Cambia la disciplina dei prelievi dal conto corrente
Il provvedimento fissa una soglia di mille euro al giorno e cinquemila euro al mese per i prelievi dal conto corrente: superato questo limite – che vale solo per gli imprenditori – le somme depositate presso l’istituto di credito attireranno l’attenzione del fisco, che può considerare questi importi come ‘ricavi non dichiarati’.
Lo stesso vale per i professionisti, dopo il pronunciamento della Consulta che ha bocciato l’esetensione a questa categoria di lavoratori della disciplina un tempo applicata anche agli imprenditori (e ora modificata), secondo cui i prelievi erano equiparabili ai ricavi e, dunque, giustificavano un controllo del fisco.
Discorso diverso, invece, per quanto riguarda i versamenti in conto corrente, che non hanno limiti. Il contribuente può infatti prelevare qualsiasi importo ma deve essere in grado di dimostrare, qualora il fisco lo richieda, la provenienza di quel denaro.
Ma qual è invece la disciplina che regola la successione del conto corrente? L’articolo 1833 del codice civile, al comma 2, stabilisce che: “In caso di […] morte di una delle parti ciascuna di queste o gli eredi hanno diritto di recedere dal contratto” e, all’ultimo comma, che “lo scioglimento del contratto impedisce l’inclusione nel conto di nuove partite, ma il pagamento del saldo non può richiedersi che alla scadenza del periodo stabilito dall’art. 1831”.
Quest’ultima norma prevede espressamente che “la chiusura del conto con la liquidazione del saldo è fatta alle scadenze stabilite dal contratto o dagli usi e, in mancanza, al termine di ogni semestre, computabile dalla data del contratto”.
Di conseguenza, il trattenimento da parte dell’istituto di credito di qualsiasi importo già spettante all’erede rappresenta un inadempimento contrattuale ove siano già stati superati i termini indicati nel contratto di conto corrente o comunque i sei mesi previsti dal codice civile.
(Agenzia)