Truffata nonna di 94 anni. Sventano un colpo da centinaia di migliaia di euro.

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 Napoli –  02/08/2024 12:20

Per mia nipote farei di tutto!”. A parlare al telefono è una 94enne e si sta consumando la truffa del finto carabiniere.
Siamo a Cagliari, i Carabinieri della locale Compagnia intervengono in un appartamento per una truffa in danno di un’anziana del posto.
La vittima è caduta nel tranello del finto carabiniere. Per salvare la nipote arrestata avrebbe dovuto pagare una grossa cauzione. La nonnina non ci ha pensato due volte, il cuore ha vinto sulla ragione ed è così che ha consegnato tutto ciò che aveva a una donna che si era presentata in casa.
Duemila euro in contanti e gioielli appartenuti alla famiglia da generazioni per un valore complessivo che supera i 300mila euro.
La truffatrice in questione, una ventenne incensurata di Napoli, credeva di aver fatto il colpo della vita ma non aveva fatto i conti con la tenacia dei Carabinieri, sempre in prima linea nella lotta alle truffe.
I Militari della compagnia di Cagliari in pochi minuti analizzano le immagini dei sistemi di videosorveglianza dell’abitazione e poi setacciano i video del locale terminal imbarchi del porto. L’intuizione è giusta, la ventenne è appena partita, direzione Napoli.
Inizia così una sinergia investigativa tra i carabinieri isolani ed i Militari della Compagnia di Napoli Centro. Lo scambio di informazioni è rapido ed efficace. I Carabinieri partenopei predispongono un servizio ad hoc e attendono in serata, nell’area portuale.
Il traghetto con tratta Cagliari – Napoli sta arrivando. La donna viene individuata tra le centinaia di passeggeri e turisti che affollano il porto, bloccata e perquisita. Rinvenuto tutto il maltolto che nei prossimi giorni sarà riconsegnato alla nonnina dal cuore d’oro. La 20enne è stata trasferita nel carcere di Secondigliano.
I consigli dei carabinieri contro le truffe: diffida delle apparenze, non aprire mai la porta agli sconosciuti, non fidarti del solo tesserino di riconoscimento: non basta! e limitate la confidenza al telefono: in caso di persone che si presentano come parenti e vi chiedono denaro, prendete tempo e chiamate il numero unico di emergenza 112 o un parente

Operazione antimafia a Catania, oltre cento Carabinieri impegnati nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare

 

Cosa Nostra in difficoltà  sgominata  un’’articolazione mafiosa della famiglia “Santapaola Ercolano” attiva nel quartiere “Villaggio Sant’Agata” a Catania. Oltre 100 carabinieri del Comando provinciale di Catania sono stati impegnati nelle province del capoluogo etneo e ad Agrigento per eseguire un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di 13 indagati accusati a vario titolo di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, soprattutto di cocaina.

Il comando ai vecchi o alle giovani leve criminali?

Le investigazioni pongono in luce  il conflitto generazionale tra la “vecchia mafia” dei “grandi”, capace di dirigere il gruppo criminale nonostante in carcere da svariati anni, e quella “giovane”, irruente ed esibizionista, anche sui social. Una spregiudicatezza che sarebbe potuta sfociare in un omicidio, impedito dall’immediato intervento della magistratura etnea e dei Carabinieri di Catania, che lo scorso dicembre hanno bloccato l’ala armata del sodalizio, fermando nove persone che stavano progettando l’eliminazione di un esponente del clan rivale dei “Cappello-Bonaccorsi”.

 Durante l’attività investigativa, durata circa 18 mesi, i Carabinieri hanno sequestrato cinque fucili da caccia, di cui tre con le canne mozzate, una mitragliatrice cecoslovacca, due pistole e oltre 350 munizioni di vario calibro, oltre a un chilo di cocaina, sei chili di hashish, un giubbotto antiproiettile e un lampeggiante blu per auto.

Pignatone, 45 anni in magistratura: su di lui l’accusa infamante di aver favorito la mafia . Ex procuratore di Palermo, Reggio Calabria e Roma ora risponde di aver favorito i boss Antonio Buscemi e Francesco Bonura, uomini di Totò Riina, soci in affari con il Gruppo Ferruzzi di Raoul Gardini

 

Nuove accuse diffuse ai media  Da Pm a Magistrato. L’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco avrebbe «istigato» l’allora pm Gioacchino Natoli e il capitano, ora generale della Finanza, Stefano Screpanti, a condurre «un’indagine apparente» sulle presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane limitando temporalmente la durata delle intercettazioni e il numero dei soggetti da tenere sotto controllo.

È una delle accuse che i pm di Caltanissetta rivolgono all’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.     Il magistrato, all’epoca dei fatti contestati in servizio nel capoluogo siciliano, è indagato insieme a Natoli e Screpanti per favoreggiamento a Cosa nostra per avere insabbiato un filone della cosiddetta inchiesta mafia-appalti. All’ex capo della Procura di Roma, ora presidente del tribunale vaticano, i colleghi di Caltanissetta contestano anche di avere istigato Natoli a chiedere l’archiviazione del procedimento sulle cave «senza curarsi di effettuare ulteriori indagini con particolare riguardo alle intercettazioni telefoniche».  Insomma un pò di cose scottanti e delicate soprattutto se si riveste la qualifica di magistrato e procuratore

L’inquinamento dell’indagine e la successiva archiviazione sarebbe stata finalizzata, secondo l’accusa, ad aiutare imprenditori mafiosi come Antonino Buscemi e Francesco Bonura a eludere gli accertamenti degli investigatori.

«Infine, per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche – rincarano la dose  i pm nell’invito a comparire notificato nei giorni scorsi a Pignatone, che ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere – istigava Natoli a disporre la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci (con le intercettazioni)».

La Procura di Caltanissetta avrebbe anche disposto una perizia grafica sull’ordine di distruzione e di smagnetizzazione, in una prima fase attribuito a Natoli. L’ex pm ha negato che la grafia fosse la sua, da qui la perizia che, secondo quanto si apprende, sarebbe giunta a conclusioni non decisive sull’autore, sostenendo che non possa escludersi che si tratti della scrittura di Pignatone.

L’archiviazione del dossier mafia-appalti, già oggetto di indagine conclusa in un nulla di fatto, è tornata di attualità a Caltanissetta. I magistrati stanno cercando di accertare se, come ritengono i familiari del giudice Paolo Borsellino, il procedimento sulle infiltrazioni di Cosa nostra nei grandi lavori pubblici possa essere stato il movente della strage di via D’Amelio. Borsellino, secondo questa ricostruzione, sarebbe stato ucciso proprio perchè non approfondisse l’inchiesta.

Modica: due fratelli in stato di fermo per rapina aggravata

mafia boss wearing hat and eyeglasses smoking cigar sitting at table - mafia foto e immagini stock

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 Ragusa – Modica
I militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Modica, hanno tratto in arresto, in esecuzione ad una misura cautelare che ha disposto gli arresti domiciliari, emessa dal tribunale di Ragusa, su richiesta della Procura della Repubblica Iblea, due giovani fratelli, rispettivamente un 22enne ed un 19enne, residenti nella città di Modica, celibi e disoccupati, con numerosi precedenti specifici per reati contro la persona e nell’ambito dello spaccio di stupefacenti.

I due malviventi si sono resi protagonisti, nel mese di maggio, di una rapina aggravata nei confronti di uno straniero al quale hanno sottratto la somma di 130 euro. Nello specifico, i due giovani, giunti presso l’abitazione della vittima, hanno sfondato la porta di ingresso della sua abitazione e, con l’utilizzo di una noccoliera, gli hanno provocato delle lesioni che hanno richiesto l’intervento di personale sanitario.

I militari, sin dalle prime fasi, si sono adoperati affinché potesse essere ricostruita l’esatta dinamica degli eventi, cercando di risalire anche al percorso utilizzato dagli aggressori per scappare a seguito del compimento della rapina. Gli operanti sono riusciti a ricostruire esattamente la sequenza cronologica degli spostamenti dei due aggressori, tanto da relazionare all’Autorità Giudiziaria con l’indicazione dell’esatta successione degli eventi, soprattutto grazie all’ausilio dei vari sistemi di videosorveglianza che insistono tra le strade cittadine del territorio della Contea. L’aggravio penale presentato alla Procura della Repubblica di Ragusa nei confronti dei due soggetti di particolare interesse operativo non ha lasciato dubbi sulla necessità di emettere la misura cautelare degli arresti domiciliari per entrambi. L’Arma di Modica, durante questo periodo estivo, contraddistinto dalla numerosa affluenza di turisti nella Contea, continuerà ad eseguire appositi servizi perlustrativi affinché i visitatori possano sentirsi in diritto di godere liberamente delle bellezze paesaggistiche e artistiche della città e, soprattutto, senza aver timore di essere vittima dell’incoscienza altrui.

I carabinieri scoprono e distruggono un’altra piantagione di marijuana, la quinta in pochi giorni

Quante piante di marijuana si possono tenere per uso personale?

 

Reggio Calabria – Giffone (
Oltre 2500 piante rinvenute. Evitata la produzione di oltre 70 mila dosi per un valore di circa 600 mila euro.
Ancora una volta nel corso di un servizio di controllo del territorio, i Carabinieri della Compagnia di Taurianova, con il supporto dello squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto una vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia del comune aspromontano di Giffone. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.
Nell’ultima operazione, i militari hanno rinvenuto diverse piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza. Le piante erano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. In loco, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.
Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, impedendo che la marijuana, una volta raccolta, alimentasse il mercato illegale degli stupefacenti. Se trasformate in dosi pronte per la vendita, le oltre 2700 piante rinvenute in questi giorni avrebbero potuto produrre circa 70 mila dosi, per un valore stimato sul mercato nero di oltre 600.000 euro.
Il procedimento è attualmente pendente nella fase delle indagini preliminari e l’effettiva responsabilità della persona arrestata, attesa la fondatezza delle ipotesi d’accusa mosse a suo carico, sarà vagliata nel corso del successivo processo. 
Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona sottoposta ad indagini.

MAFIA CATANIA, SI CHIAMA FRANCESCO RUSSO IL NUOVO REGGENTE BOSS “RISERVATO” DELLA FAMIGLIA SANTAPAOLA

FRANCESCO RUSSO ERA DIVENTATO IL REGGENTE DELLA “FAMIGLIA”  SANTAPAOLA

 

Si chiama Francesco Russo il boss  ” riservato”  che preferiva restare sottotraccia, in quell’”Ombra” che ha dato il nome dell’operazione antimafia della Polizia a Catania contro Cosa nostra etnea. Francesco Russo, 51 anni, preferiva avere un ruolo apparentemente delineato nel mondo della criminalità organizzata, mentre, secondo la Dda di Catania era diventato il reggente della “famiglia” Santapaola dopo un riassetto dei ruoli apicali dell’organizzazione. E’ quanto emerge dall’inchiesta dell’operazione “Ombra” di Squadra mobile di Catania e dello Sco che ha portato all’arresto di 23 indagati: 18 in carcere e cinque agli arresti domiciliari. Per due persone il Gip ha disposto l’obbligo di dimora.

RICORSO ALLA VIOLENZA PER AFFERMARSI NEL TERRITORIO

 

Russo, ricostruisce la Dda di Catania, «nonostante il ruolo di vertice che avrebbe ricoperto nel sodalizio, decideva di “operare nell’ombra”, per assicurarsi la riservatezza e la distanza dalle frange più strettamente operative e quindi esposte al rischio di indagini». Nuovi vertici, osserva la Procura, che «manifestavano la certa propensione a ricorrere sistematicamente alla violenza come strumento per ribadire la loro autorità criminale nei territori di loro “competenza” mafiosa». Tanto da fare irruzione, il 26 agosto del 2023, in uno stabilimento balneare di Aci Castello colpendo con violenza e ripetutamente al capo col calcio della pistola alcuni dei presenti, minacciandoli con l’arma puntata al volto.

 

Il successivo 9 settembre, sempre il gruppo della Stazione, avrebbe anche aggredito e minacciato di morte un giovane Santapaola, parente alla lontana della famiglia dello storico capomafia Benedetto, spiegando alla vittima che «nei suoi confronti non erano stati adottati provvedimenti più duri solo in virtù del suo cognome». Il 31 ottobre del 2023 lo stesso reggente Francesco Russo, dismettendo la consueta riservatezza, avrebbe gambizzato un uomo come «ritorsione per avergli mancato di rispetto durante un diverbio in ambito lavorativo».

Il ricorso alla violenza da parte degli esponenti di Cosa nostra catanese come strumento di affermazione sul territorio, ricostruisce ancora la Dda, portava a diversi episodi di fibrillazione con esponenti del contrapposto clan Cappello – Bonaccorsi, uno dei quali sfociava nella sparatoria avvenuta il 21 ottobre del 2023 nella zona del “Passarello” del rione San Cristoforo, storica roccaforte della cosca rivale, quando un esponente del clan Cappello-Bonaccorsi, Salvatore Pietro Gagliano, avrebbe esploso alcuni colpi d’arma da sparo contro alcuni esponenti del gruppo della Stazione. Quest’ultimo avrebbe progetto di uccidere Gagliano nonostante una serie di riunioni mafiose tra gli esponenti di vertice delle due organizzazioni per appianare il contrasto e scongiurare ulteriori e pericolose degenerazioni armate.

MARIO  ERCOLANO COMANDA DAL CARCERE

Indagini particolari non potevano mancare per Il boss ergastolano Mario Ercolano, esponente di spicco della “famiglia” Santapaola-Ercolano legata a Cosa nostra di Catania, avrebbe “continuato, dal carcere a esercitare pieni poteri decisori, mantenendo contatti quotidiani con gli affiliati, a cui impartiva precise disposizioni sulle strategie da adottare». E’ quanto emerge dall’inchiesta. Dalle indagini, osserva la Procura sarebbe emersa «la perdurante operatività dell’ergastolano Mario Ercolano» che avrebbe «deciso il riassetto dei ruoli apicali all’interno dei gruppi a lui riconducibili». Sarebbe stato il boss dal carcere, contesta l’accusa, a «determinare la designazione di Carmelo Daniele Strano come successore di Benito Privitera nel ruolo di responsabile del gruppo della Stazione, mentre Carmelo Fazio avrebbe preso il posto del fratello Salvatore come referente del Gruppo di Cibali».

Provvedimenti cautelari per traffico illecito di rifiuti su richiesta della DDA

La Cina dal 1° gennaio vieta l'importazione di rifiuti. Ma ...
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 – Reggio Calabria e Cosenza,

Nelle province di Reggio Calabria e Cosenza, i Carabinieri Nucleo Operativo Ecologico di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare reale, emesso dal GIP di Reggio Calabria su richiesta della locale DDA, nei confronti di 7 persone giuridiche e 2 persone fisiche, poiché ritenute responsabili, a vario titolo, di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti in concorso.

Il provvedimento prevede il sequestro preventivo delle quote del patrimonio sociale e dell’intero compendio aziendale di 7 società ubicate nelle province di Reggio Calabria e Cosenza, nonché il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di due imprenditori reggini, considerati al vertice dell’organizzazione criminale. Il valore complessivo dei beni mobili e immobili da sottopone a sequestro ammonta a circa 20 milioni di euro. È stata documentata l ‘attività di imprenditori reggini che, attraverso società direttamente gestite, sprovviste di autorizzazione al trattamento dei rifiuti nonché alla successiva trasformazione degli stessi in “materia prima seconda”, spedivano agli altri soggetti imprenditoriali rifiuti senza il preventivo trattamento, utilizzando il DDT (documento di trasporto) di modo da farli risultare merci e così eludere i controlli sulla tracciabilità dei rifiuti, consentendo altresì l’abbattimento dei costi derivanti dal loro corretto trattamento.

Mafia, spaccio di droga ed estorsioni,usura e tanti altri reati penali, 25 indagati nel clan Ercolano-Santapaola, Cosa nostra etnea

 

Un’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata dalla Polizia di Catania nei confronti di 25 persone indagate nell’ambito dell’inchiesta Ombra della Dda di Catania contro appartenenti della frangia degli Ercolano che con la cosca Santapaola compongono la famiglia di Cosa nostra etnea.

Tra i destinatari anche esponenti di vertice del clan, compreso il nuovo reggente di Cosa nostra di Catania. Il provvedimento ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa, estorsioni, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illecita di armi da sparo, usura, lesioni personali aggravate dall’uso di armi da sparo. Il provvedimento del Gip, emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura distrettuale etnea, è eseguito da personale dello Servizio centrale operativo e della Squadra mobile della Questura di Catania con il coordinamento della Direzione centrale Anticrimine della Polizia. Particolari sull’operazione Ombra saranno resi noti durante un incontro con la stampa  nella sala riunione della Questura di Catania.

L’uccisione di Lorena Quaranta, la studentessa a Furci Siculo, la Corte di Cassazione annulla ergastolo per ex fidanzato: «Stressato dal Covid»

 

Lorena Quaranta, la Cassazione annulla l'ergastolo per il femminicidio: il  fidanzato “era stressato per il Covid”

 

I giudici di merito non avrebbero verificato se la specificità del contesto, il periodo Covid e la difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale». È il ragionamento dei giudici della Corte di Cassazione, nelle motivazioni sulla decisione di annullare con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, la condanna all’ergastolo per l’infermiere calabrese Antonio De Pace per l’uccisione di Lorena Quaranta, la studentessa di Medicina, originaria di Favara, in provincia di Agrigento. La giovane fu strangolata dal fidanzato, che ha confessato in una villetta di Furci Siculo (Messina), il 31 marzo 2020. Il femminicidio si verificò nella prima fase della pandemia di Covid-19. Ed è proprio a quel periodo particolare che per i giudici bisogna guardare. L’emergenza e le restrizioni, come è stato ricostruito nella sentenza, avrebbero inciso sull’animo dell’infermiere.

«Deve stimarsi –  che i giudici di merito non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, ed in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale».

 

 

 

Elicotteri dei Carabinieri rinvengono dall’alto quattro piantagioni di marijuana a San Pietro di Caridà, a Reggio Calabria: oltre 2500 piante distrutte, evitata la produzione di 500.000 dosi –

 

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Reggio Calabria

Nell’ambito di un servizio di controllo del territorio finalizzato all’individuazione di piantagioni di canapa indica, i Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, assieme ai militari del Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, hanno rinvenuto quattro piantagioni di cui una di notevoli dimensioni.
Grazie alla visione dall’alto, infatti, i militari sono stati in grado di individuare le piantagioni, tutte rinvenute in aree rurali, completamente nascoste alla vista e con un sistema di irrigazione ottenuto tramite due metodi diversi. In un caso, l’acqua per annaffiare la piantagione era fornita tramite un articolato sistema idrico che faceva uso di una vasca e di un serbatoio, ciascuno della capienza di circa 500 litri. Da questi la fornitura idrica era ottenuta tramite un tubo interrato collegato abusivamente al sistema idrico comunale. Le altre tre piantagioni, invece, avevano direttamente accesso all’acqua del fiume tramite una serie di tubi che permettevano l’irrigazione.
Tra le piante di canapa rinvenute, i Carabinieri hanno individuato due tipologie distinte: alcuni arbusti raggiungevano altezze variabili tra i 100 e i 250 cm, mentre circa 1200 piante appartenevano alla varietà “nana”, con fusti di circa 70 cm.
Il rinvenimento ha permesso di estinguere quattro luoghi di coltivazione di marijuana che sarebbe stata immessa nel mercato illegale della droga per un illecito guadagno di decine di migliaia di euro.
Questi controlli, che si intensificheranno ancora nei prossimi giorni in tutta la provincia reggina, permettono di mandare un messaggio chiaro di contrasto al mercato illegale della droga. L’Arma continuerà a rappresentare un presidio di legalità e giustizia contro ogni forma di illegalità.
I Carabinieri non solo combattono le attività delittuose ma sono anche impegnati quotidianamente in attività di prossimità. Essi svolgono un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza e il benessere delle comunità locali attraverso incontri con i cittadini, attività educative nelle scuole e iniziative volte a promuovere la cultura della legalità. L’Arma dei Carabinieri continua a lavorare fianco a fianco con i cittadini, ascoltando le loro preoccupazioni e rispondendo alle loro esigenze per costruire insieme una società più sicura e giusta.