Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella accolto da Patrizia De Luise, Presidente Nazionale Confesercenti, in occasione dell’Assemblea
Annuale 2024 “L’impresa diffusa motore dello sviluppo economico e della ricchezza e sicurezza dei territori
Roma, 19/11/2024 (II mandato)
Rivolgo un saluto di grande cordialità al rappresentante della Camera dei deputati, ai Viceministri, ai Parlamentari presenti, a tutti i presenti, con un ringraziamento alla Presidente per la sua relazione, sottolineando che viviamo un cambiamento d’epoca.
Ne cogliamo le straordinarie potenzialità.
Dalle innovazioni, in ogni campo, scaturiscono opportunità inedite per le persone, per l’economia, per le comunità.
Al tempo stesso non sfuggono gli squilibri, i conflitti drammatici, i pericoli.
Accondiscendere al pensiero che si tratti di prezzi inevitabili da pagare per il cambiamento sarebbe già una resa.
Non è questo quel che ci indica la nostra Costituzione. Non sono queste le ragioni fondanti la Repubblica.
Avvertiamo i timori che attraversano le nostre società e, talvolta, oscurano il futuro. Ma siamo consapevoli anche di realtà solide e confortanti.
Il commercio, l’artigianato, l’imprenditoria che nasce e si sviluppa nelle piccole e medie dimensioni sono parte del tessuto vitale della comunità.
Ossatura di valori e connessioni che caratterizza il nostro modello economico e sociale e che rende sicuro il nostro cammino, affrontando le sfide nuove.
La qualità della vita di domani è in discussione, caratterizzato com’è questo periodo dalla sfrenata concentrazione delle ricchezze, che interferisce sulla struttura della società, sullo stesso accesso ai consumi. Ma non è affidata a scelte che siano per noi indisponibili.
Il domani sarà plasmato anche da noi, anche dalle vostre attività, dalle interrelazioni che svilupperete con le istituzioni e con il resto della società.
Il commercio è stato uno dei motori della civiltà europea. Lo è anche della cultura e dell’identità italiane, che cominciarono a maturare prima ancora di una piena coscienza nazionale.
Il commercio si è diffuso, sospinto da un vento di libertà e, insieme, dalla consapevolezza che sarebbe stato leva di benessere.
È facendo aggio sul binomio – libertà e sviluppo sociale – che si è costruito un nuovo contesto di diritti e sono progrediti prosperità, produzione, diffusione di beni.
Pensiamo a come la società delle disuguaglianze fosse – e sia quando si fa tuttora sentire – angustiante per le persone che vedono i loro diritti messi, di fatto, in discussione.
Utilità e valore sociale non riducono ma completano, integrano il principio di libertà. Ce lo ricorda l’intero Titolo Terzo della nostra Costituzione.
Il nostro ordinamento è qualcosa di più di un insieme di norme e di forme. La democrazia è sostanza.
Si invera in uno sviluppo sociale dove libertà, uguaglianza, equità rappresentano l’obiettivo e lo spirito di iniziativa è incoraggiato da istituzioni non invasive e da poteri non accentrati.
Con questo bagaglio prezioso andiamo incontro ai tempi nuovi.
E le articolazioni sociali e professionali che voi rappresentate rivestono grande rilievo per dar vita a una fase di sviluppo nuova, finalmente sostenibile, e per mantenere la coesione della società.
Abbiamo superato serie difficoltà, anche in stagioni recenti, grazie alla vitalità, al coraggio, al sacrificio delle tante nostre imprese, diffuse sul territorio.
Il mondo del commercio, le reti di piccole e medie imprese, sono state un presidio di resilienza per il nostro Paese.
Resilienza anche civile, non soltanto di valore economico.
Cosa sarebbe avvenuto, durante la fase più acuta della pandemia, senza i negozi di prossimità, i servizi, gli artigiani, nei grandi e nei piccoli centri?
Cosa potrebbe accadere oggi senza la rete delle attività commerciali, dei servizi, dell’artigianato, rete che contribuisce a stabilizzare la vita quotidiana delle comunità pur di fronte alle difficoltà della congiuntura?
La Repubblica vi è grata per il vostro impegno e per il lavoro dispiegato nel corso della vostra vita.
Lavoro che richiede, naturalmente, ogni giorno, come sempre, innovazione, creatività, coraggio.
Le politiche pubbliche, con lungimiranza, devono sostenere questi sforzi.
Devono porre attenzione alle riflessioni, alle proposte di questi mondi.
L’attività che svolgete vi rende anche un barometro significativo: il negozio è lo spazio in cui il rapporto con il cittadino-consumatore è quotidiano; le preoccupazioni, i bisogni, le aspettative delle persone riempiono necessariamente le vostre relazioni.
Non va mai dimenticato che il tessuto connettivo del commercio e dell’imprenditoria diffusa costituisce elemento di coesione della società.
Non va lacerato il tessuto dei piccoli esercizi, dei negozi storici delle città e dei paesi.
La pluralità è un bene prezioso.
C’è una biodiversità che ha grande valore anche sul piano economico e sociale.
Indebolirla sarebbe autolesionistico.
La vivibilità, la sicurezza, la socialità dei quartieri, dei centri più piccoli, dei borghi, dipende da questa rete di presenze.
I rischi più consistenti di chiusura dei negozi gravano in modo particolare proprio sulle aree interne e rurali, sui territori montani, sui paesi divenuti ora, con la rarefazione dei servizi, più lontani dalle reti infrastrutturali, dalle scuole, dagli ospedali.
Va interrotto il circolo vizioso che si realizza con declino demografico e desertificazione commerciale e dei servizi.
Il divario che penalizza le aree interne – e che assume non di rado il carattere di un vero e proprio spopolamento – è un freno allo sviluppo di tutto il Paese, non soltanto di alcune aree limitate.
La leva del commercio, la leva del turismo, sono preziose. Essenziali.
Una grande opportunità per il nostro Paese, e al tempo stesso una sfida ulteriore che sta conoscendo uno sviluppo poderoso: il turismo.
Nelle città più grandi, nelle mete tradizionali del turismo i flussi sono divenuti così imponenti da creare problemi non piccoli di gestione.
Ampliare i circuiti del turismo italiano, far conoscere altri luoghi e altri percorsi, offrire esperienze diverse ma anch’esse di alta qualità, consentirebbe inoltre di entrare in contatto con i tanti valori dell’Italia.
Il commercio crea lavoro.
Il terziario di mercato occupa una quota altamente significativa di lavoratori.
Il settore è anche palestra di imprenditorialità.
Tante start-up che nascono sono guidate da giovani e da donne.
Spesso sono, all’inizio, micro-imprese.
“Dalla bottega all’impresa” è stato un efficace slogan della vostra organizzazione, slogan che indicava con orgoglio il superamento della nozione di piccolo commercio come attività marginale, per conferirgli, invece, qualità e spessore.
Il rilancio dell’economia passa dalla consapevolezza del ruolo di ciascun singolo attore del nostro tessuto produttivo.
In questo ambito, sta crescendo anche la presenza di aziende guidate da cittadini immigrati. Dal commercio giunge pertanto anche un impulso all’integrazione, potente fattore di sicurezza.
Interesse del commercio – interesse vitale – è contrastare sempre l’illegalità: dalle contraffazioni e dalle forme di commercio abusivo fino alle infiltrazioni criminali. Le vostre battaglie contro l’usura e contro il pizzo hanno coinvolto persone, comunità, e hanno consentito di raggiungere importanti risultati.
Sono temi che appaiono oggi in minore evidenza.
Dubito che questo derivi da una sconfitta definitiva di quei fenomeni.
Non si deve mai abbassare la guardia.
Il confronto, la collaborazione tra i diversi livelli di governo e le associazioni di categoria sono sempre da ricercare.
Aiuta a definire interventi efficaci nei diversi contesti, a conciliare gli interessi in gioco, quelli degli operatori con quelli dei cittadini, dei residenti, dei turisti.
Il ruolo dei corpi intermedi, la concertazione tra parti sociali e istituzioni consentono di raggiungere punti di equilibrio e di costruire il futuro.
Il dialogo, l’ascolto, sono gli strumenti che hanno permesso all’Italia di progredire: mentre si colgono, talvolta, spinte a considerare un valore, invece, la rottura, lo scontro.
Quasi che il progresso non passi, al contrario – come lei ha sottolineato, Presidente – attraverso la coesione e la partecipazione.
L’interlocuzione non è un inciampo, un fastidio, un rito: è l’esplicarsi della democrazia di un Paese, della vita di una comunità non di sudditi ma di cittadini consapevoli.
Lei, Presidente, segnala, sulla base della riduzione, in termini reali, dei consumi delle famiglie nel primo semestre del corrente anno, la preoccupazione del diffondersi di un clima di sfiducia, quasi che i fondamentali positivi dell’economia non riescano a bilanciare gli effetti del clima di conflittualità sociale, politica, istituzionale.
I tempi facili sono un inganno.
Pensiamo, oggi, ai conflitti – come lei poc’anzi rammentava, Presidente – ai confini con l’Unione Europea, in Ucraina, in Medio Oriente.
L’Italia vi oppone la volontà di affermare i suoi principi di pace, di democrazia, di cooperazione, di sviluppo.
A questo modello, che il nostro Paese offre, viene fornito grande contributo dal mondo delle piccole e medie imprese, cui è ascrivibile il 99% delle imprese, il cui fatturato giunge al 70% di quello complessivo.
Appare evidente che stiamo parlando della spina dorsale del Sistema Italia, del nostro Paese.
La densità delle imprese – oggi gravata da una pesantissima denatalità, in parallelo con quella demografica – è sintomo della vitalità dei territori.
La crescita delle imprese dunque non è soltanto un affare privato del singolo imprenditore o investitore, ma è anche un impegno che rafforza la società, che fa progredire la nostra Repubblica.
In questi oltre cinquant’anni, Confesercenti ha corrisposto all’impegno assunto di concorrere a far crescere il nostro Paese.
Vi auguro di continuare su questa strada.