E’ davvero incredibile .Un infermiere del Cannizzaro di Catania, Vincenzo Villani Conti di 50 anni, è stato arrestato con l’accusa di duplice omicidio di due pazienti. La notifica del provvedimento eseguita dalla Polizia. Il Gip del Tribunale di Catania ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Secondo le indagini raccolte della Procura di Catania Villani Conti avrebbe provocato la morte di due pazienti ricoverati nel reparto di Medicina e Chirurgia d’Accettazione e Urgenza somministrando loro, con modalità estranee ad esigenze terapeutiche, Diazepam e Midazolam.
Gli accertamenti tecnici e la consulenza medico-legale e le analisi tossicologiche eseguite dopo la riesumazione dei cadaveri dei due pazienti, hanno risolto il quesito sul decesso delle due persone avvenuto dopo il turno notturno svolto dall’indagato. Gli investigatori affermano: ” Nelle cartelle cliniche non risultava indicata la prescrizione dei farmaci, proprio perché del tutto controindicati rispetto alle patologie. Sui cadaveri, pur a distanza di diversi mesi dalla morte, sono state trovate, durante l’autopsia, tracce significative di tali farmaci. Resta l’enigma perchè l’infermiere abbia fatto questi delitti. E l’interrogativo: e nel passato?
“Sia nei campioni biologici dei due pazienti i dati relativi al Midazolam e al Diazepam sono compatibili con una somministrazione delle sostanze avvenuta pressoché contemporaneamente – hanno spiegato dalla Procura – determinando un aumento reciproco degli effetti tossici sull’apparato respiratorio. Considerando le condizioni cliniche delle due pazienti, la grave compromissione della loro funzione respiratoria avrebbe dovuto costituire una controindicazione specifica alla somministrazione”.
A questo punto la Procura ha così chiesto e ottenuto dal Gip la cattura del cinquantenne che ora si trova rinchiuso in un carcere catanese.
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal G.I.P. del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – Sezione Palermo, nei confronti di 7 soggetti, di cui 2 in carcere, 2 colpiti dagli arresti domiciliari e 3 destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali per un anno.
Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare Cosa Nostra.
Con il medesimo provvedimento il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo di 5 società operanti nel settore della vendita al dettaglio di capi d’abbigliamento, intimo ed accessori e dei relativi 13 punti vendita con sede a Palermo, Cefalù e Favignana, oltre a un’autovettura nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.
Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – G.I.C.O. hanno riguardato le attività di due imprenditori palermitani che, gestendo attraverso prestanome un articolato reticolo societario, avrebbero posto in essere un complesso di condotte finalizzate ad agevolare e rafforzare gli interessi economicocriminali del mandamento mafioso di Pagliarelli.
Gli elementi acquisiti allo stato delle indagini consentono di ipotizzare, in particolare, che uno degli indagati, imprenditore di successo, abbia fornito sostegno a colui che risulterebbe essere il “reggente” del citato mandamento, già condannato per associazione mafiosa:
sollecitando la costituzione, appena uscito dal carcere, di un’impresa edile cui sarebbero stati affidati importanti lavori di ristrutturazione di numerosi punti vendita;
procurando contatti con soggetti di rilievo del mondo imprenditoriale;
assumendo familiari dello stesso;
dopo l’arresto, elargendo somme di denaro ed altre forme di supporto economico durante il periodo di detenzione.
Tale condotta avrebbe permesso di rafforzare il potere dell’uomo d’onore sul territorio, consentendo di conseguire notevoli guadagni da utilizzare per le finalità proprie dell’organizzazione mafiosa, prima fra tutte l’assistenza alle famiglie dei detenuti, condizione imprescindibile per la sopravvivenza stessa di Cosa Nostra.
L’odierna operazione conferma il perdurante impegno della Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, per individuare i segnali di inquinamento dell’economia da parte delle consorterie criminali mafiose e per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati, a tutela dei cittadini e degli imprenditori onesti che operano nel rispetto delle norme.
Dopo la reintegrazione nell’Ente ippico etneo del personale che aveva rifiutato il demansionamento,oggi un’altra sorpresa . La fornisce stavolta Il dott. Alfredo Alessandra, direttore dell’Istituto Incremento ippico di Catania sferra un inusitato ’attacco ai “gladiatori” (sei) dell’Ente e apre un inusitato procedimento disciplinare contro gli istruttori direttivi
Sostiene: “ Ho firmato la disposizione di servizio di cui alla nota n.2155 del 30 giugno scorso notificata brevi manu in data 1 luglio con la quale è stato chiesto di fornire entro il 4 luglio le misure e le taglie personali per poter provvedere alla fornitura dei DPI personali previsti dalla legge per garantire l’espletamento in sicurezza delle mansioni lavorative come previsto dalla normativa vigente sulla sicurezza Dl 81/2008
“Visto che a tutt’oggi gli istruttori direttivi non hanno dato riscontro alla mia nota, considerato che in assenza di queste informazioni non si può provvedere alla fornitura delle dotazioni di sicurezza obbligatorie per legge, io sono impossibilitato al suo regolare inserimento nelle attività lavorative previste dall’art. 2 della legge Regionale n.5/1985…”
Abbiamo detto che la classe dirigenziale della Regione Sicilia , in particolare di diversi dipartimenti dove sono in servizio diverse fasce di personale, funziona come comanda la casta dipartimentale. Il direttore generale è amico dei dirigenti del dipartimento, questi sono amici dei dirigenti delle strutture periferiche, insomma è una catena indiscutibile che prevede una turnazione ad incarichi privilegiati per chi sta al gioco dei potenti. Tutti, come sapete, al dipartimento ai Beni culturali e alle Soprintendenze, in primis, di Catania. Legami paralleli con la Funzione pubblica-Presidenza presidiata da dirigenti di “controllo”. I sindacati stanno anch’essi al gioco. Contributi e favoritismi ai segretari leader regionali.
Chi non entra in questo sistema, per far valere, come in questo chiarissimo caso dell’Istituto ippico, il diritto alla carriera e alla propria qualifica contrattuale , è costretto a vivere l’incubo delle tarantole .Le tarantole sono senza dubbio l’incubo degli aracnofobici, ma anche creature intelligenti. Una delle loro caratteristiche più straordinarie è la grande capacità di adattamento: al mondo-sappiamo- ne esistono circa 9oo specie diffuse negli ambienti più disparati, dalle foreste tropicali agli aridi deserti.
Noi ne aggiungiamo metaforicamente un’altra: quella della classe dirigenziale (dal dipartimento ai beni culturali all’agricoltura, alla funzione pubblica, presidenza-dirigenza della Regione Sicilia)che non vive un rapporto alla pari con il personale delle strutture periferiche siciliane.
Qual è la competenza del direttore dell’Istituto ippico a richiedere ai dipendenti istruttori le misure dei dispositivi della sicurezza se almeno la metà di essi detiene provvedimento dell’Asp di inidoneità alla gestione e pulizia dei cavalli? Ma dobbiamo proprio giocare a scacchi, dott. Alessandra?
.Proseguiamo a dire della tarantola. Afferrata la preda, usa le zanne (lunghe fino a 2,5 centimetri) per iniettare una dose di veleno letale, subito dopo inietta enzimi digestivi, in modo da predigerire la preda e risucchiarne il corpo attraverso l’appendice boccale simile-vedi la foto-immagine- a una cannuccia..
Ora, pur comprendendo che nessuno vorrà iniettare veleno ai dipendenti dell’istituto incremento ippico che hanno il coraggio di rifiutare le mansioni inferiori, l’Istituto ippico apre un ridicolo e superfluo procedimento disciplinare che in sostanza ripropone il quesito depositato ai giudici catanesi–come la tarantola- cerca di spaventare l’aggressore ergendosi sulle zampe posteriori , in modo da sembrare più grande e mostra le zanne come avvertimento.
ALESSANDRA,NON SI E’ RESO CONTO CHE DA OLTRE VENT’ANNI IL PERSONALE E’ STATO UTILIZZATO COME “SCHIAVO” AGENTE TECNICO E PERSINO NELLE BUSTE PAGA LA QUALIFICA NON E’ STATA MAI CAMBIATA….
Non scherziamo dottAlessandra: lei per chi scrive ,è solo un pesce piccolo, non è lei la tarantola perchè non sta in cima alla classe dirigenziale che ha tolto dal 2000 smalto, e diritto alla carriera agli istruttori direttivi dell’Istituto ippico. Perchè vuole pavoneggiarsi ora con le procedure disciplinari? Ha nel cassetto due sentenze favorevoli inerenti due elementi ? Ma quei giudci d’Appello, dottAlessandra non sapevano del giudizio di inidoneità del personale. Oppure-vista l’assoluta evidenza dei fatti – potrebbero essere giudici superficiali ,opinionisti ancora. Per un ventennio i dirigenti dell’Istituto li hanno utilizzato come veri schiavi e, ora il direttore ha la faccia tosta di aprire un procedimento disciplinare che getta solo discredito sull’immagine dell’Isttituto ippico e sulla incapacità della classe dirigenziale che prende la scorciatoia-la contestazione – quando pretende obbedienza cieca.
Deve sapere allora dott Alessandra –Lezione n.1 di Procedure disciplinari- che i dipendenti pubblici hanno facoltà di rimostranza nei confronti dell’ordine scritto del superiore gerarchico e, in questo caso, aggravato dal fatto che lei e la sua segreteria ne siete perfettamente a conoscenza- gli istruttori destinatari della sua contestazione possono assumere comportamenti omissivi o astensivi.
Perché, si chiederà il dirigente direttore dell’Istituto Ippico?
Le rispondiamo: Lezione n. 2.
Il pubblico dipendente , generalmente tenuto a mente dell’art 17 del Testo Unico 10 gennaio 1957 n.3 ad eseguire gli ordini dei superiori gerarchici, non può farlo allorchè essi costituiscano un illecito penale o arrechino un danno o male fisico come nel caso di tre istruttori direttivi che hanno le carte e la documentazione in regola vistata dall’Asp.
Lezione n. 3 dott. Alessandra: La tutela del pubblico dipendente va posta in relazione non alla sua posizione professionale ma alla sua responsabilità nel senso che l’obbedienza ad un ordine illegittimo trasferisce la responsabilità stessa al superiore dirigente che ha impartito l’ordine ( a mente-desidero citarle solo questo appunto -ricordo di studi sindacali- della sentenza del Tar Lazio sez III 6 Aprile 1991 n.334.
Sostanzialmente i sei gladiatori potranno invertire la situazione e deferirla alla Presidenza-Ufficio disciplinare oppure-per i motivi preriferiti alla Procura di Catania. Scacco matto dott Alessandra !
Si è costituito il presunto autore dell’ omicidio del 38enne di Lentini accoltellato poco prima della mezzanotte nella cittadina del Siracusano. Antonio Montalto, 23 anni, di Lentini era ricercato dai carabinieri nelle ore successive al delitto ma il sospettato si è presentato pochi minuti fa nella caserma della stazione dei carabinieri di Lentini difeso dal suo avvocato Julio Celesti Non è chiara del tutto la dinamica del brutale evento. I successivi interrogatori consentiranno agli inquirenti di ricostruire l’accaduto in via Silvio Pellico
L’omicidio in Via Silvio Pellico
La vittima del delitto è Roberto Raso 38 anni, rimasto vittima dell’accoltellamento avvenuto poco prima della mezzanotte a LentiniIl fatto di sangue si è consumato in via Silvio Pellico, scaturito da una lite con altra persona che avrebbe utilizzato un coltello per colpire la vittima
Secondo una prima ricostruzione della Procura di Augusta , Montalto avrebbe estratto, , un coltello e sferrato un fendente che avrebbe colpito a morte Raso. Il 38enne era stato subito trasferito d’urgenza al Pronto soccorso dell’ospedale Umberto I dove però i medici non hanno potuto più far nulla per lui, deceduto poco dopo.
“E’ stato il motore immobile di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere”, aveva scritto la sentenza di primo grado.
Caltanissetta,
Sentenza di primo grado ridotta. Ora sono otto anni di condanna per l’ex leader di Confindustria nel processo d’appello a Caltanissetta. Secondo la corte d’appello nissena (presidente Andreina Occhipinti, a latere Giovanbattista Tona e Alessandra Giunta) il “sistema Montante”regge ancora. Quindi anche le accuse di corruzione e ’accesso abusivo al sistema informatico.
« La difesa di Montante, ottimista alla vigilia, puntava a smontare il reato associativo oltre che a ridimensionare la portata della rete spionistica di cui l’ex paladino dell’antimafia è ritenuto l’ispiratore e il capo: in cambio di favori, esponenti delle forze dell’ordine gli avrebbero dato informazioni su inchieste a suo carico, informazioni sui “nemici”, oltre a dossier su personaggi influenti. Non accetta il principio accusatorio Carlo Taormina : «Noi riteniamo che questa sentenza non soddisfi l’obiettività delle cose. Sembra una sentenza più diretta a confermare l’impianto accusatorio per quelle che sono state le movenze originarie, ma che non risponde alla realtà delle cose», smozzica il professore. : «Rispetto al primo grado c’è stato un ridimensionamento, anche se non siamo assolutamente soddisfatti e quindi proporremo ricorso per Cassazione». Taormina contesta pure- ci dicono in redazione-alcune ipotesi -più affievolite comunque- di corruzione del sistema del suo assistito”
Nei guai giudiziari anche il capo della security di Confindustria, Diego Di Simone (in primo grado condannato a 6 anni e 4 mesi), che attraverso il suo braccio destro, il sostituto commissario della Questura di Palermo Marco De Angelis (3 anni e sei mesi la pena del Gup) avrebbe effettuato una serie di accessi abusivi al sistema Sdi acquisendo notizie riservate. Di Simone ha avuto 5 anni; .. Anche lui avrebbe avuto un ruolo determinante nell’attività di spionaggio: dopo l’arresto ha fatto alcune ammissioni, ma per la Procura di Caltanissetta restano tanti dubbi su questo personaggio dello Stato
Due ‘assoluzioni di spicco : quella del generale Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta,dopo i 3 anni in primo grado. «. E quella del questore Andrea Grassi, dirigente della prima divisione dello Sco, accusato (un anno e 4 mesi la pena disposta del gup) di aver riferito a Montante notizie riservate. «Ora, arriva un’assoluzione piena. “Grande soddisfazione”, dicono i suoi legali, gli avvocati Cesare Placanica e Walter Tesauro. “Già la sentenza di primo grado aveva sancito l’estraneità di Grassi a ogni rapporto opaco nell’ambito del Sistema Montante. Oggi, con la completa assoluzione, a Grassi è stato ridato anche l’orgoglio di dichiararsi, come fatto dalle prime battute delle indagini, un uomo dello Stato”. Alfonso Cicero, difesa dall’avv Annalisa Petitto, perde la provvisionale calcolata in 10mila euro dal Gup.
Ora sarà la Cassazione a dire la parola fine, ma nessuno crede ad un ribaltamento del verdetto Fra l’altro c’è anche la seconda tranche sulla corruzione che vede coinvolto, insieme ad altri, l’ex Presidente della Regione Sicilia , Rosario Crocetta)
Sono iniziati i lavori di rivitalizzazione urbana dei villaggi colpiti dall’alluvione del 2009 e beneficiari di un contributo regionale di due milioni di euro spalmato in quattro annualità in favore dei villaggi individuati. Avviati nella piazza di Santo Stefano Briga gli interventi di riqualificazione relativi alla pavimentazione ed alla sistemazione di un adiacente tratto di strada. Tali lavori rappresentano il completamento del progetto relativo agli interventi a valere sui fondi assegnati per l’anno 2020.
La ditta DR Costruzioni, aggiudicataria dell’appalto a valere sui fondi assegnati per l’anno 2021, ha iniziato gli interventi al campo di calcetto a Pezzolo finalizzati al rifacimento del campo di gioco. Col medesimo appalto la ditta dovrà effettuare la riqualificazione di villetta Garrani a Giampilieri Superiore, la pavimentazione di via Lena e la ristrutturazione del lavatoio di Giampilieri Marina. “Esprimo soddisfazione – ha spiegato l’Assessore alle Manutenzioni Massimiliano Minutoli – per la continuità degli interventi di rivitalizzazione dei villaggi colpiti dall’alluvione 2009, che, grazie all’emendamento dell’allora deputato regionale Cateno De Luca, proposto nella legge di Stabilità regionale 2018 e poi seguito dal deputato regionale Danilo Lo Giudice, hanno consentito la progettazione e l’attuazione di importanti lavori richiesti da tempo dal territorio, mai realizzati e che invece oggi diventano
E’ tutto pronto a Catania per uno degli eventi musicali più attesi dell’estate: il viaggio live di Ultimo approda nel capoluogo etneo, unica tappa in Sicilia, l’11 e il 12 luglio, riportando dopo otto anni i grandi concerti nello stadio “Angelo Massimino”. L’ex Cibali, che nel 2014 fece da cornice straordinaria al concerto di Ligabue, si appresta ad accogliere le due sole date siciliane del pluripremiato cantautore con all’attivo 16 dischi d’oro e 52 di platino. Reduce dalla collaborazione internazionale con Ed Sheeran per il singolo “2step”, Ultimo proporrà al pubblico i suoi migliori successi per quasi due ore ininterrotte di musica. Il repertorio spazierà dal più recente singolo “Vieni nel mio cuore” e i brani di “SOLO”, per la prima volta presentati live, alle canzoni più amate dei dischi “Colpa delle favole”, “Peter Pan”, “Pianeti”. Per consentire al meglio lo svolgimento dei due concerti, già vicini al sold out dopo i rinvii del 2020 e del 2021 dovuti alla pandemia, la macchina comunale ha predisposto una serie di misure con il sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi, l’assessore ai grandi eventi Cinzia Torrisi e le direzioni gabinetto del Sindaco e protezione civile guidate dal capo di gabinetto Giuseppe Ferraro e dalla dirigente Lara Riguccio. Sul piano della sicurezza, secondo quanto convenuto nel corso del tavolo tecnico del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’area intorno allo stadio sarà suddivisa in tre cerchi concentrici presidiati dalla polizia locale e dagli steward dell’organizzazione. Per favorire l’afflusso delle migliaia di spettatori attesi da tutta la Sicilia e dalla Calabria, è stato approntato un piano di viabilità che prevede anche aree di sosta dedicate ai pullman, nelle vie Ballo, Ugo Monterosso, S. Pio X, e nove varchi pedonali di prefiltraggio in via Cantone (all’altezza del civico 62), via Maratona (civico 1), via Ammiraglio Toscano angolo via Rasà (civico 71), via Fava angolo via De Cosmi, via Lavaggi angolo via De Cosmi, via Cifali angolo via Impallomeni, via Mimosa angolo via Cesare Beccaria (civico 21), via Val di Savoia (civico 7), via Cifali (civico 104). L’assistenza alla popolazione e la gestione delle vie di fuga all’interno e all’esterno della zona del concerto saranno garantite dal servizio di protezione civile del comune insieme con le organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il coordinamento del responsabile del servizio, Marco Romano, dalla sala Gos dello stadio Massimino, in stretto contatto con le autorità di pubblica sicurezza. Nel corso degli eventi saranno vietati l’utilizzo di contenitori in vetro per il consumo di bevande e la somministrazione di alcolici sia all’interno dello stadio che nelle immediate vicinanze.
Sul piano epidemiologico è fortemente raccomandato l’uso della mascherina.
Questi i provvedimenti di circolazione E’ istituito il divieto di transito per tutti i veicoli (eccetto quelli dei residenti diretti in garage o aree private, delle Forze dell’Ordine, dei mezzi di soccorso in emergenza e autorizzati) dalle ore 13:00 alle ore 24:00 di giorno 11 luglio 2022 e comunque fino a cessate esigenze e dalle ore 13:00 alle ore 24:00 di giorno 12 luglio 2022 e comunque fino a cessate esigenze, nei tratti viari di seguito indicati: Piazza Spedini; Via Cifali (tratto: via Franchetti a piazza Bonadies); Via Gaetano D’Emanuele; Via Cantone; Via Dell’Atleta; Via Ferrante Aporti; Via G. Fava (tratto: da via De Cosmi a piazza Spedini); Via Chisari; Via Valdisavoia (tratto: da piazza Bonadies a Via Chisari); Largo Filippo Raciti; Via Cesare Beccaria (da via C. Vivante a via Cifali); Via Lombroso; Via Lavaggi (da via Franchetti a via Lombroso); Via Ammiraglio Toscano; Via Rasà (da via Samuele a via Maratona); Via Maratona (da via Stazzone a piazza Spedini).
Disposto il divieto di sosta con rimozione coatta ambo i lati per tutti i veicoli dalle ore 00:01 di giorno 11 luglio 2022 alle ore 24:00 di giorno 12 luglio 2022 e comunque sino a cessate esigenze, nelle seguenti vie e piazze: Piazza Spedini; Via Cifali (tratto: via Franchetti a piazza Bonadies); Via Gaetano D’Emanuele; Via Cantone; Via Dell’Atleta; Via Ferrante Aporti; Via G. Fava (tratto: da via De Cosmi a piazza Spedini); Via Chisari; Via Valdisavoia (tratto: da piazza Bonadies a Via Chisari); Largo Filippo Raciti; Via Cesare Beccaria (da via Mimosa a via Cifali); Via Lombroso; Via Lavaggi (da via De Cosmi a via Lombroso); Via Ammiraglio Toscano; Via Rasà (da via Ammiraglio Toscano a via Maratona); Via Maratona (dal civ. 1 a piazza Spedini); Largo Taormina lato ovest; Via Rosselli. Divieto di sosta inoltre in via Ammiraglio Toscano lato nord, da mt. 10 dall’intersezione con via G. Fava e per mt. 10 di lunghezza, eccetto che per l’automezzo targato BJ555YG adibito a vendita di panini, dalle ore 16:00 di domenica 10 luglio 2022 alle ore 08:00 di mercoledì 13 luglio 2022.
Il Comando Provinciale e il Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Napoli hanno scoperto, tra Torre Annunziata e Trecase, una piantagione di marijuana costituita da 1200 piante di cannabis indica e arrestato un ventenne di Trecase con precedenti per spaccio di sostanze stupefacenti. La scoperta è stata effettuata dai finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata grazie alle sofisticate apparecchiature dell’innovativo elicottero PH-139D in uso alla Sezione Aerea di Napoli che, nel corso delle quotidiane perlustrazioni aeree della provincia partenopea, ha individuato delle colture sospette, verosimilmente di cannabis, occultate in un anello boschivo, ubicato in un appezzamento di terra ai confini tra i due comuni vesuviani.
Il nuovo sistema in uso al comparto aereo del Corpo ha permesso di effettuare delle riprese che hanno consentito di individuare i punti di accesso alla piantagione e persino i sistemi di irrigazione che vi erano stati installati. Alla luce di tali evidenze, le Fiamme Gialle partenopee hanno avviato degli approfondimenti volti a individuare i soggetti che gestivano la piantagione e, coadiuvati dall’alto e a terra dai colleghi della componente aeronavale, hanno effettuato l’accesso nell’area in questione dove hanno rinvenuto le 1200 piante di cannabis. La resa stimata della coltivazione sarebbe stata di circa 350,00 kg. di marijuana, per un controvalore di mercato di oltre 550.000,00 euro.
Le approfondite ricerche nell’area e, in particolare, tra gli alberi che fungevano da occultamento per la piantagione, hanno poi portato a ulteriori scoperte. Infatti, all’interno di alcuni tubi per l’irrigazione sono state rinvenute armi da sparo, comuni e da guerra, munizioni nonché un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti già confezionate. In particolare, sono state ritrovate, perfettamente funzionanti e appena lubrificati, una pistola mitragliatrice e un fucile a pompa Franchi con matricola abrasa, una pistola a tamburo senza matricola, un fucile da guerra cal. 8×57 tipo Mauser, 4 fucili cal. 20, un fucile cal. 12, n. 317 cartucce di vario calibro. Sequestrati anche 4,7 kg. di hashish e altre sostanze sottovuoto (548 gr. di lidocaina, 450 gr. di cocaina e 320 gr. di marijuana), già pronti per essere immessi sul mercato, del controvalore al dettaglio di oltre 70.000,00 euro.
La piantagione e il locale adibito ad essiccatoio e confezionamento dei panetti di hashish e delle dosi di cocaina erano energizzati elettricamente con allaccio abusivo alla rete elettrica nazionale, concretizzando anche l’ipotesi di furto aggravato. Al termine dell’operazione, il responsabile, risultato avere nella propria disponibilità la piantagione, lo stupefacente e le armi, è stato tratto in arresto in flagranza di reato. Si tratta di un giovane ventiduenne originario della zona. Il provvedimento è stato convalidato dal GIP. Su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, la piantagione è stata distrutta previo campionamento e analisi delle piante.
Perviene alla Redazione un Comunicato, pubblicato ieri sul massimo social, su un incontro “informale” ad Acireale dei sei gladiatori dell’Istituto ippico etneo, istruttori direttivi, con l’assessore regionale all’Agricoltura Toni Scilla, girato dall’On Nicola D’Agostino (vedi foto) Lo pubblichiamo. E’ a firma di Toni Scilla.
“Gli istruttori direttivi dell’Istituto per l’incremento ippico Ambelia di Catania, recentemente reintegrati, hanno incontrato ad Acireale l’assessore regionale all’Agricoltura Antonio Scilla con il deputato regionale Nicola D’Agostino. I lavoratori hanno espresso soddisfazione per il provvedimento che ha ripristinato la vecchia pianta organica dell’Ente strumentale dell’Assessorato regionale all’Agricoltura. Nel corso dell’incontro Scilla e D’Agostino hanno assicurato: “Faremo in modo di trovare le soluzioni idonee per le prospettive lavorative di questi dipendenti affinché abbiano riconosciuti gli stessi diritti dei loro colleghi regionali”
Domani, 8 Luglio, la Sentenza di secondo grado su Montante-condannato in primo grado – e la rete “spionistica” costruita
Caltanissetta,
Domani il destino di Montante sarà definito in unì’Aula giudiziaria. L’accusa che parla di un “sistema di ricatti” messo su negli anni grazie “alla complicità di rappresentanti delle istituzioni” ma anche di una “antimafia di facciata” e, dall’altro lato, la difesa che respinge ogni accusa e ribadisce che è un processo “pieno di insinuazioni”. Il Presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, Andreina Occhipinti, deciderà se davvero Antonello Montante, l’ex potente Presidente degli industriali siciliani accusato di corruzione, avrebbe costruito un vero e proprio ‘cerchio magico’ con l’aiuto di uomini delle istituzioni. E’ prevista per le undici di domani mattina, al Tribunale di Caltanissetta, la sentenza di secondo grado, dopo la condanna a 14 anni in primo grado.
MONTANTE CREAVA IL POTERE SECONDO I MAGISTRATI
Lo scorso 15 gennaio, il sostituto procuratore generale di Catania, Giuseppe Lombardo, aveva chiesto la condanna a 11 anni e 4 mesi di reclusione per l’ex leader di Confindustria Sicilia Antonello Montante, imputato insieme con il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta condannato in primo grado a 3 anni, al sostituto commissario Marco De Angelis (4 anni), al capo della security di Confindustria Diego Di Simone (6 anni), al questore Andrea Grassi (1 anno e 4 mesi).
I reati ,a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico. Per la Procura generale sussistono le motivazioni della prima sentenza…….. “E’ stata vera antimafia o antimafia di facciata?”, aveva detto il Pg nel corso della lunga requisitoria, che si è tenuta come tutto il processo a porte chiuse, perché con il rito abbreviato. E aveva aggiunto: “Non spetta a questo processo rispondere all’interrogativo”.
“C’è stata una corsa al potere, anche spasmodica – diceva ancora il Pg nella requisitoria – non spetta al processo rispondere all’interrogativo. Di certo c’è che la logica del favore è incompatibile con l’azione antimafia e che il rispetto delle regole non ammette zone franche. La lezione è che è necessario un bagno di umiltà”.
Montante avrebbe creato “una catena di montaggio nel quale ognuno aveva il suo ruolo”, e che “tutti sapevano che facevano un favore a Montante e in cambio avevano dei vantaggi”. Secondo l’accusa, Antonello Montante, servendosi degli “accessi abusivi al sistema informatico”, riuscendo a “ottenere mediante sistematiche azioni di corruzione, notizie segrete” su “indagini” o sul contenuto “della banche dati della polizia”, l’ex leader di Confindustria Sicilia “non gestiva potere, ma lo creava” ed “utilizzava il potere conquistato negli Enti pubblici e privati quale bacino per collocare i clientes” come “moneta di pagamento per i favori illeciti che questi gli rendevano”, come aveva scritto la Gup di Caltanissetta Graziella Luparello nelle motivazioni della sentenza del processo in cui l’imprenditore era condannato, nel maggio 2019, a 14 anni di reclusione. La Procura aveva chiesto la condanna in primo grado a dieci anni e mezzo.
LE RICHIESTE PER GLI ALTRI IMPUTATI (ANCHE UN GENERALE)
Ecco le richieste per gli altri quattro imputati: Per il generale Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, l’accusa ha chiesto alla corte di confermare la condanna a tre anni di reclusione oltre all’applicazione della pena accessoria della degradazione da generale a colonnello delle Fiamme gialle. Anche per il sostituto commissario Marco De Angelis è stata chiesta dall’accusa la conferma della condanna di primo grado a quattro anni con esclusione della sanzione pecuniaria. Il Pg, a conclusione della prima parte della sua requisitoria, aveva chiesto la conferma della condanna ad un anno e quattro mesi anche per il questore Andrea Grassi con la concessione delle attenuanti generiche che porterebbe la pena a dieci mesi. Per Diego Di Simone, capo della security di Confindustria era stata chiesta la condanna a 6 anni e 4 mesi.
Per l’accusa “la sistemazione lavorativa o il trasferimento del pubblico ufficiale di turno, o di parenti o amici di questi era la valuta spesa da Montante per remunerare i sodali; una sorta di ripartizione degli utili prodotti da un’impresa che, con modalità illecite, creava e gestiva il potere. Infine Montante era colui al quale va doverosamente riconosciuto il diritto d’autore sulla nascita dell”Antimafia confindustriale’ quale forma di ‘business’ utile a garantire un posto ai tavoli che contano”, come scriveva la Gup nella sentenza di primo grado.
Secondo la giudice, sarebbe partito tutto tra il 2004-2005, cioè “gli anni in cui si travestiva da uomo della Provvidenza, unto dal Signore per redimere i peccatori, fossero essi imprenditori, giornalisti o liberi professionisti, flagellarli per i loro misfatti e purificarli”. In quegli anni Montante aveva iniziato a denunciare atti intimidatori, “commessi da vacue sagome talmente impalpabili e diafane da sfuggire persino all’attenta percezione degli stessi appartenenti alla mafia – si leggeva nella sentenza -. Le denunce di quelle presunte minacce costituivano il primo sintomo di quella degenerazione superoministica che conduceva, lentamente, Montante alla deriva”. Montante era stato descritto dal giudice come un “demiurgo non già del linguaggio dell’antimafia, ma dell’antimafia del linguaggio” che “autoinsignitosi ‘paladino dell’antimafia’, ha esteso l’etichetta ai suoi amici e sodali, dichiarando mafiosi i suoi avversari, in difetto di qualsiasi prova di mafiosità”.
‘Secondo il Gup, tramite quell’operato si è “assistito a un ‘golpe’ linguistico” con la parola “mafia diventata il luogo nominale nel quale confinare tutti gli eretici alla religione di Montante, volta alla costruzione di un sistema di potere formalmente corale, ma sostanzialmente egocentrico” mentre la parola “antimafia era il santuario degli osservanti morigerati del pensiero di Montante” per assicurarsi “ascesa sociale e occupazione di posti di potere”.
“La presunta attività di contrasto alla criminalità organizzata – sosteneva ancora il Gup – tanto agitata dalla difesa di Montante, si limitava all’azione di denuncia condotta da pochi elementi (tra i quali Cicero) che, con una sorta di involontario ‘naif’ comportamentale e senza raffinati filtri critici, si immergeva in azioni di contrasto contro soggetti, alcuni dei quali, si scoprirà essere stati oggetto di attenzione dossieristica da parte di Montante. Dunque, non regge affatto la tesi per cui Montante lungi dall’essere il vertice del sodalizio criminale, era il paladino dell’Antimafia”. Per l’accusa Montante aveva “una spiccata attitudine alla manipolazione della realtà, mediante manovre di varia natura, unificate, sul piano teleologico, dall’obiettivo di precostituire prove a sé favorevoli”.
Di diverso avviso la difesa di Montante, rappresentata in aula dagli avvocati Giuseppe Panepinto del Foro di Caltanissetta e Carlo Taormina del Foro di Roma. “Antonello Montante non ha mai fatto né ricatti né dossieraggi come dice la sentenza di primo grado”, disse l’avvocato Giuseppe Panepinto. “Se scrivo nella sentenza che è ‘nota l’inclinazione di Montante al ricatto e ai dossieraggi’, devo anche indicare le prove. Eppure non ce n’è neppure una, non c’è un solo episodio di attività di dossieraggio”, diceva. Poi aggiungeva: “Nella famosa ‘stanza della legalità’ di Montante, trovata nella sua abitazione a Serradifalco, a parte una raccolta di giornali e diversi curriculum, è documentazione inutile e che non è stata neppure usata ai fini del processo, tranne il file excel”.
Poi la difesa aveva anche criticato la frase sull’antimafia “di facciata” pronunciata dal Pg in requisitoria. Antonello Montante “non ha mai fatto antimafia di facciata” ma per “dodici anni è stato a capo di una cordata di imprenditori che ha contrastato le infiltrazioni mafiose nell’imprenditoria”. “
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