Mafia, Ricordo di Boris Giuliano a 44 anni dalla morte

 

boris giuliano

 

Fu un poliziotto e investigatore lungimirante, un uomo generoso e sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà. Grazie al suo intuito e all’innovativo metodo d’indagine, che si concentrava sui conti correnti bancari, Boris Giuliano, negli anni ’70, condusse importanti indagini sulla mafia palermitana arrivando a scoprire legami nel traffico di droga con quella americana.

Fu questo uno dei motivi per i quali la mattina del 21 luglio 1979 venne ucciso all’interno del bar Lux, a Palermo, mentre stava bevendo un caffè. A sparare vigliaccamente fu il mafioso corleonese Leoluca Bagarella, che esplose vari colpi di pistola alle spalle del capo della Squadra mobile del capoluogo siciliano, per poi darsi alla fuga.

 

boris giuliano

 

Oggi, nel giorno del 44° anniversario della morte, la Polizia di Stato ricorda questo valoroso funzionario di Polizia con delle celebrazioni a Palermo e a Messina, città dove Boris Giuliano ha vissuto e trascorso il periodo universitario e dove un ulivo, oggi rigoglioso, è stato piantato in sua memoria nel 2010.

Alla presenza del vice capo vicario della Polizia, Vittorio Rizzi, dei familiari di Giuliano e del prefetto e questore di Palermo, Maria Teresa Cucinotta e Leopoldo Laricchia, è stata deposta una corona d’alloro in via Francesco Paolo Di Blasi, sotto alla lapide che ricorda il vile attentato. In suo suffragio è stata inoltre celebrata una messa nella chiesa di San Giuseppe Cafasso.

 

boris giuliano

 

Il prefetto Rizzi, infine, ha fatto visita al “Museo della memoria” all’interno dei locali della Squadra mobile di Palermo, dove è stato riprodotto lo studio originale di Boris Giuliano e nel quale vengono ricordati tutti gli investigatori palermitani della Polizia di Stato uccisi dalla mafia.

A Messina, la questura, insieme al comitato cittadino “100 Messinesi per Messina 2MILA8”, ricorderà Boris Giuliano con la deposizione di una corona di fiori in via Natoli, sotto alla targa apposta in memoria del Primo dirigente della Polizia di Stato e con una messa presso la chiesa di San Nicolò all’Arcivescovado.

 

Falso trading online: truffa da 87mila euro,la denuncia di un catanese e sequestro deposito in criptovalute

 

postale trading online

Allettato dalla prospettiva di facili guadagni millantati telefonicamente da una persona che si presentava come operatore finanziario specializzato nel trading online, si è ritrovato ad essere vittima di una truffa per circa 87mila euro.

Quando l’uomo, residente a Catania, si è reso conto di essere stato raggirato, ha denunciato tutto alla Polizia postale, che ha avviato l’attività investigativa al termine della quale i poliziotti del Centro operativo sicurezza cibernetica (Cosc) hanno eseguito il decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice per le indagini preliminari, di un deposito di criptovalute.

Gli investigatori hanno anche individuato i responsabili della frode, realizzata attraverso il falso trading online.

postale logo nuovo

 

Si tratta di uno dei primi sequestri di monete virtuali effettuato nel nostro Paese e costituisce un importante passo in avanti nel contrasto dei crimini finanziari online, i cui autori spesso utilizzano questo tipo di moneta per evitare di essere identificati.

La vittima, dopo aver effettuato i primi versamenti, aveva iniziato a visualizzare sulla falsa piattaforma di trading online ingenti profitti che, per essere capitalizzati, avrebbero dovuto essere integrati con altro denaro. Indotto in una sorta di circolo vizioso, l’uomo aveva iniziato a investire ulteriori, rilevanti somme fino a quando si è reso conto della truffa.

Le indagini della Postale di Catania hanno ricostruito la blockchain (letteralmente catena di blocchi), cioè un database distribuito che registra le transazioni condivise tra più nodi di una rete, riuscendo ad individuare il deposito di criptovalute dove di trovavano i proventi illeciti, e gli autori della truffa online.

Cordoglio del Presidente Mattarella per la morte del Vigile del Fuoco Massimo Viglierco

C o m u n i c a t o

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Prefetto Laura Lega, il seguente messaggio:

«Con profonda tristezza ho appreso la notizia del decesso del Vigile del Fuoco Coordinatore Massimo Viglierco, verificatosi mentre raggiungeva il luogo di un intervento operativo.

In questa dolorosa circostanza desidero esprimere a lei e al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco la mia solidale vicinanza.

La prego di far pervenire ai familiari le espressioni della mia commossa partecipazione al loro cordoglio e ai Vigili del Fuoco rimasti feriti gli auguri di pronta guarigione».

 

Truffe agli anziani: 10 persone arrestate per raggiri nei confronti di persone fragili

Anziani raggirati da finto addetto del gas

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                                                        PAROLA  D’ORDINE:  NON  APRIRE A  NESSUNO SE SI E’ SOLI IN CASA
 
Caserta – Santa Maria Capua Vetere (CE),
Nell’ambito di un’attività investigativa diretta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, i Carabinieri della Compagnia di Caserta hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misura coercitiva, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di. 10 persone (2 destinatarie di custodia cautelare in carcere e 8 agli arresti domiciliari), residenti a Napoli.
I delitti contestati riguardano l’ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe in danno di anziani. Sono stati oltre 50 le truffe consumate o tentate nei confronti di soggetti vulnerabili, dimoranti prevalentemente in Campania e nelle zone del basso Lazio accertate nel corso delle indagini, dalle quali i responsabili hanno ricavato un profitto complessivo di oltre € 100.000 in denaro contante, cui va aggiunto il valore di numerosi e preziosi monili e oggetti in oro, consegnati dalle vittime quando non avevano la disponibilità delle somme di denaro richieste.
L’ordinanza di custodia cautelare costituisce l’epilogo di una complessa attività investigativa avviata nel 2021, svolta sia con attività d’intercettazione telefoniche, sia con servizi di osservazione e pedinamento, grazie alla quale sono state acquisite informazioni che, anche per merito del raccordo informativo tra i vari comandi dell’Arma dei Carabinieri, hanno consentito di scongiurare che numerosi tentativi di truffa venissero portati a termine e di procedere anche all’arresto in flagranza di 6 componenti del sodalizio e deferirne altri 2. In particolare:
– il 17.06.2021 , nel Comune di Ausonia (FR), furono arrestati due soggetti subito dopo aver consumato una truffa in danno di un’anziana donna cl. 3 8 dalla quale si erano fatti consegnare, con l ‘inganno, monili in oro che furono recuperati e restituiti alla vittima;
– i121.06.2021, nel Comune di Napoli, furono identificati due soggetti dopo aver consumato una truffa a Sannicandro Garganico (FG) in danno di un’anziana donna cl.41 dalla quale si erano fatti consegnare, con l’inganno, monili in oro che furono recuperati e restituiti alla vittima;
– il 09.08.2021 , nel Comune di San Giovanni Incarico (FR), furono arrestati due soggetti subito dopo aver consumato una truffa in danno di un’anziana donna cl.53 dalla quale si erano fatti consegnare, con l’inganno, buoni postali per un valore di 25.000 euro che furono recuperati e restituiti alla vittima;
– il 16.09.2021, nel Comune di Casagiove (CE), furono arrestati due soggetti subito dopo aver consumato una truffa in danno di un’anziana donna cl.48 dalla quale si erano fatti consegnare, con l’inganno, monili in oro e 300 euro in contanti che furono recuperati e restituiti alla vittima.

Ex Pubbliservizi Catania, dalla Regione una svolta, i trecento dipendenti della vecchia partecipata Provincia entrano nel nuovo soggetto

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«Nella manovra finanziaria approvata ieri, il cosiddetto “Collegato bis”, abbiamo stanziato ben un milione di euro in favore delle integrazioni orarie dei dipendenti ex Pubbliservizi, oggi assunti nella nuova azienda partecipata “Servizi Città Metropolitana di Catania”.

Un impegno che avevo assunto due mesi fa con l’ex commissario Piero Mattei e che oggi manteniamo». Così il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, commenta la norma predisposta dal governo regionale e votata ieri dall’Assemblea regionale che assegna un contributo di un milione di euro finalizzato all’incremento del monte ore dei lavoratori dell’azienda speciale della Città metropolitana etnea.

«Al termine di un lungo e doloroso iter, infatti – aggiunge  l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone – i trecento dipendenti della vecchia partecipata della Provincia regionale sono transitati nel nuovo soggetto che sta già erogando servizi essenziali per la collettività del Catanese. Tale passaggio era avvenuto con decurtazione oraria, ma oggi il governo Schifani interviene per ripristinare l’orario pieno e, quindi, restituire dignità ai lavoratori e maggiore efficienza al territorio. Un ringraziamento all’Aula che ha subito colto l’importanza della misura».

Aeroporti, il Presidente Schifani stigmatizza la decisione dell’aeroporto di Palermo di non accettare più voli destinati a Catania

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«Non posso che stigmatizzare l’atteggiamento della direzione generale dell’aeroporto di Palermo che, senza un doveroso confronto con gli organi di controllo, ha dichiarato di non accettare più voli destinati originariamente allo scalo di Catania, ingenerando così uno stato di allarmismo e tensione sociale in quanti hanno scelto di trovare in Sicilia, simbolo dell’accoglienza, un luogo ideale per le vacanze».

Lo dichiara il presidente della Regione Renato Schifani, commentando le affermazioni del direttore generale della Gesap, la società di gestione dello scalo “Falcone-Borsellino”. 

«In un momento in cui il sistema dei trasporti aerei in Sicilia – continua il governatore dell’Isola – è fortemente messo a rischio, dopo l’incendio che ha parzialmente danneggiato lo scalo di Fontanarossa, condizionando non solo la mobilità dei cittadini, ma anche incidendo fortemente in un comparto vitale dell’economia siciliana come quello turistico, non può che richiamarsi tutto il sistema della mobilità a porre in essere ogni sforzo necessario a superare la criticità del momento, in una logica di leale collaborazione istituzionale».

«La Regione, da subito – prosegue ancora Schifani – ha istituito una task-force di emergenza per potenziare e coordinare i collegamenti straordinari dagli aeroporti di Palermo, Comiso e Trapani verso Catania e messo a disposizione tutte le strutture di propria competenza come l’Ast, cui va pubblicamente il mio plauso. Voglio richiamare tutti – conclude il presidente della Regione – al senso di responsabilità comune e vigilerò su atteggiamenti e decisioni unilaterali lontani dallo spirito di cooperazione sociale che possano arrecare grave pregiudizio al superamento dei disagi di questi giorni».

 

Mattarella autorizza la presentazione alle Camere del disegno di legge sulla Giustizia Nordio

 

 

 

l presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare, il cosiddetto ddl Nordio.

Intercettazioni – Si amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, che viene consentita solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento. Si stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato.

Si afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i “dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini”. Si vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza. Si stabilisce il divieto per il pubblico ministero d’indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, si vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare.

Interrogatorio preventivo – Si generalizza l’istituto dell’interrogatorio preventivo rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e si estende il principio del contradditorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”. L’interrogatorio preventivo è quindi escluso se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell’inquinamento probatorio. È, invece, necessario se è ipotizzato il pericolo di reiterazione del reato, a meno che non si proceda per reati di rilevante gravità (delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale).

Si prevede l’obbligo del giudice di valutare, nell’ordinanza applicativa della misura cautelare e a pena di nullità della stessa, quanto dichiarato dall’indagato in sede di interrogatorio preventivo. Si prevede, altresì, la nullità dell’ordinanza se non è stato espletato l’interrogatorio preventivo o se quest’ultimo è nullo. L’interrogatorio di garanzia (oggi previsto dopo l’applicazione della misura cautelare) non sarà richiesto se è stato svolto quello preventivo. Una volta applicata la misura cautelare, in caso di impugnazione, il verbale dell’interrogatorio preventivo sarà inviato al Tribunale del riesame.

Misura cautelare e custodia in carcere – Si prevede il giudice collegiale per l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva. Per consentire l’adeguato rafforzamento dell’organico, si prevede che tali norme si applichino decorsi due anni dall’entrata in vigore della legge e l’aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado, con autorizzazione a bandire nel 2024 un concorso da espletare nel 2025.

Informazione di garanzia – Sono inserite alcune innovazioni relative all’informazione di garanzia: si specifica testualmente che essa debba essere trasmessa a tutela del diritto di difesa dell’indagato; si specifica che in essa debba essere contenuta una «descrizione sommaria del fatto», oggi non prevista (è richiesta solo l’indicazione della norma violata). Si limita la notifica dell’atto tramite la polizia giudiziaria ai soli casi di urgenza. È espressamente sancito il divieto di pubblicazione dell’informazione di garanzia, finché non siano concluse le indagini preliminari.

Inappellabilità del pm – Si modifica la disciplina dei casi di appello del pubblico ministero, che attualmente consente d’impugnare le sentenze di proscioglimento, stabilendo che l’organo di accusa non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta indicati all’art. 550 del Codice di procedura penale (contravvenzioni, delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla pena detentiva e altri reati specificamente indicati). Restano appellabili le decisioni di proscioglimento per i reati più gravi e le sentenze di condanna per i reati a citazione diretta nei casi in cui l’ordinamento vigente consente l’appello delle sentenze di condanna da parte del p.m. (per esempio: mancato riconoscimento di circostanze ad effetto speciale; riqualificazione del reato).

Corte d’Appello . ergastolo per Matteo Messina Denaro -La difesa (Adriana Vella): “Chiedo l’assoluzione perchè non ci sono le prove che fu il mandante”

 

 

 

 

La difesa : “Messina Denaro non era ai vertici di Cosa nostra”

 

Ergastolo confermato per il boss mafioso Matteo Messina Denaro.La Corte d’Assise d’appello di Caltanissetta  ha confermato la sentenza di primo grado per il capomafia, accogliendo la richiesta della Procura generale nissena, rappresentata in aula dal pg Antonino Patti e dal sostituto Gaetano Bono.

La sentenza di oggi è arrivata nel giorno del 31esimo anniversario della strage di via D’Amelio. I giudici si sono riuniti questa mattina in camera di consiglio e dopo circa sei ore hanno emesso la sentenza di condanna nei confronti di Messina Denaro. Il boss superlatitante di Castelvetrano  condannato all’ergastolo per le stragi di Capaci e Via d’Amelio nel 2020.

La sentenza di condanna del boss arriva dopo varie fasi di dibattimento ed in ultimo quella dello scorso 25 maggio 2023 dove l’avvocato d’ufficio Adriana Vella, aveva richiesto l’assoluzione del superboss . Contestazioni  vibrate provengono dalla difesa legale del superboss ,  , al termine dell’ultima udienza aveva chiesto l’assoluzione per Messina Denaro perché il boss, secondo lei, ”non era ai vertici di Cosa nostra” del trapanese, quando fu deliberata la stagione stragista del 1992. E, quindi, ”non ha partecipato alle riunioni deliberative delle stragi”. Insomma, ”non c’è prova” che il capomafia di Castelvetrano abbia dato ”la sua adesione al piano stragista”.Messina Denaro ha sempre rifiutato di comparire in videocollegamento durante le udienze e anche oggi non era presente.

Messina Denaro rimane chiuso in cella al 41 bis in coerenza con il decreto firmato dal ministro Nordio , subito dopo la cattura, nel carcere de L’Aquila da dove aveva inviato un telegramma al suo avvocato d’ufficio complimentandosi per l’arringa: “Del poco che so mi è piaciuta la sua arringa”.

Un processo lungo e complesso quello che vedeva imputato il super boss Matteo Messina Denaro arrestato lo scorso 16 gennaio 2023 dopo trent’anni di latitanza. L’accusa era di essere stato tra i mandanti delle Stragi di Capaci e via D’Amelio dove persero la vita i giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e i membri delle loro rispettive scorte. E proprio oggi, giorno in cui si celebrano le commemorazioni in ricordo di Paolo Borsellino e dei membri della scorta morti assassinati il 19 luglio 1992, dall’aula “Costa” del Tribunale di Caltanissetta, arriva la sentenza definitiva emessa dal Presidente della Corte d’Assise d’Appello Maria Carmela Giannazzo. “In nome del popolo italiano la Corte d’Assise d’Appello, visto l’articolo 605 e la sentenza di primo grado appellatta, conferma la sentenza di primo grado e condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali e al pagamento dei compensi a tutte le parti civili costituite nel processo “.

Nel corso della requisitoria del dibattimento, il pg Patti aveva detto: “L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore”. 

Fine della storia per Patrick Zaki, il ricercatore graziato dal Presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi

Patrick Zaki

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l presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi ha concesso la grazia a Patrick Zaki, che ieri era stato condannato a tre anni di carcere. Graziato anche l’attivista per i diritti umani Mohamed el-Baqer.    E’ un segnale molto positivo dei rapporti di politica estera tra l’Italia e l’Egitto

Patrick George Zaki   – si sa -è uno studente iscritto al Master in studi sulla parità di genere Gemma dell’Alma Mater di Bologna. Nato a Mansoura, in Egitto, il 16 giugno 1991 da genitori di religione cristiana, Zaki si è trasferito a vivere nel capoluogo emiliano al fine di conseguire la laurea.

 Il 7 febbraio 2020 stava rientrando in Egitto proprio da Bologna per andare a trovare la famiglia in occasione delle vacanze.   La sorpresa  all’aeroporto del Cairo : fermo su disposizione delle autorità egiziane.

Secondo quanto riportato da alcune Ong , Patrick  viene torturato durante un interrogatorio durante il quale gli viene chiesto del suo lavoro, del suo attivismo per la comunità Lgbt e della sua collaborazione con l’Ong egiziana Eipr.

La formalizzazione dell’arresto viene fatta il giorno seguente, l’8 febbraio 2020, quando il ricercatore compare a Mansoura, sua città natale.Da allora è tutta una via Crucis per lo studente, una storia che coinvolge la politica italiana e, in particolare il Parlamento italiano

Le accuse che gli vengono rivolte sono di istigazione alla violenza, alle proteste, al terrorismo e gestione di un account social che avrebbe come scopo quello di minare la sicurezza pubblica.

La condanna del tribunale di Mansoura, che riguardava la diffusione di notizie false, era arrivata all’undicesima udienza del processo. La comunicazione proviene  da  Hossam Bahgat, attivista egiziano per i diritti umani e fondatore dell’Egyptian Initiative for Personal Rights, l’ organizzazione non governativa con la quale collaborava  Zaki.
Secondo Bahgat, la sentenza non era soggetta ad appello. L’attivista era stato arrestato nel 2020 in Egitto. Oggi fine della storia per Patrick Zaki.

Mafia- Custodia cautelare per 22 persone- Controllo del territorio in modo violento e con le armi del CapoClan Gianluca Lamendola

Archivi -Sud Libertà

Brindisi –

Alle prime luci dell’alba nei comuni brindisini di San Vito dei Normanni, Mesagne, Carovigno, San Pancrazio Salentino, Torre Santa Susanna e Fasano, nei capoluoghi di Brindisi, Lecce, Taranto, Foggia, Trani e nel comune barese di Corato, i Carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni, con il supporto in fase esecutiva dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia” e del Nucleo Cinofili di Bari e Potenza, hanno condotto una articolata operazione Antimafia  dando esecuzione  all’ordinanza di custodia cautelare in carcere n. 9698/2020 R.G.N.R. n.108/20 D.D.A., n. 6835/21 R. Gip, n. 138/2023 O.C.C., emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso  Tribunale di Lecce su richiesta della Direzione  Distrettuale Antimafia presso la Procura di Lecce nei confronti di 22 soggetti, indagati, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsione, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio ed autoriciclaggio, tutti aggravati dal metodo mafioso, produzione, coltivazione, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violazione degli obblighi inerenti alla Sorveglianza Speciale di P.S.
Il Giudice per le Indagini Preliminari di Lecce condividendo l’impostazione accusatoria ha disposto: a. Ordinanza della custodia cautelare in carcere nei confronti di 21 individui;
b. Ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari, nei confronti di 1 individuo.
Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti degli indagati i quali si devono ritenere presunti non colpevoli in considerazione dell’attuale fase del procedimento e fino al definitivo accertamento della colpevolezza con sentenza irrevocabile.
L’indagine, condotta dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di San Vito dei Normanni e originariamente delegata dalla Procura della Repubblica di Brindisi, trae origine dal tentato omicidio di un sorvegliato speciale, avvenuto la sera del 05.07.2020 nel comune di Latiano. La vittima, per puro caso e grazie alla prontezza di riflessi, non venne attinta mortalmente dalla raffica di colpi calibro 9 esplosi, ma solo di striscio, trovando rifugio dietro le mura della propria abitazione.
L’attività investigativa proseguita sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce  sino al settembre 2022 attraverso intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche, tra presenti e telematiche, pedinamenti, osservazioni e ricognizioni aeree, ha consentito di acquisire un poderoso quadro indiziario a carico dei presunti esecutori materiali e del mandante del grave fatto delittuoso  nonché di accertare con elevata probabilità che tale evento delittuoso fosse da ascriversi  alle dinamiche relative al controllo del territorio da parte di una organizzazione di tipo mafioso capeggiata da Lamendola Gianluca, nipote del mesagnese Cantanna Carlo – condannato all’ergastolo, con sentenza della Corte d’Assise di Appello di Lecce del 26.06.2017 per l’omicidio di Tommaso Marseglia avvenuto il 22.07.2001 in San Vito dei Normanni -, al vertice di una frangia dell’organizzazione mafiosa denominata sacra corona unita.
L’indagine ha consentito di acquisire gravi indizi in ordine all’ascesa criminale di Lamendola Gianluca quale capo di un gruppo criminoso dai connotati tipicamente mafiosi avvenuta in modo violento, con l’uso della forza e delle armi.
Sono stati infatti acquisiti elementi investigativi di riscontro in ordine a numerosi episodi di pestaggi, sequestri di persona, agguati e tentati omicidi attraverso i quali appare probabile che gli indagati si siano imposti sul territorio determinando una condizione di assoggettamento ed omertà dei cittadini, tanto che non risultano presentate denunce e ricorrendo a condotte estorsive ai danni di esercizi commerciali.
L’attività investigativa ha consentito pertanto di fare luce su una verosimile sistematica attività di  consolidamento del potere di controllo di territori già sottoposti al clan capeggiato da Cantanna Carlo, ma contesi da altri gruppi affermatisi nelle more della detenzione di questo, attuata attraverso condotte  funzionali a riappropriarsi con metodo violento e minaccioso degli spazi , organizzando e partecipando ad una serie di agguati armati, pestaggi e sequestri di persona nei confronti degli infedeli o di coloro che osavano ostacolarne l’espansione o fossero entrati in contrasto con gli interessi dell’associazione.
Una volta consolidata la posizione su San Vito dei Normanni, affidata ad uno dei suoi referenti, appare probabile che gli indagati abbiano ampliato gli interessi dell’organizzazione affiliando altri referenti, nel comune di Brindisi e in quello di Fasano, i cui capozona di quel momento hanno dapprima tentato di opporsi per poi desistere sotto le violente azioni armate. Frizioni sono nate anche con altre famiglie criminali, operanti nei territori di Mesagne, Torchiarolo (BR) e Squinzano (LE).
Le indagini preliminari, coordinate e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e sviluppate in piena sinergia con la D.C.S.A. (Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno), hanno permesso, altresì, di acquisire importanti elementi sulla presunta attività di traffico di sostanze stupefacenti, quale core business dell’organizzazione, attraverso cui sarebbero stati accumulati ingenti capitali che poi, oltre ad essere redistribuiti alle famiglie dei detenuti, sarebbero stati interrati nei fondi adiacenti alla masseria di contrada Mascava, principale base operativa dell’associazione, situata in territorio di Brindisi ai confini con quello di Mesagne, San Vito dei Normanni e Carovigno.
Sono stati, quindi, individuati canali di rifornimento della sostanza stupefacente, proveniente dalle province di Bari e Foggia, e tracciati i flussi per un quantitativo superiore a 50 kg. di sostanza stupefacente, fra cocaina, eroina, hashish e marijuana, successivamente, immessa, tramite i referenti di zona, sulle piazze di spaccio di San Vito dei Normanni, Brindisi, Carovigno, Fasano, San Pancrazio Salentino e Corato. Anche la sostanza stupefacente, come le somme di denaro, veniva interrata nell’area rurale di Contrada Mascava, potendo contare sull’assoggettamento dei proprietari dei terreni.
Le indagini hanno disvelato, inoltre, un collaudato meccanismo di copertura dei beni, o dei proventi, derivanti da delitto, attraverso l’investimento nell’acquisto di vetture da parte di concessionarie, riconducibili ai membri del sodalizio o ad esponenti in affari con l’organizzazione, in particolare nel traffico di sostanze stupefacenti. Tale finalità, ovviamente, non era solo connessa ad aspetti meramente elusivi, per beneficiare dei vantaggi fiscali che ne derivavano ma, soprattutto, per riciclare il denaro immesso nei circuiti legali dell’economia.
L’attività investigativa avrebbe consentito, peraltro, di riscontrare almeno cinque tentativi di estorsione in danno di imprenditori locali, che operano nel settore alimentare, della ristorazione e terziario, a cui era stata imposta la consegna di circa 500 euro mensili in cambio di protezione, cinque estorsioni consumate in danno di imprenditori, operanti nel settore della compravendita auto o commercio pellet, e di privati cittadini entrati in conflitto con gli interessi dell’organizzazione, per un totale di circa 19.000 euro.
Alcune estorsioni sono state commesse con modalità particolarmente violente e tutte caratterizzate da un atteggiamento scarsamente collaborativo delle vittime. Nessuna di loro, infatti, ha denunciato i fatti, rifugiandosi in condotte reticenti non favorendo, così, le progressioni investigative.
L’associazione mafiosa, come ampiamente documentato, avrebbe integrato quelle tipiche condotte sia di affiliazione che di permanenza nel gruppo, nel rispetto di regole che il capo dell’organizzazione avrebbe imposto secondo il rigore che caratterizza le organizzazioni criminali mafiose e consistenti nei seguenti dettami:
– inviolabilità del vincolo familiare; – divieto all’uso di droghe; – cautela nell’utilizzo della violenza nei riguardi di estranei ai circuiti malavitosi;
– rispetto delle donne dei partecipi detenuti.
I comportamenti contrari alle regole risultavano sistematicamente sanzionati con l’irrogazione di punizioni corporali simboliche, come il taglio della schiena, alla presenza di altri affiliati, in grado di amplificare l’intimidazione interna.In un caso, ad uno degli affiliati, responsabile di aver fatto violentare la compagna, è stato imposto l’isolamento all’interno di una delle basi nella disponibilità dell’organizzazione, con sede in Fasano.
I risultati investigativi, riscontrati da numerosi arresti in flagranza di reato, sequestri di armi clandestine, fra cui pistole, fucili e sostanze stupefacenti, per un traffico accertato superiore a 50 kg. fra cocaina, eroina, hashish e marijuana, oltre al sequestro di una coltivazione di canapa indiana, costituita da circa 1.000 esemplari, individuata nell’area rurale tra San Vito dei Normanni, Mesagne e Latiano, riassunti nell’informativa dei Carabinieri e riportati nella richiesta di misura presentata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, hanno raccolto elementi indiziari nei confronti di 39 indagati.
La consorteria, infine, è accusata di aver detenuto, oltre a quelle sequestrate, altre armi comuni da sparo, e da guerra, come una pistola mitragliatrice Skorpion, occultate e prontamente disponibili.
Nel corso delle indagini sono state riscontrate plurime violazioni della normativa antimafia, ex art. 75 comma 2 del D. Lgs 159/2011, commessi dal presunto reggente dell’organizzazione sottoposto a Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza che avrebbe violato sistematicamente gli obblighi derivanti dalla misura di prevenzione.
Il giudice per le indagini preliminari di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti condividendo l’impostazione accusatoria ed emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui questo Comando Compagnia dei CC ha dato esecuzione nella mattinata odierna.

 

 

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