Caltanissetta – Concorso alla sicurezza interna ed esterna del paese
Caltanissetta,
I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, nell’ambito delle attività di polizia economico-finanziaria, hanno portato a termine un’importante operazione nel settore del contrasto al commercio illegale di prodotti dopanti e farmaci privi di prescrizione medica.
L’attività, avviata nell’anno 2024 a cura delle Fiamme Gialle del Gruppo di Caltanissetta attraverso il controllo economico del territorio e le analisi di vendita a mezzo internet e noti social network, ha consentito di rivelare l’esistenza di una rete commerciale dedita al traffico di sostanze anabolizzanti di provenienza estera, finalizzate a rifornire palestre e, più in generale, consumatori presenti all’interno della Provincia.
L’intera operazione, denominata “pesi massimi”, ha permesso in più occasioni di intercettare e sottoporre a sequestro complessivamente oltre 30.000 dosi di prodotti anabolizzanti illegali e farmaci, suddivisi in capsule e fiale, per i quali è prevista la prescrizione medica obbligatoria, con un giro di affari che si aggira a circa 100.000 euro.
L’operazione di servizio condotta dalla Guardia di Finanza – comunica il vertice della Finanza-conferma il costante impegno del Corpo nell’attività di prevenzione e repressione degli insidiosi fenomeni della vendita e distribuzione di prodotti non conformi e non sicuri, a tutela della pubblica salute, del mercato, delle imprese regolari e dei consumatori finali.
Napoli,
Militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Torre Annunziata hanno dato esecuzione a un provvedimento di sequestro preventivo di 678.800 euro avente a oggetto disponibilità finanziarie e un immobile, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, su conforme richiesta di questa Procura della Repubblica, nei confronti di 7 persone, indagate, a vario titolo, per i reati di circonvenzione di persone incapaci, ricettazione e auto-riciclaggio e falso ideologico in atto pubblico.
La misura cautelare reale è stata emessa all’esito di complesse e articolate indagini condotte dai Finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata che hanno permesso di accertare che la principale indagata avrebbe plagiato un’anziana signora 92enne residente a Gragnano (NA), affetta da un grave e severo deterioramento cognitivo riconosciuto da perizie mediche, allontanandola dai parenti, compiendo atti di disposizione sul suo patrimonio e qualificandosi indebitamente quale sua amministratrice di sostegno.
L’indagata, dopo aver conquistato la fiducia della vittima e averla inserita nel proprio stato di famiglia, ha cointestato a quest’ultima e a se stessa un conto corrente, che è stato svuotato, tra il 2018 ed il 2023, con ripetuti pagamenti in favore di persone amiche e parenti nonché per l’acquisto, nel 2020, di un immobile, costituto da un appartamento e relativo box auto, ubicato in S.Antonio Abate.
L’adozione del provvedimento di sequestro è finalizzata, oltre che a recuperare quanto indebitamente sottratto dagli indagati alla persona offesa, altresì a prevenire ulteriori conseguenze dannose per quest’ultima, dal momento che, poco tempo addietro, era stata falsamente attestata, da un notaio compiacente, la conformità di una procura generale a gestire il patrimonio in favore dell’artefice del disegno criminoso.
Oggetto della misura cautelare reale sono disponibilità finanziarie per 398.800 euro, di cui 45.000 euro rinvenuti in contanti durante le perquisizioni domiciliari, distratte in modo ingiustificato dal patrimonio della persona offesa, e l’immobile in questione, pagato 280.000 euro mediante il conto cointestato.
(Fotogramma)
Napoli,
Ci sono i primi indagati oggi, 28 febbraio, per il crollo alla Vela Celeste di Scampia. Come atto dovuto, la Procura di Napoli ha iscritto nel registro degli indagati i nomi di una decina di funzionari comunali nell’ambito dell’inchiesta che ipotizza i reati di crollo colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Nel cedimento del ballatoio avvenuto nella Vela Celeste di Scampia poco dopo le 22:30 di lunedì 22 luglio 2024 persero la vita tre persone e ne rimasero ferite altre 11, tra cui sette bambini.
Reggio Calabria,
Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha dato esecuzione alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di n. 3 persone e al sequestro preventivo della somma complessiva di euro 718.426,25 nei confronti di n. 151 soggetti indagati per reati di associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato, falso, sostituzione di persona, accesso abusivo a sistema informatico.
Il provvedimento è stato emesso dal G.I.P. del locale Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo f.f. Dottor Giuseppe Lombardo, unitamente a decreti di perquisizione personale e locale emessi dalla Procura della Repubblica reggina nei confronti dei tre destinatari del provvedimento cautelare personale.
Le misure cautelari disposte costituiscono l’epilogo di un’indagine condotta dal Gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria, che ha permesso di individuare – allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento delle responsabilità – un’articolata associazione a delinquere dedita alla commissione di plurime condotte illecite in danno dell’Agenzia delle Entrate, consentendo agli indagati di conseguire l’indebita percezione di rimborsi IRPEF complessivamente di enorme portata.
Le indagini, svolte a partire dal 2019, hanno avuto origine da una segnalazione della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Reggio Calabria, nella quale venivano evidenziate anomalie sulla compilazione di alcune dichiarazioni fiscali. L’attività investigativa che ne è conseguita si è sviluppata, tra l’altro, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, copiose acquisizioni documentali, indagini bancarie e analisi di numerosi supporti informatici.
Il modus operandi adottato dall’organizzazione delinquenziale prevedeva l’acquisizione delle credenziali di accesso ai servizi telematici dei contribuenti, carpite indebitamente (anche attraverso il coinvolgimento di pubblici ufficiali infedeli) o ottenute mediante la diretta comunicazione da parte dei contribuenti stessi (a volte ignari, a volte compiacenti di quanto stava accadendo). In questo modo, gli indagati riuscivano a sostituirsi a questi ultimi, a inserire le relative dichiarazioni, a gestire le pratiche di rimborso e a verificarne il buon esito.
L’articolata associazione criminale era organizzata in maniera strutturata e gerarchica. Al suo vertice figuravano i destinatari degli arresti domiciliari i quali si servivano di altri soggetti “intermediari” che avevano – a loro volta – il compito di “procacciare” i contribuenti da coinvolgere nelle descritte operazioni illecite, agendo secondo una precisa spartizione territoriale.
Ai citati “intermediari”, quindi, era affidato il compito di reclutare i contribuenti e indurli, dietro proposta di ottenimento di denaro facile sotto forma di rimborsi, a fornire i propri dati personali, le credenziali di accesso al portale dell’Agenzia delle Entrate e la documentazione necessaria alla presentazione delle dichiarazioni fiscali fraudolente.
Più nel dettaglio, i contribuenti coinvolti venivano “arruolati” tra parenti o amici degli stessi procacciatori o nell’ambito di intere categorie omogenee di soggetti quali, ad esempio, alcune associazioni di pescatori dell’area tirrenica, i dipendenti di alcune società a partecipazione statale e i dipendenti di talune aziende operanti in alcune aree portuali calabresi.
La struttura criminale si avvaleva, come dianzi accennato, anche di pubblici ufficiali infedeli, uno di essi allo stato in pensione, i quali, sfruttando il loro status di dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, si adoperavano per procurarsi le credenziali di accesso dei contribuenti da mettere a disposizione del costituto criminale.
Gli organizzatori del meccanismo fraudolento provvedevano ad alterare le dichiarazioni fiscali attraverso diverse modalità, quali:
– l’indicazione, nell’elenco dei familiari a carico, di soggetti (coniuge, figlio, figlio con disabilità) appartenenti di fatto ad altro nucleo familiare e/o comunque non riconducibili al dichiarante, ovvero di cittadini italiani cancellati dall’Anagrafe dei comuni italiani e iscritti all’A.I.R.E (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero);
– l’inserimento di spese sanitarie, spesso anche di ingente entità, inesistenti e/o non giustificabili dal dichiarante;
– la richiesta di rimborsi IRPEF in relazione a ritenute fittiziamente subite con riguardo a redditi falsamente percepiti.
I vertici del sodalizio, per non essere individuati, adottavano una serie di accorgimenti, quali, ad esempio, l’assenza di contatti diretti con i contribuenti finali (in modo da salvaguardare la propria identità) oppure l’utilizzo di una rete di operatori CAF inesistenti dislocati sul territorio ovvero l’apertura di veri e propri centri di raccolta che, accreditati presso sigle sindacali nazionali, nei fatti si rivelavano invece fittizi e solo serventi alla trasmissione dei modelli dichiarativi fraudolenti. Inoltre, allo scopo di ridurre al massimo il rischio di essere scoperti, il rimborso indebitamente richiesto e ottenuto veniva sempre limitato ad una somma inferiore a euro 4.000 (limite oltre il quale è prevista l’attivazione delle procedure automatizzate di controllo in tema di dichiarazioni dei redditi).
Il sistema truffaldino – che nel tempo si era ramificato su un vasto territorio della provincia di Reggio Calabria, permettendo l’ottenimento di profitti illeciti di notevole entità – aveva raggiunto una portata talmente ampia da attirare anche l’attenzione di alcune cosche di ‘ndrangheta, in particolare di quella dei Pisano detti “i Diavoli”, egemone nella piana di Gioia Tauro.
Per ogni rimborso non dovuto, ciascun soggetto restituiva al sodalizio il 40% del percepito, trattenendo per sé il restante 60%.
Al riguardo, sono stati individuati, complessivamente, oltre 1.200 modelli dichiarativi infedeli, relativi agli anni di imposta dal 2016 al 2022, che hanno consentito indebiti rimborsi per un importo complessivo pari ad euro 718.426,25 (di cui circa 312.119,29 corrisposti ai membri dell’associazione criminale), sottoposti a sequestro con l’odierno provvedimento cautelare.
Si evidenzia che il procedimento penale verte ancora nelle fasi delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
Catania,
Si è conclusa l’attività investigativa denominata “Hello” contro lo sfruttamento sessuale dei minori online, condotta dagli specialisti del Centro operativo per la sicurezza cibernetica (Cosc) di Catania, in collaborazione con gli esperti del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (Cncpo) del Servizio polizia postale.
Nell’operazione sono stati impiegati complessivamente oltre 500 poliziotti, che hanno operato in 56 città in tutta Italia eseguendo 115 perquisizioni domiciliari e informatiche al cui esito sono state arrestate 34 persone in flagranza di reato con l’accusa di detenzione di materiale pedopornografico, a seguito del sequestro di numerosi dispositivi informatici contenenti decine di migliaia di file illegali.
L’indagine, coordinata dalla Procura distrettuale di Catania, e sviluppata, anche con attività sotto copertura, sulla piattaforma di messaggistica istantanea utilizzata dagli indagati, ha consentito di individuare diversi gruppi specializzati nello scambio di materiale pornografico minorile, con bambini abusati in età infantile ed episodi di zooerastia (istinto sessuale che porta ad avere rapporti sessuali con animali) con vittime minorenni.
Gli indagati sono tutti di sesso maschile e con un’età compresa tra 21 e 59 anni.
Due di loro, oltre a detenere migliaia di file pedopornografici, avevano immagini e video autoprodotti con abusi sessuali su minori, vittime che sono state già identificate dagli operatori di Polizia.
L’identificazione degli utenti che scambiavano immagini e video di pornografia minorile, ha richiesto un lavoro di approfondimento e analisi tecniche che hanno consentito di superare le barriere dell’anonimato in rete.
La maggior parte degli indagati faceva ricorso a sofisticati sistemi di crittografia e all’archiviazione in cloud per occultare il materiale illecito, rendendo difficile la sua individuazione.
Gli investigatori della Polizia postale hanno ricostruito i percorsi digitali, decrittando dati protetti e rinvenendo prove fondamentali per l’accertamento dei reati.
DI ALESSIO EVANGELISTA
Oltre mille poliziotti delle squadre mobili, dei reparti prevenzione crimine e altri uffici dell’intera penisola, coordinati dal Servizio centrale operativo, sono stati impegnati in una vasta operazione a contrasto del crescente fenomeno della criminalità giovanile.
L’evento di oggi è solo l’ultima fase di un lavoro iniziato con il monitoraggio delle aree critiche dove agire, come le zone di spaccio e della movida, controllando oltre 13mila giovani, di cui 3mila minorenni, che ha preparato il successivo intervento operativo nel quale 142 giovani, di cui 29 minorenni, sono stati denunciati in stato di libertà per ricettazione, possesso di armi e strumenti atti a offendere e detenzione di sostanze stupefacente ai fini di spaccio.
Nel corso dell’operazione sono stati arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto 60 maggiorenni e 13 minorenni per reati, commessi singolarmente o in gruppo e che vanno dal tentato omicidio, lesioni, rissa, al danneggiamento, l’estorsione, il furto, la rapina, lo spaccio di stupefacenti, fino alla detenzione illegale di armi.
Inoltre, sono stati ispezionati 150 immobili, tra cui due scuole e 23 strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, oltre a diversi luoghi di abituale aggregazione giovanile, con il risultato di centinaia di sanzioni amministrative elevate soprattutto per uso di sostanze stupefacenti e somministrazione di alcolici a minorenni.
Gli investigatori hanno effettuato anche numerose perquisizioni recuperando diversi oggetti provento di furto come collane d’oro, cellulari e 50mila euro in contanti; sequestrate otto pistole, di cui due a salve e una da soft-air modificata, un fucile a canne mozze, un silenziatore, munizionamento di diverso calibro, 15 coltelli e diversi oggetti, tra i quali una mazza di ferro riadattata a mazza da baseball, un rompi ghiaccio e uno spray urticante.
Tra le sostanze stupefacenti sequestrate ci sono due chili di cocaina, dieci di cannabinoidi, oltre a sostanze stupefacenti e psicotrope utilizzabili per produrre circa 350 dosi tra eroina, shaboo, ecstasy e anfetamine.
I poliziotti hanno anche eseguito un monitoraggio web, individuando 600 profili social inneggianti all’odio e alla violenza fisica, anche contro appartenenti alle Forze di polizia, nonché all’uso di armi, segnalati per l’eventuale oscuramento.
L’attività dei poliziotti si è svolta in decine di città su tutta la penisola. In particolare a Milano è stato sequestrato un fucile a canne mozze, e chiuso un centro di smistamento di stupefacenti.
A Bologna invece tre giovani sono stati arrestati per aver aggredito i poliziotti durante i controlli, mentre altri quattro sono stati sottoposti a fermo perché indiziati di alcune rapine violente; un minorenne è stato invece arrestato in flagranza per tentata rapina.
A Piacenza, infine, sono state eseguite tre ordinanze di custodia cautelare in carcere per tentato omicidio contro dei giovani responsabili di accoltellamenti avvenuti a per il controllo delle piazze di spaccio cittadine. (Comunicato)..
DI ALESSIO EVANGELISTA
Napoli,
È stato arrestato a Napoli dai poliziotti della Squadra mobile di Arezzo l’uomo che il giorno di San Valentino aveva ferito gravemente l’addetto alla sicurezza di un supermercato del capoluogo toscano. Per l’uomo è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di tentata rapina impropria, minacce aggravate e tentato omicidio.
I fatti si sono svolti all’interno di un supermercato aretino, dove l’arrestato aveva tentato di rubare diversi prodotti occultandoli nelle tasche del giubbotto. L’uomo, cittadino extracomunitario di origini tunisine già noto alle autorità, però, non è rimasto indifferente all’addetto alla vigilanza che lo ha osservato mentre nascondeva la merce.
Arrivato alle casse, infatti, il vigilante ha intimato all’uomo di pagare tutto ciò che aveva tentato inutilmente di nascondere, ma, in tutta risposta, quest’ultimo ha gettato a terra la merce, prima di allontanarsi, ha spintonato il dipendente del supermercato minacciandolo che di lì a poco sarebbe tornato per fargliela pagare.
L’arrestato, a quel punto, si è recato presso un rivenditore di armi da taglio del centro cittadino e, acquistato un lungo ed affilato coltello da caccia, è tornato per attuare la sua vendetta.
Subito prima di fuggire si è posizionato alle spalle del vigilantes e ha tentato di colpirlo alla testa con un fendente che, grazie alla prontezza di riflessi dell’uomo, è riuscito solo a ferirlo sul lato destro della fronte, provocandogli un profondo taglio.
I poliziotti della Squadra mobile di Arezzo hanno iniziato immediatamente le indagini, visionando le immagini di videosorveglianza e ascoltando le testimonianze dei presenti, tra cui quella del vigilante che ha riconosciuto il suo aggressore tra le varie fotografie di sospettati presentategli dagli agenti.
Gli investigatori attraverso la consultazione di varie banche dati sono riusciti a localizzare il sospettato che, dopo diversi spostamenti, si era recato a Napoli per far perdere le proprie tracce
Gli agenti quindi, coordinati dal loro dirigente, si sono recati nel capoluogo campano dove hanno rintracciato l’uomo presso la stazione centrale, lo hanno fermato, identificato e condotto in carcere. ( Comunicato)..
Catania,
l Raggruppamento operativo speciale dell’Arma . si apprende – ha notificato un provvedimento cautelare nei confronti di 19 indagati.
E cioè: Antonino Bergamo; Emanuele Bonaccorso; Rosario Bucolo; Giuseppe Coco; Antonino Della Vita.
In stato di fermo pure i Antonio Di Benedetto; Domenico Di Gaetano; Pierpaolo Luca Di Gaetano; Vincenzo Fresta; Salvatore Fornaro; Matteo Marchese; Ernesto Marletta; Rosario Marletta; Salvatore Mendolia; Salvatore Mirabella; Santo Missale; Vincenzo Rizzo; Nunzio Vitale.
Sequestrate la «Società Nicotra Biagio Alessio» e la «Onoranze Funebri San Marco».
Nei loro confronti è stata emessa un’ordinanza dal Gip etneo, su richiesta della locale Procura distrettuale, che indica a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso,
estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e scambio elettorale politico mafioso.
Contestualmente alle misure cautelari, nell’ambito della medesima operazione denominata «Mercurio», si aggiunge un decreto di sequestro preventivo di aziende e beni per un valore di 300 mila euro. Il provvedimento notificato dal Ros con il supporto in fase esecutiva del Comando provinciale Carabinieri di Catania, dello squadrone eliportato Cacciatori Sicilia e del XII nucleo elicotteri dell’Arma.
L’inchiesta Mercurio rappresenta la prosecuzione del procedimento Agorà e, secondo la Dda di Catania, ha consentito di «acquisire un grave quadro indiziario sulla base del quale sono stati ricostruiti gli affari criminali della famiglia catanese dei Santapaola-Ercolano sviluppati attraverso gruppi a loro storicamente collegati quali quello del Castello Ursino e quello della famiglia di Ramacca, quest’ultima egemone nel territorio anche dopo l’arresto nel 2022 del suo esponente di vertice, Pasquale Oliva. Il quadro indiziario anche evidenziato la capacità dei clan di infiltrarsi nelle istituzioni, attraverso soggetti politici locali dei quali hanno sostenuto la candidatura rispettivamente per le tornate elettorali per i Comuni di Misterbianco e Ramacca del 2021 e dell’Assemblea Regionale Siciliana del 2022.
Ma sotto i riflettori , per la carica di deputato e i numerosi incarichi di antimafia, ‘è il deputato regionale siciliano Giuseppe Castiglione, capogruppo del movimento Popolari e autonomisti, tra i destinatari del provvedimento cautelare dell’operazione Mercurio dei Ros contro Cosa nostra etnea coordinata dalla Procura distrettuale di Catania. Eletto nel novembre del 2022 ha ricoperto infatti ruoli in commissione regionale Antimafia e nelle commissioni Affari istituzionali e Attività produttive. Prima di essere eletto all’Ars era stato eletto al consiglio comunale di Catania, di cui era presidente d’Aula.
L’indagine Mercurio dei carabinieri del Ros, coordinata dalla Dda di Catania, ha fatto luce sulla capacità della famiglia Santapaola Ercolano di «penetrare all’interno della pubblica amministrazione per coltivare i propri interessi economici nel settore degli appalti pubblici». In questo senso, scrive la Procura di Catania, sarebbero «documentate relazioni tra i vertici del gruppo del Castello Ursino ed esponenti della politica locale e regionale, come Giuseppe Castiglione».
Sempre dalle indagini del Ros, ricostruisce la Procura, «sarebbe emerso a livello di gravità indiziaria, in epoca prossima alle consultazioni elettorali per l’Assemblea Regionale Siciliana, avvenute il 15 ottobre del 2022, un accordo tra i vertici dell’articolazione mafiosa dei Santapaola Ercolano, individuati dalle indagini in Ernesto Marletta, Rosario Bucolo e Domenico Colombo, e Giuseppe Castiglione, quale candidato della lista Popolari e Autonomisti per l’Ars, che, in quel periodo, era già presidente del Consiglio Comunale di Catania».