Gela, arrestato un uomo che aveva un arsenale di armi da fuoco, fucili e munizioni

 

 

 

 

DI ALESSIO EVANGELISTA

I  poliziotti della squadra mobile  e della Sezione investigativa del Servizio centrale operativo (Sisco di Caltanissetta)  hanno rinvenuto a Gela un arsenale di armi per il quale un 50enne è stato arrestato in flagranza di reato con l’accusa di detenzione illegittima di armi da fuoco e ricettazione.

Gli agenti, infatti, insieme alle unità cinofile anti-esplosivo hanno perquisito il locale che era nella disponibilità dell’uomo dove hanno rinvenuto sette pistole, due fucili e un migliaio di munizioni di diverso calibro.

Gli investigatori hanno accertato inoltre che alcune delle armi sono state in passato oggetto di furto, mentre altre, considerate clandestine, avevavo la matricola abrasa.

Le indagini dei poliziotti ora dovranno accertare se le armi possano essere state utilizzate per commettere reati a Gela e nella provincia di Caltanissetta  (Comunicato).

 

Percepivano indebitamente contributi pubblici con attestazioni false- Truffa all’Ente Parco d’Aspromonte

 

personaggio del film noir - mafia foto e immagini stock

  – Reggio Calabria,
A seguito di una complessa attività di indagine partita nel 2023, coordinata dal Reparto Carabinieri del Parco Nazionale d’Aspromonte di Reggio Calabria, i militari del Nucleo Carabinieri Parco di Bagaladi hanno dato esecuzione ad una misura cautelare reale emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di un uomo, legale rappresentante di un’associazione di volontariato ritenuta responsabile dell’indebita percezione di contributi ricevuti dall’Ente Parco d’Aspromonte e dall’Azienda Regionale “Calabria Verde” per le campagne antincendi boschivi degli anni 2020, 2021 e 2022.
I Forestali hanno ricostruito il modus operandi dell’associazione che percepiva indebitamente i suddetti contributi sia dall’Ente Parco che da “Calabria Verde”, attestando falsamente ad entrambi gli Enti l’esclusività dell’impegno assunto. Diversamente gli investigatori accertavano che l’associazione aveva stipulato due accordi operativi con tali Enti, aventi ad oggetto la medesima attività di prevenzione e spegnimento incendi boschivi, tramite l’impiego degli stessi mezzi e volontari.
Per tali evidenze, si è pertanto proceduto, in ossequio al disposto del GIP di Reggio Calabria, al sequestro preventivo delle somme disponibili su un conto corrente intestato all’associazione anzidetta, nonché di n. 2 autoveicoli e di un’autobotte, ugualmente intestati all’associazione, per una somma complessiva di circa € 15.000.
La presente indagine- informa il Comando – si colloca nel solco delle attività condotte dai Carabinieri forestali atte ad arginare e contrastare i fenomeni criminosi di varia natura, all’interno dell’Area Naturale Protetta Aspromontana. Quanto precede nel rispetto dei diritti dell’indagato, da ritenersi presunto innocente in considerazione dell’attuale fase del procedimento, fino ad un giudizio definitivo di colpevolezza con sentenza irrevocabile

 

Due ordinanze dei Giudici per le Indagini preliminari di Catania e Messina: arresti per 39 persone affiliate al Clan mafioso “Cappello- Cintorino”

 

 

 

 

 Catania – Messina – 

In data odierna, su delega delle DDA di Catania e Messina, i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno dato esecuzione a due ordinanze, rispettivamente emesse dai Giudici per le Indagini Preliminari di Catania e Messina, con le quali sono state disposte misure cautelari personali nei confronti, complessivamente, di 39 persone, a vario titolo indiziate per associazione per delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori; associazione finalizzata al narcotraffico; numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti – reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale, poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan “CAPPELLO-CINTORINO”.
All’operazione- comunica il Comando – hanno preso parte oltre 260 tra Carabinieri e Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina, che si sono avvalsi del supporto di: militari dell’Arma dei Carabinieri, segnatamente dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, del Nucleo Cinofili e del 12° Nucleo Elicotteri di Catania; personale della Guardia di Finanza della Compagnia Pronto impiego Catania (“Baschi Verdi” e unità cinofile) e della Sezione Aerea di Manovra di Catania.

Le indagini hanno delineato, nel periodo corrente dal 2020, un quadro aggiornato degli equilibri criminali e della loro evoluzione nella fascia di territorio a cavallo tra le province di Catania e Messina, documentando l’influenza su quell’area del clan catanese “CAPPELLO” di Catania e l’attualità del sodalizio criminale di tipo mafioso, denominato clan “CINTORINO”, costituente articolazione locale della menzionata organizzazione catanese, con cui è risultato storicamente e stabilmente collegato e alleato, attivo in particolare tra Calatabiano (CT), Giardini Naxos (ME), Taormina (ME) e zone limitrofe.

Le due ordinanze sono il risultato della strettissima sinergia investigativa attuata dalle DDA di Catania e di Messina, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nonché fra i Carabinieri e la Guardia di Finanza, finalizzata a contrastare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati sodalizi nei territori “di confine” dei distretti di Catania e Messina.

In tale contesto, sarebbero state ricostruite molteplici vicende criminali che avrebbero confermato, come ricostruito sulla base di indizi ritenuti gravi, come gli indagati si adoperassero per il mantenimento in vita e il rafforzamento del sodalizio mafioso, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere una serie indeterminata di “reati fine”, tra cui, in particolare, quelli legati ad attività estorsive ed al traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti.

Nel dettaglio, le investigazioni delegate dalle DDA ai finanzieri dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria etneo – G.I.C.O. – anche mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e riscontro, acquisizione di dati e notizie tramite banche dati in uso alla G.d.F., avrebbero permesso di acquisire molteplici evidenze indiziarie fortemente sintomatiche della perpetua operatività del clan CINTORINO quali l’impegno mai scemato degli indagati per il mantenimento in carcere dei vertici storici del clan, il coinvolgimento in attività estorsive, il controllo del territorio, la disponibilità di armi da fuoco e il ricorso a figure apparentemente “pulite” e distanti per la loro custodia, l’uso delle armi nei confronti di altri soggetti, l’attitudine a dirimere controversie attraverso il richiamo alla potenza e alla capacità di intimidazione propria del clan mafioso, e ancora l’attitudine di un’esponente storico a continuare ad impartire direttive dal carcere attraverso apparecchi telefonici a lui clandestinamente procurati dai familiari e comunque da persone vicine ..

Nell’ambito delle indagini dirette dalla DDA di Catania sull’associazione mafiosa, a seguito del coordinamento tra gli Uffici requirenti, sono state valorizzate anche utili risultanze delle attività investigative condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina sotto la direzione della DDA peloritana.

Anche la Guardia di Finanza

La Guardia di Finanza etnea veniva, altresì, delegata dalle DDA ad individuare i soggetti di spicco della predetta associazione, destinatari poi del provvedimento custodiale, ricostruendone le vicende criminali nel periodo investigato.

In particolare, dalle stesse sarebbe risultato che SPINELLA Mariano avrebbe assunto il ruolo di promotore/reggente del clan CINTORINO, mentre PEDICONE Riccardo, braccio destro del boss PACE Mario del clan CAPPELLO, avrebbe rappresentato il referente per tale sodalizio mafioso etneo, affermandosi come organizzatore delle illecite attività sul versante ionico, circostanza questa ultima, specie per il territorio messinese, emersa chiaramente nella indagine condotta anche dai Carabinieri.

Per quanto concerne gli altri partecipi, alle figure storiche di SPINELLA Carmelo (fratello di Mariano) e RANERI Giuseppe, attualmente detenuti, si affiancherebbero soggetti emergenti, come GALASSO Alessandro, MAVILLA Diego, uomo di fiducia di PEDICONE, CINTORINO Christopher Filippo legato a vincoli di sangue con l’esponente di spicco da cui origina la denominazione del clan essendo nipote del boss Antonino. Quest’ultimo, avvalendosi dell’autorità derivante dai legami familiari, si sarebbe imposto sul territorio, primariamente nel settore degli stupefacenti.

I molteplici episodi osservati confermerebbero come il gruppo CINTORINO avrebbe attuato un ramificato controllo del territorio, anche attraverso una metodica attività estorsiva nel comprensorio di Calatabiano e nei comuni limitrofi della fascia ionica etnea e messinese a danno di operatori economici dell’edilizia, dei trasporti e di attività turistico-ricettive. Significativo riscontro della forza d’intimidazione territoriale del clan si desumerebbe inoltre dalle richieste di intervento rivolte al reggente del sodalizio SPINELLA Mariano, per dirimere controversie insorte tra sodali e tra questi ultimi e soggetti esterni all’organizzazione per le questioni più varie, da quelle di carattere economico a quelle sentimentali.

Nel settore degli stupefacenti, l’affiliato CINTORINO Christopher F., imparentato con il capo  storico del sodalizio CINTORINO Antonino avrebbe rivestito un ruolo di primo piano, dirigendo e gestendo un gruppo capace di assicurare in maniera stabile un mercato operativo a “ciclo continuo”, relativo a stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, che avrebbe avuto un nucleo centrale costituito dal predetto sodale, con ruolo direttivo, e da altri tre partecipi GALASSO Alessandro, MOBILIA Carmelo e MURATORE Cinzia, che avrebbero – sulla base degli indizi raccolti –  il ruolo di organizzatori dediti alla contrattazione, al trasporto, al confezionamento e all’occultamento della sostanza stupefacente, affiancato da una rete di spacciatori, stabilmente collegata.

Le indagini tecniche delegate dalle DDA ai Finanzieri etnei avrebbero poi restituito gravi indizi in merito al fiorente business criminale del traffico di stupefacenti, nonostante le cautele adottate dagli indagati, volte a dissimulare l’attività realmente svolta per non attrarre le forze dell’ordine.

Non sarebbero stati rari i tentativi di dissimulare il reale oggetto della conversazione mediante riferimenti all’attività di allevamento canino o a una nota bevanda gassata per la cocaina e sarebbe stato inoltre appurato l’utilizzo di telefoni dedicati e applicazioni di messaggistica non intercettabili con le comuni tecniche, con il verosimile fine di eludere eventuali investigazioni.

Nel corso delle investigazioni delegate dalle DDA alle Fiamme Gialle del Nucleo PEF di Catania, sarebbero, inoltre, stati monitorati diversi episodi di approvvigionamento e di cessione di narcotico, che hanno portato complessivamente, nell’intero corso delle indagini, all’arresto in flagranza di 5 indagati ed al sequestro di circa 13 kg di cocaina, 55 di hashish e 72 di marijuana. Significativo è risultato il ritrovamento e sequestro di 71,5 kg di marijuana tipo SKUNK, quasi 1 kg di hashish e 3 etti di cocaina all’interno del cimitero di Giarre (CT), risultata una delle basi operative e di deposito del gruppo criminale.

Sarebbe stato inoltre accertato, sulla base degli indizi raccolti, come PEDICONE RICCARDO del clan “CAPPELLO” attivo a Giardini Naxos, in occasione delle consultazioni regionali del settembre 2022, si fosse adoperato per supportare la campagna elettorale di un candidato catanese per l’Assemblea Regionale Siciliana. Le risultanze investigative sulla ricerca del sostegno elettorale, seppur non abbiano consentito di configurare a livello di gravità indiziaria il patto idoneo ad integrare il reato di scambio elettorale politico mafioso di cui all’art 416-ter cp, avrebbero consentito, comunque, di acquisire ulteriori elementi indiziari in ordine al riconoscimento mafioso della citata figura di PEDICONE, in quanto sodale influente ed in grado di assicurare l’appoggio elettorale anche in occasione di elezioni di livello regionale.

Grazie alle investigazioni delegate dalle DDA all’Arma dei Carabinieri di Messina sarebbe stato evidenziato, a livello di gravità indiziaria, il ruolo di primo piano del menzionato PEDICONE RICCARDO del clan “CAPPELLO” che, a partire dal 2020, insieme ad altri soggetti ritenuti appartenenti alla stessa organizzazione mafiosa, tra cui SICALI Carmelo, avrebbe spostato nel territorio di Giardini Naxos una parte degli interessi illeciti del gruppo, avviando una fiorente attività nell’ambito del narcotraffico, avvalendosi dei propri canali di rifornimento della città etnea e operando nella commissione di estorsioni.

Proprio dalle intercettazioni delegate dalle DDA ai Carabinieri emergeva come dai vertici del clan “CAPPELLO” di Catania fosse stata imposta la presenza sul territorio di Giardini Naxos di PEDICONE Riccardo, il quale, secondo il linguaggio criptico utilizzato dagli indagati, avrebbe dovuto giocare in quel paese con i bambini, espressione quest’ultima intesa dagli investigatori, secondo una interpretazione condivisa dalle A.G., per indicare i sottoposti nell’ambito del gruppo criminale. Nel ragionare sulle dinamiche interne alla consorteria, gli indagati si sarebbero definiti tutti una cosa, espressione che rafforzava il vincolo associativo e modo per intendere l’unità dell’organizzazione criminale, in un contesto in cui ciascuno poteva contare sul sostegno degli altri sodali anche nel caso in cui qualcuno cascava in galera.

Sarebbe poi emerso che PEDICONE Riccardo, ritenuto sulla base del quadro indiziario acquisito capo dell’organizzazione, nel corso dell’indagine, si fosse trasferito dalla città etnea a Giardini Naxos per organizzare meglio gli affari illeciti e si sarebbe avvalso principalmente di soggetti del posto, al fine di gestire lo smercio di sostanze stupefacenti e le richieste estorsive, esercitando il proprio ascendente, derivante dalla sua appartenenza al clan catanese e agendo con tipiche modalità mafiose, spesso con azioni violente.

Le indagini delegate dalle DDA e condotte dai Carabinieri hanno inoltre documentato l’esistenza e l’operatività, in maniera quasi monopolistica a Giardini Naxos e nelle zone limitrofe, di due distinti gruppi criminali attivi nel narcotraffico, con assetti che avrebbero visto quale medesimo capo il citato PEDICONE Riccardo gravemente indiziato di essere legato al clan “CAPPELLO”, il quale avrebbe operato sul territorio con piena autonomia decisionale.

 

 

Le attività investigative sul traffico di stupefacenti sono state avviate nel febbraio 2020, a seguito di una rapina con l’utilizzo di armi ai danni di una sala giochi di Giardini Naxos, dalle cui prime risultanze, tramite il monitoraggio dei soggetti individuati come indiziati, sarebbero emersi indizi relativi ad un vasto traffico di sostanze stupefacenti.

In particolare, i due gruppi criminali, con un vertice definito e ruoli suddivisi tra fornitori, corrieri, vedette, gestori delle basi operative e della “cassa”, avrebbero smerciato nel territorio jonico della provincia messinese cocaina, marijuana e hashish, avvalendosi di basi logistiche individuate dapprima in un’officina meccanica e poi in un bar di Giardini Naxos. Lo stupefacente sarebbe stato trasportato a Giardini Naxos dai componenti dei sodalizi, riforniti dal clan “CAPPELLO”, a cui sarebbero stati destinati i proventi dello smercio, vuoi a conferma dell’affermazione del dominio economico e criminale dell’associazione mafiosa sul territorio, che per le necessità di mantenimento economico dei propri esponenti detenuti.

Nel corso delle indagini, sarebbero state inoltre documentate intimidazioni e violenti pestaggi che sarebbero stati messi in atto dagli associati, su ordine di PEDICONE Riccardo, quale capo dei sodalizi nei confronti di pusher, anche intranei ai gruppi, che avevano trattenuto per loro il narcotico, o erano insolventi o ritardavano la consegna delle somme ricavate dallo smercio dello stupefacente.

La struttura dei sodalizi dalle indagini svolte sarebbe risultata definita e caratterizzata da assetti e ruoli che variavano nel corso del tempo, al punto che lo stesso capo promotore dei gruppi sarebbe stato temporaneamente sostituito al vertice dell’organizzazione da altro soggetto, CRIMI Matteo Fortunato Mario, a seguito di un periodo di convalescenza dovuto a un conflitto a fuoco, avvenuto a Catania, in cui era stato ferito.

Nell’ambito dell’attività investigativa delegata dalle DDA ai Carabinieri, sono già state arrestate in flagranza di reato 17 persone, con il sequestro complessivamente di più di 11 kg. di stupefacente, tra marijuana, hashish e cocaina.

L’altro filone investigativo focalizzato sull’area di Taormina, delegato al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Messina, ha consentito di acquisire gravi indizi in ordine all’attività estorsiva posta in essere nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina e nelle zone limitrofe dal già menzionato esponente mafioso, PEDICONE Riccardo, per il clan “CAPPELLO”, nonché da referenti dell’articolazione dei “CINTORINO” e del sodalizio mafioso “BRUNETTO-SANTAPAOLA”, in prosecuzione di pregressi accordi spartitori dei proventi estorsivi che sarebbero stati stabiliti anni indietro.

Si è trattato di un’attività investigativa che si pone in continuità con le indagini già condotte dai Finanzieri etnei sotto la direzione della DDA catanese, nell’ambito dell’operazione cd “Isola Bella” nei confronti dell’articolazione “CINTORINO” del clan “CAPPELLO”, per atti estorsivi perpetrati (sino al settembre del 2017) nel settore della gestione di escursioni turistiche nel tratto di mare antistante l’Isola Bella di Taormina e sfociate nell’emissione di misure cautelari personali e reali il 10.06.2019, con successive sentenze di condanna di primo e secondo grado. Le odierne indagini delegate al GICO della Guardia di Finanza di Messina hanno attualizzato le situazioni cristallizzate nel procedimento “Isola Bella”, mettendo in primo piano il ruolo del referente del clan “CAPPELLO”, PEDICONE RICCARDO, cognato di un esponente arrestato nella precedente indagine e protagonista con altri sodali di plurimi episodi di estorsione aggravata.

Le suddette indagini hanno consentito di acquisire gravi indizi in ordine ad una serie di estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, compiute nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina, in danno di privati ed imprenditori locali e, soprattutto, di imprese impegnate nel settore delle “Escursioni Turistiche”, svolte con barche da diporto nel tratto di mare antistante la spiaggia di Isola bella di Taormina, col precipuo scopo di agevolare l’associazione mafiosa e, al contempo, di finanziare l’assistenza di soggetti affiliati detenuti in carcere.

Per vincere eventuali resistenze degli estorti, i sodali avrebbero impiegato ogni strumento di persuasione psicologica e minacce (usavano diverse espressioni gergali arrivando anche ad esercitare la violenza fisica nei riguardi un imprenditore che si voleva opporre alle pretese ed apponendo, in un caso, una bottiglia con liquido infiammabile ed accendino sulla porta di un esercizio commerciale. In una particolare circostanza, RANERI Giuseppe avrebbe persino tentato di sfondare la porta di ingresso dell’abitazione di una vittima, in orario notturno, lanciando poi oggetti contundenti contro la finestra della casa per indurre la vittima ad uscire di casa e cedere ai soprusi.

Gli elementi raccolti avrebbero così dimostrato che, dopo una preliminare fase di spartizioni delle aree di influenza, attuata tramite diversi comportamenti estorsivi, una delle compagini, dopo aver cacciato altri affermati imprenditori dalla zona più esclusiva nel settore delle escursioni turistiche e sbaragliato la concorrenza, è riuscita finanche a diventare impresa, gestendo, direttamente, il lauto guadagno generato dall’enorme flusso di turisti che, ogni anno, da marzo a ottobre, visitano una delle spiagge più belle al mondo.

Nelle due ordinanze, i G.I.P. di Messina e Catania si sono riservati di valutare, a seguito di interrogatorio preventivo, l’adozione delle misure cautelari nei confronti, rispettivamente, di ulteriori 13 indagati.

Quanto sopra, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito, nonché tenuto conto dell’interesse pubblico ad una chiara esposizione dei fatti, sia pure nel doveroso riserbo di ulteriori elementi in ragione della attuale fase delle indagini preliminari. Con la precisazione che il procedimento è, allo stato, nella fase delle indagini preliminari, nella quale i soggetti indagati  sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità con la puntualizzazione che l’eventuale giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati.

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Catania, è morto il ragazzo caduto dal lucernario di Etnapolis

 

 

Delusione.

 

 

Belpasso,

E’ morto il ragazzo di 16 anni precipitato ieri sera dal lucernario di un tetto nel centro commerciale Etnapolis a Belpasso, in provincia di Catania. Il giovane era stato soccorso e trasportato in ospedale,(S.Marco) ma le sue condizioni era gravissime e nella notte è deceduto.

Si apprende che la Procura etnea ha già ipotizzato il reato di omicidio colposo  Sul caso sono al lavoro i carabinieri di Paternò (Catania) che stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto.Non è stato necessario disporre l’autopsia sul corpo del ragazzo.

Catania: padre e figlio in carcere per tentato omicidio

 

Catania: padre e figlio in carcere per tentato omicidio

 

DI  ALESSIO  EVANGELISTA

Catania,

Padre e figlio fermati dai poliziotti della Squadra mobile di Catania  con l’accusa di tentato omicidio, detenzione e porto in luogo pubblico di un’arma da fuoco e, ancora, di detenzione illegale e ricettazione di un’arma clandestina.

I due uomini sono indiziati del tentato omicidio di un 45enne catanese raggiunto da sei colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata al termine di una lite.

Le immagini di videosorveglianza raccolte dagli investigatori nel luogo del delitto mostrano appunto tutte la dinamica dei fatti, iniziati con una lite tra i tre al di fuori di una sala scommesse del capoluogo siciliano.

Gli uomini, come ricostruito dagli investigatori, avevano già avuto contrasti personali dovuti ai comportamenti tenuti dai fermati nei confronti dell’attuale compagna della vittima, rispettivamente ex compagna e madre dei due.

I poliziotti, dopo aver perquisito l’abitazione del 25enne, e avervi rinvenuto una pistola priva di matricola, lo hanno rintracciato all’interno di un bed and breakfast poche ore prima che il padre si costituisse negli uffici della Squadra mobile  (Comunicato).

 

 

 

Caso Altavilla: e l’ora del giudizio venne

 

La strage di Altavilla, l'ora del giudizio: dal Gup Barreca e i complici -  Giornale di Sicilia

 

 

 

Primo processo per il caso di Altavilla, prima sentenza

Una sentenza di condanna  .. Per il Gup dei minori Nicola Aiello, che sulla base di una perizia l’aveva già dichiarata capace di intendere e di volere, la 17enne accusata dell’omicidio della madre e dei due fratellini di 15 e 3 anni è colpevole.

Dodici anni e 8 mesi la pena stabilita dal magistrato che ha letto il verdetto alla presenza della ragazzina in lacrime. A poca distanza dall’aula del tribunale dei minorenni il padre della giovane, Giovanni Barreca, e una coppia di fanatici religiosi conosciuti durante raduni di preghiera, Sabrina Fina e Massimo Carandente, sono comparsi davanti alla corte d’assise per rispondere degli stessi reati. Complici della strage costata la vita ad Antonella Salamone, Kevin ed Emanuel, torturati e assassinati durante un a sorta di rito di liberazione dal demonio, in una villetta di Altavilla Milicia, un anno fa.

 

Per loro il dibattimento è appena iniziato. «Sono una chioccia amorevole, amo i bambini, ho salvato la mia cagnetta, amo gli anziani e i disabili e non ho mai ucciso», si è difesa la Fina nel corso di brevi dichiarazioni spontanee. Lei e l’ex compagno, entrambi detenuti, si sono sempre detti innocenti. «Abbiamo solo pregato insieme alla famiglia per scacciare il male», hanno detto negando di essere stati presenti durante il massacro.

Barreca, invece, ha ammesso tutto già quella mattina dell’11 febbraio di un anno fa, quando chiamò i carabinieri. «Ho ucciso la mia famiglia, venite a prendermi», farfugliò al telefono. E ai militari raccontò di essere stato costretto a assassinare moglie e figli perché posseduti dal demonio. Frasi senza senso che l’uomo continua a ripetere, ma che non sono bastate per fargli avere l’infermità mentale. Oggi il suo legale, l’avvocato Giancarlo Barracato, ha reiterato l’istanza di non doversi procedere per infermità mentale del cliente sulla base di una perizia disposta dal gip che l’ha ritenuto non presente a se stesso e gli ha consentito di lasciare i carcere per una Rems, una struttura sanitaria di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi.

Barreca ha sempre cercato di difendere la figlia arrivando a dire che nei piani suoi e della coppia, certi che la casa fosse infestata dai demoni, anche la ragazza doveva essere sacrificata, e che era stata risparmiata solo per l’arrivo di una tempesta, interpretata come segnale divino. Sorte diversa e sfortunata per Antonella Salamone, la prima a essere seviziata, assassinata e bruciata – i suoi resti vennero ritrovati nel giardino di casa dai carabinieri – Kevin, che all’inizio partecipò alle torture e poi fu ucciso, ed Emanuel che, prima di morire, ha subito atroci sofferenze.

 

 

Lotta al traffico di stupefacenti – Palermo – Arrestato produttore e grossista di crack

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Palermo,

I Finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, nell’ambito dei controlli svolti nell’area metropolitana del capoluogo siciliano, per la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti, hanno tratto in arresto un palermitano incensurato e sequestrato 1 kg e mezzo di cocaina, involucri sottovuoto, 500 dosi già confezionate di crack e 100 dosi di cocaina.

Nelle scorse settimane, i Baschi Verdi hanno intensificato l’attività di contrasto della diffusione del crack, la cosiddetta “droga dei poveri”, anche in considerazione del sempre più crescente e preoccupante fenomeno del consumo di quest’ultimo, soprattutto tra i giovanissimi.

L’attività così avviata ha consentito di individuare un soggetto che, sebbene incensurato, sembrava aver messo in piedi una fiorente attività di produzione e spaccio di sostanze stupefacenti all’interno della propria abitazione, sfruttando la strategica ubicazione della stessa perché sita in un vicolo stretto del quartiere Noce e, pertanto, di difficile monitoraggio.

Infatti, l’uomo, approfittando della favorevole posizione del proprio appartamento, all’interno del quale procedeva principalmente alla produzione del crack e al confezionamento di piccole dosi di cocaina, aveva trasformato il balcone della propria abitazione in una vera e propria “piazza di spaccio”.

In particolare, le dosi di crack e cocaina, dopo un breve contatto telefonico, venivano lanciate dal balcone ai vari clienti o pusher che lì sotto si posizionavano. Tale modalità consentiva al sospettato di evitare contatti diretti o incontri con gli acquirenti, garantendogli di ridurre al massimo il rischio di essere intercettato dalle forze dell’ordine durante le consegne.

Contestualizzato il modus operandi e appurato il consolidato e sistematico afflusso di clienti, i Baschi Verdi sono intervenuti prima seguendo e poi controllando un acquirente che si stava allontanando dal vicolo dopo aver raccolto una dose di crack sotto il balcone.

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Successivamente i militari, quando il sospettato spacciatore si accingeva a uscire dal proprio appartamento, decidevano di fermarlo e sottoporlo a controllo. Trovato in possesso di circa 1.000 euro, ritenuti verosimilmente provento dell’attività illecita, si è proceduto così a condurlo presso la propria abitazione per la successiva perquisizione.

L’esito della stessa ha confermato pienamente i sospetti sulla portata dell’attività illecita avviata dall’uomo tra le mura domestiche. Infatti, è stata individuata una vera e propria centrale di produzione e confezionamento di crack e dosi di cocaina, avvalorata dal ritrovamento in un armadio sito in camera da letto di alcuni panetti di cocaina e diversi contenitori in plastica con all’interno altri pezzi di cocaina parzialmente lavorati e pronti per essere trasformati in crack.

Sono state inoltre trovate circa 500 dosi di crack e 100 di cocaina già confezionate in palline di cellophane e chiuse con nastro isolante di diverso colore, bianco per il crack e nero per la cocaina, nonché diversi telefoni cellulari utilizzati per i contatti con i clienti e, a conferma dell’attività di produzione di crack, bilancini di precisione, materiale da confezionamento, cucchiaini e attrezzatura necessaria e utilizzata per la trasformazione della cocaina in crack.

La vendita della sostanza sequestrata avrebbe fruttato sul mercato al dettaglio introiti per oltre 100.000 euro.

Il responsabile è stato tratto in arresto, posto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria e tradotto presso la Casa Circondariale Pagliarelli. La stessa A.G. ha convalidato il sequestro della sostanza stupefacente e del denaro contante rinvenuto.

Si tratta di uno dei più importanti sequestri di crack effettuati a Palermo e in tutta la Sicilia e soprattutto dell’individuazione di una vera e propria centrale di produzione. Come noto, infatti, il crack è una droga ricavata tramite processi chimici dalla cocaina e viene assunto inalando il fumo dopo aver surriscaldato i cristalli in pipe di vetro o ricavate da bottiglie di plastica o lattine. Trattandosi di un derivato della cocaina, il prezzo è molto più basso e per tale ragione a parità di effetti si sta particolarmente diffondendo tra i giovanissimi e tra coloro che hanno scarse possibilità economiche.

Infatti, secondo i dati della Direzione Centrale Servizi Antidroga (DCSA), i maggiori sequestri di crack si concentrano soprattutto nelle regioni del meridione e nelle aree urbane più povere.

L’importanza dell’odierno sequestro di 500 grammi di crack, il maggiore a livello locale e uno dei più significativi a livello nazionale, si evince dal fatto che, nonostante nel nostro Paese si verifichi un costante aumento di sequestri di crack – si è passati difatti dai 6 kg del 2019 ai 15 kg del 2023, ultimo dato disponibile sull’intero territorio nazionale – si tratta ad oggi non di tonnellate ma ancora di chilogrammi.

L’odierna attività ha confermato come lo spaccio di sostanze stupefacenti sia uno dei principali fattori che aumentano il degrado sociale nei quartieri più popolari della città, attirando un flusso costante di consumatori e generando tensioni tra i residenti.

Si evidenzia che il provvedimento cautelare in argomento è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare; pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.

 

Napoli, traffico di sostanze stupefacenti – ordinanza cautelare personale nei confronti di 8 persone

 

In Italia crescono dipendenze e consumo di droga – Diocesi Pistoia

 

Per delega del Procuratore Distrettuale di Napoli, i vertici dei militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito una ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 8 persone (di cui 6 sottoposte alla custodia in carcere, 1 alla misura degli arresti domiciliari, 1 al divieto di dimora nel Comune di residenza) gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di detenzione, a fine di spaccio, di droga.
Le indagini hanno tratto origine da una segnalazione proveniente dalla Guardia Civil spagnola e avrebbero disvelato l’operatività di un gruppo organizzato, che avrebbe importato dalla Spagna varie partite di droga, successivamente rivendute sul territorio napoletano. Gli indagati si sarebbero riforniti di stupefacente organizzando diversi viaggi all’estero e mediante contatti con molteplici fornitori.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Lavoro: controllati a Palermo 37 cantieri edili, tutti irregolari

 

 

Lavoro nero: sanzioni pecuniarie e sospensione dell'attività imprenditoriale

 

 

 Palermo,
Un lavoratore su otto in nero o irregolare, non sottoposto a visita medica per l’idoneità allo svolgimento delle sue mansioni e non formato in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Questa l’evidenza di quanto emerso nel corso dei controlli effettuati dai militari del Gruppo Tutela Lavoro di Palermo, col supporto delle Stazioni Carabinieri, ad alcuni cantieri edili operanti nella provincia, compresa l’isola di Ustica. In tali luoghi di lavoro i militari dell’Arma hanno infatti verificato la posizione di numerosi dipendenti, constatando che circa il 15% di essi stava svolgendo attività privi di un regolare contratto di lavoro e delle basilari garanzie previste dalla normativa vigente per la tutela della loro incolumità o in carenza di formazione specifica.
Una sorta di “roulette russa” messa in atto da alcuni datori di lavoro negligenti sulla pelle degli operai edili, esposti a rischi notevoli perché non ben formati per le mansioni da svolgere e sul rispetto delle procedure di sicurezza, che assicurano l’integrità psico-fisica ed il “benessere” dei lavoratori.
I militari, nel corso dei controlli, hanno contestato ai datori di lavoro svariate violazioni al testo unico in materia di sicurezza: si va dall’omessa formazione e informazione del personale dipendente in questa delicata materia alla mancata sottoposizione del medesimo alle visite mediche che certificano l’idoneità allo svolgimento delle mansioni lavorative, dalla mancata consegna di dispositivi di protezione individuale quali scarpe antinfortunistiche, guanti e caschetti, al montaggio errato di ponteggi con conseguenti rischi di cadute dall’alto, dall’assenza di addetti al servizio antincendio e al primo soccorso alla presenza di quadri elettrici non a norma. Le attività ispettive peraltro raccontano lo sforzo profuso dai militari dell’Arma nei controlli: 71 le imprese edili controllate, 18 delle quali colpite da un provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale per motivi di sicurezza e per lavoro nero; 153 i lavoratori controllati, 23 dei quali irregolari; 340.000 euro circa l’importo complessivo delle sanzioni amministrative e delle ammende contestate.
Le imprese edili sanzionate, dopo aver ottemperato al pagamento della sanzione e aver formalmente assunto i lavoratori privi di contratto, sono state messe nelle condizioni di continuare ad esercitare le proprie attività. I controlli effettuati fanno parte del programma che ha lo scopo di avviare un attivo coinvolgimento dei lavoratori nel processo di crescita progressiva del livello di sicurezza.
Lo sforzo quotidiano dei Carabinieri è peraltro quello di promuovere e sviluppare con efficacia e continuità la cultura della sicurezza, in particolare nel settore dell’edilizia, attraverso una capillare attività di informazione e assistenza nei confronti di tutte le parti interessate (committenti, imprese, professionisti, rappresentanti dei lavoratori della sicurezza e funzionari della Pubblica Amministrazione), con il fine di contenere le violazioni e favorire lo sviluppo economico. Solo attraverso la conoscenza delle norme e la loro relativa attuazione si può infatti scongiurare il verificarsi di incidenti sul lavoro talvolta mortali.
La sicurezza sui luoghi di lavoro è sempre più al centro dell’attenzione delle istituzioni, che vedono quotidianamente impegnati sul territorio del capoluogo e della provincia i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo e del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Palermo e del Nucleo Operativo del Gruppo Tutela Lavoro nella verifica degli aspetti del rapporto lavorativo, volta alla tutela della sicurezza, della salute e della dignità dei lavoratori ed al contrasto del fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare.

Caltanissetta: sequestrate 30.000 dosi di anabolizzanti e farmaci non autorizzati

Caltanissetta – Concorso alla sicurezza interna ed esterna del paese

 

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Caltanissetta,

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, nell’ambito delle attività di polizia economico-finanziaria, hanno portato a termine un’importante operazione nel settore del contrasto al commercio illegale di prodotti dopanti e farmaci privi di prescrizione medica.

L’attività, avviata nell’anno 2024 a cura delle Fiamme Gialle del Gruppo di Caltanissetta attraverso il controllo economico del territorio e le analisi di vendita a mezzo internet e noti social network, ha consentito di rivelare l’esistenza di una rete commerciale dedita al traffico di sostanze anabolizzanti di provenienza estera, finalizzate a rifornire palestre e, più in generale, consumatori presenti all’interno della Provincia.

L’intera operazione, denominata “pesi massimi”, ha permesso in più occasioni di intercettare e sottoporre a sequestro complessivamente oltre 30.000 dosi di prodotti anabolizzanti illegali e farmaci, suddivisi in capsule e fiale, per i quali è prevista la prescrizione medica obbligatoria, con un giro di affari che si aggira a circa 100.000 euro.

L’operazione di servizio condotta dalla Guardia di Finanza – comunica il vertice della Finanza-conferma il costante impegno del Corpo nell’attività di prevenzione e repressione degli insidiosi fenomeni della vendita e distribuzione di prodotti non conformi e non sicuri, a tutela della pubblica salute, del mercato, delle imprese regolari e dei consumatori finali.

 

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