Disco verde al “decretone”: ecco chi potrà, a maggio, percepire l’assegno del Rdc e chi potrà andare in pensione anticipata

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Disco verde sul Reddito della cittadinanza e Quota 100. Il testo è stato approvato senza modifiche ed  è stato trasmesso al Senato per la terza lettura che dovrà avvenire entro il 29 marzo. Il passaggio alla Camera del testo ha visto l’inserimento di alcune misure che interessano prevalentemente la prima parte del decreto, sul reddito di cittadinanza mentre l’impianto sulla problematica  pensioni è rimasto pressochè immutato rispetto al testo licenziato dal Senato in prima lettura.

La pensione di cittadinanza potrà essere ritirata in contanti alle Poste o in banca, mediante gli ordinari meccanismi di pagamento delle pensioni e sono stati rafforzati i benefici per le famiglie in cui sono presenti disabili gravi o in condizione di non autosufficienza. Previsto infatti un incremento massimo (in presenza di almeno quattro componenti il nucleo familiare) da 1.050 euro a 1.100 euro mensili. E la possibilità di ottenere la pensione di cittadinanza anche se nei confronti di quei nuclei familiari in cui ci siano componenti con meno di 67 anni in stato di grave disabilità o in condizione di non autosufficienza. Altra novità .L’assimilazione del cosiddetto “working poor” alla disoccupazione. Chi dispone cioè di redditi da lavoro al di sotto della soglia di imponibilità fiscale potrà essere inserito nei programmi delle politiche attive del lavoro.

Approvato poi un emendamento che esclude l’erogazione del RdC e della PdC a chi ha subito una misura cautelare personale, «anche adottata all’esito di convalida dell’arresto o del fermo», o una condanna «anche con sentenza non definitiva». La sospensione vale anche per i latitanti o per chi «si è sottratto volontariamente all’esecuzione della pena». Per l’accesso al reddito e alla pensione di cittadinanza non si dovranno possedere immobili del valore superiore a 30mila euro non solo in Italia ma anche all’estero.

Esteso il riscatto della laurea con oneri agevolati  riferito a periodi temporali che ricadono nel meccanismo contribuitivo, cioè successivi al 31 dicembre 1995, anche per gli over 45. Bocciati tutti gli altri emendamenti che chiedevano tra l’altro la nona salvaguardia pensionistica ed una estensione ulteriore dell’Opzione donna e della cosiddetta Ape sociale

Pertanto l’opzione donna resta attivabile dalle lavoratrici nate entro il 1960 (1959 le autonome) che hanno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2018; mentre l’Ape  sociale resta in vigore sino al 31 dicembre 2019. Confermata la Quota 100 sino al 2021 con 62 anni e 38 di contributi e la sospensione dell’applicazione della speranza di vita ai requisiti per la pensione anticipata sino al 31 dicembre 2026. Bocciata, invece, la norma che proponeva di bloccare la finestra mobile per i lavori stressanti. Infine si aggiunge l’innalzamento dell’anticipo del TFS da 30 a 45 mila euro già approvato in prima lettura dal Senato.La somma, quale prestito richiesto,  di 45.000 euro, dovrà essere restituito con gli interessi quando sarà riscossa la liquidazione. La pensione anticipata in oggetto non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro annui.

Viene prorogato al 2019 – precisiamo ulteriormente -il pensionamento anticipato delle donne, disponendo che il diritto al trattamento pensionistico anticipato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo venga riconosciuto nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato i requisiti richiesti (un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni, per le lavoratrici dipendenti, e a 59 anni per le lavoratrici autonome), entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015)

 

Don Ciotti guida la popolazione contro le Mafie: “Ognuno deve fare la propria parte..”

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(Archivi Sud Libertà)

             – RICORDATE LE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE –

Tutti in corteo, da Padova a Palermo, per ricordare le vittime della mafia e ribadire l’impegno della memoria. Tante le adesioni alla manifestazione promossa da Libera e da Don Ciotti contro tutte le mafie che ha chiamato a raccolta migliaia di persone da Nord a Sud. A Padova la manifestazione ha visto la partecipazione di 50 mila persone secondo gli organizzatori, 30 mila secondo le forze dell’ordine.

“Abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti di chi è stato ammazzato, di chi non c’è più e di chi è rimasto solo. Loro sono morti ma per noi sono ancora vivi, e le loro speranze devono camminare con noi. E’ da 163 anni che parliamo di mafia, non è possibile in un Paese civile. Come non è possibile che l’80 p.c. dei familiari delle vittime non conosca la verità o parte di essa” ha detto il presidente di ‘Libera’ don Luigi Ciotti aprendo il suo intervento a conclusione della manifestazione a Padova.

“Oggi un caro pensiero va ai ragazzi della scuola media di San Donato Milanese, e un pensiero a padre Dall’Oglio di cui da lungo tempo non abbiamo notizie, e a Silvia Romano una stupenda ragazza di 30 anni cooperante in Africa. Così come non dobbiamo dimenticare Giulio Regeni, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La nostra gente ha bisogno di verità” ha sottolineato don Ciotti.

“C’è gente che ha deciso di metterci la faccia e far capire da che parte sta. In questo momento nel nostro Paese dobbiamo alzare la voce mentre tanti scelgono un prudente silenzio” ha aggiunto don Ciotti. “Le mafie sono presenti in tutto il territorio nazionale come dice il rapporto che è stato fatto dal parlamento, e si sono rese più flessibili e reticolate, sono loro che fanno rete e crescono nelle alleanze – ha ammonito ancora -. Soprattutto sono diventate imprenditori e imprenditrici e non possiamo dimenticare questa area grigia di commistione tra legale e illegale”.

E ancora: “La mafia è un avversario difficile da scoprire, ma dobbiamo essere riconoscenti al lavoro di magistratura e forze di polizia. Non dobbiamo lasciarli soli e la politica deve dare strumenti: ci vogliono meno leggi e più legge nel nostro paese. Ci vogliono leggi più forti e categoriche. Ci vuole una risposta di cittadini responsabili che si assumano la loro pare di responsabilità. La democrazia chiede a ciascuno di noi di fare la sua parte”, ha sottolineato.

 

In Sicilia.  sventolano le bandiere di Libera . Da ogni scuola della città e della provincia dicono in coro:  “La mafia uccide, il silenzio pure”  Tra loro anche Vincenzo Agostino, per la prima volta senza la moglie Augusta Schiera recentemente scomparsa. Indossa una maglia bianca con il ritratto di Augusta e del figlio Antonino, il poliziotto ucciso con la moglie Ida Castelluccio nel 1989. “Oggi sono qui anche per lei – dice -. Augusta è morta senza avere verità e giustizia, ma non si può vivere sperando che la giustizia arrivi nell’aldilà”.

Oltre 10mila i partecipanti a Palermo, spiegano dall’organizzazione, che in un lungo serpentone hanno raggiunto piazza Verdi, per la lettura di circa 1.000 nomi di vittime innocenti delle mafie, semplici cittadini, magistrati, giornalisti,reporter italiani uccisi all’estero pure, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici assassinati dalle  mafie solo perché, con rigore, hanno compiuto il loro dovere.

Ucciso per errore dalla camorra,udienza a Luglio per il boss Marco Di Lauro

           (Archivi Sud Libertà)
Udienza fissata al  primo luglio prossimo a Napoli il processo d’appello bis nei confronti del superboss Marco Di Lauro, arrestato a inizio marzo dopo una latitanza di 14 anni, per l’omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente di camorra, ucciso il 24 gennaio 2005, in un negozio di telefonia di Capodimonte, a Napoli…
Era il periodo della  cosiddetta prima faida di Scampia. Lo afferma la sorella di Romanò, Maria, che ha partecipato a una iniziativa di Libera nel giorno della Memoria per le vittime innocenti di mafia.

Di Lauro, accusato di essere il mandante della spedizione in cui poi venne uccisa  la persona sbagliata, era stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado ma, nel 2015, la Cassazione aveva annullato la sentenza d’appello, rinviando a un nuovo collegio della Corte di Napoli per rifare il processo. Contestualmente la Suprema Corte aveva confermato invece l’ergastolo all’esecutore materiale del delitto Mario Buono. «Noi come familiari – ha osservato Maria Romanò, che ha dato l’annuncio davanti a circa tremila persone – approfittiamo di questo abbraccio che ci dà la carica per continuare a impegnarci a dire di no alle mafie, per fare sempre meglio la nostra parte…….”

 

Castelvetrano: scoperta una “Loggia segreta” in grado di condizionare la burocrazia

. Una maxi operazione dei carabinieri nel trapanese ha consentito di scoprire una “loggia segreta” capace di condizionare la politica e la burocrazia     L’operazione ha condotto all’arresto di 27 persone tra cui l’ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana Francesco Cascio. Della loggia avrebbero fatto parte, oltre ai politici, massoni e alcuni professionisti di Castelvetrano.

 

Le porte del carcere si sono aperte anche per  l’ex deputato regionale di Forza Italia Giovanni Lo Sciuto, ritenuto a capo della loggia segreta. Avrebbero tutti fatto parte, secondo l’accusa, di una “associazione a delinquere segreta”. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Alfredo Morvillo, dall’aggiunto Maurizio Agnello e dai sostituti Sara Morri, Andrea Tarondo e Francesca Urbani. E , dulcis in fundo, ci sono anche tre poliziotti tra gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘Artemisia’: uno presta servizio alla Questura di Palermo, uno a Castelvetrano e uno alla Dia di Trapani.

 

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, Fra – Tutte le 27 persone finite in manette sono accusate, a vario titolo, di corruzione, concussione, traffico di influenze illecite, peculato, truffa aggravata, falsità materiale, falsità ideologica, rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento personale, abuso d’ufficio ed associazione a delinquere secreta finalizzata ad interferire con la pubblica amministrazione (violazione della c.d. legge Anselmi).

Dieci  le persone indagate a piede libero. “Scoperto un vasto sistema corruttivo negli enti locali – dicono gli inquirenti -, quali il comune di Castelvetrano e l’Inps di Trapani”. L’indagine ha inoltre portato “alla luce diversi episodi di violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento nei confronti di Lo Sciuto” da parte “di appartenenti alle Forze dell’Ordine e di esponenti politici regionali, quali l’ex deputato regionale Francesco Cascio, tratto anch’egli in arresto“.

 – Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, coordinati dalla Procura trapanese, sono iniziate nel 2015 e “hanno avuto come fulcro l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto”, in carica fino al 2017, “a carico del quale sono emersi gravi indizi di reità in ordine alla commissione di numerosi reati contro la Pubblica amministrazione al cui fine ultimo era costantemente quello di ampliare la sua base elettorale in vista delle varie elezioni e di conseguenza il proprio potere politico”.

Le indagini hanno consentito “di accertare che Lo Sciuto creava uno stabile accordo corruttivo con Rosario Orlando, ex responsabile del Centro Medico Legale dell’Inps, fino al maggio 2016, poi collaboratore esterno dello steso ente quale ”medico rappresentante di categoria in seno alle commissioni invalidità civili”, che riusciva a corrompere, attraverso regalie ed altre utilità, nonché la sua intercessione con l’ex Rettore Roberto Lagalla, oggi assessore regionale all’Istruzione e destinatario di informazione di garanzia, per l’aggiudicazione di una borsa di studio a favore della figlia presso l’università di Palermo”. Lagalla è indagato per corruzione.

 – Da Orlando l’ex deputato regionale “otteneva la concessione di numerose pensioni di invalidità, anche in assenza dei presupposti previsti dalla legge”. E “ogni pensione di invalidità fatta concedere, in forza del consolidato accordo corruttivo – dicono gli inquirenti -, rappresentava per l’ex onorevole regionale un cospicuo pacchetto di voti certi”.

Lo Sciuto, 56 anni, nella scorsa legislatura faceva parte della Commissione regionale antimafia. L’ex assessore e consigliere provinciale di Trapani, eletto deputato alle regionali del 2012 nella lista Mpa-Partito dei Siciliani, aveva così spiegato la scelta di far parte della Commissione antimafia: “Cercherò di essere la sentinella alla Regione per l’intera provincia di Trapani e per Castelvetrano in particolare”. In passato, Lo Sciuto era finito più volte nei rapporti antimafia della provincia di Trapani e anche sotto processo per un giro nel campo del cablaggio e poi assolto.

– La “complessiva attività di indagine” ha inoltre “dimostrato ancora l’esistenza di una associazione a delinquere promossa ed capeggiata dall’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto con la collaborazione, nel settore organizzativo, del massone Giuseppe Berlino, associazione che, con certezza indiziaria, vede tra i suoi membri ad esempio l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante Jr., l’ex vice sindaco di Castelvetrano Vincenzo Chiofalo e il commercialista massone Gaspare Magro”.

E c’è anche il candidato sindaco di Castelvetrano, Luciano Perricone, tra i 27 arrestati nell’inchiesta ‘Artemisia’. Castelvetrano andrà al voto dopo due anni di commissariamento in seguito allo scioglimento per mafia. Secondo il gip Perricone, “si è reso disponibile all’esecuzione delle direttive impartitegli da Giovanni Lo Sciuto nella consapevolezza dell’esistenza dell’associazione segreta e di agire in favore di questa, in particolare e tra l’altro rendendosi disponibile, in qualità di candidato Sindaco alle elezioni per il Comune di Castelvetrano, a rappresentare e garantire le esigenze del gruppo rappresentato da Lo Sciuto a fronte per dell’appoggio elettorale da parte di quest’ultimo”.

(comunicazione Ag.)

Conte: Un ‘Europa capace di futuro deve produrre crescita

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Caro direttore,
nelle ultime settimane il futuro dell’Europa è al centro di un importante dibattito nell’opinione pubblica. Il prossimo rinnovo del Parlamento europeo, d’altra parte, costituisce un’occasione preziosa per avviare una discussione franca e consapevole, che dovremo responsabilmente estendere anche alle cause che hanno determinato l’attuale crisi del processo di integrazione.
Solo in questo modo potremo confidare di rilanciare il progetto europeo, che – ormai da alcuni anni – sembra aver perso la sua forza propulsiva. Siamo chiamati a operare scelte coraggiose, che siano all’altezza dei tempi straordinari che stiamo vivendo. L’Europa non ha alcun bisogno di apologeti o sostenitori fideistici. Ha bisogno di contributi lucidi e critici, che sappiano rilanciare la grande capacità visionaria espressa dai grandi statisti del secondo dopoguerra. La sfiducia dei cittadini nelle Istituzioni europee e nella loro capacità di offrire un benessere futuro è la più grave insidia con cui dobbiamo confrontarci. Non possiamo più indugiare.
Sin dall’inizio del mio mandato ho affermato, in varie sedi, che dobbiamo offrire all’Europa un nuovo umanesimo, ponendo al centro della nostra azione la persona, i suoi inalienabili diritti, ma anche i suoi sogni e le sue paure. Un progetto integrale che vada incontro all’uomo nella concretezza della sua esistenza. Per inaugurare questo nuovo umanesimo occorrono visione e creatività. Ma soprattutto, è necessario acquisire consapevolezza della propria missione nel mondo.
Decisivo è il rapporto tra cittadini e Istituzioni europee. Non possiamo lasciare a una élite il potere di definire il destino di una nazione, né quello di un continente. Occorre favorire la costruzione di un vero popolo europeo, comunità di donne e di uomini che condividono un comune destino. Per realizzare con coraggio l’ambizioso progetto di creazione di un demos europeo occorre rafforzare ruolo e poteri del Parlamento europeo, l’unica Istituzione direttamente legittimata dal voto dei cittadini: il potere di iniziativa legislativa; il potere di inchiesta; il riconoscimento di un generale potere di accountability rispetto alle altre Istituzioni dell’Unione.
Il dibattito politico, negli ultimi anni, va assumendo una dimensione europea. Possiamo ormai ragionare di un’opinione pubblica europea. Per questo dobbiamo guardare con favore anche all’introduzione di istituti di democrazia diretta, fattore essenziale per coinvolgere i cittadini in una più ampia partecipazione, accrescendo il tasso di democraticità dell’intero ordinamento europeo.
Dobbiamo inoltre intervenire per contenere le spese e i costi delle Istituzioni europee, in modo da evitare che possano essere percepite come i ” luoghi dei privilegiati del vecchio sistema”, come è stato per molte Istituzioni nazionali.
Un’Europa capace di futuro nel mondo globale deve produrre crescita. Crescita vera. Nel XXI secolo, questo significa investire nella politica industriale aperta alle nuove tecnologie, nella ricerca e nell’innovazione, nelle infrastrutture materiali e digitali, nella cultura. I frutti di questi investimenti devono però essere distribuiti fra tutti i cittadini. Abbiamo imparato a caro prezzo che una crescita che genera benefici solo per alcuni è insostenibile, non solo dal punto di vista sociale, ma anche macroeconomico.
L’Europa, se investe di più e meglio su tutto questo, può acquisire un vantaggio competitivo nei confronti degli altri attori globali. Essere competitivi significa anche garantirci le opportunità di “dire la nostra”, di promuovere la nostra agenda, di pretendere il rispetto di regole che proteggano imprese e consumatori, che tutelino beni e valori primari, tra cui assume un ruolo decisivo l’ambiente. Dobbiamo essere coerenti col “principio di responsabilità” richiamato dal filosofo Jonas: non possediamo il Pianeta, ma lo custodiamo per trasmetterlo alle generazioni future.
Con uno sforzo di responsabilità collettiva, va affrontata la priorità centrale del lavoro. Il nostro continente ha tassi di disoccupazione giovanile che rallentano le prospettive di sviluppo e mettono a rischio la prossima generazione di europei. L’Europa deve perseguire con vigore e urgenza una efficace tutela della dignità della persona. Una tutela che protegga sia il salario dei cittadini sia i disoccupati, prevedendo ad esempio un’assicurazione europea contro la disoccupazione, come pure l’introduzione di un salario minimo europeo, così come proposto, peraltro, da esponenti del nostro governo. Anche su questo fronte, dopo l’approvazione, a novembre 2017, del Pilastro sui Diritti sociali, l’Europa ha ampi margini di miglioramento. La sicurezza che i cittadini europei chiedono a ogni elezione, nazionale e locale, passa anche per la sicurezza sociale. La mancanza di lavoro allontana l’Europa dai suoi popoli, alimentando delusione e rancore, precarietà esistenziale e smarrimento, sentimenti che possono alimentare reazioni dagli esiti imprevedibili, come dimostrano fenomeni in atto in alcuni Paesi europei.
Scuola e università sono le istituzioni più importanti per una collettività che voglia puntare a uno sviluppo duraturo ed equilibrato. Non avremo mai un’Europa con forte identità e coscienza di sé finché i divari delle conoscenze, tra i cittadini europei, rimarranno così elevati; il demos a cui accennavo prima può nascere proprio da una scuola che – pur nel rispetto delle specificità di ciascuna collettività – esalti le ragioni e i benefici dello stare insieme.
Sicurezza sociale e creazione di lavoro significa anche un’Europa che non resta prigioniera del dilemma crescita- stabilità. Lo vediamo nel faticoso percorso di completamento dell’Unione economica e monetaria e dell’Unione bancaria: i membri più ricchi della famiglia europea richiedono ai membri rimasti indietro crescenti assicurazioni contro i rischi. Oltre un certo limite, queste richieste finiscono per aumentare, anziché diminuire, la pressione dei mercati; espongono i Paesi a pressioni finanziarie indipendenti dai fondamentali economici degli stessi. Colmare questo squilibrio è nell’interesse di tutti per favorire uno sviluppo equilibrato e sostenibile.
La stabilità europea ha bisogno, oltre che di crescita durevole e sostenibile, anche di sicurezza dentro e fuori dai confini. Anche per la migrazione s’impone una responsabilità condivisa degli Stati membri, basata su solidarietà e coesione, in coerenza con la strada indicata dal Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018. L’Europa deve affrontare il fenomeno delle migrazioni sulla base di un approccio strutturale, sfuggendo alla logica emergenziale sin qui prevalsa. Nessuno Stato membro può farcela da solo.
Costruire il futuro dell’Europa vuol dire anche ripensare il nostro approccio verso il continente africano. È giunto il momento di promuovere un serio dibattito su un nuovo partenariato europeo con l’Africa, fondato sulla condivisione dei traguardi da raggiungere, delle responsabilità da assumere e dei frutti da raccogliere. È un modello che ho definito “partenariato tra pari“, che presuppone il superamento delle sfere di influenza nazionali e si offre di contribuire alla crescita economica, alla sicurezza e allo sviluppo di tutti i popoli africani.
Un nuovo approccio verso l’Africa richiede un’Europa all’altezza della sua vocazione mediterranea, cuore della stessa civiltà europea. Una priorità che richiede una strategia multilivello, anche con una più incisiva partecipazione allo sviluppo economico e sociale della regione. L’Italia ha fatto e continua a fare la sua parte nel Mediterraneo, come dimostra l’azione costante a favore del processo di stabilizzazione in Libia.
Lavorare per un’Europa solidale ed equa al suo interno rafforza anche la sua credibilità e la sua leadership nei confronti dei grandi attori globali. È fondamentale continuare ad alimentare il valore strategico del rapporto con gli Stati Uniti, cui ci uniscono prima di tutto valori e principi, e nei cui confronti le tante convergenze prevalgono largamente rispetto a ogni possibile incomprensione. Con la Russia e con la Cina, parti di ogni soluzione nelle crisi internazionali, l’Europa deve continuare un dialogo e un engagement a tutto campo. Sul piano economico, abbiamo interesse a cogliere le opportunità offerte dall’immenso mercato cinese e dagli investimenti bilaterali. Dobbiamo essere in grado di impostare la collaborazione con Pechino su un piano di parità, senza cedere di un passo sui nostri valori e principi, senza mettere in discussione i nostri legami, le nostre regole, le nostre storiche alleanze. Un’Europa forte può aiutare anche le economie più fragili a vincere questa sfida. Isolarsi è impossibile, sottrarsi al dialogo non ha alcun senso e non è coerente con i valori fondanti della casa comune europea.
Responsabilità, solidarietà, crescita e lavoro, stabilità, competitività e leadership verso il resto del mondo, sono tutti pilastri senza i quali l’edificio europeo rimane sbilanciato e a rischio di continui cedimenti o crolli. Per tenere in piedi questi pilastri serve però un materiale sempre più raro nell’Europa di oggi e che dobbiamo tutti, con urgenza, recuperare: la fiducia. Il recupero della fiducia è indispensabile, perché senza fiducia rimarremo fermi, non potremo raggiungere nessun traguardo, mentre il mondo globale andrà sempre più avanti. L’incertezza politica, economica e sociale generata da Brexit nell’Europa intera rende ancora più evidente la necessità di rilanciare un’assunzione di responsabilità verso i cittadini europei. La prospettiva dell’uscita della Gran Bretagna deve farci riflettere e renderci consapevoli della forte domanda di cambiamento che va intercettata per tempo, con risposte adeguate. Questa domanda merita una risposta autenticamente democratica e popolare, l’unica all’altezza di un efficace progetto di pace, di libertà, di giustizia, quale quello europeo.

“Divieto di sbarco” per la nave Ong che salva 49 migranti

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Ancora problematiche di rilievo e drammatiche  a Lampedusa dove la nave Mare Jonio Mediterranea della Savina Humanhe ha soccorso in acque internazionali, a 42 miglia dalle coste libiche, 49 persone che si trovavano a bordo di un gommone in avaria che imbarcava acqua. La nave si è sistemata a sud dell’isola per mettersi a riparo dal maltempo.      La nave ha chiesto un porto sicuro ma sussiste il divieto di sbarco. 

Il  salvataggio- si apprende – è avvenuto in acque internazionali, 42 miglia al largo della Libia, in area Sar (Search and rescue) controllata da Tripoli. La Guardia Costiera ha autorizzato un punto di fonda ma, fino a questo momento, non è stato assegnato un punto Pos, cioè un porto sicuro di sbarco. La nave è controllata a vista da una nave della Guardia di Finanza: le Fiamme Gialle hanno vietato alla nave l’ingresso in acque territoriali intimando, via radio, di spegnere i motori.   L’imbarcazione ha proseguito fino ad arrivare alla fonda a sud di Lampedusa.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha firmato una direttiva che ha poi inviato in serata ai capi di polizia, carabinieri, guardia di finanza, capitaneria di porto, Marina e Stato Maggiore della difesa invitandoli ad attenersi “scrupolosamente” al provvedimento per prevenire “anche a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica dello Stato italiani, l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale

‘Mare Jonio’, come ha reso noto la stessa Ong, ha tratto in salvo tutte le persone a bordo comunicando ad una motovedetta libica giunta sul posto a soccorso iniziato di avere terminato le operazioni. Tra le persone soccorse, 12 risultano minori. 

Conte incontra il ministro algerino Lamamra e spiega il cambiamento della società civile

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato:

 

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(Algeria, Archivio Sud Libertà)

“L’Algeria sta attraversando una fase estremamente delicata, i cui sviluppi sono di fondamentale importanza per la stabilità del Paese, del Mediterraneo e della stessa Europa.

Stamattina ho incontrato a Palazzo Chigi il vice Premier e Ministro degli Affari Esteri algerino Ramtane Lamamra, che mi ha illustrato l’apertura della fase di transizione istituzionale in corso, soffermandosi in particolare sull’impegno del Presidente Bouteflika a convocare rapidamente una conferenza nazionale per le necessarie riforme politiche, economiche e sociali. Nel corso dell’incontro ho espresso apprezzamento per il clima pacifico in cui si svolgono le mobilitazioni di piazza e l’ho invitato a prestare particolare attenzione alle istanze di cambiamento provenienti dalla società civile, auspicando per l’Algeria un processo legittimo ed inclusivo nell’interesse di tutta la popolazione.

Un incontro proficuo, dunque, che mi ha dato anche modo di rimarcare la storica amicizia che lega i nostri Paesi e il sostegno dell’Italia a questa importante sfida democratica, nel rispetto del principio di non ingerenza e delle prerogative del popolo algerino”.

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Honduras: fabbrica di assassini di giornalisti liberi. Sono 77 i giornalisti critici contro regime uccisi. L’ultimo ,Hernadez, assassinato ieri in strada

 SUD  LIBERTA’ DIFENDE LA LIBERTA’ DI CRITICA DEI GIORNALISTI LIBERI

Nella foto Leonardo Gabriel Hernandez 

TEGUCIGALPA (Honduras) –

Informazione libera proibita in Honduras..  Leonardo Gabriel Hernandez, di 54 anni, che lavorava per la televisione locale Valle TV del sud dell’Honduras è stato assassinato per i suoi scritti critici di opposizione.
Il reporter è rimasto gravemente ferito da colpi d’arma da fuoco ed è morto in ospedale   Il comunicato è della Polizia di Nacaome Valle , cento chilometri a sud della capitale Tegucigalpa
Una ong, il Comitato per la libera espressione (C-Libre), ha precisato che Hernandez era caporedattore e presentatore di una trasmissione intitolata “El pueblo habla”, cioè “Il popolo parla”.
Secondo la Commissione nazionale dei diritti umani, questo omicidio porta a 77 il numero dei giornalisti e di altre persone che lavorano nei media uccisi in Honduras dal 2001; il portavoce della Commissione, Julio Velasquez, lamenta che il 92% di questi omicidi sono rimasti impuniti in mancanza di indagini serie.
L’assassinio arriva dopo quello di Erick Martinez Avila, altro  giornalista e attivista per i diritti gay che lavorava per un programma televisivo. Hanno trovato il cadavere dell’uomo, strangolato a morte, due giorni prima del rapimento di Villatoro. Sale così a 22 il numero di giornalisti assassinati in Honduras negli ultimi tre anni….

Napoli, debito non saldato: fulminato con un fucile dal socio creditore assassino

 

Condannato a 15 anni, con rito abbreviato, Antonio Esposito, 71 anni, il muratore di 71 anni originario di Napoli ma residente a Scarlino che il 12 novembre del 2017 uccise con tre colpi di fucile un suo ex socio in affari, Alessandro Toffoli, 58 anni, dipendente Enel.  Il  gup di Grosseto Sergio Compagnucci ha emesso la sentenza.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti  Toffoli invitò la vittima nel suo orto a Scarlino per chiarire una vecchia faccenda legata a un credito mai riscosso. Dopo una breve discussione gli sparò tre colpi di fucile, due al petto e uno in testa, uccidendolo all’istante. Esposito si costituì poi ai carabinieri.

Sembra che la causa dell’omicidio sia legata ad affari immobiliari ed un vecchio credito mai saldato.

(Ag.)

PATTO TRA MAFIA E ‘INDRANGHETA’ SULL’OMICIDIO DEL GIUDICE SCOPELLITI: C’E’ ANCHE LA PRIMULA ROSSA ,MATTEO MESSINA DENARO

 

Giudice Scopelliti ucciso per volere di M. Denaro? Primula rossa tra 17 indagati per delitto

(Nella foto a sinistra il latitante Matteo Messina Denaro, a destra il Giudice Scopelliti-  Archivio Sud Libertà)

La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha indagato 17 persone per l’omicidio del Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione Antonio Scopelliti ucciso- ricorderemo – da un commando mafioso il 9 agosto del 1991 a “Piale”, Villa San Giovanni, mentre faceva ritorno a Campo Calabro dove viveva e trascorreva le vacanze.

Tra i 17 indagati un boss di spicco,attorno al quale il cerchio si stringe sempre più,  il “Capo dei capi” dopo la morte di Totò Riina,  Matteo Messina Denaro, come  comunicato dal Procuratore di Reggio, Giovanni Bombardieri. L’inchiesta della Dda di Reggio mette in luce che dietro  l’omicidio del giudice ci sarebbe stata una vera e propria alleanza tra mafia e ‘ndrangheta. I 17 indagati sono infatti boss siciliani e calabresi e di ciò avrebbe dato conferma anche il pentito catanese Maurizio Avola.

Che l’alleanza  tra mafia siciliana e calabrese fosse poi  concreta  già all’epoca del delitto,era intuibile dal momento che il giudice Scopellitti si doveva sostenere l’accusa nel maxi processo in Cassazione contro la mafia. Per questo i vertici della cupola finirono a processo: i boss Bernardo Provenzano, Giuseppe Calo’, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano però poi furono assolti in via definitiva dall’accusa di avere svolto un ruolo nell’assassinio dell’alto magistrato.Dieci gli indagati calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti

Tutti gli  indagati , ad eccezione, ovviamente, del latitante Matteo Messina Denaro, hanno ricevuto un avviso di garanzia finalizzato all’affidamento di una perizia tecnica sul fucile ritrovato nell’estate scorsa nel catanese e che sarebbe, secondo le indagini degli inquirenti, una delle armi usate per l’omicidio del magistrato. L’affidamento peritale dovrebbe avvenire nei prossimi giorni.
I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta “Mukuku casual wear» ed una grigia con scritto «Boutique Loris via R. Imbriani 137 – Catania» alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. 

Nell’ambito del processo ‘ndrangheta stragista, il collaboratore di giustizia Francesco Onorato ha dichiarato che il giudice Scopelliti fu ucciso dalle cosche calabresi per favorire il boss siciliano Totò Riina. Riina -si sa- prendeva di mira i magistrati che controllavano la sua attività mafiosa in espansione  e  temeva l’esito del giudizio in Cassazione sul maxiprocesso a Cosa Nostra.

 

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