Il Gup di Palermo condanna a 11 anni Laura Bonafede, la maestra e compagna del Capoboss Messina Denaro

 

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La maestra Laura Bonafede, interdetta ora dai pubblici uffici

Per la donna del superboss Messina Denaro, si aprono le porte del carcere .Il Gup di Palermo ha condannato a 11 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa Laura Bonafede, l’insegnante di Campobello di Mazara figlia dello storico padrino del paese, sentimentalmente legata al boss Matteo Messina Denaro. Alla maestra inizialmente era stato contestato il reato di favoreggiamento poi  rettificato in quello  di associazione mafiosa. Secondo la Procura la donna per anni ha convissuto assieme alla figlia con il capomafia allora ricercato, garantendone le comunicazioni con gli uomini d’onore e coprendo la sua latitanza. Il processo è stato celebrato col rito abbreviato.

Lei ha negato tutto: “Non ho mai fatto parte di nessuna associazione mafiosa – ha detto al giudice -, non ho mai convissuto con alcuno anche perché ho abitato con mia madre fino al 2021, si figuri se potevo dormire fuori casa, vai a trovare una giustificazione. Le volevo dire soltanto, le volevo chiedere di valutare la mia posizione per quella che è e mi auguro di trovare in lei quel giudice di Berlino che tutti ci auguriamo di incontrare”.

La donna ha raccontato di aver conosciuto da bambina Messina Denaro e di aver ricevuto amicizia e attenzioni da lui, antico conoscente del padre, nei momenti difficili della sua vita come dopo l’arresto e la condanna del marito, Salvatore Gentile, all’ergastolo per omicidio.

Mi aveva chiesto che voleva conoscere mia figlia, quella bambina che aveva conosciuto tanti anni prima, e io ho fatto questo errore, perché lo reputo adesso un errore, sono uscita con mia figlia non dicendole niente chiaramente, dove dovevamo andare – ha ricostruito la donna -. Ho lasciato la macchina in una strada di Campobello e poi sono salita nella sua assieme a Martina, le ho detto che lui era un amico del nonno, che era anche un amico di papà e che adesso si trovava in una situazione particolare perché lo volevano arrestare. Lui mi aveva chiesto di conoscerla, di rivederla, perché l’aveva vista in carcere quando era piccola. Ho raccontato questa bugia a mia figlia”.

Io sono nata in una famiglia purtroppo mafiosa e ho vissuto fin da bambina con questo clima e mio padre (il boss Leonardo Bonafede ndr) parlava anche a casa dei suoi impegni, quindi sono cresciuta così, abbiamo frequentato anche persone dello stesso ambiente – ha detto ancora la Bonafede -, ma noi figli, e nemmeno mia madre, abbiamo mai fatto parte di questa vita nonostante la vivessimo e non abbiamo mai parte di nessuna associazione mafiosa, anche perché le donne, bambine e adulte, erano tenute un pochettino lontane da certe situazioni e da certi contesti”..

Lei e il boss, ha ricostruita Bonafede, si sarebbero incontrati negli anni costantemente, ma non avrebbero mai vissuto insieme. “Nel gennaio del 2008, mentre io mi trovavo nella cartoleria Giorgi a Campobello – ha affermato – ho incontrato, per meglio dire Matteo Messina Denaro si è fatto riconoscere: io stavo salendo sulla mia auto e lui era sulla sua, mi ha fatto cenno di seguirlo e io l’ho fatto: l’ho seguito, poi siamo andati in un posto che era una strada un poco più isolata quindi mi ha fatto cenno di scendere e sono salita sulla mia macchina, a quel punto lì ci siamo… abbiamo parlato, era tanto tempo che non ci vedevamo, mi ha raccontato di sua figlia, insomma che aveva avuto una bambina, tante cose di famiglia, ci siamo dati appuntamento per febbraio”.

“….. Sono stata bene, abbiamo parlato, mi sono sentita anche un poco rassicurata, tipo mi sono sentita come appoggiata”.

Il Gup di Palermo ha anche dichiarato l’imputata interdetta dai pubblici uffici. Il giudice ha inoltre applicato alla donna la misura di sicurezza personale della libertà vigilata per tre anni, una volta scontata la pena. Infine la maestra è stata condannata a risarcire le parti civili.

Al Comune di Castelvetrano e a quello di Campobello di Mazara sono stati riconosciuti 25.000 euro ciascuno di risarcimento del danno, 10.000 euro dovranno essere pagati dall’imputata al ministero dell’Istruzione e alla presidenza della Regione. Bonafede è stata infine condannata a risarcire con 3.000 euro ciascuno il centro studi Pio Latorre, l’associazione antimafia Caponnetto, l’associazione antiracket di Trapani e l’associazione Codici Sicilia.

Napoli, ucciso calciatore 19enne, “per una banale discussione”

 

 

 

Notte di tragedia a San Sebastiano al Vesuvio in piazza Raffaele Capasso ad due passi da Municipio. Un giovane  17enne è ritenuto gravemente indiziato dell’omicidio del giovane calciatore Santo Romano di Volla di anni 19 e del tentato omicidio di un coetaneo della vittima. Il fermo sarà sottoposto alla convalida del Gip. Il 17enne sarà portato nel centro di accoglienza dei  Colli Aminei.

La vittima era il portiere dell’Asd Micri, formazione che milita nel campionato di Eccellenza. Si apprende che  il 19enne è stato ucciso, mentre l’amico coetaneo è rimasto ferito al gomito da un colpo d’arma da fuoco verosimilmente al culmine di una lite per futili motivi, scoppiata tra due gruppi di giovani.

I fatti sarebbero avvenuti poco dopo la mezzanotte. I due giovani sono stati subito soccorsi e trasportati all’ospedale del mare di Napoli: per uno di loro non c’è stato nulla da fare ed è morto subito dopo il ricovero.

“Ieri notte ennesima tragedia di violenza” afferma  Giuliano Di Costanzo, sindaco di Volla. “Un giovane ragazzo di 19 anni vittima di un’aggressione senza senso. A San Sebastiano al Vesuvio, nei pressi del Comune, una banale discussione è stata regolata a colpi di pistola. Santo Romano, calciatore della Micri Calcio del Presidente Michele Visone, realtà che coinvolge in modo sano tanti ragazzi del nostro territorio. Da parte di noi tutti solidarietà alla famiglia per la tragica perdita”.

Oggi dovremmo solo rispettare con il silenzio il dolore della famiglia. Ma da domani ci attiveremo con gli altri Sindaci, con tutte le forze politiche e con gli organi preposti perché non è accettabile morire in questo modo. Ho sentito i Sindaci di Casoria e San Sebastiano al Vesuvio e saranno i primi ad attivarsi per coordinamenti che coinvolgano tutti i territori della zona”.

Diciannove anni, una vita davanti e il numero 1 sulla schiena. Tutto cancellato nel modo più atroce” afferma il sindaco di Casoria, Raffaele Bene. “Casoria oggi piange – insieme alla sua squadra e alla sua famiglia – Santo Romano, un figlio della nostra Città, ucciso dopo una lite a San Sebastiano al Vesuvio. Mettere ogni energia nella lotta alla violenza giovanile è l’unico modo che abbiamo per onorare Santo. Questo è il momento della preghiera e della riflessione. Per Santo, per la sua famiglia, per la sua generazione. Non si può morire così”.

Caltanissetta, Operazione delle Fiamme gialle: sequestro di oltre 12 mila articoli non sicuri

 

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Caltanissetta,

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, nell’ambito dell’azione di contrasto ai traffici illeciti, hanno sequestrato oltre 12.000 articoli non sicuri pronti per essere immessi sul mercato in occasione della ricorrenza di “Halloween”.

L’operazione, condotta dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Caltanissetta, effettuata in due esercizi commerciali gestiti da soggetti stranieri, previa ispezione della merce esposta, ha consentito di rinvenire numerosi prodotti quali decorazioni, materiale di cancelleria e gadget ispirati ad Halloween, privi del marchio CE e, quindi, non idonei al commercio secondo i dettami del Codice del Consumo.

I prodotti sono stati sottoposti a sequestro amministrativo in quanto privi delle istruzioni e avvertenze per l’uso, delle informazioni minime per il consumatore finale relative alla sicurezza, alla qualità, alla composizione e all’origine dei prodotti, ritenuti indispensabili per un corretto utilizzo in piena sicurezza. Per le violazioni riscontrate sono state altresì elevate sanzioni fino a 25.000 euro.

Sono stati altresì rinvenuti numerosi articoli recanti il marchio “made in Italy” contraffatto, anch’essi sottoposti a sequestro, e sorpresi due lavoratori “in nero”, per le cui violazioni sarà interessato il competente ispettorato del lavoro.

L’operazione di servizio condotta dalla Guardia di Finanza conferma il costante impegno del Corpo nell’attività di prevenzione e repressione degli insidiosi fenomeni della vendita e distribuzione di prodotti non conformi e non sicuri, a tutela del mercato, delle imprese regolari e dei consumatori finali.

Halloween Napoli, maxi-sequestro di prodotti contraffatti – Oltre 478.000 articoli contraffatti e/o non sicuri, 30 segnalati alle autorità competenti

Halloween nel Lodigiano, più di 10mila maschere e ...

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Napoli,

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, nel corso di una serie di interventi ispettivi operati tra il capoluogo e l’area metropolitana, ha sottoposto a sequestro oltre 478.000 prodotti tra “contraffatti” e/o “non sicuri”, riferibili alla festa di Halloween.

Sono 30 i responsabili individuati – di cui 4 denunciati all’Autorità Giudiziaria a vario titolo, per commercio di prodotti con segni falsi e ricettazione e 26 segnalati alla Camera di Commercio per violazioni di natura amministrativa – titolari di omonime ditte individuali esercenti l’attività di commercio al dettaglio di giocattoli, bigiotteria e articoli per la casa.

In particolare, i militari del Gruppo di Frattamaggiore hanno sottoposto a sequestro in Casoria e Caivano, in distinti interventi, oltre 350.000 articoli – tra palloncini, maschere e vestiti iconici – non sicuri e dannosi per la salute dei consumatori, soprattutto dei più piccoli, nonché privi della necessaria nota informativa in lingua italiana recante le indicazioni sulla qualità e sulle caratteristiche merceologiche del prodotto. Segnalati amministrativamente 5 soggetti, di cui due di nazionalità cinese, gestori delle attività commerciali controllate.

In città – tra la zona industriale di Napoli e il quartiere Vomero – a Portici e sull’isola di Ischia, i finanzieri del I Gruppo Napoli hanno sequestrato oltre 73.000 articoli tra matite, gomme, portachiavi e maschere con relativi accessori legati alla ricorrenza, in quanto contraffatti e privi del marchio CE e di idonea etichetta in lingua italiana riportante informazioni di base per il consumatore. Denunciati 4 responsabili mentre altri 6 sono stati segnalati amministrativamente.

Nell’area oplontina, nei comuni di Pompei, Gragnano e Sorrento, i controlli dei finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata, hanno permesso di ritirare dal commercio oltre 25.000 pezzi – tra maschere, decorazioni e gadget a tema – e di segnalare amministrativamente altri 6 soggetti.

L’azione di contrasto delle fiamme gialle, estesa in tutta la Provincia partenopea, dal Nolano (comuni di Nola, Ottaviano e Pomigliano d’Arco) ai comuni dell’Area flegrea (Villaricca, Pozzuoli, Giugliano in Campania e Monte di Procida), ha permesso di sequestrare ulteriori 30.000 prodotti non sicuri e di segnalare amministrativamente 9 responsabili.

Contrastare la diffusione dei prodotti non conformi rispetto agli standard di sicurezza significa contribuire non solo a garantire una protezione efficace dei consumatori, nel caso specifico dei minori, ma anche a tutelare un mercato competitivo equo per gli operatori economici onesti.

PROCESSO D’APPELLO (18 DICEMBRE PROSSIMO) RICHIESTO DAL PROCURATORE G. FICI PER IL GIORNALISTA PINO MANIACI CONDUTTORE DELL’EMITTENTE ANTIMAFIA TELEJATO DI PARTINICO

 

 

Il Procuratore generale  dr Giuseppe Fici ha chiesto la pena di nove anni e mezzo più 4 mila euro di multa per il reato di estorsione e diffamazione per  Pino Maniaci,  giornalista dell’emittente televisiva Telejato di Partinico nel processo d’appello nato dall’operazione di polizia Kelevra del 2016.

Nel 2021 Maniaci in primo grado è stato assolto con formula piena dalle gravi accuse di estorsione- a carattere mafioso-  e condannato per la diffamazione a un anno e 5 mesi nei confronti del giornalista Michele Giuliano, dell’artista Gaetano Porcasi e dell’operatore tv Nunzio Quatrosi. L’imputato è accusato di aver utilizzato il suo potere mediatico – Telejato, un gruppo di giornalisti controcorrente, per fare pressioni su alcuni amministratori di Partinico e Borgetto per costringerli a pagare in cambio di interviste riparatorie alle gravi accuse da lui stesso lanciate nei loro confronti in tv. Le parti civili costituite a processo sono assistite dall’avvocato Salvatore Bonnì.

Ricorderemo che Pino Maniaci, conduttore di una piccola televisione locale, aveva condotto una serie di inchieste  su gravi episodi di corruzione al Palazzo di giustizia di Palermo. Esse sono state seguite, nel giro di pochi anni, dall’incriminazione e condanna di magistrati  (Saguto) e funzionari corrotti.

La prossima udienza davanti alla Corte presieduta da Luciana Caselli è fissata per il 18 dicembre, turno della difesa legale del giornalista, Bartolomeo Parrino e Antonio Ingroia. I legali in primo grado hanno dimostrato che in realtà i soldi dati all’ex sindaco di Borgetto non erano frutto di un’estorsione, ma del pagamento di una pubblicità messa in onda per conto della moglie dell’ex sindaco per la sua attività commerciale.

Dossieraggio anche in Sicilia: Antonello Montante dovrà sostenere un appello bis- affermano i giudici della Cassazione – per i reati di accesso di accesso abusivo al sistema informatico dopo il 2014

 

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E’ tempo di dossier sulle persone e politici. Se ne riparla, come avevamo accennato, al processo Montante Si riducono  le ipotesi di corruzione per Antonello Montante, viene meno  l’accusa di associazione per delinquere, con la formula perché il fatto non sussiste,   Montante- ricorderemo- era stato condannato a 8 anni in appello) e altri due imputati nell’inchiesta su presunte attività di dossieraggio.

Decisione della  Cassazione che ha cancellato dunque  le accuse anche per i reati di rivelazione del segreto di ufficio e di accesso abusivo a sistema informatico, “in questo ultimo caso limitatamente alle condotte poste in essere fino al giugno 2014” per intervenuta prescrizione. I giudici hanno disposto, quindi, un appello bis per il ricalcolo  della pena per i reati di accesso abusivo compiuti dopo il 2014 e di corruzione, fattispecie per le quali è stata dichiarata “irrevocabile la responsabilità penale”.

Siamo soddisfatti che la Corte di Cassazione abbia posto la parola fine all’ipotetico sistema Montante che non è mai esistito”, commentato l’avvocato Giuseppe Panepinto, legale dell’ex leader di Confindustria Sicilia. “E’ caduta anche l’ipotesi di corruzione nei confronti del generale Ardizzone – aggiunge Panepinto – mentre per le altre ipotesi di corruzione leggeremo quali sono i motivi che hanno indotto la Corte a confermare i capi di accusa e valuteremo i percorsi giudiziari da proseguire sebbene la Corte abbia annullato le pene inflitte per tali capi di imputazione ritenendole inadeguate. Tant’è che ha annullato con rinvio per la rideterminazione della pena”.

Detenzione di sostanze stupefacenti ed armi clandestine: i Carabinieri di Trapani arrestano 6 persone

 

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Trapani,

I  carabinieri della compagnia di Trapani hanno arrestato, sei persone, un 50enne, due 37enni, un 36enne e un 18enne di Trapani, nonché un 50enne calabrese, accusati di detenzione di sostanza stupefacenti e di armi clandestine.    L’intervento si è svolto nel quartiere commerciale di Villa Rosina, dove uno degli arrestati  gestiva un tempo un negozio di ortofrutta. Uno dei presenti il più giovane, durante i controlli ha cercato di gettare tre buste in cellophane lanciandole poco lontano. 

I militari hanno recuperato i pacchi e trovato circa 1,5 kg di cocaina.

Nel corso delle perquisizioni sono state trovate al calabrese altre 3 buste in cellophane contenenti la somma contante di 22.000 euro. In casa degli arrestati sono state trovate due pistole cal. 7,65 con matricola abrasa, circa 150 cartucce dello stesso calibro, un bilancino di precisione in una cantina e altri due involucri di cellophane con 2 chili di cocaina. A casa del 18enne, 100.000 euro in contanti e un bilancino di precisione. Lo stupefacente immesso nel mercato al dettaglio avrebbe fruttato oltre 1 milione di euro.

Gli arrestati sono stati condotti nella casa circondariale  di Trapani. Il Gip  ha disposto gli arresti in carcere per cinque persone  mentre per il giovane  18 enne i domiciliari.

 

Criminalità giovanile sotto la lente di ingrandimento della Polizia -Coinvolte 30 province d’Italia, 8600 persone controllate, arrestate 37,controllati 2500 minorenni, sequestrate 13 pistole, 15 coltelli e droga

 

 

La criminalità giovanile sotto la lente di ingrandimento della polizia di Stato oggi in 30 province d’Italia: coinvolti 800 militari su tutto il territorio nazionale coordinati dal Servizio Centrale Operativo della Polizia  (Sco).        Risultati dell’operazione: oltre 8.600 persone controllate e  monitoraggio mirato di social network.          Arrestate 37 persone, di cui 5 minorenni, per reati contro la persona e il patrimonio e in materia di stupefacenti, 51 denunciate, di cui 17 minorenni, per ricettazione, possesso di armi e strumenti atti ad offendere e detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio.

Maxi blitz della polizia contro la criminalità giovanile: 37 arresti e 51 denunce
Nel corso delL’imponente operazione  sono state sequestrate 13 pistole, 15 coltelli e mille dosi di droga, parole del  direttore dello Sco della Polizia, Vincenzo Nicolì. ”In totale sono state controllate 8.600 persone , di cui 2.500 minorenni – ha aggiunto -Sono state inoltre comminate 161 sanzioni amministrative di diversa natura in particolare per uso di droga e somministrazione di bevande alcoliche ai minori”.

Sono stati controllati 2172 veicoli, 67 immobili e diversi luoghi di aggregazione come piazze, giardini pubblici, aree limitrofe alle stazioni ferroviarie, centri commerciali, ristoranti, bar, sale slot e scommesse. A seguito delle verifiche sono state elevate 161 sanzioni amministrative di diversa natura, in particolare per uso di sostanze stupefacenti e somministrazione di bevande alcoliche a minori.

Il dirigente Nicoli ha voluto aggiungere :”I controlli sono stati preceduti da un monitoraggio non solo dei luoghi di ritrovo di alcuni giovani dediti alla commissione di reati ma anche delle piattaforme social più comuni che hanno consentito di individuare 700 account inneggianti all’uso della violenza fisica anche contro appartenenti alle forze di polizia nonché armi da fuoco e da taglio. Dopo un primo vaglio che continuerà nei prossimi giorni circa 200 profili sono state segnalati alle competenti autorità giudiziarie per l’eventuale oscuramento”. 

Napoli, ordinanza di Custodia Cautelare in carcere per 5 persone :costringono dirigenza di una squadra di calcio a pagare per continuare a giocare..

 

Racket e usura Archivi - Avviso Pubblico

Archivi-Sud Libertà

Napoli – Torre Annunziata 

C’è anche usura, vittima imprenditore ittico. Carabinieri eseguono misura a carico di 5 persone
Per delega del Procuratore Distrettuale di Napoli,  i militari del Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata informano di aver  eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di cinque persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di estorsione e usura aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il clan camorristico Gionta, operante nel comune di Torre Annunziata e zone limitrofe.
In particolare, gli indagati:  – avrebbero costretto la dirigenza di una squadra di calcio a consegnare una somma di denaro di circa tremila euro per consentire loro di proseguire nell’attività sportiva;

– avrebbero concesso prestiti usurari ad un imprenditore nel settore ittico, che sarebbe poi stato pesantemente minacciato per costringerlo alla restituzione del denaro. 

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

5 misure cautelari personali per associazione per delinquere Catanzaro – Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione e falso ideologico e sequestro preventivo di 6 attività commerciali

 

Lavoro minorile, 115 milioni i bambini da liberare | UNICEF Italia

Archivi -Sud Libertà

 

Catanzaro,

Nella mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno dato esecuzione ad un’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura, ha disposto l’applicazione di misure cautelari nei confronti di 5 soggetti, per la ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai delitti, a vario titolo ipotizzati nei loro confronti, rispettivamente, di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, alle estorsioni e ai reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Nei confronti del titolare delle aziende è stata disposta l’applicazione della custodia cautelare in carcere; nei confronti del consulente del lavoro e di una responsabile amministrativa dell’azienda quella degli arresti domiciliari; per due responsabili dei punti vendita la misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza. Contestualmente è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari, di due società di capitali che gestivano le attività commerciali, con affidamento della loro gestione ad amministratori giudiziari nominati con lo stesso provvedimento.

I provvedimenti cautelari, emessi su richiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro, scaturiscono dall’attività di indagine svolta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Catanzaro che ha riguardato le condizioni di impiego dei lavoratori di cinque supermercati di Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale, in provincia di Catanzaro. La complessa attività investigativa (che si è articolata in attività di intercettazione e di perquisizioni) ha consentito di delineare – nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa – la gravità indiziaria circa la sussistenza di un’associazione per delinquere e di plurimi episodi di sfruttamento del lavoro, estorsivi e di falsità ideologica del privato in atto pubblico.

Gli elementi acquisiti hanno consentito di ricostruire, sul piano della gravità indiziaria che componenti dell’associazione a delinquere, sotto le direttive del titolare delle imprese ed approfittando della condizione di necessità e vulnerabilità derivante da precarietà economica, avevano imposto condizioni di lavoro degradanti e pericolose sul luogo di lavoro ad oltre 60 dipendenti, violando sistematicamente la normativa sull’orario di lavoro; corrispondendo una retribuzione palesemente inadeguata o comunque insufficiente rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto (4,00 euro all’ora, a fronte di una prestazione di attività lavorativa di oltre 50 ore a settimana) o sottraendo parte della retribuzione (con restituzione in contanti); limitando il godimento dei giorni di riposo settimanale e delle ferie annuali, garantiti dalla legge, con fruizione di sole due settimane di ferie all’anno; costringendo i lavoratori ad operare in ambienti che non rispettavano le norme di sicurezza ed a falsificare la natura dell’infortunio, non dichiarando gli infortuni sul lavoro come tali, ma indicandoli come incidente domestico, impedendo così di ottenere le necessarie tutele previdenziali e risarcitorie previste dalla legge.

Il consulente del lavoro e la responsabile amministrativa, che coadiuvavano attivamente l’imprenditore, avevano il compito, rispettivamente, di redigere contratti di lavoro apparentemente part-time e false buste paga non riportanti le reali ore lavorate e di occuparsi della gestione contabile delle attività, collaborando nella redazione dei contratti di lavoro; i responsabili dei punti vendita erano delegati al controllo dei dipendenti, cui richiedevano l’effettuazione di turni massacranti negando la possibilità di usufruire di parte delle ferie cui avevano diritto e, in occasione della verificazione di infortuni sul lavoro, accompagnavano i lavoratori in ospedale per costringerli a rendere dichiarazioni false in merito alla dinamica dell’incidente.

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