ministeri, costretti a camminare  e a svolgere il loro ruolo, adesso più che mai,  con la scorta armata a causa del gigantesco condizionamento subito.

Mafia Sicilia: confiscati beni per oltre 1 Milione di euro a sodalizio mafioso- Provvedimento del Tribunale di Palermo

 

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 – Palermo,
In Palermo e Carini i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a due misure patrimoniali: – un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, con il quale, a seguito di Sentenza della Corte di Appello di Palermo del giugno c.a., è stata dichiarata irrevocabile la confisca di primo grado emessa nel gennaio del 2022 a carico di CIRESI Girolamo, facendo entrare a far parte definitivamente l’ingente patrimonio allo stesso riconducibile in quello dello Stato;
– un decreto di sequestro emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione in data 27.09.2024, con il quale sono stati sequestrati i beni riconducibili a FIORENTINO Salvatore. CIRESI Girolamo, 76enne, era stato tratto in arresto nell’operazione denominata “Panta Rei” per la sua organicità al mandamento mafioso di “Porta Nuova”, poiché appartenente alla famiglia di Palermo Borgo Vecchio, per conto della quale si era occupato costantemente di attività estorsive ad imprese ed esercizi commerciali della zona di riferimento.
Il quadro probatorio raccolto nell’ambito delle indagini patrimoniali, coordinate dalla locale Procura della Repubblica, ha consentito di dimostrare come i beni nella disponibilità del CIRESI, fossero in realtà il frutto delle sue attività illecite, così consentendo l’emissione dell’odierno provvedimento di confisca irrevocabile riguardante i sottonotati beni, del valore complessivo di circa 700.000 euro:  nr. 01 appartamento sito in Palermo;  nr. 01 villetta sita in Carini (PA);  nr. 01 appezzamento di terreno con insistente fabbricato sito in Carini (PA).  nr. 08 rapporti bancari.
Il 42enne FIORENTINO Salvatore era stato tratto in arresto nell’operazione denominata “Bivio” per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Palermo Tommaso Natale.
Il quadro probatorio raccolto nell’ambito delle indagini patrimoniali, sul conto di quest’ultimo ha consentito di accertare come i beni nella sua disponibilità di, fossero il frutto delle sue attività illecite, così consentendo l’emissione dell’odierno provvedimento di sequestro riguardante i sottonotati beni, del valore complessivo di circa 500.000 euro:  nr. 01 locale ufficio composto da 15 vani sito in Palermo, zona via Perpignano;  nr. 01 autovettura;  nr. 01 rapporto bancario

Attività di contrasto alle frodi IVA e accise sui prodotti energetici Catania – misure cautelari personali e reali nei confronti di un sodalizio criminale di 15 soggetti

 

 

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Catania,

Nell’ambito di indagini coordinate dalla locale Procura, i finanzieri del Comando Provinciale di Catania, con la collaborazione di funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Territoriale VII Sicilia/Gruppo Operativo Regionale Antifrode e Ufficio delle Dogane etneo hanno dato esecuzione, nelle Province di Catania, Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Ragusa, ai provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale con cui sono state disposte misure cautelari personali e reali nei confronti di 15 soggetti, a vario titolo indagati per associazione a delinquere, sottrazione fraudolenta all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici, emissione di fatture per operazioni inesistenti, frode in commercio e autoriciclaggio.

Le indagini, condotte da unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, hanno riguardato un sodalizio criminale dedito alla commercializzazione in evasione di IVA e accise, su vasta scala e in tutto il territorio della Regione Sicilia, di ingenti quantitativi di “gasolio agevolato ad uso agricolo”.

In particolare, gli approfondimenti svolti, anche mediante attività tecniche, servizi di osservazione, pedinamento e controllo, accertamenti bancari e analisi di documentazione contabile e extracontabile, avrebbero evidenziato un collaudato sistema fraudolento promosso e organizzato da un soggetto catanese del 1983.

Quest’ultimo, nel ruolo di ideatore dell’associazione criminale, avrebbe operato come amministratore di fatto di una società di Palermo e di una ditta individuale di Catania, legalmente rappresentate da altri sodali, al fine di poter acquistare gasolio a uso agricolo per poi destinarlo ad usi soggetti a maggiore imposta (uso autotrazione), con sensibili guadagni illeciti. Difatti, il prodotto energetico destinato all’agricoltura sconta un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria sia per l’IVA (10% anziché 22%) che per le accise (- 50 cent. al litro).

Più in dettaglio, nell’attuale fase del procedimento in cui non si è pienamente instaurato il contraddittorio con le parti, sarebbe stato ricostruito un sistema fraudolento per mezzo del quale l’impresa palermitana, una volta acquistato il prodotto agevolato, avrebbe provveduto alla sistematica cessione, solo formale, a favore della ditta individuale etnea, risultata una mera “cartiera”, priva di deposito e struttura organizzativa.

In realtà, il prodotto sarebbe stato invece destinato a 4 diversi depositi situati principalmente nell’agrigentino, gestiti da altrettanti membri del sodalizio criminale che avrebbero provveduto alla rivendita “in nero” come gasolio da autotrazione.

Peraltro, allo scopo di evitare il rischio di sequestri e sanzioni nel corso di eventuali controlli su strada delle autobotti, la società palermitana sarebbe stata solita emettere apposito documento di trasporto (e-das), successivamente distrutto od occultato una volta raggiunta la destinazione concordata.

Parallelamente, la ditta individuale catanese, formale ricevente del gasolio agricolo, risulterebbe non aver emesso alcuna fattura di rivendita nei confronti degli effettivi destinatari e utilizzatori in modo da far perdere le tracce del prodotto energetico.

Nell’associazione a delinquere, sarebbe inoltre emersa la figura di un soggetto di origine paternese il quale, titolare di società di trasporti, avrebbe messo a disposizione del promotore le autobotti utilizzate per il trasferimento delle partite di carburante verso i suddetti depositi. Nello specifico, il predetto, di concerto con l’ideatore del sodalizio, avrebbe avuto un ruolo di organizzatore, impartendo ordini e disposizioni a 3 autisti coinvolti nella frode.

I proventi illeciti accumulati a seguito della rivendita del prodotto energetico sarebbero stati riciclati mediante trasferimento operato a favore della società di Palermo in modo da perpetuare il meccanismo di frode e al contempo ostacolare l’identificazione della provenienza illecita della provvista.

Infine, sarebbe stato appurato che tale ultima impresa, allo scopo di abbattere i ricavi e il debito IVA sorti per effetto delle vendite fittizie alla ditta individuale di Catania, in aggiunta alle fatture reali di acquisto di prodotti energetici da altri operatori economici, avrebbe ricevuto da altre società, gestite sempre da membri dell’associazione a delinquere, anche fatture per operazioni inesistenti, accompagnate da numerosi documenti di trasporto falsi, per attestare l’acquisizione, mai avvenuta, di ulteriori quantitativi di gasolio agricolo.

Nel corso dell’attività investigativa, a riscontro delle evidenze raccolte, sono stati effettuati tre distinti interventi che hanno portato al sequestro di complessivi 41.000 litri di prodotto energetico a uso agricolo, n. 4 autocisterne, n. 1 semirimorchio e altre attrezzature utilizzate per il trasporto e la commercializzazione illecita del carburante.

Sulla scorta del quadro indiziario prospettato, il GIP presso il Tribunale di Catania, su richiesta della locale Procura, ha dunque disposto misure cautelari:

– reali, nella forma del sequestro preventivo di beni e attività finanziarie nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro nonché di 6 depositi di stoccaggio di prodotti energetici coinvolti nel meccanismo fraudolento (n. 5 in provincia di Agrigento e n. 1 in provincia di Palermo);

– personali nei confronti di 14 indagati (2 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora abbinati alla sospensione dall’esercizio di impresa per 4 indagati e all’obbligo di presentazione alla pg per altri 3 indagati). Tale decisione è stata assunta dopo che, in ossequio alle recentissime novità legislative introdotte dalla riforma c.d. “Nordio”, sono stati effettuati interrogatori preventivi dei soggetti coinvolti dinanzi al medesimo G.I.P., al cui esito sono state ritenute sussistenti le esigenze cautelari a carico dei predetti.

Politica e malaffare, eseguite 14 misure cautelari personali Trapani -Contributi pubblici milionari non dovuti – Sequestri per circa 9 milioni di euro- illeciti commessi da ex Senatore della Repubblica (non rivelato dalla G.di Finanza il nome)

 

Trapani,

Nel corso della mattinata odierna oltre 60 finanzieri del Comando Provinciale di Trapani stanno dando esecuzione a 14 misure cautelari personali emanate dai Tribunali di Marsala e di Trapani, su richiesta della Procura Europea – sede di Palermo – e della Procura della Repubblica di Marsala, nei confronti di noti esponenti politici del trapanese che hanno rivestito e/o rivestono importanti incarichi a livello comunale, regionale e, in un caso, nazionale.

Contestualmente, sono in corso nelle provincie di Trapani e di Palermo anche molteplici perquisizioni domiciliari e locali tese a ricercare e acquisire ulteriori elementi probatori e riscontri d’indagine.

Le operazioni odierne s’inseriscono nel contesto di una complessa e articolata attività di indagine, svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza trapanese sotto la direzione della Procura Europea e della Procura della Repubblica di Marsala, che ha consentito di disvelare la commissione di plurimi delitti di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, malversazione e di condotte di riciclaggio e autoriciclaggio.

Principale promotore e organizzatore degli illeciti perpetrati un ex Senatore della Repubblica nonché ex Deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana e Assessore della Regione Siciliana, (il Comunicato della GUARDIA DI fINANZA non rivela tuttavia il nome del politico….) coadiuvato stabilmente – tra gli altri – da un Dirigente di M.P.A. (“Movimento per l’Autonomia”) nonché del Movimento V.I.A. (“Valori, Impegno, Azione”), da un esponente del movimento V.I.A. di Marsala, e da un ex consigliere del comune di Cinisi (PA), interessati a ricercare e acquisire crescenti consensi intorno al movimento politico V.I.A., allargandone la composizione e l’area di influenza sul territorio trapanese e regionale, anche in vista di successive tornate elettorali.

Al fine di conseguire illeciti arricchimenti e di perseguire l’ambizioso progetto politico, i principali indagati, avvalendosi strumentalmente degli enti CE.SI.FO.P. (Centro Siciliano per la formazione professionale), I.R.E.S. (Istituto di studi e ricerche economiche e sociali) e Associazione Tai, hanno ottenuto indebitamente finanziamenti gravanti sul Programma Operativo Fondo Sociale Europeo 2014/2020 per oltre 8,7 milioni di euro da destinare allo svolgimento di corsi di formazione e di progetti in ambito sociale, taluni dei quali non tenuti, come accertato nell’ambito delle indagini. Di detta somma, circa ottocentomila euro sono stati già percepiti e impiegati per il sostenimento di spese voluttuarie personali o connesse a iniziative di sostegno del movimento politico V.I.A. e a campagne elettorali, e ulteriori 2,5 milioni sarebbero stati a breve erogati. Le Fiamme Gialle, in esecuzione dei provvedimenti emanati dalle AA.GG. procedenti, hanno pertanto operato il sequestro, anche per equivalente, di circa 1 milione di euro, pari all’ammontare delle somme malversate o riciclate, nonché il sequestro preventivo dei circa 8 milioni di euro residui già finanziati.

Le indagini hanno altresì consentito di accertare come a sei esponenti politici locali – quattro dei quali attualmente consiglieri presso i Comuni di Marsala e Custonaci – e, soprattutto, a loro congiunti, pur privi dei requisiti e delle competenze richieste, siano state assegnate o promesse posizioni lavorative, nomine e promozioni presso i citati enti di formazione, in cambio del sostegno garantito al predetto movimento politico.

Tra i 24 soggetti nel complesso indagati risultano, a vario titolo, coinvolti nei reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e riciclaggio anche altri sei esponenti politici che rivestono o hanno rivestito cariche presso i Comuni di Marsala, Buseto Palizzolo, Calatafimi-Segesta, Castellammare del Golfo ed Erice.

L’odierna operazione conferma il ruolo centrale svolto dalla Guardia di Finanza, in stretta sinergia con l’Autorità Giudiziaria – europea e nazionale -, quale garante degli interessi economico-finanziari dell’Unione Europea e dei bilanci nazionali e regionali, nonché quale fondamentale presidio a tutela della legalità nella pubblica amministrazione.

Si evidenzia che il provvedimento in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare; pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di non colpevolezza degli indagati.

Napoli – Sequestro beni per circa 19 milioni di euro a un soggetto pluripregiudicato,condannato per reati di mafia, affiliato a clan camorristici

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Napoli,

Militari del Nucleo di Polizia Economico- inanziaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro emesso dalla Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Napoli, su proposta della Direzione Distrettuale Antimafia, avente ad oggetto un patrimonio mobiliare e immobiliare del valore di circa 19 milioni di euro.

Il provvedimento scaturisce da accertamenti economico-patrimoniali eseguiti nei confronti di un pluripregiudicato in stato di detenzione dal 2004 (con fine previsto nel 2077), a seguito di condanne definitive per i reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, omicidio, tentato omicidio, sequestro di persona, distruzione di cadavere, detenzione e porto illegale di armi da fuoco.

Il predetto soggetto era già stato ritenuto portatore di pericolosità qualificata e, perciò, destinatario della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza (misura rimasta ineseguita in ragione dello stato di detenzione). È stata infatti giudiziariamente accertata, anche grazie all’apporto di vari collaboratori di giustizia, la sua affiliazione, dapprima, al clan D. L. e, in seguito, al gruppo degli “Scissionisti”, nato da una contrapposizione interna al clan che, dalla fine del 2004, ha originato una violenta faida nei quartieri napoletani di Secondigliano e Scampia e nei comuni di Melito, Mugnano, Arzano e Casavatore.

In particolare, il destinatario dell’odierno provvedimento è risultato gestire e controllare le vendite di cocaina nella zona delle c.d. “case celesti” di Secondigliano per conto e sotto il controllo dei Di Lauro, ai quali ha fornito un rilevante contributo in numerose vicende delittuose, tra cui quattro omicidi consumati nel 2004.

Transitato con un ruolo di vertice nel gruppo degli “Scissionisti” capeggiato dal clan A.-P., egli ha poi gestito le attività criminali anche di quest’ultimo sodalizio nonostante lo stato detentivo, avvalendosi dei parenti dei detenuti ai quali affidava l’incarico di portare all’esterno le direttive da lui impartite.

Su queste premesse, sono state svolte indagini patrimoniali che hanno permesso di individuare cinque soggetti appartenenti a tre distinti gruppi familiari, risultati privi di adeguate capacità reddituale, a cui il proposto ha intestato fittiziamente numerosi beni mobili e immobili, tra cui, in particolare, 18 unità immobiliari site a Napoli, Melito di Napoli (NA), Vitulazio (CE) e Corigliano Calabro (CS) e i compendi aziendali di 2 imprese con sedi a Napoli ed Arzano, esercenti le attività di distribuzione di carburanti e compravendita immobiliare.

In applicazione delle disposizioni del “Codice Antimafia”, i predetti beni sono stati sottoposti a sequestro in data odierna ed affidati alla gestione di un amministratore giudiziario dal Tribunale di Napoli – Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione.

Il provvedimento eseguito è una misura di prevenzione patrimoniale non ancora definitiva e avverso cui è possibile far valere i mezzi di impugnazione previsti dalla legge.

 

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Roma, reati contro la pubblica amministrazione,perquisizioni della Guardia di Finanza , disposte dalla Procura per ipotesi di corruzione e turbata libertà degli incanti

Reato continuato e particolare tenuità del fatto. L'art. 13 - Avvocato  Penalista a Trapani

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Roma,

Nell’ambito di una indagine in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione, i finanzieri del Comando Provinciale di Roma, su disposizione di questa Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione a un decreto di perquisizione locale, domiciliare e di contestuale sequestro nei confronti di alcuni Pubblici Ufficiali e di talune imprese, per ipotesi di corruzione e turbata libertà degli incanti nell’ambito di diverse procedure di appalto/affidamento in materia di informatica e telecomunicazioni, bandite da SOGEI S.p.A., dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, dal Ministero della Difesa e dallo Stato Maggiore della Difesa.
Il provvedimento in questione è stato emesso nell’ambito della fase delle indagini preliminari allo stato delle attuali acquisizioni probatorie ed è doveroso sottolineare che sino a un giudizio definitivo vale la presunzione di non colpevolezza degli indagati.

Palermo: 18 arresti per spaccio di crack

 

 

Palermo: 18 arresti per spaccio di crack

 

Palermo,

Un’attività di indagine durata due anni, realizzata dai poliziotti del commissariato Brancaccio di Palermo, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 18 persone, di cui 17 per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio e una per spaccio di stupefacenti.

I criminali, come base di spaccio di crack, utilizzavano un box di un condominio ad alta densità abitativa, circondata da grate e cancelli che limitavano l’accesso dalle vie esterne.

La zona era inoltre sorvegliata da vedette appostate nei piani alti e da ronde nelle vie limitrofe rendendo complicato per gli investigatori, che si sono dovuti avvalere di sofisticate tecnologie, dimostrare le attività di spaccio

L’organizzazione criminale aveva un giro d’affari di circa 50mila euro settimanali ed i ricavi confluivano in una cassa comune per poi essere equamente divisi.

Gli spacciatori, rigidamente strutturati ed organizzati, operavano su due turni, dalle 8 alle 18 e dalle 18 alle 2 di notte, alternandosi tra loro.

Nel corso dell’operazione, durata due anni circa, i poliziotti hanno documentato migliaia di episodi di cessione di droga ed effettuato numerosi arresti e sequestri di crack nei confronti degli acquirenti, tutti fermati a distanza di sicurezza dai luoghi di spaccio che, con le loro confessioni, hanno aiutato a delineare la struttura dell’attività criminale.

I criminali fanno parte di due gruppi familiari che per il comune profitto avevano messo da parte vecchi dissapori agendo in pieno accordo tra loro.

 

ARTE: RECUPERATE 695 OPERE RUBATE PER UN VALORE DI OLTRE 3 MILIONI DI EURO

 

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Roma,
L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze e condotta dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Firenze, in collaborazione con l’F.B.I. e il Raggruppamento Investigazioni Scientifiche dell’Arma dei Carabinieri, è durata circa tre anni e trae origine dalla denuncia di furto, presentata nel 2021 da un cittadino fiorentino, dell’importantissima opera libraria di Leonhart Fuchs dal titolo “De Historia Stirpium Commentarii Isignes”, Basilea 1542, bene sottratto da ignoti presso la propria dimora tra dicembre 2018 e giugno 2019. L’opera, individuata sul sito di una casa d’aste fiorentina a distanza di un anno esatto dalla sua denuncia, veniva poi sequestrata a Firenze a un antiquario veneto, ritenuto nel corso delle indagini acquirente in buona fede.

L’importante recupero generava l’inizio di un’articolata attività investigativa che ha coinvolto, a vario titolo, complessivamente 12 indagati nei confronti dei quali venivano compiute altrettante perquisizioni delegate dalla magistratura inquirente, consentendo il recupero di oltre 600 opere d’arte.
Tra le stesse figurano numerose e pregevoli opere librarie, nonché preziose ceramiche e vari dipinti, fra cui spiccano per importanza:
– 4 piatti in ceramica bianca con decorazioni, recanti sul retro il timbro “MANIFATTURA GINORI A DOCCIA PRESSO FIRENZE”, realizzate in esclusiva per la Presidenza della Repubblica italiana;
– servizio in finissima porcellana con decorazioni in oro zecchino, Meissen 1820;
– un piatto della dinastia Ming tardo periodo Kangxi di fine XVII sec.
– un dipinto raffigurante “bue” a firma Giovanni Fattori;
– l’opera libraria dal titolo “De Honesta Disciplina” con firma autografa di Giorgio Vasari.

Le opere recuperate, custodite in lussuose dimore nobiliari fiorentine, sono state sottratte nel corso di un quinquennio da uno degli indagati durante lo svolgimento di piccoli lavori di manutenzione di cui era stato incaricato dai proprietari.
I beni venivano poi immessi, a distanza di tempo dal furto, sul mercato antiquariale nazionale e, in alcuni casi, in quello estero dissimulandone la provenienza delittuosa. L’esportazione fuori dai confini nazionali ha visto collaborare all’indagine inizialmente l’F.B.I. e, successivamente, il servizio INTERPOL per tentare il rientro in patria, mediante azione stragiudiziale, di alcune opere legittimamente acquistate da ignari collezionisti, dagli Stati Uniti, Emirati Arabi e Inghilterra.
Grazie al rinvenimento di un libro mastro su cui veniva dettagliatamente riportata la contabilità delle opere d’arte rubate, è stato possibile quantificarne l’illecito e cospicuo volume d’affari ammontante a oltre 300 mila euro. È stato quantificato che, tutti i beni recuperati nel corso dell’attività investigativa, che ritorneranno nella disponibilità dei legittimi proprietari, così come disposto dall’Autorità Giudiziaria, qualora immessi sul mercato antiquariale avrebbero potuto generare utili per oltre 3 milioni di euro.
Il risultato di oggi è un esempio concreto della sinergia tra la Magistratura e i vari Reparti dell’Arma dei Carabinieri, a cui si aggiunge la fondamentale collaborazione del Ministero della Cultura nelle sue ramificazioni territoriali, non disgiunta dalla indispensabile azione di denuncia del cittadino che si è rivolto alle istituzioni preposte consentendo, a distanza di tempo, di scardinare un’attività delittuosa che avrebbe spoliato un patrimonio culturale di inestimabile valore storico artistico.

Catania, per motivi di eredità litigio fra parenti: accoltellato con quattro fendenti all’addome ,ora in pericolo di vita, due arresti a Catania e braccialetto elettronico

 

 

squadra mobile catania

 

Catania, 

Uno lo teneva bloccato da dietro mentre l’altro lo accoltellava con almeno quattro fendenti al termine di un litigio iniziato verbalmente per futili motivi, legati a screzi tra parenti per questioni ereditarie.

Per questo due uomini sono stati arrestati dai poliziotti della Squadra mobile di Catania al termine dell’indagine delegata dalla Procura distrettuale della Repubblica subito dopo la segnalazione dei sanitari del pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro.

Era il 12 ottobre 2021 e la segnalazione era stata effettuata perché un uomo, che si era presentato con ferite di arma da taglio all’addome e a una gamba, era ricoverato in pericolo di vita.

Nonostante la reticenza dei presenti ai fatti, avvenuti all’interno dell’abitazione della vittima, nel rione Picanello, gli investigatori sono riusciti a ricostruire la dinamica dei fatti, anche con l’aiuto degli specialisti del Gabinetto regionale di Polizia scientifica Sicilia orientale, e le effettive cause.

In considerazione degli elementi raccolti con l’indagine, il Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico ministero, ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere e quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nei confronti dei due indagati.

Polizia Municipale di Catania, processo per direttissima agli autori dell’aggressione agli agenti che verbalizzavano la sosta selvaggia e contro un commerciante ieri sera

 

Municipio

Foto Comunicato Comune di Catania

 

L’Amministrazione Comunale di Catania esprime massima solidarietà ai due agenti di Polizia Municipale aggrediti ieri sera nel centro storico, nella piazzetta Sebastiano Addamo, durante lo svolgimento del servizio di pattugliamento notturno del territorio e contrasto alla sosta selvaggia.

Il sindaco Enrico Trantino e l’assessore Alessandro Porto si sono anzitutto sincerati delle condizioni di salute dei due operatori considerato che entrambi hanno avuto comminati sette giorni di prognosi dai medici ospedalieri.

Gli aggressori, titolari di un bar della zona, sono stati prontamente arrestati. Gli stessi autori della violenza, si sono anche scagliati contro un altro commerciante che opera nei pressi che stava riprendendo l’accaduto con uno smartphone.

Domani ci sarà il processo per direttissima considerata la flagranza degli atti di violenza nei confronti di pubblici ufficiali di cui sui si sono resi autori.

“Un fatto molto grave -hanno commentato il sindaco Trantino e l’assessore Porto- che non rimarrà neanche questa volta impunito. Si illude chi pensa che a Catania ci siano zone franche e attuare condotte violente restando impunito, evitando le prevedibili azioni della Giustizia, il fronte istituzionale e della sicurezza cittadino è compatto nel contrasto e la repressione a ogni forma di sopraffazione”.